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Pubbl. Mer, 1 Apr 2020

La natura della circostanza aggravante dell´agevolazione mafiosa al vaglio delle Sezioni Unite

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Angela Cuofano



Con la sentenza n. 8545 del 2020, le sezioni Unite penali della Corte hanno dato risposta al quesito se l'aggravante speciale già prevista dall'art. 7 d.l. n. 152 del 1991 ed oggi inserita nell'art. 416 bis.1 c.p. che prevede l'aumento di pena quando la condotta tipica sia consumata "al fine di" agevolare l'attività delle associazioni mafiose abbia natura "oggettiva" concernendo le modalità dell'azione, ovvero abbia natura "soggettiva" concernendo la direzione della volontà.


Sommario: 1. Il caso e la questione di diritto; 2. La giurisprudenza precedente; 3. La decisione delle Sezioni Unite

Come anticipato in un diverso articolo, ecco il commento alla sentenza n. 8545 del 2020.

1. Il caso e la questione di diritto

La questione in esame nasce da un preciso caso di cronaca giudiziaria.

In particolare, i giudici di legittimità sono  stati chiamati ad esaminare un caso nel quale all’imputato, condannato per il reato di usura,  era stata applicata l’aggravante  di cui all'art. 7 D.I. 152 del 1991, in quanto i giudici di merito avevano ritenuto che fosse stato commesso al fine di agevolare una associazione mafiosa (il clan dei casalesi).

L’imputato, da parte sua, ricorreva in Cassazione, cristallizzando un evidente contrasto tra quanto deciso dal giudice di prime e dalla Corte d’Appello. Il primo, infatti, aveva riconosciuto l'aggravante ritenendone la natura oggettiva, mentre la seconda, pur confermandone la sussistenza, l’aveva qualificata  come  di natura soggettiva. A fronte di ciò, si lamentava che il riconoscimento del dolo specifico, richiesto per la configurabilità della circostanza in esame, avrebbe richiesto una analisi personale, non potendo essere dedotto dalla prova del concorso con persone vicine alla detta associazione.

Preliminarmente e in punto di sistema, va detto che  la legge prevede la configurabilità della detta aggravante quando lo stesso sia commesso "al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dall'art. 416 bis c.p.” La formula "al fine di" si interpreta tradizionalmente come indicativa della "funzionalità oggettiva" della condotta criminosa contestata ad agevolare l'associazione mafiosa, ma anche  della necessità che la condotta sia sorretta dal "dolo specifico", ovvero dalla precisa volontà di rendere funzionale l'azione criminosa a vantaggio dell'associazione.

Il Collegio assegnatario aveva preso atto che in materia si rinvenivano, all’interno della giurisprudenza di legittimità, tre orientamenti, di cui uno intermedio.

La giurisprudenza precedente

Una prima corrente di pensiero riteneva che la contestazione dell'aggravante in questione sarebbe corretta qualora si possa trarre dalla situazione concreta la conferma della finalizzazione dell'azione al finanziamento di un'associazione avente le caratteristiche mafiose. Tra l’altro, questo orientamento viene anche arricchito in quanto alcune decisioni aggiungono che ciò sarebbe possibile “se la consapevolezza di tale scopo dell'azione risulta essenziale alla configurazione dell'aggravante”; si sostiene altresì che non sarebbe necessario che tale consapevolezza sia condivisa da parte di tutti i concorrenti, atteso che in materia trova applicazione la previsione dell'art. 59, comma 2, c. p., che impone di valutare le circostanze a carico dell'agente, anche quando le abbia ignorate per sua colpa.

Un opposto orientamento, più recente, ribalta del tutto la posizione appena vista. L'aggravante in esame, in quest’ottica, avrebbe natura soggettiva.

Tale posizione è stata accolta da due decisioni delle Sezioni unite in degli obiter dicta (questioni che la Corte affronta solo incidentalmente,  non essendo devolute come oggetto del contrasto).  In queste espressamente,  si legge che “l'aggravante si articola in due differenti forme, pur logicamente connesse: l'una a carattere oggettivo, costituita dall'impiego del metodo mafioso nella commissione di singoli reati, l'altra di tipo soggettivo, che si sostanzia nella volontà specifica di favorire ovvero di facilitare, con il delitto posto in essere, l'attività del gruppo”. Anche avendo natura soggettiva, per la sua configurabilità, occorrerebbe quindi valutare l'oggettiva idoneità del delitto ad agevolare l'attività dell'associazione.

Accanto a queste opinioni estremiste, un orientamento intermedio ha sposato una tesi che valorizza una volta in più l’analisi del singolo caso. Secondo l’indirizzo interpretativo in esame, infatti, non potrebbe darsi una risposta univoca al contrasto fra le due qualificazioni dell'aggravante, soggettiva od oggettiva. La stessa dipenderebbe da come l'aggravante si atteggi in concreto e dal reato in relazione al quale viene contestata. La circostanza di avere consumato il reato "al fine di" agevolare l'associazione mafiosa potrebbe  essere riconosciuta solo in presenza di un evento materiale ed "oggettivo", il che esclude che la "finalità agevolatrice" possa essere inquadrata nell'area dei "motivi" a delinquere essendo la stessa sempre correlata, anche da chi la riconduce nell'area della volizione, ad un evento materiale ed obiettivo.

La sezione ha pertanto ritenuto, con ordinanza del 10 settembre 2019, depositata il 4 ottobre 2019, n. 40846, che fosse indispensabile un intervento delle Sezioni Unite per vedere affrontata la questione: “se l'aggravante speciale già prevista dall'art. 7 di. n. 152 del 1991 ed oggi inserita nell'art. 416 bis.1 c.p. che prevede l'aumento di pena quando la condotta tipica sia consumata "al fine di" agevolare l'attività delle associazioni mafiose abbia natura "oggettiva" concernendo le modalità dell'azione, ovvero abbia natura "soggettiva" concernendo la direzione della volontà”.

La decisione delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite hanno evidenziato, in primo luogo, che alcune decisioni basano l’applicabilità della circostanza dell’agevolazione mafiosa su di un ulteriore elemento, di natura oggettiva che  non viene configurato come elemento costitutivo della fattispecie che prevede la circostanza aggravante, ma come fatto da cui desumere la prova della sussistenza dell'elemento psicologico, che rappresenta l'unico elemento costitutivo dell'aggravante.

In realtà, la richiesta di tale ulteriore requisito di natura oggettiva non esclude che la circostanza in questione possa essere inquadrata tra quelle relative ai motivi a delinquere.

D'altra parte, si è ulteriormente osservato, l'orientamento che opta per la natura oggettiva richiede la sussistenza, in capo ad almeno uno dei concorrenti, o del dolo specifico o della consapevolezza della funzionalizzazione della condotta all'agevolazione dell'associazione di tipo mafioso.

Quindi, dire che  il contrasto si limita  a contrapporre una tesi che ritiene necessaria “la volizione piena e specifica”  all'altra per la quale “è sufficiente che il nesso funzionale tra reato contestato e associazione mafiosa sia sorretta da una 'volizione attenuata' cioè l'ignoranza colposa”, significherebbe svuotare di senso la valutazione del caso concreto che, ad oggi, rimane quella, nel nostro ordinamento, più garantista.

Le Sezioni unite sono poi passate ad individuare l'elemento soggettivo necessario ad integrare l’aggravante. Sul punto due orientamenti. Esso può  consistere, da un lato,  nel dolo specifico, dall’altro nella mera consapevolezza della direzione (o idoneità) della condotta ad agevolare l'attività dell'organizzazione criminale.

I giudici hanno sposato la prima opzione, ritenendo che il requisito necessario per l'applicabilità dell'aggravante ai concorrenti nel reato, vada individuato nel dolo specifico o nella mera ignoranza colposa. In particolare, hanno affermato che il dato testuale imponga la qualificazione della circostanza nell'ambito di quelle di natura soggettiva, inerenti al motivo a delinquere.

L’agente deve quindi svolgere l'attività illecita nella convinzione di apportare un vantaggio alla compagine associativa e che tale rappresentazione si fondi su elementi concreti.  Ci si riferisce, nello specifico, all’esistenza di un gruppo associativo avente le caratteristiche di cui all'art. 416-bis c.p. ed alla effettiva possibilità che l'azione illecita si inscriva nelle possibili utilità, anche non essenziali al fine del raggiungimento dello scopo di tale compagine.

Con le ulteriori precisazioni che non deve essere necessariamente né coordinata con i componenti dell'associazione, né essere esclusiva, atteso che plurimi possono essere gli stimoli all'azione.

La decisione si  è poi ulteriormente soffermata  sui rapporti tra la fattispecie aggravata dalla finalità agevolatrice ed il concorso esterno in associazione mafiosa, rilevandone l’autonomia. Ciò che caratterizza il concorrente esterno rispetto all'autore dell'illecito aggravato è che solo il primo ha un rapporto effettivo e strutturale con il gruppo, della cui natura e funzione ha una conoscenza complessiva. Inoltre, si richiede che si verifichi il risultato positivo per l'organizzazione illecita. Elementi costitutivi che sono estranei alla figura aggravata, con cui condivide solo la necessità dell'esistenza dell'associazione mafiosa.

Le Sezioni unite hanno poi chiarito il tema della sua applicabilità ai concorrenti nel reato, considerando le modifiche normative apportate dal Legislatore. L'art. 59 c.p., che prima prevedeva l'attribuzione all'autore delle aggravanti e delle attenuanti, anche se da lui non conosciute, oggi  consente l'applicazione delle aggravanti solo se conosciute dall'agente; così come d’altro canto l'art. 118 c.p. non prevede l'impossibilità di estensione delle circostanze soggettive tout court, ma opera un'indicazione autonoma.

La Corte precisa che il discrimine, ai fini della possibilità di estensione delle circostanze, non riguarda la natura, oggettiva o soggettiva della circostanza, ma piuttosto la possibilità di estrinsecazione della circostanza all'esterno. Qualora si rinvengano elementi di fatto suscettibili di dimostrare che l'intento dell'agente sia stato riconosciuto dal concorrente, e tale consapevolezza non lo abbia dissuaso dalla collaborazione, non vi è ragione per escludere l'estensione della sua applicazione.

In considerazione di quanto sopra è stato affermato il seguente principio di diritto: “l'aggravante agevolatrice dell'attività mafiosa prevista dall'art. 416 bis.1 c.p. ha natura soggettiva ed è caratterizzata da dolo intenzionale; nel reato concorsuale si applica al concorrente non animato da tale scopo, che risulti consapevole dell'altrui finalità”.