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Pubbl. Sab, 6 Giu 2020

Le ipotesi di esclusione dello scioglimento di società di capitali per inattività dell´assemblea

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Andrea Bazzichi



Un difficile accertamento che deve essere compiuto sulla base di parametri oggettivi, in assenza di criteri determinati per legge


Sommario: 1. Premesse generali; 2. Presupposti per la dichiarazione di scioglimento per inattività; 3. Meccanismi antistallo; 4. Riflessioni conclusive.

1. Premesse generali

Lo scioglimento di una società, sia essa di persone o di capitali, rappresenta la fase antecedente e pregiudiziale a quella di liquidazione. Fatta eccezione per l’ipotesi di revoca della medesima, si creano inevitabilmente degli effetti irreversibili, al punto che muta lo scopo stesso dell’organismo societario, dal fine primario di lucro si passa infatti ad un scopo conservativo, di gestione per assolvere al compito di garantire la conservazione del patrimonio aziendale e poter così procedere alla liquidazione delle passività. Se si analizzano l’art 2484 cc e l’art 2272 cc che disciplinano rispettivamente le cause di scioglimento della società di capitali e delle società di persone si nota come molte di queste siano comuni1.

Tra le cause tipiche delle società di capitali rientra naturalmente la fattispecie dell’impossibilità di funzionamento od inattività dell’assemblea contemplata al n° 3 dell’art 2484 cc che sovente, nel panorama giurisprudenziale viene omologata quasi come fosse un equivalente all’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale prevista al n° 1 dell’art 2484 c.c. Posto che la causa di scioglimento precede la liquidazione, che quest’ultima crea o può creare effetti irreversibili, dalla lettura delle due disposizioni se ne ricava come i citati elenchi devono ritenersi tassativi, non suscettibili di interpretazioni analogiche o estensive.

In tal senso, n’è prova il meccanismo di accertamento dei motivi di scioglimento, come previsto all’art 2485 cc che demanda tale attività all’opera degli amministratori a cui compete il compimento delle successive  e necessarie determinazioni2. L’intervento giudiziario, ai sensi del 2° comma del citato articolo è consentito solo nel caso di omissione o di inerzia, in presenza di una rilevata causa, da parte degli amministratori. Inoltre, anche laddove la constatazione della ragione di scioglimento venga appurata in sede giudiziaria, gli atti successivi devono sempre passare da una deliberazione assembleare. Solo allorquando non si provveda agli adempimenti previsti, si giustifica l’intervento sostitutivo giudiziario. Nella gamma della cause di scioglimento, secondo un indirizzo giurisprudenziale, un’eccezione è rappresentata dallo scioglimento dettato dall’impossibilità di funzionamento o inattività dell’assemblea3. Il tutto si spiega in una comprensibile ottica di economia processuale.

2. Presupposti per la dichiarazione di scioglimento per inattività od impossibilità di funzionamento dell’assemblea.

In precedenza si è rilevato come l’impossibilità di funzionamento o l’inattività dell’assemblea siano considerati se non omologhi dell’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale. Peraltro, spesso in sede di ricorso per l’accertamento sull’esistenza della causa di scioglimento, le due domande sono poste in alternativa tra loro. In primo luogo va ricordato come l’impossibilità di conseguire l’oggetto  sociale vada ricondotta ad un’impossibilità materiale o giuridica in rapporto a quello che è l’oggetto menzionato nell’atto costitutivo, e non ha nessun collegamento con le difficoltà di natura economica4. La circostanza che l’attività economica sia di fatto non più proseguibile, non significa che in astratto l’oggetto sociale non possa essere perseguito.

Di contro, a fronte di un’attività in buona salute economica, si può avere un’impossibilità materiale e giuridica dell’oggetto sociale. Proseguendo al passo successivo, invero, è preferibile ritenere che l’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, sia un genus, e l’impossibilità di funzionamento o l’inattività dell’assemblea una specificazione, una delle possibile forme che può dar vita all’impossibilità contemplata al n°1 del’art 2484 cc. E’ tratto comune nei vari arresti giurisprudenziali che l’impossibilità debba avere le seguenti caratteristiche: 1) oggettiva 2) assoluta 3) definitiva 4) irreversibile5. In particolare, è di interesse il primo carattere, quello afferente al contenuto oggettivo dell’impossibilità. Ciò sta a significare che l’accertamento che viene compiuto, anche in sede giudiziaria prescinde dalle condotte riferibili ai soci in contenzioso tra loro. Quello che deve essere accertato è soltanto se l’assemblea sia in grado deliberare sulle decisioni con la minima e dovuta regolarità6. In via indiretta la reciproca attribuzione di responsabilità di un socio verso l’altro, può essere indice che l’impossibilità di funzionamento dell’assemblea sia ormai divenuto definitivo ed irreversibile.

E’ di tutta evidenza che il citato stallo potrebbe essere anche il frutto di una condotta ostruzionistica di chi vuole per tale via arrivare allo scioglimento ed alla liquidazione della società. Però, questo non l’oggetto dell’accertamento giudiziale in sede di art 2484 n 1 o n 3. Il riferito impedimento oltre che assoluto, soprattutto deve essere definitivo e dar luogo ad un blocco operativo dell’organo deliberativo irreversibile. Di conseguenza, non è sufficiente un momentaneo o transeunte stato di mancato funzionamento, laddove secondo un giudizio prognostico formulato ex ante non sia valutabile come irreversibile. Ciò comporta che il giudizio sull’accertamento dei descritti caratteri debba basarsi, in mancanza di precise indicazioni sul piano normativo, su indici presuntivi. La mancata approvazione di più bilanci consecutivi, la conflittualità tra soci che sfocia in rispettivi contenziosi, possono essere tutti indicatori che lo stallo decisionale sia destinato a divenire irreverisibile.

Ai fini della valutazione, un elemento può essere fornito dal confronto tra i richiesti quorum costitutivi e deliberativi richiesti dalla legge o dallo Statuto in prima o in seconda convocazione se confrontati con il peso della partecipazione dei soci in conflitto tra loro. Emblematico è il caso della srl in cui i due soci abbiano una quota paritaria. Un recente provvedimento del Tribunale di Firenze-sezione Imprese ha rigettato la domanda di scioglimento della società ai sensi dell’art 2484 n° 3, pur in presenza di un accertato e non contestato dissidio tra i soci7.

L’approvazione del bilancio secondo il collegio sta a dimostrare che, allo stato, è dato ritenere che l’assemblea conservi una minima funzionalità e capacità decisionale, tale da escludere il carattere dell’irreversibilità. Peraltro, la decisione in commento induce a qualche considerazione ulteriore. Ovviamente, la causa di scioglimento deve essere valutata con riferimento alla situazione del momento, ma se ad una serie di elementi attestanti l’impossibilità di funzionamento ne segue un altro in direzione contraria, il giudizio negativo non potrà che essere formulato per il periodo successivo. In altri termini se l’approvazione del bilancio è indice di una, anche se ridotta, minima capacità decisionale, l’impossibilità di funzionamento non potrà che essere riproposta solo sulla base di dati nuovi e successivi.

3. Meccanismi antistallo

Al fine di ovviare alle potenziali situazioni di inoperatività, la pratica ha visto l’emergere dei cd meccanismi antistallo, che hanno dunque una funzione preventiva. Tale esigenza, si ripropone in particolare per le società di capitali ove manco uno strumento come quello in materia di esclusione del socio previsto all’art 2286 cc per le società di persone. Segnatamente, o nello statuto o nei patti parasociali sono previste clausole atte ad assicurare, anche attraverso la modificazione della compagine sociale le situazioni di inoperatività. In particolare è da segnalare la clausola denominata roulette russa o meccanismo antistallo. La descrizione del suo funzionamento, invero contiene in sé le ragioni che permettono di superare le obiezioni mosse nei riguardi della sua legittimità8.

Infatti, attraverso tale patto, solitamente di natura bilaterale, allorquando si verifica una situazione di stallo, uno dei contraenti può determinare il valore della partecipazione sociale e offrirsi di acquistarla nei riguardi dell’altro contraente. A quel punto, l’oblato che riceve l’offerta può decidere se vendere la propria partecipazione o se piuttosto acquistare la partecipazione dell’offerente, sempre al prezzo inizialmente stabilito quando la predetta clausola viene azionata. In altri termini, l’offerente è libero di determinare, come meglio crede il valore dell’asset societario, ma successivamente, una volta messo in moto il meccanismo si trova a dover dipendere dalle determinazioni dell’oblato che ha la duplice scelta se vendere od acquistare.

La clausola appare la tipica espressione del cd dilemma del prigioniero che si fonda sulla scelta razionale dei soggetti in gioco. Se l’offerente stabilisce un valore sotto mercato od un prezzo vile, si espone al rischio di veder svalutata la propria quota o le proprie azioni se l’oblato, anziché vendere si decide ad acquistare. Al contrario, se si propende per una valutazione fuori mercato o per un prezzo eccessivo, si espone al rischio di pagare oltre quanto sarebbe dovuto se l’oblato, invece che acquistare, decide di vendere. Pertanto, l’equilibrio, il punto ottimale si raggiunge, se entrambi i soggetti adottano la scelta più razionale. A corredo, si può aggiungere che il principio di auto responsabilità, è un principio generale del nostro ordinamento. Pertanto, chi formula una determinata dichiarazione o manifestazione di volontà, si espone ai rischi ed alle conseguenze che derivano dalla medesima. In favore delle legittimità della riferita clausola si può sostenere che questa altro non sia che una forma di contratto aleatorio. Le parti non sanno in partenza il rapporto tra le reciproche prestazioni, rilevato che la clausola viene azionata solo in situazioni di stallo, quale valutazione farà l’offerente, e quale decisione prenderà l’oblato. Pertanto, l’incertezza legata all’alea che già in partenza si distribuisce in perfetto equilibrio tra i contraenti.

4. Riflessioni conclusive

Si è dato conto di come l’accertamento sulla causa di scioglimento della società dovuto ad impossibilità di funzionamento o inattività dell’assemblea, ma lo stesso dicasi per l’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, debba ravvisare un impedimento di carattere oggettivo, tale da creare una situazione di paralisi definitiva ed irreversibile. Inevitabilmente, il giudizio sconta un margine di discrezionalità legato al caso concreto, anche perché la legge non predetermina degli indici oggettivi.

Piuttosto la predetta valutazione si sviluppa su una serie di indici presuntivi, in cui la conflittualità tra i soci e le reciproche attribuzioni di responsabilità possono fungere da elemento per ritenere ormai definitivo ed irreversibile lo stato di paralisi operativa. In tal senso ben si comprende la necessità di prevedere clausole, in cui a priori si identificavano quelle che possono essere le situazioni di stallo, nonché i meccanismi di risoluzione.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Si riporta il testo dell’art 2484 c.c. che dispone: “Le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata si sciolgono:

1) per il decorso del termine

2) per il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, salvo che l'assemblea, all'uopo convocata senza indugio, non deliberi le opportune modifiche statutarie;

3) per l'impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell'assemblea

4) per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli articoli 2447 e 2482 ter ;

5) nelle ipotesi previste dagli articoli 2437 ter e 2473;

6) per deliberazione dell'assemblea ;

7) per le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto.

La società inoltre si scioglie per le altre cause previste dalla legge; in queste ipotesi le disposizioni dei seguenti articoli si applicano in quanto compatibili.

Gli effetti dello scioglimento si determinano, nelle ipotesi previste dai numeri 1), 2), 3), 4) e 5) del primo comma, alla data dell'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese della dichiarazione con cui gli amministratori(3) ne accertano la causa e, nell'ipotesi prevista dal numero 6) del medesimo comma, alla data dell'iscrizione della relativa deliberazione.

Quando l'atto costitutivo o lo statuto prevedono altre cause di scioglimento, essi devono determinare la competenza a deciderle od accertarle, e ad effettuare gli adempimenti pubblicitari di cui al precedente comma”.

Si riproduce il testo dell’art 2272 cc che prevede: La società si scioglie:

1) per il decorso del termine;

2) per il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo;

3) per la volontà di tutti i soci;

4) quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è ricostituita;

5) per le altre cause previste dal contratto sociale.

[2] Si riporta il testo dell’art 2485 cc : “Gli amministratori devono senza indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento e procedere agli adempimenti previsti dal terzo comma dell'articolo 2484. Essi, in caso di ritardo od omissione, sono personalmente e solidalmente responsabili [1292] per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi. Quando gli amministratori omettono gli adempimenti di cui al precedente comma, il tribunale, su istanza di singoli soci o amministratori ovvero dei sindaci, accerta il verificarsi della causa di scioglimento, con decreto che deve essere iscritto a norma del terzo comma dell'articolo 2484.

[3] Si cita la sentenza del Tribunale di Prato del 17.12.2009 a cui hanno fatto seguito numerose pronunce di merito secondo cui è del tutto inutile, appurata l’esistenza della causa di scioglimento per inattività o impossibilità di funzionamento dell’assemblea, rimandare alla medesima la nomina dei liquidatori, posta che quest’ultima si rende necessaria perché vi è l’impossibilità di assumere una qualsiasi determinazione di rilievo.

[4] Sul punto si rinvia all’esauriente analisi condotta nello studio 237/2014 del Consiglio del Notariato.

[5] Ex multis sentenza del Tribunale di Bologna sezione specializzata in materia di imprese n. 815/2013.

[6] Ex multis si rinvia al decreto di omologazione ex art 2485 cc del Tribunale di Milano sezione specializzata in materia di imprese n. 467/2014 del 06.03.2014 in cui si afferma: “ Il Giudice è chiamato ad accertare, sulla base degli elementi oggettivi indicati dalla legge, la sussistenza o meno di una causa di scioglimento della società, non deve accertare in questa sede la responsabilità dei soci in ordine alla stessa, né tanto meno potrebbe escludere la sussistenza di una causa di scioglimento sulla base del fatto che questa sia addebitale ad un soggetto anziché all’altro”.

[7] Il riferimento è al decreto n. 44/2020 del 05.03.2020 del Tribunale di Firenze-sezione imprese.

[8] Sul punto si segnala la sentenza del Tribunale di Roma sezione Imprese 19708 del 19.10.2017 che analizza diffusamente la clausola della roulette russa. In primo luogo il Collegio ritiene che tale clausola atipica superi il giudizio di meritevolezza ex art 1322 cc in quanto finalizzata a superare situazioni di stallo e di conseguenza evitare lo scioglimento e la liquidazione della società. Il suo meccanismo di funzionamento consente di superare l’eccezione circa la natura di condizione meramente potestativa, in quanto l’offerente si sottopone al rischio che l’oblato possa decidere di acquistare a sua volta la propria partecipazione. La determinazione del valore del prezzo non è rimessa all’arbitrio dell’offerente, posto che l’oblato a quel punto ha la duplice facoltà o di acquistare o di vendere a quel prezzo la partecipazione. Per come risulta congegnata la clausola pone un equilibrio ottimale, che esclude, almeno sul piano astratto possibilità di abusi, atteso che il prezzo non può essere determinato in qualsiasi momento, ma solo allorquando si verifica la situazione di stallo. Infine si esclude che la clausola in questione contrasti il divieto di istituire patti di durata superiore a cinque, rilevato che l’ipotesi di mancato rinnovo rappresentava appunto un’ipotesi prevista di stallo, e che dunque il termine di decorrenza del patto iniziava a scorrere dall’evento citato. Non vi è il rischio che la clausola venga o possa essere attivata strumentalmente, in momenti più o meno favorevoli a colui il quale innesca il citato meccanismo di risoluzione, rilevato che deve verificarsi la situazione di stallo. Solo in quel frangente si potrà ricorrere alla clausola.