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Pubbl. Lun, 27 Lug 2015

Legittimità del falso profilo Facebook per controllare la diligenza dei lavoratori subordinati

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Emmanuel Luciano


Cammino Diritto, oltre ad essere utile per lettore, insegna molto anche agli autori: oggi ho imparato che il mio datore di lavoro (nella fattispecie mio padre, quindi Vi lascio immaginare) potrebbe benissimo creare un "falso" profilo su Facebook, spiarmi e licenziarmi per giusta causa, laddove non fossi diligente! Quindi ti prego, papà, non leggere quest’articolo!


Partendo dal presupposto che l'argomento relativo al rapporto tra poteri del datore di lavoro e diritti dei dipendenti è centrale in tema di diritto del lavoro, la sentenza che mi accingo ad analizzare ha una portata epocale, autorizzando in sostanza il datore di lavoro a creare un falso profilo su Facebook al solo fine di “incastrare” il dipendente sulla cui “correttezza” nutre già dubbi.
 
A legittimare tale condotta è la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10955 depositata in data 27.03.2015 e che si produce in allegato, approvando il modus operandi aziendale indicato e confermando il licenziamento del lavoratore.
 
Gli Ermellini hanno ritenuto accertati i fatti rilevati dai giudici di merito, dai quali era emerso che il responsabile del personale dell’impresa aveva creato un profilo femminile sul noto social network Facebook chiedendo l’amicizia a un dipendente, il quale non si era mostrato esattamente "diligente", essendo già stato sorpreso ad assentarsi dalla postazione di lavoro a causa di lunghe telefonate, causanti il blocco del macchinario cui era addetto, e ad utilizzare un IPAD collegato alla rete nell’armadietto personale. 
 
Nei giorni successivi alla richiesta di amicizia, il dipendente aveva confermato ogni dubbio sulla negligenza, chattando per molto tempo con la sua "nuova amica", anche e soprattutto durante gli orari di lavoro. Sulla base di questi elementi, quindi, il datore di lavoro aveva azionato la procedura per il licenziamento per giusta causa, legittimato dai giudici di merito e ora anche dal giudice di legittimità.
 
Pur sostenendo la necessità di un bilanciamento tra il potere di controllo del datore di lavoro ed il diritto alla privacy del dipendente, resa ancora più essenziale dall’imminente emanazione del decreto attuativo sui controlli a distanza nell’ambito del Job’s Act, la Sezione Lavoro della Suprema Corte, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non ha ritenuto che l’accertamento svolto nei suoi confronti integrasse alcuna violazione dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori*, approvato con L. 300 del 1970.
Per la Suprema Corte di Cassazione, infatti, laddove il controllo sia diretto “non già a verificare l’esatto adempimento delle obbligazioni direttamente scaturenti dal rapporto di lavoro, ma a tutelare beni del patrimonio aziendale ovvero ad impedire la perpetrazione di comportamenti illeciti, si è fuori dallo schema normativo dell'art. 4 n. 300/70”.
Come rilevato anche dai giudici di merito, il controllo messo in campo dall’azienda era “difensivo”, in quanto volto soltanto a sanzionare una condotta idonea “a ledere il patrimonio aziendale, sotto il profilo del regolare funzionamento e della sicurezza degli impianti”.
Peraltro, il controllo era stato effettuato “ex post”, ossia dopo i precedenti riscontri sulla negligenza del dipendente sul posto di lavoro. Per cui, conclude la Suprema Corte, la creazione del falso profilo su Facebook non costituisce di per sé una “violazione dei principi di buona fede e correttezza nell'esecuzione del rapporto di lavoro attenendo essa ad una “mera modalità di accertamento dell’illecito commesso dal lavoratore, non invasiva, né deduttiva dell’infrazione”.
 
 

*Statuto dei lavoratori, Art 4 - Impianti audiovisivi.

"È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti.
Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondono alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti dell'Ispettorato dei lavoro, di cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la previdenza sociale."