La procedura di liquidazione dell´attivo fallimentare durante l´emergenza COVID-19 e la posizione dell´aggiudicatario
Modifica paginaIl presente scritto si propone di offrire qualche spunto interpretativo utile a dirimere eventuali problematiche insorte medio tempore durante la procedura di liquidazione dell’attivo fallimentare per effetto dell’emergenza COVID-19. In particolare, l’analisi muoverà dal tentativo di inquadrare nell’ambito della disciplina contrattuale la posizione dell’aggiudicatario vagliando la possibilità di ricondurre il rapporto insorto per effetto della sequenza offerta irrevocabile-aggiudicazione nell’ambito di uno schema quale quello del contratto preliminare. In seguito, si analizzeranno i rimedi applicabili per effetto di tale approccio ermeneutico e, infine, ci si interrogherà – muovendo da una recente pronuncia di legittimità - sulla natura della cauzione e sugli eventuali obblighi restitutori
Sommario: Premessa; 1) L’aggiudicatario tra mero offerente e promissario acquirente; 2) Sul contratto Preliminare e sui correlati rimedi esperibili a fronte dell’Emergenza Covid-19; 3) Sulla natura della cauzione e sull’interpretazione sistematica del termine “inadempimento”; 4) Considerazioni conclusive.
Premessa.
Il presente scritto si propone di offrire qualche spunto interpretativo utile a dirimere eventuali problematiche insorte medio tempore durante la procedura di liquidazione dell’attivo fallimentare per effetto dell’emergenza COVID-19. In particolare, l’analisi muoverà dal tentativo di inquadrare nell’ambito della disciplina contrattuale la posizione dell’aggiudicatario vagliando la possibilità di ricondurre il rapporto insorto per effetto della sequenza offerta irrevocabile-aggiudicazione nell’ambito di uno schema quale quello del contratto preliminare. In seguito, si analizzeranno i rimedi applicabili per effetto di tale approccio ermeneutico e, infine, ci si interrogherà – muovendo da una recente pronuncia di legittimità – sulla natura della cauzione e sugli eventuali obblighi restitutori in capo alla Procedura.
1. L’aggiudicatario tra mero offerente e promissario acquirente
La procedura funzionale alla liquidazione dell’attivo fallimentare è prescritta dagli artt. 105 e ss. del R.D. n. 267/1942 e in materia di vendita di beni immobili dall’art. 107 che, nel disciplinare le modalità della vendita, richiama in quanto compatibili gli artt. 490, 569, c. III, 574 c. I e 587 c. I, c.p.c. Si tratta di un rinvio che assolve una duplice funzione: di tipo d’un lato integrativo e, dall’altro, armonizzante. Ne deriva quindi che per individuare la disciplina applicabile alla liquidazione dell’attivo fallimentare ci si debba costantemente muovere tra la normativa speciale e quella codicistica.
I principi cardine che ispirano il procedimento liquidatorio sono: 1) Pubblicità; 2) Determinazione del prezzo base attraverso il ricorso ad esperti stimatori; 2) Massima estensione del novero di partecipanti; 3) Massimizzazione del prezzo attraverso il ricorso a procedure competitive.
Tralasciando ad altra sede la descrizione delle possibili alternative a disposizione del Curatore[1], ci si limiterà quivi ad analizzare le conseguenze che discendono da un’offerta irrevocabile e da una successiva aggiudicazione provvisoria per carenza di offerte migliorative e, invertendo il brocardo ubi remedia ibi jus, si scandaglierà il nostro ordinamento al fine di comprendere quali possano essere i rimedi funzionali a consentire all’aggiudicatario di sciogliersi dal vincolo a fronte di sopravvenienze imprevedibili tali da rendere inesigibile l’adempimento o tali da alterare irrimediabilmente l’equilibrio negoziale Come noto, gli artt. 571 e 580 c.p.c. subordinano l’efficacia dell’offerta irrevocabile alla prestazione di una cauzione, sulla cui funzione e natura si dirà comunque in seguito. Nell’ipotesi in cui non intervengano ulteriori offerte migliorative l’offerente verrà dichiarato aggiudicatario provvisorio del bene (o del complesso di beni) con verbale di aggiudicazione recante conferma dell’offerta e sua accettazione da parte del Curatore.
Giunti a tal punto è impossibile non scorgere quelli che sono i presupposti tipici del meccanismo di perfezionamento del contratto di cui all’art. 1326 c.c. Da un lato infatti v’è un’offerta, dall’altro v’è un’accettazione, pertanto quella che era un’obbligazione in origine unilaterale compendiata nell’offerta irrevocabile, trasmuta nell’obbligazione bilaterale di procedere alla stipula del contratto di compravendita. Di qui dunque l’interrogativo che sovviene è quale sia la fonte di tale reciproca obbligazione. Secondo la tripartizione gaiana riprodotta nell’art. 1173 c.c. le fonti delle obbligazioni possono notoriamente essere il contratto, il fatto illecito e ogni altro atto o fatto idoneo a produrle secondo l’ordinamento giuridico. Si potrebbe inferire che l’obbligo discenda dall’offerta (rectius: dalla proposta irrevocabile originariamente avanzata dall’offerente) nondimeno però si dovrà parimenti notare come l’obbligo non sia unilaterale ma reciproco, ovverosia, tanto dell’aggiudicatario quanto della Procedura. Ecco quindi che si aprono differenti opzioni interpretative[2].
Da un lato v’è che ritiene che il bando di gara possa assurgere a invito ad offrire, ne discende che il tal caso, almeno fino all’aggiudicazione, l’unico soggetto obbligato a contrarre sarà lo stesso offerente. Tuttavia a ben vedere, ciò che connota l’invito a offrire è l’incompletezza rispetto ad un’offerta al pubblico. La seconda infatti reca con sé tutti gli elementi utili ad individuare gli elementi essenziali del contratto, che si perfezionerà per effetto della mera accettazione da parte di uno qualsiasi dei destinatari. La prima, per converso, ha contenuto generico e imperfetto, “l’invitante” infatti non avanza una proposta contrattuale recante ex art. 1336 c.c. “gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta” bensì intende sospingere i terzi ad inoltrare una siffatta proposta o rectius offerta[3].
Un differente e più condivisibile approccio riconduce viceversa il bando di gara nella figura dell’offerta al pubblico di cui all’art. 1336 c.c. Si tratta di un’impostazione indubbiamente più condivisibile nella misura in cui sovente, a maggior ragione ove oggetto della liquidazione sia un’azienda o un ramo d’azienda, il bando reca una puntuale indicazione degli obblighi del futuro aggiudicatario-acquirente.
A tal punto però occorre chiedersi quale sia il contratto che si perfeziona per effetto dell’inoltro dell’offerta irrevocabile. In merito gli orientamenti sono due. Secondo un primo approccio, si rientrerebbe nella figura del preliminare aperto o del preliminare di preliminare, figura su cui si è a lungo dibattuto in sede giurisprudenziale fino ad affermarne la validità attraverso un approccio ermeneutico fondato sulla c.d. causa in concreto. In particolare, la validità del preliminare di preliminare dipende dal riscontro nel caso concreto di un effettivo interesse dei contraenti ad una formazione progressiva del contratto[4] attraverso un iter che prenda avvio da un preliminare di preliminare, dal contenuto generico (ma non quanto una mera puntuazione), che passi attraverso un preliminare connotato da un maggior grado di dettaglio, e che poi giunga all’agognato contratto definitivo. In tal caso da un’eventuale “tradimento dell’obbligo di contrarre” deriverebbe una responsabilità contrattuale ma non l’attivazione del rimedio di cui all’art. 2932 c.c.
Una differente opzione interpretativa, sostenuta da un’autorevole corrente dottrinale[5], ritiene di ravvisare la fonte dell’obbligo di stipulare il contratto di compravendita in un preliminare intercorso tra le parti. Si tratta di un approccio suggestivo che prescinde da qualsivoglia formale etichetta apposta previamente dalle parti ai propri atti e che poggia sulla funzione economico-individuale dell’operazione. In particolare, il bando di gara varrebbe quale offerta al pubblico di stipula di un preliminare di compravendita, ne deriva che una volta inoltrata l’offerta irrevocabile e una volta individuato l’aggiudicatario, sorgerà un reciproco obbligo di procedere alla stipula del contratto definitivo. Si può quindi sostenere che l’inoltro valga quale accettazione dell’offerta al pubblico e che il perfezionamento del preliminare sia subordinato ad una condizione di efficacia, ossia l’intervenuta aggiudicazione. Vagliando gli effetti tale tesi trova ulteriori conferme, aggiudicatario e Curatore sono infatti ambedue obbligati alla stipula di un contratto di vendita teso a sortire effetti traslativi, ne deriva quindi che aderendo alla precitata tesi interpretativa, a valle avremo un contratto definitivo e, a monte, non due obbligazioni spurie ma un fascio di rapporti obbligatori discendenti da un contratto preliminare avente, per sua natura, meri effetti obbligatori. La bilateralità dell’obbligo di contrarre assume carattere centrale e discretivo, infatti da un lato permette di superare il patto di opzione come figura prossima e, dall’altro, permette di comprendere il ricorso da parte di aggiudicatari insoddisfatti al rimedio di cui all’art. 2932 c.c. L’adesione alla tesi che potremmo quindi definire “negoziale”, consente all’interprete di cercare conforto nella disciplina codicistica dedicata alla gestione delle sopravvenienze. Il contratto rappresenta come notorio il frutto della combinazione di offerta e accettazione e in esso i reciproci interessi si compendiano e sintetizzano. Tuttavia, pur essendo pacificamente ascrivibile nel novero dei “fatti giuridici” esso va necessariamente calato nella realtà fenomenica, in cui sorge e in cui è destinato ad esplicare i propri effetti. Ecco quindi che il contratto, pur avendo forza di legge inter partes, sarà soggetto ad eventuali mutamenti della realtà socio-economica circostante, purché essi siano sopravvenuti (di qui la dizione “sopravvenienze), non imputabili, non prevedibili e significativi.
La mancata adesione alla tesi negoziale, non esclude comunque che fenomeni dotati dei precitati caratteri della significanza, imprevedibilità e non imputabilità siano privi di rilievo sulla posizione giuridica dell’obbligato non ex contractu ma ex lege. Come si vedrà a breve, in quel contesto l’interprete potrà ricorrere ai principi generali e, su tutti, al principio di buona fede, al fine di individuare possibili meccanismi di gestione delle sopravvenienze.
2. Sul contratto Preliminare e correlati rimedi esperibili a fronte dell’Emergenza Covid-19
Riprendendo le suestese argomentazioni, si pensi all’ipotesi – non così remota – in cui un soggetto sia risultato aggiudicatario provvisorio prima della deflagrazione dell’emergenza pandemica e prima del varo delle misure governative di contenimento e che, durante tale fase emergenziale, non si sia ancora pervenuti alla stipula del contratto di compravendita. Ebbene, si è molto scritto e letto dei possibili rimedi che il nostro ordinamento offre alle parti di un rapporto contrattuale a fronte dell’insorgenza di determinate sopravvenienze. Tali rimedi, che rappresentano altrettante deroghe al principio del pacta sunt servanda e che rinvengono il proprio fondamento nella clausola inespressa del rebus sic stantibus dedotta interpretativamente dall’art. 1375 c.c., spaziano dalla risoluzione per impossibilità sopravvenuta e per eccessiva onerosità sopravvenuta ex artt. e 1463 c.c. 1467 c.c.[6] fino alla riconoscibilità di un recesso ex bona fide in ipotesi di mancato avveramento della condizione inespressa sottesa al rapporto negoziale (c.d. presupposizione). Occorre inoltre rammentare che l’art. 91 del D.L. n. 18/2020 prevede che “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”. Tale previsione di carattere emergenziale e funzionale a fronteggiare una situazione parimenti emergenziale è tuttavia di dubbia applicabilità nei rapporti contrattuali tra privati.
Le conseguenze dell’attuale pandemia sono solo in parte oggi visibili e prevedibili, palesi sono viceversa le ripercussioni in ogni settore dell’economia[7], ne deriva sul medio periodo che molte attività non potranno riaprire se non subendo stringenti limitazioni alla propria operatività con consequenziale decremento anche significativo delle proprie prospettive di fatturato e del proprio valore (si pensi ad un ramo d’azienda o ad un’impresa). Va da sé quindi che l’offerta originariamente avanzata per l’acquisto del cespite parte della Procedura potrebbe ora apparire alquanto sproporzionata rispetto all’attuale e prossimo valore del bene. Tale problematica si acuirebbe ove oggetto di offerta irrevocabile e di aggiudicazione fosse un complesso organizzato di beni, in tal caso infatti alla base dell’operazione negoziale vi sarebbe un “piano industriale” teso ad ottimizzare il ramo d’azienda in odore di acquisizione. La peculiarità della procedura di vendita avente tale oggetto è desumibile dall’art. 105 L.F., la disposizione consente la liquidazione atomistica dei cespiti solo in via sussidiaria ad una vendita dell’intero complesso organizzato in cui sono compendiati, ciò in un’ottica conservativa. Parimenti ispirata a ragioni conservative è quella corrente interpretativa[8] che introduce un secondo criterio di selezione dell’aggiudicatario accanto a quello del prezzo, rappresentato dalle garanzie che egli è in grado di offrire circa la prosecuzione dell’attività d’impresa. Orbene, nel caso in cui l’azienda rientri nel novero di quei codici ATECO per cui i provvedimenti governativi hanno previsto o prevederanno restrizioni anche significative alla propria operatività, la conseguenza più ovvia è un decremento di valore del bene. In quel frangente potrebbe quindi alterarsi l’equilibrio tra la prestazione dell’aggiudicatario (il prezzo aveva quale riferimento la stima eseguita prima dell’emergenza) e il valore della controprestazione.
Pertanto, muovendo dalla surrichiamata corrente interpretativa che ritiene ravvisabile in questi casi un contratto preliminare, si potrebbe fare ricorso al rimedio di cui all’art. 1467 c.c., consentendo all’aggiudicatario provvisorio di risolvere il preliminare per eccessiva onerosità sopravvenuta così sottraendosi all’obbligo di stipulare il definitivo. Ai fini della sua operatività tale disposizione esige d’un lato che vi sia un gap temporale tra la stipula del contratto e la sua esecuzione e, dall’altro, che in tale arco temporale la prestazione di una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa rispetto a quella dell’altra (esorbitando la normale alea del contratto) a causa di eventi straordinari e imprevedibili[9].
Un altro possibile rimedio è rappresentato dall’impossibilità sopravvenuta 1463 c.c. declinato sub specie di impossibilità di utilizzazione dell’altrui prestazione. La disposizione codicistica, in combinato con l’art. 1256 c.c., consente ad una delle parti del rapporto obbligatorio di sciogliersi dal vincolo contrattuale a fronte di un’impossibilità che sia definitiva, totale, oggettiva e non imputabile. Nel caso in cui si sia per converso innanzi ad una impossibilità parziale l’art. 1464 c.c. consente alternativamente una riduzione della controprestazione o riconosce alla parte che non abbia interesse ad una controprestazione dimidiata di recedere dal contratto. Nel caso di specie è difficoltoso asserire che la prestazione della Procedura sia divenuta impossibile, il trasferimento dei beni componenti il ramo d’azienda non è infatti di per sé vietato da alcuna misura governativa. Allo stesso modo non si può di certo ritenere che sia divenuta impossibile in senso oggettivo la prestazione dell’aggiudicatario, ovverosia stipulare il contratto definitivo e versare il prezzo. D’altronde è ormai notorio che la prestazione avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro è ritenuta essere sempre, in senso oggettivo, possibile e ciò in forza del noto brocardo genus numquam perit.[10] Ecco quindi che assume forza dirimente un richiamo alla giurisprudenza di legittimità che ha offerto una lettura evolutiva della disposizione codicistica equiparando in punto di effetti l’impossibilità totale e definitiva della prestazione all’impossibilità di utilizzare la stessa.[11] Si tratta ovviamente di un approccio che trae origine dalla concezione della causa in concreto e che è chiaramente ispirato da logiche di natura equitativa. Pertanto, nel caso in cui l’aggiudicatario provvisorio non sia in grado, a causa dei provvedimenti dell’Autorità Pubblica, di impiegare così come si era riproposto, il ramo d’azienda attuando il piano industriale sotteso all’offerta irrevocabile e che costituiva la causa in concreto del preliminare, si dovrà riconoscergli il diritto di risolvere il contratto ex art. 1463 c.c.
Un ulteriore rimedio è rinvenibile nelle pieghe della teoria della presupposizione. In dottrina molto si è dibattuto sulla natura dell’istituto, si tratta di un fattore noto ad ambedue le parti che è considerato determinate ai fini dell’efficacia dell’assetto negoziale e che tuttavia non ha trovato espressa menzione nel regolamento negoziale[12]. L’esempio di scuola tipico[13] è quello del contratto in forza del quale Tizio concede a Caio di accedere al proprio balcone prospiciente su Piazza del Campo in occasione del Palio di Siena. Ebbene, la celebrazione del Palio assurge in quel frangente a presupposizione (condizione inespressa), un quid pluris rispetto ai motivi – notoriamente irrilevanti – e un quid similis alla condizione. Nel caso in esame, la possibilità di impiegare il ramo d’azienda così come da piano industriale di sviluppo – circostanza che può essere altresì nota nel dettaglio al Curatore (e.g. consultazioni sindacali; valutazione del prezzo secondo le garanzie) – così da assicurare la continuità dell’attività di impresa che assurge, come visto, a criterio di selezione dell’aggiudicatario può rappresentare la presupposizione che fa da sfondo al preliminare. Ecco dunque che, a fronte dell’impossibilità di darvi attuazione a causa di eventuali misure di contenimento che impongano ad esempio un ripensamento dell’intera attività imprenditoriale o una sua riorganizzazione per far fronte alle nuove direttive in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, ebbene si potrà condividere quell’approccio ermeneutico che ammette al contraente di recedere ex bona fide dal negozio[14].
Il filone interpretativo viceversa oggi maggioritario[15], tende ad individuare nell’art. 1467 c.c. il rimedio utile alla gestione della sopravvenienza rappresentata dal mancato avveramento della condizione-presupposto.
La buona fede, canone interpretativo ma parimenti integrativo che rinviene il proprio fondamento nell’art. 2 Cost. espressione del c.d. principio solidaristico e che trova negli artt. 1175 e 1375 c.c. i propri riflessi codicistici, porta parimenti a ritenere che in un simile contesto si possa individuare un alternativo rimedio alla predetta sopravvenienza nella rideterminazione[16] del corrispettivo. Tuttavia il rischio sarebbe quello di precludere la possibilità a terzi di partecipare ad una procedura competitiva basata su una nuova e aggiornata perizia di stima con consequenziale difficoltà di conseguire il miglior risultato possibile dalla procedura di liquidazione.
Pare inoltre quantomeno dubbio che il mutare dello scenario economico, l’impossibilità di realizzare il piano cui l’operazione di acquisto tendeva possa essere privo di qualsivoglia rilevanza e che quindi la Procedura possa agire ex art. 2932 c.c. così da ottenere una pronuncia costitutiva che tenga il luogo del contratto o, ancora, che possa procedere ex art. 587 c.p.c. trattenendo parimenti la cauzione. Un simile contegno non risulta infatti ossequioso della buona fede di cui agli artt. 1175 c.c. e 1375 c.c. né si può ritenere che nell’ambito delle procedure di vendita coattiva o di liquidazione dell’attivo sopravvenienze di tale portata siano del tutto prive di qualsiasi conseguenza sul piano giuridico. Infine, non si può non notare come le conseguenze che discendono dall’inadempimento dell’aggiudicatario siano descritte dagli artt. 587 c.p.c. e 176-177 disp. att. c.p.c., disposizioni che prevedono l’incameramento della cauzione, l’esperimento di una nuova procedura di vendita e la condanna a titolo risarcitorio del precedente aggiudicatario per un importo pari al “delta” tra precedente offerta e nuova offerta “vincente”. Tale assetto normativo non pare ammettere strade alternative e, a fortiori ove ulteriormente ribadito in sede di bando, porta a escludere in forza del principio ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit che il Curatore possa avvalersi del rimedio di cui all’art. 2932 c.c.
In limine, si ritiene che il criterio interpretativo guida debba essere sempre quello della buona fede, pertanto, quand’anche non si ritenesse di condividere la tesi che vuole ravvisare l’insorgenza di un contratto preliminare inter partes, tale “canone ermeneutico” unitamente ad un approccio di carattere sistematico dovrà sospingere il giudicante ad accuratamente intendere la rubrica di cui all’art. 587 c.p.c. Ne deriva che a fronte di un fenomeno pandemico di portata globale l’aggiudicatario potrà fornire la prova liberatoria di cui all’art. 1218 c.c. risultando pertanto esonerato dall’obbligazione risarcitoria che altrimenti colpirebbe un inadempimento non imputabile. D’altronde, si è già avuto modo di osservare come la giurisprudenza di legittimità abbia esteso l’area applicativa dell’art. 1256 c.c. ai casi di impossibilità di utilizzazione dell’altrui prestazione, non sembra quindi peregrino sostenere che un identico approccio possa portare ad escludere la configurabilità di una responsabilità contrattuale del debitore che, in via di autotutela, abbia deciso di non stipulare il contratto definitivo a causa dell’impossibilità di fruire dell’altrui prestazione per causa di forza maggiore o per un factum principis.
3. Sulla natura della cauzione e sull’interpretazione sistematica del termine “inadempimento”
Il versamento di una cauzione da parte dell’offerente è previsto dagli artt. 571 e 580 c.p.c. ed è evidente che si tratta di un adminiculum funzionale a tutelare logiche pubblicistiche sottese alla Procedura ed evitare che vengano presentate offerente in modo leggero o spensierato. Dunque, la cauzione è funzionale ad assicurare la serietà dell’impegno assunto dall’offerente. La cauzione pertanto assolve una funzione di garanzia, tale connotato le è ontologicamente proprio, così come dimostra la disciplina della cauzione da versare per l’immissione nel possesso temporaneo dei beni dell’assente ex art. 50 c.c. o ancora quella al cui versamento è tenuto il tutore ex art. 381 c.c. Usualmente la cauzione viene ricondotta nel genus delle garanzie reali e nella species del pegno irregolare[17]. Nondimeno, è possibile scorgere la medesima funzione anche nella c.d. caparra confirmatoria, la differenza essenziale tuttavia risiede nella circostanza che in quest’ultimo caso v’è un’obbligazione reciproca, viceversa nel caso che funge da sfondo al versamento della cauzione l’obbligazione sarebbe unilaterale. Invero, aderire alla tesi che riconduce il meccanismo di aggiudicazione nell’alveo del contratto preliminare significa differentemente intendere l’atteggiarsi della cauzione posto che, in quel caso, vi sarebbe un reciproco obbligo di addivenire alla stipula del contratto definitivo di compravendita.
Ulteriore tematica di interesse è quella dell’incameramento della cauzione in ipotesi di mancata stipula del definitivo o di mancato versamento del prezzo entro il termine convenuto. Gli artt. 587 c.p.c. e 176, 177 disp. att. c.p.c. prevedono che a fronte dell’inadempienza dell’aggiudicatario il G.E. con decreto ne dichiari la decadenza e pronunci la perdita della cauzione a titolo di caparra disponendo un nuovo incanto. Si deve ritenere che l’incameramento non possa operare quale automatismo per il sol fatto che non si sia addivenuti alla stipula ma che, data la sua funzione sanzionatoria (“a titolo di multa”), esso si ponga a valle di un inadempimento imputabile dell’aggiudicatario. A suffragio di tale interpretazione milita il dato letterale, ossia la rubrica dell’art. 587 c.p.c. e il corpo dell’art. 177 disp. att. c.p.c. Inoltre, argomentare diversamente significa ribaltare l’intera logica di sistema sottesa alla disciplina dell’inadempimento, in particolare, aderendo al nuovo approccio giurisprudenziale in materia di danni punitivi[18] si può osservare come non sempre il risarcimento risponda ad una logica meramente riparatoria finendo per assolvere anche una funzione di tipo sanzionatorio. Pertanto, è necessario osservare come in caso di inadempienza dell’aggiudicatario l’entità del risarcimento (in senso stretto) sia rappresentata dal delta tra l’offerta non rispettata e la nuova offerta vincente, nondimeno si può considerare quale componente di esso anche la cauzione incamerata dalla procedura, porzione connotata da una palese funzione non riparatoria, bensì sanzionatoria[19]. A tal punto diviene però palese l’inopportunità di sanzionare chi non abbia potuto addivenire alla stipula per effetto di un factum principis o, ancora, a causa di un mutare significativo e profondo dello scenario economico, di una impossibilità di fruire dell’altrui prestazione o di perseguire il proprio piano strategico volto a dare continuità imprenditoriale all’azienda. Si rientra in questi casi nella c.d. non imputabilità dell’inadempimento (da intendersi in linea con l’impostazione soggettivistica) o, ancora, ricollegandosi al canone della buona fede, in altrettante ipotesi di inesigibilità[20] della prestazione[21]. In tali frangenti anche richiamandosi alle disposizioni che rappresentano l’architrave della responsabilità contrattuale, ovvero gli artt. 1218, 1223 e 1256 c.c., si deve ritenere che la procedura possa sì dichiarare decaduto l’aggiudicatario ma che debba parimenti retrovertere quanto percepito a titolo di cauzione. La circostanza che l’incameramento definitivo sia subordinato ad un inadempimento imputabile fino a prova contraria è stata infine più volte affermata dalla Suprema Corte[22]. Di conseguenza, non si potrà considerare l’aggiudicatario onerato di un’obbligazione risarcitoria per non aver potuto in concreto perfezionare l’acquisto del bene aggiudicato, v’è inadempimento da un punto di vista oggettivo, ma da un punto di vista soggettivo esso è determinato da fatto non imputabile all’aggiudicatario[23]. Sempre al fine di escludere un’eventuale responsabilità risarcitoria, è utile un richiamo al principio condizionalistico recepito dall’art. 1223 c.c., occorre così chiedersi se l’eventuale pregiudizio patito dalla procedura (il predetto delta) sia stato determinato in via efficiente dalla condotta dell’aggiudicatario o, per converso, dalle sopravvenienze di cui supra.
4. Considerazioni conclusive
L’iter argomentativo sovraesposto mostra come la procedura di liquidazione dei cespiti di un fallimento non possa rappresentare una bolla intangibile a qualsiasi sopravvenienza eccezionale ed imprevedibile. Ne deriva che a fronte di un differente inquadramento giuridico parimenti differente sarà il meccanismo di risoluzione del disequilibrio così ingeneratosi. Perseguendo la tesi “negoziale” che conduce l’interprete a ravvisare l’intervenuta stipula di un contratto preliminare tra aggiudicatario provvisorio e Curatore, i rimedi saranno propriamente quelli della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta o per impossibilità sopravvenuta (intesa ut supra), o ancora quello della riconoscibilità di un recesso ex bona fide per mancato avveramento della condizione inespressa.
Qualora non si volesse seguire tale approccio interpretativo, l’applicazione dei principi generali, fondati su logiche di carattere equitativo, comunque condurrà l’interprete a riconoscere all’aggiudicatario la facoltà di svincolarsi dall’obbligo di stipula del contratto di acquisto, ora attraverso la c.d. inesigibilità dell’adempimento, ora attraverso il riconoscimento di un vero e proprio fenomeno estintivo per impossibilità sopravvenuta.
Le prefate considerazioni discendono da un approccio ermeneutico di carattere sistematico e trovano parimenti conferma nella riconosciuta insorgenza di un’obbligazione restitutoria in capo alla procedura fallimentare avente ad oggetto la cauzione, obbligazione che sorge ogniqualvolta l’inadempimento dell’aggiudicatario appaia giustificato dalla necessità di tutelare i propri interessi o comunque dipendente da un fattore a lui non imputabile.
Ecco quindi che la pandemia COVID-19 si presenta come evento eccezionale e imprevedibile che, accompagnato dalle misure governative di contenimento a loro volta ascrivibili al novero del c.d. factum principis, costituisce sopravvenienza del tutto rilevante (ovviamente in base alle peculiarità del caso concreto) idonea a sovvertire l’equilibrio del rapporto negoziale o l’esigibilità stessa della prestazione. D’altronde, ragionare diversamente significherebbe sovvertire l’intero impianto codicistico in materia di inadempimento, vero è che pacta sunt servanda e che l’affidamento va tutelato (generale divieto di venire contra factum proprium), in questi casi però non si è di fronte ad un mero ripensamento, bensì ad una condotta tesa a salvaguardare la stessa sopravvivenza economica di un operatore che ante-COVID perseguiva logiche di crescita ed espansione e che post-COVID si trova a dover fare i conti con una politica più propriamente di autoconservazione. Nondimeno, esiste qualche fondata perplessità in ordine al carattere legittimo dell’altrui affidamento circa il regolare dipanarsi dell’originario assetto negoziale. Infine, se è certamente vero che il contratto rappresenta la sintesi di differenti istanze, è parimenti vero che il principio solidaristico e il principio di buona fede impongono di non esigere dall’altro contraente l’adempimento ove questo comporti uno sforzo, a causa del mutare del contesto, immane. Ecco che tra le spire dell’agere del creditore si possono scorgere in questo caso i tratti fisiognomici di un abuso del diritto, consistito nella violazione dei c.d. obblighi integrativi o ancillari di lealtà, solidarietà e collaborazione di cui ai precitati artt. 1175 c.c. e 2 Cost.
[2] R. LENZI, La posizione giuridica dell'aggiudicatario, in “L'intervento del notaio nella circolazione dei beni a mezzo asta: dalla dismissione degli Enti pubblici all'incarico di asta privata” - Atti del Convegno tenutosi a Roma il 12 e il 13 marzo 2010 (N. 4/2010)
[3] TORRENTE-SCHLESINGER, Manuale di Diritto Privato, p. 547; CARIGELLA-BUFFONI, Manuale di diritto Civile, p. 869.
[4] Cass. SS.UU. n. 4628/2015.
[5] F. GAZZONI, Trascrizione del preliminare di vendita e obbligo di dare, in Riv. not., 1997, p. 19.
[6] Cfr. CARINGELLA-BUFFONI, Manuale di diritto Civile, p. 811.
[7] Recentemente l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha confermato il rating dell’Italia al grado BBB con outlook negativo e previsione di un calo del PIL per l’anno 2020 del 9,9%.
[8] R. DI MARIO, D. GRASSELLI, D. POSCA, La procedura fallimentare e la gestione dell'insolvenza, p. 159.
[9] BIANCA, La responsabilità, in Diritto Civile, Vol. n. 5, p. 390 e ss.
[10] Cass. civ. Sez. lavoro, 20/05/2004, n. 9645
[11] Cfr. Cass. n. 16315/2007; Cass. n. 8766/2019; Cass. n. 18047/2018.
[12] TORRENTE-SCHLESINGER, Manuale di Diritto Privato, p. 708 “Più precisamente ricorre un caso di presupposizione allorquando da un’interpretazione secondo buona fede della volontà negoziale risulta che le parti, pur non facendone espressa menzione nel contratto, hanno entrambe considerato come pacifica e determinante per la conclusione dell’affare una data situazione di fatto attuale o futura”
[13] TORRENTE-SCHLESINGER, op. cit., ibidem
[14] Cass. civ. n. 12235/2007; Cass. civ. n. 20620/2016.
[15] Cass. n. 10899/2010; AIELLO, L’applicabilità del rimedio risolutorio al difetto sopravvenuto della presupposizione in un recente revirement della Cassazione, in Nuova giur. Civ., 2011, II, p. 305
[16] BRUNO, La questione delle sopravvenienze: presupposizione e rinegoziazione, in Giust. Civ., 2010, I; MACARIO, Rischio contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto dei contratti: dalla presupposizione all’obbligo di rinegoziare, in Riv. Dir. Civ., 2006, I, p.63.
[17] Cass. civ. n. 892/1956; Cass. civ. n. 2005/1968; Cass. civ. n. 4912/1999; Cass. civ. n. 19604/2017.
[18] Cass. civ., SS.UU., sentenza 05/07/2017 n. 6601.
[19] Superamento della c.d. Teoria differenziale.
[20] G. VISENTINI, in Trattato della responsabilità contrattuale, 2009.
[21] Cfr. Cass. civ. 19/1994.
[22] Cass. civ. Sez. I, Ord. N. 11957/2018; Cass. civ. Sez. I, Ord. n. 30200/2019.
[23] Cfr. Cass. civ. Sez. I, n. 11957/2018 “Nella fase di liquidazione dell’attivo fallimentare, al curatore è riconosciuta la possibilità di incamerare la cauzione prestata da colui che, scelto tramite procedura competitiva, non addivenga poi, alla stipula del contratto di affitto d’azienda cui quest’ultima era propedeutica, così venendo meno al rispetto della suddetta proposta, a condizione che non venga fornita la prova che l’inadempimento sia giustificato da ragioni idonee a compromettere gli interessi dell’aggiudicatario”