Pubbl. Sab, 2 Mag 2020
La natura dell´invalidità della clausola atipica di esclusione dell´avvalimento
Modifica paginaE’ stata rimessa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la recentissima sentenza non definitiva n. 1920 del 2020, la questione sulla natura dell’invalidità della clausola atipica di esclusione dell’avvalimento, fuori dai casi consentiti.
Sommario: 1. In sintesi: la questione controversa. 2. Il contesto normativo. 3. Il contratto di avvalimento. 4. Lo svolgimento del processo. 5. La tesi dell’annullabilità. 6. La tesi della legittimità. 7. La tesi della nullità. 8. Conclusioni.
1. In sintesi: la questione controversa
La V sezione del Consiglio di Stato, con la recentissima sentenza non definitiva n. 1920 del 2020, ha deferito all’Adunanza Plenaria i seguenti quesiti: “se rientrino nel divieto di clausole di esclusione c.d. atipiche, di cui all’art. 83, comma 8, ultimo inciso, del d.lgs. n. 50 del 2016, le prescrizioni dei bandi o delle lettere d’invito con le quali la stazione appaltante, limitando o vietando, a pena di esclusione, il ricorso all’avvalimento al di fuori delle ipotesi consentite dall’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016, precluda, di fatto, la partecipazione alla gara degli operatori economici che siano privi dei corrispondenti requisiti di carattere economico-finanziario o tecnico-professionale” e in particolare “se possa reputarsi nulla la clausola con la quale, nel caso di appalti di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro, sia consentito il ricorso all’avvalimento dell’attestazione SOA soltanto da parte di soggetti che posseggono una propria attestazione SOA”[1].
La questione giuridica deferita all’Adunanza Plenaria si inserisce nell’ambito della disciplina del codice dei contratti pubblici e attiene nello specifico alla clausola atipica di esclusione dell’avvalimento, prevista dalla lex specialis di gara.
Nella motivazione dell’ordinanza si dà per scontata la invalidità di tali clausole di esclusione atipiche dell’avvalimento ma i Giudici di Palazzo Spada, allo stesso tempo, sembrano nutrire seri dubbi sulla qualificazione giuridica del vizio configurabile.
Da un lato, l’argomentazione dell’ordinanza sul piano sostanziale esplicita che la clausola oggetto di indagine è adottata “fuori dalle ipotesi consentite dall’art. 89” e risulta quindi quantomeno illegittima per violazione di legge; dall’altro, si chiede all’Adunanza Plenaria di chiarire se tale clausola possa rientrare nell’ambito della nullità testuale prevista dall’art. 83 comma 8.
Non si è ventilata ,invece, l’ipotesi che la clausola possa essere nulla per difetto assoluto di attribuzione: opzione esclusa da un orientamento giurisprudenziale implicitamente condiviso nell’ordinanza di rimessione[2]. La questione non ha rilievo solo teorico. Dall’inquadramento della natura del vizio derivano conseguenze applicative molto rilevanti perché “in caso di ritenuta nullità ai sensi dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016, il regime processuale applicabile sarebbe quello dell’art. 31, comma 4, Cod. proc. amm.; in caso di ritenuta annullabilità, sarebbe applicabile l’art. 120, comma 5, Cod. proc. Amm”[3].
2. Il contesto normativo
L’art. 83 del D.lgs. n. 50 del 2016 (d’ora in avanti: codice dei contratti pubblici) disciplina i “criteri di selezione e soccorso istruttorio” applicabili nelle procedure ad evidenza pubblica.
Il comma 8 prevede in particolare che “i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.
Si tratta di una fattispecie di nullità pubblicistica riconducibile all’ultimo inciso dell’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990[4]. E’ una nullità parziale che vizia quindi non il provvedimento amministrativo (il bando o la lettera di inviti) ma la singola prescrizione invalida, secondo il principio espresso dal brocardo utile per inutile non vitiatur.
Dalla norma si ricava, secondo un orientamento ormai dominante, il principio di tassatività delle cause di esclusione dell’operatore economico dalla gara. Tale principio si fonda sul principio del favor partecipationis di origine comunitaria ed ha lo scopo di garantire il massimo livello di concorrenza possibile, anche nell'interesse della pubblica amministrazione. Per cui, ferma restando la discrezionalità della stazione appaltante di determinare i requisiti di partecipazione alla gara, viene riservato alla legge il potere di prevedere tassativamente le fattispecie da cui deriva direttamente l’esclusione dell'operatore economico dalla gara[5].
Premessi cenni al principio di tassatività delle cause di esclusione dalla gara, occorre chiedersi se il provvedimento con cui la p.a. prevede nella lex specialis una clausola escludente atipica fuori dai casi consentiti dalla legge possa essere viziato da nullità per “difetto assoluto di attribuzione” ai sensi del secondo inciso dell’art. 21 septies, l. n. 241 del 1990. Lo vedremo nel prosieguo della trattazione.
La categoria dell’annullabilità si fonda invece sulla classica tripartizione dei vizi di legittimità prevista dall’art. 21 octies, l. n. 241 del 1990 ai sensi del quale “é annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza”.
L’avvalimento costituisce un istituto generale ispirato al favor partecipationis e i limiti al suo utilizzo sono tipizzati dall’art. 89 del codice dei contratti pubblici: per cui potrebbe ritenersi annullabile la clausola limitativa atipica predisposta dalla stazione appaltante al di fuori dei casi consentiti e quindi in violazione di legge.
3. Il contratto di avvalimento
L’avvalimento è un contratto atipico, normalmente oneroso, che presenta tratti tipici del mandato, dell’appalto di servizi e della garanzia atipica per ciò che riguarda l’assolvimento degli obblighi negoziali e le connesse responsabilità[6].
E’ uno schema preordinato a garantire nel sistema degli appalti la più ampia apertura alla concorrenza a vantaggio della stazione appaltante oltre che degli operatori economici[7]. L’istituto inoltre è un corollario dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione, riconosciuti a livello europeo, che ostano all’introduzione da parte dei Legislatori nazionali di vincoli e limiti alla generale possibilità per gli operatori di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti[8].
La ratio dell’istituto mira inoltre a facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, coerentemente al quadro normativo europeo[9].
La base normativa dell’avvalimento è costituita dall’art. 89 del codice dei contratti pubblici. Dal punto di vista oggettivo consiste nell’avvalersi delle capacità di altri soggetti, anche facenti parte di un raggruppamento, a prescindere dai legami tra operatore ausiliato e impresa ausiliaria. Attraverso l’avvalimento possono essere soddisfatti anche i requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale (art. 80 comma 1 lett. a e b) necessari per partecipare alla gara esclusi quelli di cui all’art 80 (requisiti soggettivi)[10].
L’avvalimento costituisce – in linea con la sua funzione di apertura concorrenziale – un istituto di portata generale e le limitazioni al suo utilizzo hanno carattere tassativo. Tali limitazioni sono previste dai commi 4, 10 e 11 del codice dei contratti pubblici.
Il comma 4 prevede un potere discrezionale delle stazioni appaltanti che “possono” prevedere nei documenti di gara che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente o comunque dal partecipante al raggruppamento[11].
Il comma 10 prevede invece l’esclusione ex lege dell’uso dell’avvalimento per soddisfare il requisito di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali[12].
Il comma 11 prevede una ulteriore esclusione dell’avvalimento per i contratti aventi ad oggetto lavori o componenti ad elevato contenuto tecnologico o ad elevata complessità tecnica[13].
Tutte queste fattispecie tassative determinano l'esclusione dell’operatore dalla gara, il quale non possiede i requisiti necessari e non può procurarseli nemmeno in seguito, perché secondo i principi generali è vietato il ricorso postumo all’istituto del soccorso istruttorio[14].
Quindi, l’uso del contratto di avvalimento non sembra poter essere vietato a pena di esclusione aa meno che una norma non lo autorizzi: per cui correttamente l’ordinanza n. 1920/2020 chiarisce che la clausola atipica di esclusione con cui la lex specialis preclude l’utilizzo dell’avvalimento, fuori dai casi consentiti, è sicuramente invalida.
Sulla natura di tale invalidità si rinvengono due tesi nel dibattito giurisprudenziale: quella della annullabilità e quella della nullità.
4. Lo svolgimento del processo
La vicenda esaminata dal Consiglio di Stato si inserisce nell’ambito di una gara ad evidenza pubblica indetta dal Ministero della Difesa – Aeronautica Militare – 2° reparto genio A.M. avente ad oggetto “ampliamento capacità deposito carburanti”[15].
La lex specialis di gara e, in particolare, l’art 20 del disciplinare ha previsto che un determinato operatore economico per poter ricorrere all’avvalimento di una SOA debba possedere già una SOA.
La gara è stata aggiudicata provvisoriamente alla società Real Costruzioni s.r.l., in proprio e quale capogruppo mandataria del R.t.i. Real Costruzioni che però è stata successivamente esclusa per “mancanza attestato SOA della ditta ausiliata”.
L’aggiudicataria ricorrente ha contestato, tra l’altro, la nullità assoluta della previsione di lex specialis nella parte in cui avrebbe imposto a tutti i partecipanti di possedere la SOA autonomamente per poter accedere all’istituto dell’avvalimento.
La ricorrente correttamente ha osservato che attraverso il contratto di avvalimento “l’operatore sopperisce alla mancanza delle qualificazioni professionali e tecniche ad eseguire il lavoro” e non avrebbe quindi alcun senso ricorrere a tale strumento negoziale – peraltro oneroso – qualora l'impresa possedesse autonomamente i requisiti necessari a partecipare alla gara.
Il tribunale amministrativo regionale adito, in accoglimento delle doglianze del ricorrente ha dichiarato la nullità della clausola atipica di esclusione dell’avvalimento.
La società contro interessata ha successivamente proposto ricorso in appello al Consiglio di Stato, con istanza cautelare, tra l'altro per “inammissibilità ed improcedibilità del ricorso introduttivo per tardiva impugnazione delle clausole direttamente escludenti” postulando l’annullabilità e non la nullità della clausola escludente censurata in primo grado.
Il Consiglio di Stato, con ordinanza cautelare n. 2993 del 2019 ha accolto l’istanza cautelare ritenendo sussistente il fumus boni iuris.
5. La tesi dell’annullabilità
La tesi dell’annullabilità è condivisa, in sede cautelare, dalla già richiamata ordinanza n. 2993 del 2019: emessa peraltro in relazione alla medesima vicenda. Tale provvedimento non enuncia alcuna innovativa argomentazione a supporto della tesi della nullità ma richiama l’ordinanza cautelare n. 344 del 2019, emessa su un caso analogo.
Quest’ultimo provvedimento chiarisce che «la contestata clausola del bando che limita l’avvalimento non appare affetta da nullità, in quanto, da un lato, è espressione di un potere amministrativo in astratto esistente (quello di disciplinare le modalità dell’avvalimento in corso di gara) e, dall’altro, non può essere qualificata come causa di esclusione “atipica”».
Le argomentazioni sono quindi due: sussiste in astratto il potere e non è quindi configurabile una ipotesi di nullità per “difetto assoluto di attribuzione”[16]; si tratta di una ipotesi di esclusione tipica.
Il primo argomento sembra implicare l’adesione all’orientamento restrittivo secondo cui il vizio di difetto assoluto di attribuzione è configurabile solo nella ipotesi in cui manchi del tutto la norma attributiva dl potere di fatto esercitato dall’amministrazione[17]. Questa impostazione riflette la distinzione tra carenza e cattivo uso di potere, ritenendo ravvisabile al più la sussistenza del secondo vizio: infatti astrattamente l’art. 89 del codice dei contratti pubblici riconosce il potere di limitare il ricorso all’istituto dell’avvalimento a determinate condizioni; il provvedimento adottato in assenza di tali condizioni sarebbe perciò adottato in violazione di legge e non in carenza di potere. Al contrario, sarebbe una forzatura interpretativa ritenere sussistente una ipotesi di carenza di potere in astratto sulla base della mancata previsione del potere di limitare l’uso dell’avvalimento a pena di esclusione: questa osservazione infatti può provare un limite potere ma non l’inesistenza, che anzi risulta confermata.
Il secondo argomento postula che nella fattispecie concreta sia tipizzata l’esclusione dell’utilizzo dell’avvalimento: poggia evidentemente su una questione di fatto e non diritto. La base normativa potrebbe essere costituita infatti dal comma 11 dell’art. 89 del codice degli appalti nella parte in cui prevede che l’avvalimento non è ammesso per “opere di elevata complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali”: in effetti l’affidamento del contratto di ”ampliamento di un deposito carburanti” potrebbe rientrare in questa fattispecie.
La fattispecie potrebbe essere sussunta, a seconda delle caratteristiche del caso concreto, anche nel comma 4 dell'art 89 citato.
6. La tesi della legittimità
Inoltre, la giurisprudenza formatasi nel vigore del vecchio codice e mai smentita sembra ammettere la validità della previsione di clausole atipiche di esclusione dell’avvalimento. Infatti l’ordinanza di rimessione segnala che “non è chiaramente delineata la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in punto di (il)legittimità delle clausole che impongono, per i contratti di appalto di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro, ai concorrenti che vogliono stipulare un avvalimento per il possesso dell’attestazione SOA di averne almeno una in proprio (ragionevolmente, per categorie e classifiche diverse da quelle richieste per i lavori da appaltare).
In proposito, occorre sottolineare che l’orientamento espresso, sia pure nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, dalla sentenza di questo Consiglio di Stato, V, 27 marzo 2013, n. 1772 (che ha ritenuto legittima una limitazione nel senso anzidetto purché espressamente contenuta dalla lex specialis), citata negli scritti di parte, non ha ricevuto, dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, una netta smentita; né risultano interventi giurisprudenziali ex professo volti sia a precisare se vi siano ancora spazi per il corrispondente esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante, anche in relazione a quanto attualmente previsto dall’art. 89, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, sia ad individuare la tipologia di vizio che eventualmente inficerebbe una prescrizione della legge di gara come sopra congegnata”[18].
Quindi, secondo un orientamento giurisprudenziale mai confermato da pronunce successive ma altresì mai smentito sembra potersi sostenere la legittimità di tali clausole sulla base normativa del comma 4 dell’art. 89 del codice degli appalti.
In altre parole, la stazione appaltante, secondo una tesi non infondata, potrebbe avere il potere discrezionale di escludere il ricorso all’avvalimento in relazione a “compiti essenziali” per la realizzazioni delle prestazioni contrattuali. Nella fattispecie concreta, quindi, aderendo a questa tesi sarebbe da chiarire se la clausola della lex specialis abbia effettivamente disciplinato lo svolgimento di compiti essenziali o meno.
Tuttavia, questo orientamento è criticabile perché l’art. 89 comma 4 non prevede il potere di istituire una clausola direttamente escludente.
Da un lato, questa critica è facilmente superabile sulla base del rilievo per cui, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, esiste una clausola escludente ogni volta i cui c’è una norma, come in questo caso, che prevede in modo chiaro un obbligo o un divieto[19].
Dall’altro lato, si può segnalare la fondatezza di un’atra argomentazione, che poggia su una diversa base normativa: va considerato che lo stesso comma 8 dell’art. 83 del d.lgs. n. 50 del 2016 assegna alle stazioni appaltanti il compito di indicare le condizioni di partecipazione richieste, con la facoltà di esprimerle come livelli minimi di capacità, tra cui rientra a pieno titolo il possesso di attestazione SOA rilevante nella fattispecie[20]. E’ vero che il potere di prevedere requisiti di partecipazione non equivale a quello di istituire una clausola immediatamente escludente ma il possesso dei requisiti, quale elemento sostanziale dell’offerta, si risolve in una previsione escludente, provata dal fatto che non sarebbe nemmeno consentito il ricorso al soccorso istruttorio[21].
In ogni caso, l’ordinanza di rimessione nella formulazione dei quesiti posti all’attenzione dell’Adunanza Plenaria non sembra porsi il problema della possibile legittimità della clausola esaminata. Infatti la sezione rimettente chiede solo di chiarire “se rientrino nel divieto di clausole di esclusione c.d. atipiche, di cui all’art. 83, comma 8, ultimo inciso, del d.lgs. n. 50 del 2016, le prescrizioni dei bandi o delle lettere d’invito con le quali la stazione appaltante, limitando o vietando, a pena di esclusione, il ricorso all’avvalimento al di fuori delle ipotesi consentite dall’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016” implicitamente escludendo, al contrario di quanto sostiene nella motivazione, che tali clausole possano essere legittimamente previste dalla stazione appaltante in esercizio del proprio potere discrezionale, ai sensi dell’art. 89 comma 4 del d.lgs. n. 50 del 2016, come sembrerebbe potersi evincere dalla sentenza n. 1772 del 2013.
7. La tesi della nullità
Ai sensi dell’art. 21 septies, legge n. 241 del 1990 “é nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”.
La sussistenza di una ipotesi di nullità per difetto assoluto di attribuzione sembra essere stata esclusa dal Consiglio di stato, in maniera convincente: in primo luogo, è stata esclusa in maniera implicita perché non vi è alcun riferimento nella formulazione dei quesiti posti all’attenzione dell’Adunanza Plenaria: in secondo luogo, è stata esclusa in maniera esplicita perché due pronunce[22], ancorché in sede cautelare, convergono nel ritenere che “quello di disciplinare le modalità dell’avvalimento in corso di gara” sia un potere in astratto esistente ai sensi dell’art. 89 del codice dei contratti pubblici.
Questa impostazione, peraltro, è perfettamente compatibile con l’orientamento giurisprudenziale, a ben vedere molto restrittivo, che ravvisa il vizio di difetto assoluto di attribuzione solo nell’ipotesi di assoluta mancanza di qualsivoglia norma attributiva del potere oggetto di sindacato[23].
La natura dell’invalidità da cui è affetta la clausola atipica escludente limitativa dell’avvalimento potrebbe essere ricondotta alla nullità testuale, di cui all’ultimo inciso dell’art. 21 septies citato ovvero della sanzione di comminata “negli altri casi espressamente previsti dalla legge”.
Rileva sul punto la previsione del comma 8 dell’art. 83 del codice dei contratti pubblici: “Le stazioni appaltanti indicano le condizioni di partecipazione richieste, che possono essere espresse come livelli minimi di capacità, congiuntamente agli idonei mezzi di prova, nel bando di gara o nell'invito a confermare interesse ed effettuano la verifica formale e sostanziale delle capacità realizzative, delle competenze tecniche e professionali, ivi comprese le risorse umane, organiche all'impresa, nonché delle attività effettivamente eseguite. Per i soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere d), e), f) e g), nel bando sono indicate le eventuali misure in cui gli stessi requisiti devono essere posseduti dai singoli concorrenti partecipanti. La mandataria in ogni caso deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria. I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.
La norma fonda il potere della stazione appaltante di prevedere nella lex specialis alcune condizioni di partecipazione, tra cui rientra quella di garantire che alcune “attività (siano) effettivamente eseguite”. Questa locuzione potrebbe essere interpretata come istitutiva del potere della stazione appaltante di limitare l’uso del contratto di avvalimento al fine di garantire l’effettiva esecuzione di alcune prestazioni contrattuali da parte dell’offerente qualificato[24]. Aderendo a questa impostazione le ipotesi di esclusione dell’avvalimento previste dai commi 4, 10 e 11 dell’art. 89 del codice dei contratti non sarebbero tassative.
Ci si troverebbe dunque in presenza di due tipi di clausole limitative dell’avvalimento legittime: quelle operative ex lege (secondo lo schema norma-fatto-effetto), ai sensi dei commi 4, 10 e 11 dell’art. 89 per la cui validità non sarebbe necessario il richiamo negli atti di gara; altre clausole atipiche, previste dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 83 comma 8, la cui validità sarebbe subordinata alla previsione espressa nella lex specialis.
Sulla base del dato letterale non sembrano di per sé invalide tutte le clausole “atipiche” di esclusione dell’avvalimento: quantomeno non quelle non direttamente escludenti.
La eventuale natura escludente della clausola atipica è però effettivamente in contrasto con il terzo periodo del comma 8 dell’art. 83 per cui “i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti”.
Se è logico che richiedere determinati requisiti ad un operatore che non li possiede, vietando di procurarseli attraverso l’istituto dell’avvalimento, equivale a precludergli la partecipazione alla gara, allora quasi tutte le clausole limitative dell’avvalimento avrebbero natura escludente. Tali clausole non sarebbero escludenti solo nei confronti degli operatori che, pur non potendo utilizzare l’istituto dell’avvalimento, potrebbero partecipare alla gara in quanto autonomamente in possesso dei requisiti: queste imprese non sarebbero in concreto legittimate ad agire in giudizio per difetto di interesse ma questo non prova la validità (rectius: la non nullità) della clausola.
In altre parole, la clausola atipica limitativa dell’avvalimento sarebbe nulla in quanto escludente e quindi sempre nulla perché ha per definizione effetto escludente.
Occorre analizzare ancora se esistono “altre disposizioni di legge” che ai sensi dell’art. 83 comma 8 terzo periodo consentano di non ravvisare una ipotesi di nullità.
In particolare, è rilevante l’art. 83 comma 4 del codice dei contratti pubblici nella misura in cui prevede il potere (le stazioni appaltanti “possono”) di stabilire che “taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall'offerente o, nel caso di un'offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici, da un partecipante al raggruppamento”.
La fattispecie è chiaramente generica nella misura in cui prevede il concetto indeterminato di “compiti essenziali” in presenza dell’individuazione dei quali la stazione appaltante può limitare il ricorso all’avvalimento. Se la stazione appaltante individua i compiti che ritiene essenziali nella lex specialis allora può richiedere all’offerente di svolgerli direttamente. La valutazione della natura essenziale di tali compiti sarebbe probabilmente sindacabile per “eccesso di potere”[25]. Il provvedimento (bando o invito) avente ad oggetto una clausola atipica escludente di limitazione dell’avvalimento, il quale non specifichi il presupposto dei “compiti essenziali”, al quale la legge subordina la legittimità del potere di limitare il ricorso all’avvalimento, allora potrebbe ritenersi in modo convincente invalido per violazione di legge: in particolare, per violazione dell’art. 89 comma 4 del D.lgs. n. 50 del 2016. Resta il dubbio se, in presenza di una norma così generica, possa configurarsi effettivamente una ipotesi di clausola prevista “fuori” dai casi stabiliti dalla legge e tale da comportare la sanzione della nullità.
8. Conclusioni
La complessità immanente nella materia degli appalti, insieme alla natura storicamente controversa dell’istituto dell’avvalimento, non consentono di formulare previsioni attendibili su quale potrà essere la posizione definitiva dei giudici di Palazzo Spada.
Inoltre, mai come in questo caso, le questioni giuridiche sottoposte all’attenzione dell’Adunanza Plenaria sono evidentemente complesse e le nostre – modestissime – conclusioni non potrebbero che essere aperte e discutibili.
Da un lato, la tesi della nullità sembra più lineare: ma si tratta di una linearità apparente destinata a frantumarsi con l’analisi attenta del quadro normativo.
Dall’altro, la tesi dell’annullabilità non convince alla luce della sanzione della nullità che l’ordinamento di regola commina alla violazione del cd. principio di tassatività delle clausole di esclusione.
Su certi argomenti, oggi troppo controversi, non si può che concludere: ai posteri l’ardua sentenza.
[1] Cons. di Stato, V, n. 1920/2020 punto 10.
[2] In particolare, come si vedrà nel seguito della trattazione Il Consiglio di Stato con l’ord. n. 344 del 2019 aveva già escluso, seppure in sede cautelare, che potesse ricorrere una ipotesi di difetto assoluto di attribuzione.
[3] Cons. di Stato, V, n. 1920/2020 punto 11.
[4] Si riporta per comodità di lettura il testo dell’art. 21 septies: “È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”.
[5] Ex multis TAR Toscana, I n. 356 del 2018.
[6] Cons. di Stato, A.P. n. 23 del 2016.
[7] CGUE sentenza del 23 dicembre 2009 in causa C-305/08, CoNISMa.
[8] CGUE sentenza 7 aprile 2016 in causa C-324/14 –Partner Apelski Dariusz.
[9] CGUE sentenza del 10 ottobre 2013 in causa C-94/12 –SWM Costruzioni.
[10] Art. 89 comma 1 D.lgs. n. 50 del 2016.
[11] Art. 89 comma 4 D.lgs. n. 50 del 2016: “nel caso di appalti di lavori, di appalti di servizi e operazioni di posa in opera o installazione nel quadro di un appalto di fornitura, le stazioni appaltanti possono prevedere nei documenti di gara che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall'offerente o, nel caso di un'offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici, da un partecipante al raggruppamento”.
[12] Art. 89 comma 10 D.lgs. n. 50 del 2016: “l'avvalimento non è ammesso per soddisfare il requisito dell'iscrizione all'Albo nazionale dei gestori ambientali di cui all'articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.
[13] Art. 89 comma 11 D.lgs. n. 50 del 2016: “non è ammesso l'avvalimento qualora nell'oggetto dell'appalto o della concessione di lavori rientrino opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali. E' considerato rilevante, ai fini della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo, che il valore dell'opera superi il dieci per cento dell'importo totale dei lavori. Con il regolamento di cui all’articolo 216, comma 27-octies è definito l'elenco delle opere di cui al presente comma, nonché i requisiti di specializzazione richiesti per la qualificazione ai fini dell’ottenimento dell’attestazione di qualificazione degli esecutori di cui all’articolo 84, che possono essere periodicamente revisionati. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui all’articolo 216, comma 27-octies, si applica la disposizione transitoria ivi prevista”.
[14] Art. 86 D.lgs. n. 50 del 2016.
[15] Cons. di Stato V ord. n. 1920/2020 punto 1.
[16] L’art. 21 septies della l .n 241 del 1990 commina la sanzione della nullità al provvedimento adottato in “difetto assoluto di attribuzione”
[17] Ex multis Cons. di Stato V n. 2713 del 2014; id. IV n. 676 del 2011.
[18] Cons. di Stato ord. n. 1920/2020 punto 9.
[19] Cons. di Stato, A.P., n. 9 del 2014.
[20] Cons. di Stato, V, n. 1920 del 2020 punto 8.3.
[21] Cons. di Stato, III, n. 1339 del 2018.
[22] Cons. di Stato nn. 344 e 2993 del 2019.
[23] V. nota 17.
[24] Coerentemente con quanto sostenuto nella sentenza del Consiglio di Stato n 2773 del 2013.
[25] Ad esempio ricorrendo, a seconda dei casi, alle figure sintomatiche della erronea presupposizione, del difetto di istruttoria o del travisamento dei fatti