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Pubbl. Mer, 22 Apr 2020

In caso di scontro tra veicoli la colpa di uno dei conducenti non basta a escludere la responsabilità dell´altro

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Vito Russoniello



”L´accertamento della colpa di uno dei conducenti non esonera l´altro dall´onere di provare, al fine di escludere il concorso di colpa a suo carico, di avere fatto il possibile per evitare l´evento” Cass. 19 maggio 2019 n.12283


Con la pronuncia in commento la Corte di Cassazione ha confermato quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui l'accertamento della responsabilità di uno dei conducenti nella causazione di un sinistro stradale non comporta il superamento della presunzione di colpa concorrente stabilito dall'articolo 2054 comma 2 c.c., essendo a tal fine necessario che l’antagonista provi di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Prima di analizzare più nel dettaglio la citata ordinanza, è utile fare qualche breve premessa in tema di responsabilità civile connessa alla circolazione stradale, così come disciplinata dall’art. 2054 del codice civile[1] (salvo le disposizioni particolari in materia contenute anche nel Codice della Strada, di cui al D. Lgs. 285/1992, a cui si aggiungono le generali regole di diligenza, prudenza e perizia).

La violazione di tali norme, tuttavia, non è di per sé fonte di responsabilità per il trasgressore, essendo altresì necessario che il comportamento, che la violazione medesima viene ad integrare, si sia posto in rapporto di causa-effetto rispetto all’evento dannoso[2].

L’art. 2054 c.c. recita testualmente: “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli[3].

Il proprietario del veicolo, o, in sua vece, l'usufruttuario o l'acquirente con patto di riservato dominio, è responsabile in solido col conducente, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà.

In ogni caso le persone indicate dai commi precedenti sono responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo”.

Tale norma prevede diverse ipotesi di responsabilità a carico del conducente (o del proprietario del veicolo o usufruttuario o acquirente con patto di riservato dominio ex art. 2054 3° comma) per i danni prodotti a cose o persone (anche trasportate a qualsiasi titolo, pur se gratuito o di cortesia) derivanti dalla circolazione stradale:

1) il co. 1 configura un’ipotesi di responsabilità presunta, in base alla quale il conducente, per liberarsi dalla presunzione di responsabilità per i danni arrecati a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, ha l’onere di provare di “aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”; tuttavia, detta prova liberatoria deve essere intesa, non già nel senso di dover dimostrare l’impossibilità o la diligenza massima, bensì di avere osservato, nei limiti della normale diligenza, un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del codice della strada, che il giudice deve valutare con riferimento alle circostanze del caso concreto[4];

2) nel 2° comma si è regolata la responsabilità[5], maggiormente frequente, di scontro tra veicoli, prevedendo una presunzione di uguale concorso tra i conducenti nella causazione di un sinistro stradale (pur in difetto di reciprocità dei pregiudizi), superabile, anche in tal caso, attraverso la prova liberatoria consistente nella dimostrazione di “aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”;

3) il co. 3, prevede, invece, la responsabilità solidale del proprietario del veicolo (o dei soggetti ad esso equiparati) con il conducente, se non prova che la circolazione dei veicolo è avvenuta contro la sua volontà (prohibente domino). In tal caso, il proprietario per andare esente da responsabilità deve provare di aver concretamente vietato ed impedito, con atti idonei, la circolazione del proprio veicolo, non essendo sufficiente un semplice divieto dell’uso da parte di terzi[6];

4) infine, in virtù del co.4, il proprietario ed il conducente sono responsabili per i danni derivanti da vizi di manutenzione o di costruzione del veicolo, indipendentemente da un loro comportamento colpevole.

Tale responsabilità, quindi, è di natura oggettiva, attesa la mancata previsione normativa di qualsivoglia prova liberatoria; tuttavia, è stato ritenuto che il nesso causale tra il guasto all’autoveicolo per vizi di manutenzione (o di costruzione) e la responsabilità del danno può essere interrotto se interviene un fattore esterno avente autonoma ed esclusiva efficacia causale nella determinazione dell’evento[7] (ad es. “caso fortuito”).

Fatta questa breve premessa, la pronuncia in commento ha riguardato, in particolare, il disposto di cui al comma 2 dell’art. 2054 c.c., ai sensi del quale “Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli”.

Tale norma postula una situazione di “rischio comune” derivante dalla circolazione stradale, prevedendo, come innanzi accennato, una presunzione di corresponsabilità nella causazione del sinistro. In tal modo, l'articolo 2054 c.c., non grava il conducente di una responsabilità oggettiva, ma solo di una responsabilità presunta della quale egli può liberarsi provando di aver osservato un comportamento che, nei limiti della normale diligenza, sia esente da colpa e conforme alle norme del codice della strada.

Tale presunzione ha carattere sussidiario: opera, cioè, nel caso in cui non sia possibile accertare il grado di colpa dei conducenti, ma anche quando non sia possibile stabilire, in concreto, le cause e le modalità del sinistro.

Ne consegue che l’accertamento della colpa, sia pure grave di uno dei conducenti, non esonera l’altro, al fine di escludere il concorso di colpa a suo carico, dal provare di essersi uniformato alle norme sulla circolazione e a quelle di comune prudenza ed abbia fatto tutto il possibile per evitare il sinistro[8].

Ed è proprio questo il principio richiamato dall’ordinanza in commento.

Più nel dettaglio, il caso sottoposto all’attenzione della S.C. ha avuto ad oggetto la pretesa risarcitoria di un automobilista, il quale aveva subito gravi danni a seguito di un sinistro stradale con un autobus di proprietà della locale azienda pubblica dei trasporti, sostenendo di essere stato investito allorché era fermo, a bordo della propria autovettura, ad un segnale di stop.

Il Tribunale, tuttavia, rigettava la domanda ed in sede di gravame la Corte d’Appello, confermando interamente la valutazione del giudice di prime cure in ordine alle risultanze istruttorie, stabiliva che era da ritenersi accertato che l’attore, al momento del sinistro, aveva invaso la corsia preferenziale dell’autobus e non aveva, altresì, dato prova circa la velocità non prudenziale tenuta dal conducente del veicolo antagonista.

L’automobilista, pertanto, ricorreva dinanzi alla Corte di Cassazione lamentando la violazione e/o falsa applicazione degli art. 2054 c.c. e 2697 c.c., in quanto la corte di appello non aveva considerato che, in base alla presunzione di cui all’art. 2054 c.c., l’accertamento della colpa di uno dei conducenti non esonera l'altro dall'onere di provare, al fine di escludere il concorso di colpa a suo carico, di avere fatto il possibile per evitare l'evento.

Discostandosi dalle pronunce dei giudici di merito, la Suprema Corte, con l’ordinanza in commento, accoglieva il ricorso dell’automobilista, sostenendo che la Corte d’Appello fosse incorsa in un vizio di sussunzione, “consistente nell’erronea riconduzione di un fatto materiale nella fattispecie legale deputata a dettarne la disciplina (Cass. 6035/2018), e ricorrente sia quando il giudice riconduce i fatti materiali ad una fattispecie astratta piuttosto che ad un’altra, sia quando si rifiuta di assumerli in qualunque fattispecie astratta, pur sussistendone una in cui potrebbero essere inquadrati (Cass. 13747/2018)”.

In particolare, la Suprema Corte, pur dando atto che l’accertamento in ordine alla dinamica del sinistro compiuto dal giudice di merito non può essere oggetto di critica in sede di legittimità, rilevava che la Corte di Appello aveva erroneamente fatto discendere da detto accertamento la responsabilità esclusiva del sinistro de quo in capo all’automobilista per avere invaso la corsia preferenziale dell'autobus, addebitando così illegittimamente allo stesso attore anche la mancata prova dell’esatta velocità del predetto autobus, in tal modo violando la disposizione dell’articolo 2054 c.c., comma 2.

Pertanto, secondo la S.C., anche in ipotesi in cui sia emersa la colpa di uno dei conducenti (come, nella specie, l’invasione di corsia da parte dell’attore) il giudice è tenuto ad accertare che il comportamento di guida dell’altro sia immune da censure; diversamente deve presumere il contributo causale di quest'ultimo nella verificazione del sinistro.

In tal modo, la Suprema Corte, ha confermato il principio, più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità[9], secondo il quale “Nel caso di scontro tra veicoli, l’accertamento in concreto di responsabilità di uno dei conducenti non comporta il superamento della presunzione di colpa concorrente sancito dal comma 2 dell’art. 2054 c.c., essendo a tal fine necessario accertare in pari tempo che l’altro conducente si sia pienamente uniformato alle norme sulla circolazione e a quelle di comune di prudenza ed abbia fatto tutto il possibile per evitare l’evento. Conseguentemente, l’infrazione, anche grave, come l’invasione dell’altra corsia commessa da uno dei conducenti, non dispensa il giudice dal verificare anche il comportamento dell’altro conducente al fine di stabilire se, in rapporto alla situazione di fatto accertata, sussista un concorso di colpa nella determinazione dell’evento dannoso”. (Cass. Civ. 23 gennaio 2003, n.477).


Note e riferimenti bibliografici

[1] Trattasi, invero, di un’applicazione della regola generale sancita dal precedente art. 2050 c.c., in quanto la circolazione stradale rientra nel novero delle attività pericolose che possono essere fonte di danno ed è applicabile a tutti i soggetti danneggiati a causa della circolazione e, pertanto, anche alle persone trasportate a qualsiasi titolo, pur se gratuito o di cortesia.

[2] Cass. Civ., sez. III, sentenza n°8366, 08 aprile 2010

[3] Tale comma è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo “limitatamente alla parte in cui nel caso di scontro tra veicoli esclude che la presunzione di egual concorso dei conducenti operi anche se uno dei veicoli non abbia riportato danni" (Corte Cost., 29 dicembre 1972, n. 205).

[4] Cass. Civ., 29 aprile 2006, n.10031, in La Tribuna, Archivio giuridico della circolazione e dei sinistri stradali, 2007, 1, pg. 42.

[5] Il comma 2 dell’art. 2054, “non configura a carico del conducente un'ipotesi di responsabilità oggettiva, ma una responsabilità presunta da cui il medesimo può liberarsi dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno” (Cass. civ. n. 4130/2017).

[6] Cass. Civ. 9 ottobre 2015, n.20373; Cass. Civ. 7 luglio 2006, n.15521; Cass. Civ. 3 dicembre 199, n.12255.

[7] Cass. Civ. 9 marzo 2004, n.4754.

[8] Cass. Civ., 12 aprile 2011, n.8409; Vedi anche: Cass. Civ. 12 giugno 2012, n.9528.

[9] V. anche: Cass. Civ. 5 maggio 2000, n.5671; 4 novembre 2014, n.23431; 8 gennaio 2016, n.124