Pubbl. Mar, 21 Apr 2020
Il proscioglimento dal reato presupposto non comporta l´automatica caducazione del DASPO
Modifica paginaCon la sentenza n. 9006/2020 la Corte di Cassazione ha confermato il suo consolidato orientamento in ordine ai rapporti tra il procedimento amministrativo di applicazione del DASPO ed il procedimento penale in cui è contestato all’imputato la violazione delle prescrizioni contenute nel provvedimento ai sensi dell’art. 6 co 6 l. n. 401/1989.
Sommario: 1. Premessa; 2 La disciplina del DASPO; 3 Il caso sottoposto all’attenzione della Cassazione; 4 La soluzione della Cassazione.
1. Premessa
Con la recente sentenza n. 9006/2020, la VI Sezione Penale della Cassazione ha affrontato il complesso tema dei rapporti tra il procedimento amministrativo di applicazione del divieto di accesso ai luoghi di svolgimento delle manifestazioni sportive (DASPO) ed procedimento penale afferente il reato presupposto per l’applicazione del DASPO, oppure la violazione delle prescrizioni contenute nel medesimo provvedimento, ai sensi dell’art. 6 co 6 l. n. 401/1988.
Anche in questo caso, la Suprema Corte ha confermato l'orientamento secondo cui il procedimento penale e quello amministrativo sono indipendenti tra loro, affermando il seguente principio di diritto: «In tema d misure volte alla prevenzione di fenomeni di violenza collegati a manifestazioni sportive, il proscioglimento dai fatti di reato che hanno determinato l’applicazione del divieto di accesso ai luoghi di svolgimento delle manifestazioni sportive (DASPO) non determina l’automatica decadenza del provvedimento, in quanto lo stesso non è basato sull’accertamento giudiziale dei fatti presupposti e può essere, peraltro, revocato o modificato».
2. La disciplina del DASPO
La L. n. 401/1989, introdotta prima dei Mondiali di calcio svoltisi in Italia nel 1990, ha delineato un nuovo approccio del Legislatore agli episodi di violenza o di disordine in occasione di manifestazioni sportive.
L’impianto legislativo si fonda su un sistema di carattere non solo repressivo, ma anche preventivo, composto da norme amministrative, penali e di procedura penale, finalizzate ad accrescere e garantire lo svolgimento in sicurezza delle manifestazioni sportive.
Uno degli istituti principali della L. n. 401/1998 è sicuramente quello del divieto di accesso ai luoghi di svolgimento delle manifestazioni sportive (DASPO) di cui all’art. 6 L. n. 401/1989.
Si tratta di un provvedimento amministrativo emesso dal Questore, con cui è disposto il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive specificatamente indicate, oppure altri luoghi, sempre specificatamente indicati, interessati dalla sosta, dal transito o dal trasporto di coloro che partecipano o assistano alle manifestazioni sportive.
Il divieto può altresì riguardare le manifestazioni sportive che si svolgano all’estero.
Il DASPO può essere disposto nei confronti di chi, sulla base di elementi di fatto, risulta avere tenuto, anche all’estero, una condotta, sia singola che di gruppo, evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o a creare turbative per l’ordine pubblico.
In particolare, il provvedimento del Questore è emesso nei confronti di quattro categoria di soggetti, individuati dall’art. 6 co. 1 l. n. 401/1989:
- coloro che risultino denunciati per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza (interpretazione costituzionalmente orientata che lo riconduce all’art. 414 cp ed alla idoneità concreta rispetto al bene protetto);
- coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all'estero, sia singolarmente che in gruppo (cd daspo di gruppo), una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l'ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui alla lettera a);
- coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti per alcuno dei reati di cui all'articolo 4, co 1 e 2 della l. 18 aprile 1975, n. 110, all'art. 5 della l. 22 maggio 1975, n. 152, all'art. 2, co 2, del d.l. 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla l. 25 giugno 1993, n. 205, agli artt. 6-bis, co 1 e 2, e 6-ter della presente legge, per il reato di cui all'articolo 2-bis del d.l. 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 aprile 2007, n. 41, o per alcuno dei delitti contro l'ordine pubblico o dei delitti di comune pericolo mediante violenza, di cui al libro secondo, titoli V e VI, capo I, del codice penale o per il delitto di cui all'art. 588 dello stesso codice, ovvero per alcuno dei delitti di cui all'art. 380, co 2, lettere f) e h), del codice di procedura penale, anche se il fatto non e' stato commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
- i soggetti di cui all'art. 4, co 1, lett. d), (reati 51 co 3 quater cpp o cmq reati contro personalità dello Stato) del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al d.lgs 6 settembre 2011, n. 159, anche se la condotta non e' stata posta in essere in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
Infine, i provvedimenti di DASPO possono anche essere emessi nei confronti di soggetti minorenni che abbiano compiuto i quattordici anni, purché il provvedimento del Questore sia notificato a coloro che esercitano la responsabilità genitoriale.
Il successivo co 1 ter, prevede che il DASPO possa essere applicato anche per fatti commessi all'estero, accertati dall'autorità straniera competente o dagli organi delle Forze di polizia italiane che assicurano, sulla base di rapporti di cooperazione, il supporto alle predette autorità nel luogo di svolgimento della manifestazione.
In questo caso, il divieto è disposto dal questore della provincia del luogo di residenza ovvero del luogo di dimora abituale del destinatario della misura.
Quanto alla natura giuridica del DASPO, è ormai pacifica la qualifica di provvedimento amministrativo di carattere preventivo e non di sanzione restrittiva della libertà personale.
Sul punto si richiama il caso Seražin c. Croazia del 2018, in occasione del quale la Corte europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto che il provvedimento che vieta al tifoso di assistere a competizioni sportive previsto dalla legislazione croata – in tutto simile, come gli stessi giudici di Strasburgo hannp rilevato, al DASPO italiano – non costituisca una sanzione penale ai sensi della Convenzione, stante la sua eminente funzione preventiva. I giudici europei hanno, quindi, ritenuto che la misura in questione possa essere disposta anche in relazione ai medesimi fatti di reato che hanno comportato l’inflizione di una (vera e propria) pena da parte del giudice, senza che ciò dia luogo ad una violazione del principio del bis in idem[1].
La natura di misura di prevenzione si desume da due elementi: in primo luogo, il Questore, nell'emanazione dell'atto, segue le regole del procedimento amministrativo previste dalla L. n. 241/1990[2]. In secondo luogo, in relazione ai presupposti di emanazione (il pericolo per la sicurezza pubblica o per l'ordine pubblico), viene seguito il criterio del "più probabile che non", analogamente a quanto accade per tutte le altre misure amministrative preventive (si pensi alle misure preventive antimafia o allo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazione mafiosa).
In altre parole, non si richiede per questa misura amministrativa di prevenzione (al pari di quelle adottate in materia di prevenzione antimafia), la certezza "ogni oltre ragionevole dubbio" che le condotte siano ascrivibili ai soggetti destinatari del DASPO, ma, appunto, una dimostrazione fondata su elementi di fatto gravi, precisi e concordanti, secondo un ragionamento causale di tipo probabilistico, sulla base della documentazione prodotta.
Oltre al DASPO, il Questore può, altresì, prescrivere al soggetto di comparire personalmente una o più volte nel corso della stessa giornata presso il competente ufficio o comando di polizia.
Trattandosi di un provvedimento limitativo della libertà personale, è previsto un iter diverso da quello di carattere esclusivamente amministrativo per l’ emissione del DASPO, dal momento che è previsto l’intervento dell’Autorità Giudiziaria, in ossequio alla garanzia della riserva di giurisdizione in materia di libertà personale ex art. 13 Cost.
Ed invero, nel caso in cui il Questore prescriva l’obbligo di presentazione, il provvedimento dovrà essere comunicato al Procuratore della Repubblica, oppure, in caso di soggetti minorenni, al Procuratore presso il Tribunale per i minorenni, affinché il PM, qualora ritenga sussistenti i presupposti, presenti domanda al Gip per la convalida del provvedimento, entro le quarantotto ore successive alla notifica del provvedimento al proposto.
La notifica del provvedimento deve altresì contenere l’avviso che l’interessato ha facoltà di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni al Gip per la convalida del provvedimento[3].
Nel corso del giudizio di convalida, il Gip potrà modificare le prescrizioni ed avverso l’ordinanza che convalida il provvedimento del Questore è ammesso ricorso in Cassazione.
Infine, il nuovo comma 8 ter dell’art. 6 L. 401/1989 consente al Questore di affiancare al DASPO le prescrizioni di cui all’art. 3 co 4 D.lgs n. 159/2011, la cui violazione è presidiata dal reato di cui all’art. 76 co 2 D.lgs n. 159/2011.
Il DASPO e l'ulteriore prescrizione dell’obbligo di presentazione non possono avere durata inferiore a un anno e superiore a cinque anni e sono revocati o modificati qualora, anche per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, siano venute meno o siano mutate le condizioni che ne hanno giustificato l'emissione. In caso di condotta di gruppo di cui al comma 1, la durata non può essere inferiore a tre anni nei confronti di coloro che ne assumono la direzione.
Nei confronti della persona già destinataria del di un DASPO, la durata del nuovo divieto e della prescrizione non può essere inferiore a cinque anni e superiore a dieci anni.
Infine, il rispetto delle prescrizioni del DASPO, nonché delle previsioni dell’obbligo di presentarsi alla Polizia, sono presidiate dalla fattispecie delittuosa contravvenzionale di cui all’art. 6 co 6 L. n.401/1989, il quale punisce la condotta del reo con la pena della reclusione da anni uno a tre ed un multa da 10.000 ad euro 40.000.
La medesima pena si applica anche a coloro che in Italia violino il DASPO emesso da altri paesi dell’Unione Europea-
Si tratta di un reato di pericolo astratto, di pura condotta, il cui contegno criminoso si sostanzia nella mera disobbedienza ad una provvedimento di Pubblica Sicurezza.
Inoltre, l’art. 6 co 6 L. 401/1989 è strutturato secondo lo schema delle norme penali in bianco, dal momento che la stessa si pone come una norma incompleta in astratto, con la conseguenza che il provvedimento amministrativo rappresenta un elemento necessario per poter individuare la condotta penalmente irrilevante, in quanto lo stesso può costituire il presupposto, l’oggetto o il fine della condotta incriminata[4].
Infine, per il delitto in questione è previsto l’arresto in flagranza ex art. 8, comma 1-bis, L. n. 401/1989, a cui si applica anche l’istituto della “flagranza di reato differita” di cui al comma 1 ter nonché l’applicazione del giudizio direttissimo ex art. 8-bis, L. n. 401/1989.
3. Il Caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte
La Suprema Corte è stata adita da una pluralità di ricorrenti per una serie di questioni inerenti la commissioni di episodi di violenza nel corso di una manifestazione sportiva.
In questa sede, si prende in esame uno dei motivi di ricorso proposto da un soggetto imputato del reato di cui all’art. 6, comma 6, L. 401/1989.
In particolar modo, l’imputato precedentemente condannato in sede di giudizio abbreviato, con sentenza confermata in sede di impugnazione, lamentava che la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere irrilevante la circostanza che l'imputato era stato assolto con sentenza irrevocabile dal reato che aveva costituito il presupposto per l'emissione del predetto provvedimento, assimilando erroneamente detto caso a quello, diverso, in cui fosse intervenuto l'annullamento o la revoca del provvedimento amministrativo dopo la commissione del fatto. Di conseguenza, secondo la linea di difesa dell'imputato, l’assoluzione dal reato presupposto all’emissione del DASPO avrebbe comportato l’automatica decadenza dello stesso provvedimento di divieto.
4. La decisione della Suprema Corte
La Cassazione ha disatteso il ricorso della difesa con una sentenza che si colloca nel solco di un consolidato orientamento.
La Corte, infatti, ha affermato che l'assoluzione dai fatti per i quali è stato emesso il DASPO non determina la caducazione automatica del provvedimento amministrativo, che resta efficace fino alla sua eventuale revoca[5].
Ed invero, le vicende successive all’emissione del provvedimento del Questore, quali per il proscioglimento dai fatti di reato che hanno determinato l'applicazione del divieto di accesso ai luoghi di svolgimento di manifestazioni sportive non determina l'automatica decadenza del provvedimento.
Il DASPO, infatti, è un provvedimento amministrativo di carattere preventivo che non si basa sull'accertamento giudiziale dei fatti presupposti e può essere revocato o modificato, ex art. 6, comma 5, L. n. 401/1989, a seguito del venir meno o col mutamento delle condizioni che ne hanno giustificato l'emissione, con la logica conseguenza che, fino a quando il provvedimento impositivo del divieto non venga revocato o modificato, lo stesso esplica i suoi effetti per intero.
Inoltre, la necessità di garantire l'immediata osservanza di un provvedimento impositivo di obblighi fino al momento della sua eventuale caducazione in sede giudiziaria o amministrativa è stata ribadita più volte dalla giurisprudenza di legittimità in tema di violazione di sigilli ex art. 349 cp.
L’inefficacia o l’illegittimità provvedimento di sequestro o di apposizione di sigilli non esclude il delitto di cui all’art. 349 c.p., atteso che la norma incriminatrice richiede solo che l'apposizione dei sigilli derivi da una disposizione di legge o da un ordine dell'Autorità.
Da ciò consegue che, una volta che il vincolo sia stato apposto a tutela della identità e della conservazione della cosa, esso non può essere violato dal privato, sino a che non venga formalmente rimosso dall'Autorità competente[6].
Ad analoghe conclusione deve pervenirsi anche rispetto all'ordine del Questore di comparire presso gli Uffici di Polizia in occasione delle manifestazioni in cui opera il divieto di accesso ai luoghi degli eventi sportivi, dovendosi cioè affermare che l'annullamento in sede giurisdizionale del provvedimento questorile non determina l'irrilevanza penale delle violazioni del medesimo provvedimento commesse in epoca precedente, non essendo l'immediata operatività dell'obbligo di comparizione condizionata dall'esito della successiva verifica giurisdizionale, che dispiega i suoi effetti solo a partire dal momento della relativa pronuncia.
Orbene, alla luce dei principi suesposti, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’imputato, affermando che il proscioglimento dal reato presupposto all’applicazione del DASPO, non comporta l’automatica caducazione dello stesso.
Ne consegue, che lo stesso conserverà il suo ruolo di elemento del reato, valutabile dal Giudice per l’affermazione della colpevolezza dell’imputato, qualora allo stesso sia contesta la violazione delle prescrizioni contenute nel DASPO ai sensi dell’art. 6, comma 6, L. 401/1989, salvo che non sopravvenga una revoca o una modifica da parte del Questore.
1] Corte europea dei diritti dell’uomo, sez. I, 8 novembre 2018, ric. n. 19120/15, Seražin c. Croazia.
[2] Tar Lazio, Sez. I, 27/03/2019, n. 4085: I provvedimenti di divieto di accesso alle manifestazioni sportive (DASPO), essendo protesi alla più efficace tutela dell’ordine pubblico e ad evitare la reiterazione dei comportamenti vietati, possono anche prescindere dal previo coinvolgimento procedimentale del destinatario della misura di prevenzione. Infine, stante il carattere cautelare ed urgente della misura di cui all’art. 6, L. n. 401/1989, volta a tutelare nel modo più efficace l’ordine pubblico e ad evitare la reiterazione di comportamenti vietati, quanto all’omessa comunicazione di avvio del procedimento, va esclusa la sussistenza dell’onere partecipativo di cui all’art. 7, L. n. 241/1990.
[3] Cass. Pen., Sez. III, n. 48201 del 25.09.2019, In tema di misure volte a prevenire i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive, è affetta da nullità di ordine generale, ex art. 178, comma 1, lett. c), cpp l'ordinanza di convalida del provvedimento del questore impositivo dell'obbligo di presentazione all'Autorità di P.S., che sia privo dell'avviso circa la facoltà di presentare memorie e deduzioni al giudice della convalida.
Sul punto si veda anche Cass. Pen., Sez. III, n. 11475 del 17.12.2018 secondo cui nel procedimento di convalida del divieto di accedere a manifestazioni sportive con obbligo di presentazione all'ufficio di p.s., è ammissibile la presentazione delle richieste e delle memorie delle parti al giudice competente tramite PEC, atteso che l'art. 6, comma 2-bis, L. n. 401/1989, non prescrive che i predetti atti debbano essere necessariamente depositati in cancelleria ed essendo ciò connaturale alla particolare natura, cartolare ed informale, del procedimento ed alla ristrettezza dei termini, stabiliti "ad horas", entro cui deve concludersi il controllo di legalità di provvedimenti che limitano la libertà personale, pena l'inefficacia delle relative prescrizioni.
[4] La possibilità che il precetto penale possa essere integrato da provvedimenti emessi dall’Autorità Amministrativa è stata ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 168 del 1971, secondo cui «la materialità della contravvenzione è descritta tassativamente in tutti i suoi elementi costitutivi e si pone in essere col rifiuto cosciente e volontario di osservare un provvedimento dato nelle forme legali dall’autorità competente per ragioni di giustizia, sicurezza, ordine pubblico, igiene. Spetta al giudice indagare, di volta in volta, se il provvedimento sia stato emesso nell’esercizio di un potere-dovere previsto dalla legge e se una legge dello Stato determini con sufficiente specificazione le condizioni e l’ambito di applicazione del provvedimento».
[5] Cass. Pen., Sez. III, n. 5623 dell'08.07.2016.
[6] Cass. Pen. Sez. III, n. 2241 del 18/10/2016.