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Pubbl. Lun, 4 Mag 2020

Soluzioni alla crisi aziendale: le misure del Decreto Liquidità in favore del restructuring

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Simone Giannecchini



L´intervento normativo e le deroghe per la continuità d´impresa.


Sommario: 1. Premessa 2. Eliminazione delle cause di scioglimento societario per riduzione o perdita del capitale sociale/ la deresponsabilizzazione degli amministratori 3. Disposizioni in materia di finanziamento dell’impresa da parte dei soci. 4. Deroghe alla disciplina del fallimento. 5. Assegni bancari e titoli di credito.

1. Premessa

L’attuale emergenza derivante dall’epidemia da Covid 19 sta provocando effetti economici gravissimi con ripercussioni finanziarie negative che si protrarranno anche nel medio lungo periodo.

In uno spaccato economico-sociale drammatico, con il c.d. decreto liquidità, oltre alle note misure in tema di finanziamenti, si sono varate estreme disposizioni focalizzate attorno ad un unico obiettivo: favorire la continuazione dell’attività e la salvaguardia della stessa, andando di fatto ad “ibernare” l’emersione della crisi aziendale.

Al fine di assicurare la regolare prospettiva di continuità aziendale, per le imprese che prima dell’emergenza sanitaria erano in equilibrio, il decreto prevede, in favore del restructuring, le seguenti importanti misure: 

2. Eliminazione delle cause di scioglimento societario per riduzione o perdita del capitale sociale/ la deresponsabilizzazione degli amministratori

Ai sensi dell’art. 6 del decreto liquidità le perdite di capitale che si produrranno nell’esercizio sociale 2020 non imporranno i soggetti nelle posizioni apicali, imprenditori e/o amministratori, nonché gli organi di sorveglianza, le disposizioni previste dal codice civile in tema di scioglimento e messa in liquidazione l’impresa al verificarsi dei relativi presupposti (perdita del capitale oltre 1/3 e riduzione sotto il minimo legale).

In questa ottica la previsione in esame mira a evitare che la perdita del capitale, dovuta alla crisi da Covid 19 e verificatasi nel corso degli esercizi chiusi al 31 dicembre 2020, ponga un numero elevatissimo di aziende all’assoggettamento alla liquidazione, con il rischio, in caso di mancato adempimento dell’obbligo, di una esposizione dell’organo amministrativo alle responsabilità per una gestione non “conservativa” ex art. 2486 del codice civile.

Fino al 31/12/2020 la società potrà essere gestita dagli amministratori secondo modalità ordinarie e non sulla base i criteri meramente conservativi del patrimonio previsti al verificarsi di una causa di scioglimento dall’art. 2486 c.c.

Si ricorda infatti che, in assenza della predetta disposizione straordinaria in commento, gli stessi sarebbero diversamente obbligati a dirigere l’azienda, in assenza del presupposto della continutà aziendale, in termini esclusivamente conservativi.

Tramite tale novità legislativa amministratori ed imprenditori individuali potranno continuare, nel corso del 2020 a gestire la società con modalità ordinarie, senza i vincoli tipici della gestione liquidatoria e saranno “deresponsabilizzati” ai fini personali e solidali per eventuali danni arrecati alla società, ai soci e ai creditori sociali e i terzi per eventuale gestione non conservativa della società.

3. Disposizioni speciali in tema di finanziamento dell’impresa da parte dei soci

L’art. 8 del decreto prevede la “disattivazione” della norma relativa alla postergazione dei finanziamenti dei soci all’impresa prevista dagli articoli 2467 e 2497 quinquies del codice civile.

Ai sensi di tali articoli il rimorso dei finanziamenti dei soci è solitamente posticipato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori dell’impresa qualora gli stessi siano stati effettuati in favore della società in un momento in cui risultasse un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto od in una situazione in cui, in ogni caso, sarebbe stato ragionevole un conferimento.

Con la recente, temporanea, modifica si vuole equiparare tali finanziamenti da parte dei soci sono agli altri debiti della società, fintantoché effettuati dalla data di entrata in vigore del decreto sino al 31 dicembre 2020.

E’ evidente l’intento del Legislatore di “spingere” i soci ad apportare liquidità nelle aziende, sospendendo una norma molto disincentivante nell’attuale contesto andando a tamponare in qualche modo, il fenomeno diffuso della c.d. “sottocapitalizzazione”.

4. Deroghe alla disciplina fallimentare

Le deroghe alla disciplina del fallimento illustrate dal decreto si aprono su più versamenti toccando le varie procedure concorsuali nonché il nascituro Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza.

La disposizione più rilevante è certamente quella rubricata all’art. 10 ai sensi del quale tutte le istanze di fallimento presentante dal giorno 9 Marzo 2020 al 31 Giugno 2020 sono improcedibili.

La improcedibilità pare opportuna ed anche necessaria, per più ragioni, e con ciò significa che in tale periodo non si avrà luogo ad udienze c.d. prefallimentari con l’impossibilità di una dichiarazione di fallimento.

L’unica eccezione è costituita dalla facoltà del PM di proporre istanza di fallimento (quando vi sono gravi casi di conclamata illegalità nella gestione dell’azienda).[1]

Con questa misura è importante la mano che viene tesa affinché gli organi amministrativi possano avere quanto più tempo da dedicare al recupero dell’impresa in crisi, la sua ristrutturazione, e lo sviluppo di nuovi piani economico finanziarie in linea con il presente contesto economico.

L’improcedibilità dei ricorsi ex art. 15 della legge fallimentare sino al 30 giugno potrà significare, con ogni probabilità, una assenza di dichiarazioni di fallimento, lungo tutti i tribunali della penisola, fino al settembre prossimo, lasciando spazio e tempo ad imprese e professionisti di strutturare ogni operazione possibile di soluzione alla crisi.

Quanto invece alle misure di concordato e accordi di ristrutturazione, è evidente come il contesto di eccezionale emergenza possa di compromettere la positiva definizione delle procedure per la soluzione alla crisi già avviate e di quelle omologate al momento in corso: rischierebbero di apparire inevitabilmente pregiudicate, con palesi ricadute anche a catena.

Vengono introdotte dal decreto quindi soluzioni differenti: i concordati preventivi (o accordi di ristrutturazione) omologati vengono congelati attraverso una proroga di sei mesi dei termini di adempimento aventi scadenza tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2021.

Nei concordati preventivi (o negli accordi di ristrutturazione), in corso alla data del 23 febbraio 2020, si potrà ottenere dal tribunale un nuovo termine, non superiore a novanta giorni che decorre dalla data del provvedimento che lo concede, per elaborare e depositare un nuovo piano e una nuova proposta di concordato o un nuovo accordo di ristrutturazione nell’ottica di commisurarli a nuovi andamenti prospettici.

Quanto ai concordati in bianco, sempre l’art. 9 fissa che il debitore può proporre istanza per l’assegnazione di un ulteriore rimando (sino a novanta giorni) laddove i termini siano già stati prorogati e prima che gli stessi siano scaduti, individuando gli elementi che rendono necessaria la concessione con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza, sempre acquisendo il parere del commissario giudiziale.

La proroga sino a novanta giorni è consentita anche ai soggetti che si stanno avvalendo, ai fini della conclusione delle trattative funzionali ad accordi di ristrutturazione, del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 182 bis, settimo comma, l. fall. purché l’istanza esponga, anche in questo caso,  concreti e giustificati motivi continuando a sussistere possibilità di pervenire all’accordo di ristrutturazione

Per quanto concerne il rinvio integrale dell’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) al primo settembre 2021 è invero che tale slittamento costituisca l’occasione bilanciamento più graduale alcune ad alcune delle peculiarità previste: gli indicatori d’allerta come il meccanismo degli Organismi di Composizione della Crisi (OCRI) , che avevano (ed avranno) come obiettivo originario  quello di prevendere l’emersione della crisi ed offrire alle imprese una strada per una risanamento prima che sopraggiunga l’insolvenza, oggi (e nel prossimo medio periodo) avrebbero (taluni potrebbero dire “ingiustamente”) affossato aziende in affanno per una sorta di “causa di forza maggiore” ed a conclusione di tale pensiero si è voluto mantenere un contesto normativo più favorevole al perseguimento del recupero di una condizione di equilibrio, con strumenti già conosciuti,

4. assegni bancari e titoli di credito

L’art. 11 sospende i termini di scadenza di cambiali, assegni e altri titoli di credito dal 9 marzo al 30 aprile 2020

Di conseguenza, il debitore, senza la necessità di inviare alcuna comunicazione, potrà veder posticipata fino al 30 aprile p.v. la data del pagamento della cambiale o dell’altro titolo di credito in scadenza nel periodo dal primo di marzo al 30 aprile 2020.

Più specificatamente la sospensione opera con riguardo: ai termini di presentazione al pagamento della cambiale o del titolo di credito; i termini per la levata del protesto e delle constatazioni equivalenti, previsti per tutti i titoli di credito; i termini per trasmettere il protesto o le constatazioni equivalenti alla Camera di Commercio al fine di consentire a quest’ultima la pubblicazione nel “Registro informatico dei protesti”; ai termini per la trasmissione dell’esito negativo al Prefetto nei casi di levata del protesto, costatazione equivalente o di assegno scoperto (Legge 386/90, art. 8 bis); i Termini per la comunicazione di iscrizione, e per la successiva iscrizione all’ “Archivio degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento irregolari”, adempimenti previsti per il mancato pagamento degli assegni bancari (Legge 386/90, art. 9 bis e 9); i Termini per il pagamento tardivo che normalmente consentono di esonerare il debitore dalla soggezione alle sanzioni amministrative previste per il mancato pagamento degli assegni.

La sospensione però non impedisce ai creditori di presentare gli assegni al pagamento pure in pendenza della sospensione pertanto l’assegno continua a essere pagabile nel giorno di presentazione qualora vi siano i fondi disponibili sul conto del debitore.

In caso di mancata copertura, vale la sospensione, con conseguente – temporanea – inapplicabilità delle norme sul protesto e delle sanzioni ulteriori (sanzioni accessorie prefettizie, revoca delle autorizzazioni a emettere assegni, iscrizione alla C.A.I.).

Sostanzialmente, per il periodo dal 9 marzo al 30 aprile 2020 sono sospesi i termini: per la presentazione al pagamento, per la levata del protesto o eventuali contestazioni, per il pagamento tardivo nei 60 giorni dalla presentazione, per irrogare le sanzioni prefettizie nei casi di assegni senza autorizzazione oppure di assegni privi di provvista.


Note e riferimenti bibliografici

[1] La norma precisa che tale periodo, 9 Marzo-31 Giugno 2020, non verrà conteggiato ai fini del calcolo delle azioni a tutela dei creditori (quindi quando il periodo emergenziale sarà passato, i creditori potranno se del caso proporre le azioni revocatorie). Non vi sarà quindi alcuna lesione per le ragioni dei creditori.