Pubbl. Lun, 29 Giu 2015
Le sanzioni disciplinari militari. Graviore culpa, gravior poena.
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Saverio Setti
Il trattamento sanzionatorio militare nel procedimento disciplinare di corpo: il ruolo del comandante nella fase inflittiva (diritto militare)
1. Premessa
Il provvedimento disciplinare militare di corpo si atteggia quale species del più ampio genus dei provvedimenti disciplinari applicabili in ambito lavorativo. Esso si diversifica profondamente sia da quanto ordinariamente disposto in ordine ai rapporti di lavoro privati, sia da quanto previsto per i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, privatizzati e pubblicistici.
Se, infatti, da un lato è possibile osservare un certo parallelismo nelle fasi di svolgimento del procedimento disciplinare tra i vari comparti, ciò che rende assai peculiare il provvedimento militare è il risultato punitivo dell’iter istruttorio.
Nelle sanzioni disciplinari di corpo, infatti, la conseguenza sfavorevole dell’inosservanza disciplinare può risiedere non in una privazione patrimoniale, ma in una limitazione della libertà personale. Si tratta quindi di un provvedimento idoneo a incidere su un bene posto ai vertici della gerarchia costituzionale.
Va subito precisato che questa limitazione della libertà personale deve essere compatibile con il disposto degli artt. 13 e 16 Cost. Onde risolvere possibili antinomie, interviene il dato testuale dell’art. 1465 del COM [1], che chiarisce come ai militari spettino i diritti che la Costituzione garantisce ai cittadini, ma che, al fine di garantire l’efficienza delle Forze armate, sono imposte ai militari speciali limitazioni nell’esercizio di alcuni di tali diritti, nonché l’osservanza di particolari doveri nell’ambito dei principi costituzionali.
Parametro di legittimità costituzionale di un provvedimento amministrativo limitativo della libertà personale è quindi assicurato dall’equilibrio tra gli artt. 13, 16 e 52 Cost., dal principio salus rei publicae suprema lex esto, dalla previsione di legge menzionata ed, infine, dalla libera determinazione del cittadino che, a seguito del superamento di un procedimento concursuale, ha assunto lo status di militare.
2. Le sanzioni disciplinari di corpo
In ossequio ai principi di tassatività e legalità [2], il COM non solo tipizza le sanzioni disciplinari di corpo, ma, ove il fatto non costituisca reato [3], punisce con la più grave delle stesse (la consegna di rigore) l’irrogazione di sanzioni non previste dal regolamento [4].
Quattro sono le sanzioni previste dalla legge.
La meno afflittiva è il richiamo [5]: è un ammonimento verbale, comminabile da qualsiasi superiore in grado [6], rivolto al trasgressore in forma breve ed energica, possibilmente in disparte, facendo riferimento unicamente alla violazione del momento [7]. Si tratta di un provvedimento che non trova possibilità di trascrizione matricolare, ma di cui viene tenuto conto ai fini della recidività. Con il richiamo sono punite lievi mancanze ed omissioni causate da negligenza.
Seconda in ordine crescente di afflittiva è il rimprovero. Consta di una dichiarazione di biasimo avente forma scritta, comminabile dal comandante di corpo, di reparto e di distaccamento [8] al termine di un procedimento amministrativo. Diversamente da quanto accade per il richiamo, il provvedimento disciplinare del rimprovero viene trascritto nella documentazione personale dell’interessato. Con il rimprovero sono punite le lievi trasgressioni alle norme della disciplina e del servizio o la recidiva per le trasgressioni punite con il richiamo.
Elevato grado di afflittività, poi, grava sulla sanzione della consegna. Si tratta di un provvedimento amministrativo che consiste nella privazione della libera uscita [9] per un massimo di sette giorni consecutivi[10]. Detta sanzione, risultato di un procedimento instaurato dalle stesse autorità competenti ad irrogare il rimprovero, deve risultare da atto scritto, è trascritta nella documentazione personale, ma è produttiva di effetti dal giorno di comunicazione, anche verbale, dell’esito del procedimento disciplinare. Con la consegna sono punite, oltre alle fattispecie già sanzionate con il rimprovero, le più gravi trasgressioni alle norme della disciplina e del servizio.
Massivamente inflittiva, tanto da essere potenzialmente sostitutiva del trattamento sanzionatorio penale, è la consegna di rigore. Essa comporta il vincolo di rimanere, fino ad un massimo di quindici giorni, in un apposito locale dell’ambiente militare. Il superiore che ha inflitto la punizione è, però, legittimato a far scontare la consegna di rigore con le stesse modalità previste per la consegna, se lo richiedono particolari ragioni di servizio. La consegna di rigore deve risultare da atto scritto, di cui rimane copia nella documentazione personale ed è esecutiva da momento della comunicazione, anche verbale, all’interessato. Con la consegna di rigore sono punite le gravi condotte violatrici delle disposizioni, tipizzate dall’art. 751 TUOM, ed i fatti previsti dalla legge come reato militare, puniti con la reclusione inferiore a mesi sei, per i quali il Comandante di corpo non ritenga di chiedere il procedimento penale.
In merito è da specificare che la consegna di rigore non può intendersi tuot court come una sanzione detentiva: il fatto che al militare sia imposto di rimanere “in apposito spazio” non implica che questi possa essere materialmente “rinchiuso”. Il vincolo cui si riferisce la legge, non può che configurarsi come limitazione della libertà morale, ovvero della capacità di autodeterminazione, e non come limite della libertà personale [11]: tanto che non si può fisicamente impedire al consegnato di rigore di fruire della libera uscita; egli sottostarà, però, alle conseguenze di tipo penale previste per la disobbedienza ovvero per la forzata consegna.
3. La determinazione della sanzione
Chiarito l’an della sanzione di corpo, è interessante indagare le modalità che portano i comandanti a stabilirne il quantum.
La positivizzazione dei criteri per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari ha un importante riflesso sul provvedimento adottato: la violazione o la falsa applicazione degli stessi, infatti, comporta inevitabilmente l’annullabilità del provvedimento per cattivo uso del potere.
I criteri per l’irrogazione delle sanzioni sono delineati dall’art. 1355 COM, ai sensi del quale il comandante deve, come primo principio cardine, commisurare la sanzione al tipo di mancanza commessa ed alla gravità della stessa, considerando l’elemento oggettivo inteso come la condotta violatrice [12]. Il processo deliberativo del quantum punitivo si apre, quindi, con la definizione di una c.d. pena-base, con funzione retributiva: si punisce quia peccatum est.
Una definizione base della punizione non sarebbe però idonea ad assicurare la personalità della sanzione che è condizione imprescindibile, stante il criterio finalistico di tipo rieducativo.
Importanza determinante, per la esatta quantificazione della sanzione, assumono le qualità personali del soggetto agente e l’elemento soggettivo.
Influiscono, aggravando od attenuando il peso del provvedimento, i precedenti di servizio disciplinari (la c.d. capacità a violare le norme di servizio), il grado, l’età, e l’anzianità di servizio del militare che ha mancato. È, infatti, evidente, come all’aumento di queste variabili corrisponda necessariamente un aumento di signoria morale sul fatto, dunque un aumento di rimproverabilità. Il giudizio sulle qualità personali del soggetto agente consente di graduare la sanzione assicurando un trattamento giusto e garantendo una funzione prognostico-preventiva, in quanto idoneo ad accertare l’attitudine del soggetto a commettere nuovi illeciti disciplinari.
Nel processo decisionale, il comandante deve, ai sensi del secondo comma del citato art. 1355, punire con maggior rigore le infrazioni:
a) Intenzionali: imputabili all’agente a titolo di dolo, consistente nella rappresentazione e volontà della violazione, in tutti i suoi elementi oggettivi, positivi e negativi. Si tratta della forma più grave di responsabilità disciplinare, perché esprime il nesso psichico più stretto ed immediato tra fatto ed autore e, quindi, la maggiore intensità violatrice. È sufficiente, nel caso in trattazione, il un dolo generico e generale, in cui sono sufficienti la rappresentazione e la volizione dell’azione e dell’elemento naturale conseguenza dell’azione, restando ininfluente il fine;
b) Commesse in presenza di altri militari: al fine di evitare che si possa ingenerare in terzi il sentimento di emulazione;
c) Commesse in concorso con altri militari: è il caso sia del concorso eventuale quando più militari pongono in essere una condotta violatrice che, astrattamente, può essere commessa anche da un solo militare sia del concorso necessario, quando per l’esistenza stessa della violazione è necessaria la presenza di più agenti. Nel caso in esame, finalità dell’aggravante è la punizione del pactum sceleris. Per quanto concerne l’elemento soggettivo, in caso di concorso doloso, la violazione è pluriaggravata (perché al concorso si aggiunge il dolo), in caso di concorso unilaterale (ovvero con mancanza della convolontà), il concorrente che ha consapevolezza del concorso dovrà subire una sanzione pluriaggravato, mentre i concorrenti cui manca detta consapevolezza non saranno soggetti a sanzione aggravata.
d) Ricorrenti con carattere di recidività: è il caso di chi, punito per una mancanza, ne commette un’altra della stessa specie (c.d. recidiva specifica) o di una specie diversa (c.d. recidiva generale). È evidente come una reiterazione delle mancanze sia indice di una evidente capacità a violare le norme di servizio. Pertanto una sanzione più severa viene in considerazione in chiave sia retributiva che preventiva: la ricaduta del militare nell’illecito disciplinare autorizza il timore di ulteriori mancanze in avvenire, in quanto egli dimostra una volontà persistente nel violare i regolamenti.
Il comma quarto dell’art. 1355 COM, chiarisce, inoltre, come in caso di infrazione commessa da più militari, al più elevato in grado (o, a parità di grado, al più anziano) dovrà essere applicato un trattamento sanzionatorio più severo. Questo non solo perché, in quanto da più tempo alle armi questi ha una maggior consapevolezza del disvalore della sua condotta, ma in virtù dell’obbligo gravante su ogni superiore di dare l’esempio del rispetto della disciplina e della rigorosa osservanza dei regolamenti: dovere tanto più imperioso quanto più elevato è il grado [13]. Questa soluzione risolve, per mezzo del modello teorico della responsabilità differenziata, il problema della responsabilità dei concorrenti.
Interessante è, infine, l’ultimo comma dell’art. 1355, che risolve il problema della pluralità delle violazioni. Il testo di legge dispone che se deve essere adottato un provvedimento disciplinare riguardante più trasgressioni commesse da un militare, anche in tempi diversi, è inflitta un’unica punizione in relazione alla più grave delle trasgressioni e al comportamento contrario alla disciplina rivelato complessivamente dalla condotta del militare stesso.
Si tratta di una disposizione testualmente infelice, che necessita di lavoro ermeneutico.
Chiara è la ratio: evitare il cumulo materiale delle sanzione in caso di concorso di violazioni; il principio adottato è, infatti, quello dell’assorbimento. Più problematica è l’individuazione dei criteri per l’unificazione delle violazioni. Se, da un lato, è chiaro come si prescinda dal tempo di commissione della violazione, d’altra parte non è evidente il parametro per l’aggregazione delle mancanze. La legge [14], peraltro, dispone che il procedimento debba essere instaurato senza ritardo dalla conoscenza delle infrazione, imponendo al superiore la contestazione all’obiettivo manifestarsi della mancanza.
Unica conclusione convincente è, allora, quella che porta a considerare come, l’autorità disciplinarmente competente debba avviare un procedimento allorché abbia conoscenza della mancanza di un subordinato; qualora al momento in cui si verifica l’effettiva conoscenza, ovvero durante l’istruttoria, il responsabile del procedimento ravvisi una pluralità di mancanze, egli dovrà parametrare la sanzione non in base al cumulo materiale delle pene-base corrispondenti alle singole mancanze, ma alla rimproverabilità del comportamento generalmente posto in essere dal militare incolpato.
4. Concorso apparente di sanzioni
S’è detto che la consegna di rigore, data la sua afflittività, può essere sostitutiva del trattamento penale. Si è anche parlato di violazioni e mancanze, cui corrisponde un trattamento sanzionatorio. È bene chiarire che la tutela del servizio e della disciplina è garantita sia dal provvedimento disciplinare che dalle misure penali. In ossequio al principio di legalità formale, l’art. 39 c.p.m.p. stabilisce che le violazioni dei doveri di servizio e della disciplina militare, non costituenti reato, sono previste dalla legge o dai regolamenti militari e sono punite con le sanzioni ivi stabilite.
In generale, la disciplina stabilita per l’illecito penale è fondata sul principio di tassatività delle fattispecie incriminatrici, mentre per l’illecito disciplinare sono in genere stabilite norme che affidano all’autorità cui è attribuito il potere sanzionatorio un margine di discrezionalità nell’identificare le violazioni cui consegue la punizione disciplinare.
Il punto di congiunzione tra tutela disciplinare e tutela penale è dato dalla consegna di rigore, applicabile solo a violazioni tipizzate.
In merito è bene chiarire che non ci si trova dinnanzi ad un caso di concorso di norme. Infatti i comandanti hanno l’obbligo di promuovere il procedimento penale se il comportamento del militare, oltre ad avere rilevanza disciplinare, costituisce reato. Inoltre, esiste un meccanismo procedurale di ripartizione dinamica tra reato ed illecito disciplinare fornito sulla c.d. richiesta di procedimento del comandante di corpo per una determinata categoria di reati militari, in cui l’assoggettamento a sanzione penale dipende da una scelta discrezionale dell’organo titolare del potere disciplinare [15].
Si tratta di un istituto estremamente problematico, ma indicativo della gemmazione del diritto penale militare dal diritto disciplinare.
In conclusione, a disposizione dei comandanti esistono molteplici strumenti disciplinari che, in funzione non solo della gravità della mancanza ma anche della condizioni personali dell’incolpato, coprono un’ampia gamma di soluzioni: dal provvedimento amministrativo fino alla segnalazione penale.
L’applicazione sanzionatoria deve essere finalisticamente rivolta al concetto di rieducazione, vista non come emenda morale, ma come risocializzazione alla comunità militare. Essa va perseguita attraverso il principio punitivo-premiale, perché è elementare verità che il sistema della sanzione e del premio, della approvazione e della disapprovazione della comunità da esso espresso, è un possente ed irrinunciabile strumento pedagogico di responsabilizzazione e socializzazione del comportamento.
[1] Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e successive modificazioni, ovvero il Codice dell’Ordinamento Militare (COM).
[2] Ripresi dall’art. 1353 COM.
[3] Ove la sanzione irrituale integri fattispecie penali, i comandanti responsabili sono obbligati a promuovere il perseguimento del trasgressore ex Art. 751, c. 3.
[4] Art. 751, c. 1, sub a), n. 41 del TUOM, Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90.
[5] Art. 1359 COM.
[6] Se inflitto da un superiore non collocato nella catena di comando del richiamato, il richiamante ha l’obbligo di riportare la mancanza alla linea di comando del trasgressore.
[7] Art. 725, c. 2, sub b, del TUOM.
[8] Art. 1396 COM, che, inoltre specifica, al c. 4, come la potestà sanzionatoria nei confronti degli Ufficiali generali e dei colonnelli ed equiparati, così come nei confronti degli Ufficiali che non dipendono da un comando di corpo è devoluta al superiore diretto. Il c. 5 precisa, altresì, come i militari aggregati o comandanti presso un dato ente dipendono disciplinarmente da tale organo.
[9] I militari che usufruiscono di alloggio privato sono autorizzati ad ivi scontarvi la punizione di consegna.
[10] Artt. 1358, c. 5 e 1361 COM.
[11] Cfr. Corte Cost. 74/1985, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 309 c.p.m.p. che attribuiva al comandante militare il potere di disporre misure precauzionali in attesa del procedimento penale.
[12] Che può consistere in un’azione, un’omissione o un’azione ed un’omissione.
[13] Art. 725 TUOM.
[14] Art. 1398, c. 1, sub a) COM.
[15] Art. 260 c.p.m.p.