• . - Liv.
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Gio, 21 Mag 2020

Gratuito patrocinio per la persona offesa dal reato di prostituzione minorile: il chiarimento della Cassazione

Modifica pagina

Dario Tilenni Scaglione
AvvocatoUniversità degli Studi di Messina



Con la sentenza n. 12191/2020, la Corte di Cassazione, affrontando il tema del patrocinio a spese dello Stato, ha enunciato il principio di diritto secondo cui:”una volta ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, il soggetto rientrante in una delle categorie previste dall´art. 76 comma 4-ter d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 non è tenuto ad adempiere all´obbligo di cui all´art. 79 comma 1 lett. d) stesso d.P.R 115 del 2002”.


Sommario: Premessa.  2. Il patrocinio a spese dello Stato: analisi della disciplina del D.P.R. n. 115/2002.  2.1.  Ipotesi di ammissione ex lege al patrocinio a spese dello Stato. 3.  Il caso di specie.  4. La decisione della Corte di Cassazione.

1. Premessa.

Con la sentenza n. 12191, depositata il 15 aprile 2020, la quarta sezione penale della Corte di Cassazione è intervenuta ad affrontare il tema del patrocinio a spese dello Stato cui era stata ammessa la ricorrente, persona offesa dal reato di prostituzione minorile, la quale non aveva presentato la dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista dall’art. 79 del D.P.R. n. 115/2002 e la Corte d’Appello, per tale ragione, aveva revocato l’ammissione al beneficio. 

La Corte, dopo aver precisato che nel caso di specie si procedeva per un reato ricompreso tra quelli per i quali è prevista l’ammissione al patrocinio indipendentemente dalla situazione reddituale della parte, accogliendo il ricorso, enunciava il principio di diritto per il quale: ” una volta ammessi al beneficio del patrocinio a spese allo Stato per i non abbienti, il soggetto rientrante in una delle categorie previste dall'art. 76 comma 4 ter d.P.R 30 maggio 2000, n. 115 non è tenuto ad adempiere l'obbligo di cui all'art. 79 comma 1, lett. d) stesso d.P.R 115 del 2002."

Il presente contributo, dopo una disamina dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato, passa ad analizzare il caso di specie e la decisione adottata dalla Corte di Cassazione. 

2. Il patrocinio a spese dello Stato: analisi della disciplina del D.P.R. n. 115/2002.

Il patrocinio a spese dello Stato (o più comunemente gratuito patrocinio) è uno strumento che consente alle persone non abbienti di farsi rappresentare in giudizio, sia per agire che per difendersi, con l’assistenza di un avvocato a spese dello Stato.

Il fondamento di tale istituto può essere rintracciato nell’art. 24 comma 3 della Costituzione, a norma del quale “sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”, assicurando, in tal modo, l’accesso alla giustizia anche a coloro che non potrebbero sostenere i costi necessari a tutelare i propri diritti ed interessi.

La disciplina di tale istituto è contenuta nel D.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002[1], agli articoli 74 e seguenti.   

L’istituto del patrocinio a spese dello Stato opera nel giudizio civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate.

Esso opera altresì nel processo penale, per la difesa del cittadino non abbiente che rivesta la qualità di indagato, imputato, condannato, persona offesa dal reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile, responsabile civile ovvero civilmente obbligato per la pena pecuniaria[2].

 L'ammissione al patrocinio è valida per ogni grado fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse; ed infatti, si applica, in quanto compatibile, anche nella fase dell'esecuzione, nel processo di revisione, nei processi di revocazione e opposizione di terzo, nonché nei processi relativi all'applicazione di misure di sicurezza, di prevenzione e nei processi di competenza del tribunale di sorveglianza, sempre che l'interessato debba o possa essere assistito da un difensore o da un consulente tecnico[3].

Perché il soggetto possa godere del patrocinio a spese dello Stato, la prima condizione necessaria è l’essere titolare di un reddito imponibile ai fini IRPEF, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore ad euro 11.493,82[4]. Tale dato reddituale non è stabilito in maniera fissa, bensì è adeguato ogni due anni in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel biennio precedente, con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze[5].

Se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante. Il reddito dell’istante, dunque, si cumula con quello dei familiari conviventi.

Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero ad imposta sostitutiva[6].

Si tiene conto del solo reddito personale (senza alcun cumulo con quello dei familiari conviventi) quando la causa ha oggetto diritti della personalità oppure nelle cause instaurate contro soggetti familiari (es. procedimenti di separazione o divorzio giudiziale)[7].

È bene precisare che il patrocinio a spese dello Stato copre gli onorari e le spese dovuti al difensore della parte ammessa al beneficio, che lo Stato, sostituendosi alla stessa parte, si impegna ad anticipare. Ciò significa che se la parte ammessa al beneficio soccombe ed è condannata a pagare le spese di controparte dovrà sostenerle essa stessa: l’ammissione al gratuito patrocinio nel processo civile non comporta che siano a carico dello Stato anche le spese che l’assistito sia condannato a pagare all’altra parte risultata vittoriosa.

Si noti che il Gratuito Patrocinio copre gli onorari e le spese dovuti per l’assistenza processuale, ma non anche l’attività di assistenza stragiudiziale (es. la consulenza legale o la redazione di lettere). Queste ultime dovranno essere sostenute dal soggetto che lo richiede anche se non abbiente.

Se la parte ammessa al beneficio rimane soccombente nel giudizio non può utilizzare il beneficio per proporre impugnazione ma dovrà presentare una nuova istanza al Giudice del secondo grado.

I soggetti che possono usufruire di tale beneficio sono innanzitutto i cittadini italiani, cittadini stranieri, anche minorenni, con regolare permesso di soggiorno al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo, gli apolidi e gli enti senza finalità di lucro che non esercitano alcuna attività economica.

Il decreto prevede, altresì, categorie di soggetti esclusi dalla possibilità di godere del patrocinio; infatti, l’ammissione è esclusa per il soggetto condannato con sentenza definitiva per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, per il richiedente che è assistito da più di un difensore e per coloro già condannati con sentenza definitiva per i reati di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 291-quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 80 e 74, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo. In questo caso il reddito si presume superiore ai limiti previsti. E’ però ammessa la prova contraria.

In sede civile, invece, il beneficio è escluso per chi agisca per cessione di crediti e ragioni altrui.

Al fine di comprendere poi, il caso affrontato dalla Cassazione con la sentenza in esame, è opportuno, adesso, esaminare le modalità di presentazione della richiesta per essere ammessi al gratuito patrocinio e specialmente esaminare quanto il decreto n. 115 prescrive in relazione alla presentazione dell’istanza e ai requisiti che essa deve rispettare per essere validamente ammessa.

A tal proposito saranno oggetto di analisi gli artt. 78, 79 e 93 del D.P.R. n. 115.

All’art. 78 si legge che l’istanza deve essere sottoscritta dall’interessato - che si trovi nelle condizioni previste dal decreto per accedere al gratuito patrocinio – a pena di inammissibilità e tale sottoscrizione viene poi autenticata dal difensore.

L’art. 79[8] del Decreto, invece, disciplina il contenuto dell’istanza, prevedendo che l’istanza è redatta in carta semplice e a pena di inammissibilità deve indicare: a) la richiesta di ammissione al patrocinio e l'indicazione del processo cui si riferisce, se già pendente; b) le generalità dell'interessato e dei componenti la famiglia anagrafica, unitamente ai rispettivi codici fiscali; c) una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell'interessato, ai sensi dell'articolo 46, comma 1, lettera o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell'articolo 76; d) l'impegno a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell'anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell'istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione.

A norma dell’art. 93, l’istanza è presentata esclusivamente dall'interessato o dal difensore, ovvero inviata, a mezzo raccomandata, all'ufficio del magistrato innanzi al quale pende il processo. Se procede la Corte di Cassazione, l'istanza è presentata all'ufficio del magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato.

In relazione, invece, al momento in cui la domanda debba essere presentata, generalmente essa viene proposta prima dell’inizio del giudizio o durante lo svolgersi dello stesso; in ogni caso gli effetti decorrono dalla presentazione della stessa.

Ricevuta l’istanza, nei dieci giorni successivi, il magistrato davanti al quale pende il processo o il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato, se procede la Corte di cassazione, verificata l'ammissibilità dell'istanza, ammette l'interessato al patrocinio a spese dello Stato se, alla stregua della dichiarazione sostitutiva prevista dall'articolo 79, comma 1, lettera c), ricorrono le condizioni di reddito cui l'ammissione al beneficio è subordinata. Il magistrato, invece, respinge l'istanza se vi sono fondati motivi per ritenere che l'interessato non versa nelle condizioni di cui agli articoli 76 e 92[9], tenuto conto delle risultanze del casellario giudiziale, del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attività economiche eventualmente svolte. A tale fine, prima di provvedere, il magistrato può trasmettere l'istanza, unitamente alla relativa dichiarazione sostitutiva, alla Guardia di finanza per le necessarie verifiche. Il magistrato, quando si procede per uno dei delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale[10], ovvero nei confronti di persona proposta o sottoposta a misura di prevenzione, deve chiedere preventivamente al questore, alla direzione investigativa antimafia (DIA) ed alla direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (DNA) le informazioni necessarie e utili relative al tenore di vita, alle condizioni personali e familiari e alle attività economiche eventualmente svolte dai soggetti richiedenti, che potranno essere acquisite anche a mezzo di accertamenti da richiedere alla Guardia di finanza. Il magistrato decide sull'istanza negli stessi termini di dieci giorni anche quando ha richiesto le necessarie informazioni per procedere all’ammissione.

Le decisioni sull’istanza presentata, vengono adottate dal giudice con decreto motivato che viene depositato con facoltà per l'interessato o il suo difensore di estrarne copia; se letto in udienza viene invece inserito nel processo verbale, mentre se l'interessato è detenuto, internato, in stato di arresto o di detenzione domiciliare ovvero è custodito in un luogo di cura, la notificazione di copia del decreto è eseguita nel luogo di detenzione mediante consegna di copia alla persona, ai sensi dell'articolo 156 c.p.p.

2.1. Ipotesi di ammissione ex lege al patrocinio a spese dello Stato.  

Il decreto n. 115/2002, per quanto riguarda il processo penale, prevede delle ipotesi che, derogando al requisito dei limiti reddituali di norma richiesti, consente al soggetto offeso da particolari reati di poter godere del patrocinio a spese dello Stato anche qualora la propria situazione reddituale sia tale per cui egli potrebbe far fronte con le proprie risorse economiche alle spese necessarie per il giudizio.

La ratio di tale deroga si può individuare nella volontà del legislatore di rimuovere ogni possibile ostacolo (anche di carattere economico) che possa disincentivare un soggetto, che versi in vulnerabili condizioni, ad agire in giudizio, assicurando un accesso alla giustizia favorito dalla gratuità dell’assistenza legale.

La disposizione di cui si discute è quella dettata dall’art. 76 comma 4-ter del decreto 115.

Tale norma, infatti, stabilisce che “la persona offesa dai reati di cui agli articoli 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis, nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto[11]”.

Ad una attenta lettura di tale comma, l’attenzione si sofferma sulla valenza della parola “può”(…può essere ammessa al patrocinio…) la quale potrebbe far intendere un potere discrezionale del giudice sull’ammissione o meno della persona al beneficio del gratuito patrocinio secondo liberi parametri.

Tuttavia, la Corte di Cassazione, con una pronuncia risalente al 2017[12], ha affermato che il termine “può” debba essere inteso come dovere del giudice di accogliere l’istanza “se presentata dalla persona offesa da uno dei reati di cui alla norma citata e all’esito della positiva verifica dell’esistenza di un procedimento iscritto relativo ad uno dei menzionati reati”. Aggiunge ancora la Corte che tale interpretazione "si impone in prospettiva teleologica, posto che la finalità della norma in questione appare essere quella di assicurare alle vittime di quei reati un accesso alla giustizia favorito dalla gratuità dell’assistenza legale.

In tale sentenza la Suprema Corte compie una ulteriore precisazione laddove sottolinea una potenziale distinzione tra “persona danneggiata” e “persona offesa” dal reato; la prima potrà ricorrere all’istituto in esame solo nel caso in cui il suo reddito rientri nella soglia fissata dal D.P.R., posto che l’art. 76 c.4-ter fa riferimento alla sola persona offesa da uno di quei reati prima elencati, la quale, quindi, dovrà essere sempre ammessa al gratuito patrocinio, indipendentemente dal reddito dichiarato, non essendo neppure necessaria la dichiarazione sostituiva di certificazione attestante la sussistenza delle condizioni reddituali previste per l’ammissione di cui alla lettera c) dell’art. 79 del medesimo decreto.

3. Il caso di specie.  

Il caso affrontato con la sentenza n. 12191/2020 riguarda l’ammissione al gratuito patrocinio della persona offesa dal reato di prostituzione minorile.

Con ordinanza del 10/06/2019, la Corte d’Appello di Bologna revocava ai sensi dell’art. 112, comma 1, lett. d) D.P.R. n. 115/2002[13], su richiesta dell’ufficio finanziario competente, l’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, disposto dal Tribunale di Forlì a favore della istante poiché era emerso che la stessa e il suo nucleo familiare avevano percepito per l’anno 2018 redditi ai fini IRPEF, pari ad euro 17.118,00, eccedenti il limite di legge per l’ammissione al beneficio in parola.

Avverso tale ordinanza, la ricorrente ha proposto ricorso in Cassazione a mezzo del suo difensore, formulando due motivi. 

Con il primo motivo lamentava la violazione degli articoli 76 e 112 del d.P.R n. 115/2002, rilevando che la Corte d’Appello non aveva considerato la natura del procedimento penale nel quale si era costituita parte civile, riguardante il reato di prostituzione minorile previsto e punito dall’art. 600-bis comma 2 c.p., aggravato ai sensi dell’art. 602-ter comma 5, per essere stato il fatto commesso ai danni di soggetto infra-sedicenne e tale ipotesi rientra tra quelle per le quali l’art. 76 c. 4-ter del D.P.R. n. 115/2002 prevede la possibilità per la parte offesa di essere ammessa a godere del patrocinio gratuito anche in deroga ai limiti di reddito richiesti dal medesimo decreto.

Con il secondo motivo, deduceva analogo vizio con riferimento all’art. 79 c. 1 lett d) e all’art. 112 c. 1 lett a) del D.P.R 115, rilevando che  il superamento della soglia di reddito previsto dalla legge e accertato dall'Agenzia si era verificato nel 2018. Però, all'udienza del 30 gennaio 2018 la stessa aveva revocato la propria costituzione di parte civile perché l'imputato aveva provveduto all'integrale risarcimento del danno. Pertanto non era configurabile alcun onere di comunicazione in capo alla ricorrente, tanto più che la stessa non era più parte del procedimento penale, già definito con sentenza irrevocabile nel momento in cui si era verificato il superamento reddituale.

4. La decisione della Corte di Cassazione.

La quarta sezione della Corte di Cassazione, investita della questione, riteneva i motivi fondati ed accoglieva il ricorso, pronunciando la sentenza n. 12191/2020.

I giudici di legittimità, analizzando l’art. 76 c 4-ter del D.P.R. n.115/2002, hanno infatti riconosciuto come tale disposizione contempli tra i reati per i quali è possibili fare istanza di gratuito patrocinio, a prescindere dal reddito, anche il reato di prostituzione minorile di cui all'art. 600 bis c.p.

Il comma in questione, ricorda la Corte, che è stato modificato dalla legge n. 172 del 2012 con cui è stata ratificata ed eseguita nel nostro ordinamento la Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale[14], la quale, all’art. 31, paragrafo 3 prevede l’impegno di ciascuna parte contraente ad assicurare che le vittime abbiano accesso, a titolo gratuito, qualora giustificato, all’assistenza legale nel momento in cui possano ricoprire il ruolo di parte nel procedimento penale.

La Corte, richiamando la sentenza n. 13497/2017 (di cui si è detto prima) precisa poi che, per accedere al gratuito patrocinio nel caso in cui si proceda per uno dei reati per i quali è prevista la deroga ai limiti reddituali, l'istanza necessita che il processo sia pendente e che il richiedente e i componenti del suo nucleo familiare forniscano le rispettive generalità, i propri dati fiscali e non anche una dichiarazione sostitutiva di certificazione che attesti i requisiti reddituali richiesti.

Infatti, richiamandosi ad un precedente della stessa Corte, la quarta sezione penale ha riconosciuto come nelle ipotesi di cui all’art. 76 c 4-ter, il giudice ha il dovere di accogliere  l’istanza se presentata dalla persona offesa da uno dei reati previsti dalla medesima norma, all’esito della positiva verifica dell’esistenza di un procedimento iscritto relativo ad uno dei menzionati delitti.

In mancanza di una previsione normativa, il giudice, infatti, non potrebbe negare l’ammissione al beneficio solo perché la parte non abbia prodotto la dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante la sussistenza delle condizioni di reddito, dato che il comma 4-ter dell’art. 76 non individua massimi reddituali che escludano il diritto di cui si discute; sicché  - afferma la Corte – la produzione di tale certificazione sarebbe superflua e la sua mancanza non può comportare l’esclusione del soggetto dal beneficio.

Logico corollario di tali premesse è quello per il quale, una volta ammesso l’interessato al beneficio, in base alla valutazione del giudice che prescinde dalla certificazione ex art. 79 c-ter lett c),  il soggetto non sarà neppure onerato di adempiere all’obbligo previsto dalla successiva lettera d) del medesimo articolo, vale a dire non sarà neppure tenuto a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell'anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell'istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione.

Nel caso di specie, infatti, la Corte d’Appello aveva revocato l’ammissione al gratuito patrocinio perché l’istante non aveva prodotto la certificazione attestante il proprio reddito e non aveva neppure comunicato la variazione reddituale, ma, poiché rientrante in una delle ipotesi per le quali tali obblighi non sono previsti, la Cassazione riconosceva la violazione di legge cui era incorsa la Corte distrettuale.

Così, sulla scorta di tali argomentazioni, la quarta sezione penale  della Corte di Cassazione ha enunciato il principio di diritto secondo cui: “ una volta ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, il soggetto rientrante in una delle categorie previste dall’art. 76 comma 4-ter d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 non è tenuto ad adempiere all’obbligo di cui all’art. 79 comma 1 lett. d) stesso d.P.R 115 del 2002”.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Testo Unico delle spese di Giustizia, consultabile alla pagina https://urly.it/367n6.

[2] È quanto sancito dall’art. 74 del D.P.R. n. 115/2002, rubricato “Istituzione del patrocinio.”

[3] All’art. 75, il dlgs. 7 marzo 2019, n. 24, ha aggiunto il comma 2-bis, per il quale:” La disciplina del patrocinio si applica, inoltre, nelle procedure passive di consegna, di cui alla legge 22 aprile 2005, n. 69, dal momento dell'arresto eseguito in conformità del mandato d'arresto europeo fino alla consegna o fino al momento in cui la decisione sulla mancata consegna diventi definitiva, nonché nelle procedure attive di consegna, di cui alla citata legge n. 69 del 2005, in favore della persona ricercata oggetto di un procedimento di esecuzione del mandato d'arresto europeo ai fini dell'esercizio di un'azione penale e che ha esercitato il diritto di nominare un difensore sul territorio nazionale affinché assista il difensore nello Stato membro di esecuzione”.

[4]Si precisa che nel solo giudizio penale il limite di reddito è aumentato di 1.032,91 euro per ogni familiare convivente. Ad esempio: se la famiglia è composta da 2 persone, il reddito totale non deve superare l'importo previsto per l'istante (11.493,82 euro + 1032,19 euro; se la famiglia è composta di 3 persone, il reddito totale non deve superare 11.493,82 + 1032,19 + 1.032,19 euro, e così via.

[5] Art. 77 del D.P.R. 115/2002.

[6] La Corte costituzionale, con la sentenza n. 382 del 1985, nell'affrontare la problematica dei limiti di reddito per il patrocinio a spese dello Stato, ha precisato che "nella nozione di reddito, ai fini dell'ammissione del beneficio in questione, devono ritenersi comprese le risorse di qualsiasi natura, di cui il richiedente disponga, anche gli aiuti economici (se significativi e non saltuari) a lui prestati, in qualsiasi forma, da familiari non conviventi o da terzi, - pur non rilevando agli effetti del cumulo - potranno essere computati come redditi direttamente imputabili all’interessato, ove in concreto accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici, ex art. 2739 c.c., quali ad es. il tenore di vita del soggetto.

[7] L’art. 76 prevede nei commi successivi:” 4-bis. Per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 291-quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 80, e 74, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, e per i reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, ai soli fini del presente decreto, il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti.

4-ter. La persona offesa dai reati di cui agli articoli 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis, nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto.

4-quater. Il minore straniero non accompagnato coinvolto a qualsiasi titolo in un procedimento giurisdizionale ha diritto di essere informato dell'opportunità di nominare un legale di fiducia, anche attraverso il tutore nominato o l'esercente la responsabilità genitoriale ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, e di avvalersi, in base alla normativa vigente, del gratuito patrocinio a spese dello Stato in ogni stato e grado del procedimento. Per l'attuazione delle disposizioni contenute nel presente comma è autorizzata la spesa di 771.470 euro annui a decorrere dall'anno 2017.

4-quater. I figli minori o i figli maggiorenni economicamente non autosufficienti rimasti orfani di un genitore a seguito di omicidio commesso in danno dello stesso genitore dal coniuge, anche legalmente separato o divorziato, dall'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione civile è cessata, o dalla persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza possono essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, anche in deroga ai limiti di reddito previsti, applicando l'ammissibilità in deroga al relativo procedimento penale e a tutti i procedimenti civili derivanti dal reato, compresi quelli di esecuzione forzata.

[8] I commi 2 e 3, invece, prevedono che:” 2. Per i redditi prodotti all'estero, il cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea correda l'istanza con una certificazione dell'autorità consolare competente, che attesta la veridicità di quanto in essa indicato.

3. Gli interessati, se il giudice procedente o il consiglio dell'ordine degli avvocati competente a provvedere in via anticipata lo richiedono, sono tenuti, a pena di inammissibilità dell'istanza, a produrre la documentazione necessaria ad accertare la veridicità di quanto in essa indicato.”

[9] Art. 92 (Elevazione dei limiti di reddito per l’ammissione): “Se l'interessato all'ammissione al patrocinio convive con il coniuge o con altri familiari, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 76, comma 2, ma i limiti di reddito indicati dall'articolo 76, comma 1, sono elevati di euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi”.

[10] Si tratta di delitti particolarmente gravi, quali, a titolo esemplificativo: associazione mafiosa, tratta di persone, acquisto o alienazione di schiavi.

[11] Si tratta rispettivamente dei seguenti reati: maltrattamenti contro familiari o conviventi, pratiche di mutilazione di organi genitali femminili, violenza sessuale, atti sessuali con minorenni, violenza sessuale di gruppo, atti persecutori, riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, prostituzione minorile, pornografia minorile, iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, tratta di persone, acquisto o alienazione di schiavi, corruzione di minorenni ed adescamento di minorenni.

[12] Corte di Cassazione, sentenza n. 13497 del 20 marzo 2017.

[13] L’art. 112 del D.P.R. n. 115/2002, rubricato “Revoca del decreto di ammissione” prevede che:
1. Il magistrato, con decreto motivato, revoca l'ammissione: a) se, nei termini previsti dall'articolo 79, comma 1, lettera d), l'interessato non provvede a comunicare le eventuali variazioni dei limiti di reddito; b) se, a seguito della comunicazione prevista dall'articolo 79, comma 1, lettera d), le condizioni di reddito risultano variate in misura tale da escludere l'ammissione;
c) se, nei termini previsti dall'articolo 94, comma 3, non sia stata prodotta la certificazione dell'autorità consolare;
d) d'ufficio o su richiesta dell'ufficio finanziario competente presentata in ogni momento e, comunque, non oltre cinque anni dalla definizione del processo, se risulta provata la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni di reddito di cui agli articoli 76 e 92.
2. Il magistrato può disporre la revoca dell'ammissione anche all'esito delle integrazioni richieste ai sensi dell'articolo 96, commi 2 e 3.
3. Competente a provvedere è il magistrato che procede al momento della scadenza dei termini suddetti ovvero al momento in cui la comunicazione è effettuata o, se procede la Corte di cassazione, il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato.
4. Copia del decreto è comunicata all'interessato con le modalità indicate nell'articolo 97.

[14] La Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali è un trattato multilaterale del Consiglio d'Europa, con cui gli Stati membri si accordano per criminalizzare alcune forme di abuso sessuale nei confronti dei bambini. È il primo trattato internazionale che affronta gli abusi sessuali nei confronti dei bambini che avvengono all'interno della famiglia. È stata firmata a Lanzarote, in Spagna il 25 ottobre 2007. Il testo è consultabile alla pagina https://urly.it/367n7.