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Pubbl. Sab, 11 Apr 2020

La piena conoscenza dell´aggiudicazione si perfeziona solo con la comunicazione da parte della stazione appaltante.

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Aniello Iervolino
AvvocatoUniversità degli Studi di Napoli Federico II



Il termine non superiore ai 5 giorni dall´aggiudicazione, entro il quale la stazione appaltante è tenuta a comunicare ai concorrenti l´esito della gara, a differenza del cd. stand still, ha natura meramente ordinatoria.


Sommario: 1. I fatti di causa; 2. L’art. 76, comma 5, D.Lgs. n. 50/2016 e ed il cd. stand still; 3. La “piena conoscenza” della lesività del provvedimento di aggiudicazione; 4. La decisione del Consiglio di Stato; 5. Conclusioni.

1. I fatti di causa.

Il 15 novembre del 2017, i Comuni di Nogara e di Sorgà indicevano una procedura di gara per l’affidamento del servizio di trasporto scolastico per gli alunni delle scuole dell’obbligo e dell’infanzia, individuando la Centrale Unica di Committenza (CUC) dei Comuni di Nogara, Sorgà, Gazzo Veronese, Grezzapa e Buttapietra come responsabile della procedura di gara.

Per il lotto n. 1 presentavano domanda di partecipazione il Consorzio Alfa e la Società Beta.

All’esito della valutazione delle offerte, il Consorzio Alfa risultava primo e la Società Beta seconda. La CUC, approvati il verbale e la proposta di aggiudicazione, dichiarava che la definitività dell'aggiudicazione sarebbe intercorsa a seguito della verifica circa il possesso dei requisiti richiesti.

Riscontrate anomalie nelle offerte, la Centrale Unica di Committenza richiedeva agli operatori economici di fornire spiegazioni sui prezzi praticati per procedere alla verifica della congruità dell’offerta.

Con istanza del 28 dicembre 2017, la Società Beta trasmetteva alla CUC istanza di accesso, anche in via informale, a tutti gli atti di gara, cui seguiva riscontro positivo.

Cionondimento, verificata la congruità dell’offerta del Consorzio Alfa ed il possesso dei requisiti di partecipazione, la gara veniva aggiudicata nei suoi confronti e, in data 12 aprile 2018, veniva stipularo il relativo contratto.

La seconda classificata, in un momento successico alla suddetta concluzione del contratto, presentava alla CUC una ulteriore “richiesta di accesso”, con cui, precisato di non aver avuto notizia degli esiti della procedura di gara, richiedeva notizie in merito.

L’Ente, dal canto suo, si rendeva disponibile a consentire l’accesso ai documenti in suo possesso, affermando, però, che “gli atti relativi all’aggiudicazione del Lotto 1 e conseguenti ad essa” fossero di competenza del RUP (Responsabile Unico del Procedimento) con il quale dovevano, quindi, essere concordate le modalità di accesso. 

L’accesso, comunque, veniva concretamente e proficuamente esercitato dalla Società solo il 29 maggio 2018.

In data 19 giugno 2018, la Società Beta proponeva ricorso al TAR Venezia per ottenere l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva del 18 gennaio 2018.

Con sentenza n. 1056 dell’11 novembre 2018 il Tribunale rigettava il ricorso, dichiarandone l’irricevibilità per tardività del ricorso principale e, per l’effetto, dell’improcedibilità del ricorso incidentale presentato dal Consorzio Alfa, aggiudicatario controinteressato.

Avverso tale sentenza, la Società Beta ha proposto appello dinnanzi al Consiglio di Stato.

2. L’art. 76, comma 5, D.Lgs. n° 50/2016 ed il cd. stand still.

Il dato normativo che rileva in questa sede è rappresentato dall’art. 76, comma 5 del D.Lgs. n. 50/2016, che stabilisce: “5. Le stazioni appaltanti comunicano d'ufficio immediatamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni: a) l'aggiudicazione, all'aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un'offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l'esclusione o sono in termini per presentare impugnazione, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva (…)”.

Il termine di 5 giorni di cui alla predetta disposizione si innesta in quel disegno del legislatore finalizzato a concludere il più rapidamente possibile la fase successiva rispetto all’aggiudicazione definitiva ed antecedente alla definitiva stipulazione del contratto con l’aggiudicataria.

Tale termine deve essere osservato dalla stazione appaltante per poter garantire l’immediato inizio del periodo di stand still previsto dall’art. 32, comma 9 del D. Lgs. n. 50/2016, secondo cui “il contratto non può comunque essere stipulato prima di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione”.

Pertanto, lo stringente periodo di 5 giorni entro cui effettuare la comunicazione dell’aggiudicazione agli offerenti citati è solamente funzionale a far decorrere con immediatezza i successivi 35 giorni di stand still; di conseguenza, la sua inosservanza non può costituire vizio proprio del provvedimento di aggiudicazione qualora la stazione appaltante abbia stipulato il contratto con l’aggiudicataria comunque al termine dei 35 giorni dall’ultima comunicazione dell’aggiudicazione.

A questo punto, sembra opportuno effettuare brevi cenni all’istituto dello stand still.

Tale regola, finalizzata ad impedire la stipula del contratto in caso di contestazione della legittimità degli atti della procedura di aggiudicazione, è espressione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, “tendendo l'ordinamento a evitare il consolidamento delle conseguenze di atti la cui legittimità è dubbia poiché oggetto di contestazione e, così, a garantire l'efficacia della tutela in forma specifica”[1].

La ratio sottesa allo stand still è, dunque, quella di garantire la certezza dei rapporti giuridici in gioco, evitando la stipulazione del contratto con l’aggiudicataria fintantoché non siano spirati i termini per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva.

Tutto ciò al fine di scongiurare che la stazione appaltante stipuli un contratto con l’aggiudicataria fondato su un provvedimento la cui legittimità possa essere messa ancora in discussione.

Così facendo, il provvedimento di aggiudicazione si consolida ipso iure una volta decorsi 35 giorni dall’ultima delle comunicazioni ex art. 76, comma 5, D.Lgs. n. 50/2016 e la stazione appaltante, a questo punto, può stipulare il contratto con l’aggiudicataria sulla base di un atto legittimo ed inoppugnabile.

Tornando all’analisi del comma 5 dell’art. 76 del Codice dei Contratti Pubblici, si osserva che il menzionato termine di 5 giorni non è considerato perentorio, bensì ordinatorio, la cui inosservanza non può incidere sulla legittimità della procedura di gara.

La natura non perentoria dell’anzidetto termine è evidente alla luce di una recente sentenza[2] che rende chiaro il fatto che la comunicazione “tardiva” dell’aggiudicazione (avvenuta, in quella fattispecie, dopo ben 9 giorni dall’emanazione del provvedimento) è priva di qualsivoglia effetto lesivo, purché - come visto in precedenza - la stazione appaltante garantisca il rispetto del periodo di stand still.

L’inosservanza, invece, di tale ultimo periodo può essere motivo di censura dell’azione amministrativa; tuttavia, la sua violazione non può costituire vizio autonomo dell’aggiudicazione.

In buona sostanza, l’operatore economico che si consideri leso dall’inosservanza del periodo di stand still non potrà incentrare il ricorso solo su tale vizio ma dovrà censurare anche la presenza di vizi propri dell’aggiudicazione.

Su tale punto, la giurisprudenza del TAR e del Consiglio di Stato è stata costante nel ritenere che: "la violazione della clausola di stand still, in sé considerata, non comporta l'annullamento dell'aggiudicazione o l'inefficacia o invalidità del contratto, potendo rilevare ai fini della valutazione delle responsabilità, anche risarcitorie, solo nel caso in cui l'aggiudicazione sia illegittima per vizi propri" [3].

3. La “piena conoscenza” della lesività del provvedimento di aggiudicazione.

La precedente disciplina degli appalti, più precisamente l’art. 79, comma 5 bis, D.Lgs. n. 163/2006, recitava: “la comunicazione è accompagnata dal provvedimento e dalla relativa motivazione contenente almeno gli elementi di cui al comma 2, lettera c), e fatta salva l'applicazione del comma 4; l'onere può essere assolto nei casi di cui al comma 5, lettere a), b), e b-bis), mediante l'invio dei verbali di gara, e, nel caso di cui al comma 5, lettera b-ter), mediante richiamo alla motivazione relativa al provvedimento di aggiudicazione definitiva, se già inviata”.

La disposizione onerava la stazione appaltante di comunicare agli offerenti non solo il “contenuto dispositivo” dell’aggiudicazione ma (“almeno” anche) “le caratteristiche e i vantaggi dell'offerta selezionata e il nome dell'offerente cui è stato aggiudicato il contratto o delle parti dell'accordo quadro”.

La mancata indicazione delle predette caratteristiche nella comunicazione di aggiudicazione non incideva sulla legittimità della procedura di gara in sé ma solo sul dies a quo dal quale far decorrere il termine per l’impugnazione del provvedimento.

A tal proposito, la giurisprudenza amministrativa si è così pronunciata: “come più volte ribadito in giurisprudenza, una difettosa informazione o mancata completa indicazione di tutti gli elementi stabiliti dall'art. 79 del d. lgs n. 163/2006 attiene ai profili squisitamente processuali della vicenda nel senso che impedisce unicamente la formazione della piena conoscenza ai fini della tempestiva impugnazione degli atti ritenuti lesivi, dilatando i tempi per il gravame, ma non va ad intaccare la validità degli atti di aggiudicazione [4].

Pertanto, “ai sensi del combinato disposto dei commi 5 e 5 bis dell'articolo 79 del decreto legislativo n. 163 del 2006, il termine per l'impugnativa avverso l'aggiudicazione non decorre dalla comunicazione dell'avvenuta aggiudicazione di cui al comma 5, lettera a), bensì dal momento in cui (ai sensi del successivo comma 5 bis) la stazione appaltante comunica in modo pieno la motivazione dell'aggiudicazione e, in particolare, gli elementi di cui al comma 2, lettera c)[5].

Il procedimento di comunicazione, così come era disciplinato, assicurava ai partecipanti la possibilità di avere immediata contezza della legittimità, o meno, dell’aggiudicazione, e ciò in virtù della motivazione acclusa alla comunicazione stessa.

Tale sistema, tuttavia, comportava un “ingorgo” giudiziario poiché l’operatore economico che, una volta letto il provvedimento di aggiudicazione con relativa e scarna motivazione, riteneva di essere stato leso era tenuto a proporre, nel termine di 30 giorni (ex art. 120, comma 5, c.p.a.) dalla succitata comunicazione, un ricorso avverso il solo atto di aggiudicazione.

Al fine di comprendere se, oltre a tale atto, sussistessero verbali di gara o altri atti amministrativi della procedura illegittimi, l’operatore economico aveva due strade: proporre istanza di accesso agli atti alla stazione appaltante o proporre in giudizio un’istanza istruttoria ai sensi dell’art. 65 c.p.a.

Entrambe le soluzioni comportavano l’esaurimento del termine di 30 giorni e l’obbligo per l’offerente presuntamente leso di proporre ricorso “al buio”, poiché il ricorrente avrebbe potuto valutare di proporre motivi aggiunti avverso gli atti esibiti dall’Ente solo a seguito di riscontro positivo della stazione appaltante o di adempimento istruttorio giudiziale da parte della medesima stazione appaltante. 

Occorre qui segnalare che, nel caso di proposizione dell’istanza di accesso, accadeva raramente che la stazione appaltante riscontrasse in maniera positiva l’istanza entro 30 giorni dalla comunicazione di aggiudicazione, e ciò perché l’operatore economico non trasmetteva l’istanza il giorno stesso in cui riceveva la comunicazione dell’aggiudicazione; pertanto, si creava questo sfasamento temporale tra il termine di proposizione del ricorso (30 giorni dalla comunicazione) e quello (30 giorni dal deposito dell’istanza) entro cui la stazione appaltante avrebbe dovuto riscontrare l’istanza di accesso.

Tale sfasamento “agevolava” la proposizione di ricorsi “al buio” e di successivi motivi aggiunti.

Non va neanche trascurato, sempre con riferimento all’istanza di accesso, che la stazione appaltante poteva anche fornire un riscontro negativo all’istanza di accesso. In tal caso, l’offerente avrebbe anche dovuto proporre ricorso avverso il diniego dell’accesso, con ulteriore dilatazione dei tempi di definizione del giudizio afferente al provvedimento di aggiudicazione.

Con l’avvento del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, il contenuto dell’art. 79, D.Lgs. n. 163/2006 è stato completamente trasposto nell’art. 76 del D.Lgs. n. 50/2016, tranne nella parte che prevedeva l'onere per la stazione appaltante di indicare le motivazioni di cui al comma 2, lettera c, dell’art. 79, D.Lgs. n. 163/2006.

La giurisprudenza, negli ultimi anni, ha sviscerato molteplici vicende afferenti al momento iniziale dal quale far decorrere il termine di 30 giorni per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, delineando un ondivago concetto di “piena conoscenza” dell’atto lesivo.

Una questione oggetto di contrasti è stata sicuramente quella, in parte già richiamata, della capacità dell’istanza d’accesso agli atti di sospendere il predetto termine di 30 giorni.

Parte della giurisprudenza, divenuta - nel tempo – minoritaria (ma ancora esistente), ha ritenuto che la presentazione dell’istanza di accesso agli atti non influenza il decorso del termine di 30 giorni quando sia possibile rinvenire dal provvedimento di aggiudicazione comunicato gli elementi essenziali, il suo contenuto dispositivo e la sua portata lesiva rispetto agli interessi del ricorrente, senza la necessità che quest’ultimo acquisisca tutti gli atti relativi alla procedura di gara ed il contenuto integrale della determinazione conclusiva, “salva la facoltà di proporre motivi aggiunti ove l'accesso agli atti abbia consentito di acquisire conoscenza di ulteriori profili d'illegittimità dell'atto impugnato[6].

Quest’orientamento pone le sue fondamenta sull’art. 79 del D.Lgs. n. 50/2016, ove, a differenza del nuovo art. 76 del D.Lgs. n. 50/2016, la comunicazione del provvedimento di aggiudicazione non era munita del solo contenuto dispositivo ma anche di una motivazione “basica”, dalla quale poteva evincersi prima facie la sussistenza di vizi di legittimità dell’atto.

Come già scritto in precedenza, l’attuale art. 76 ha previsto la mera trasmissione dell’esito della gara; di conseguenza, nell’operatore economico non aggiudicatario non può formarsi neanche la minima percezione della bontà, o meno, dell’azione amministrativa.

Tale osservazione è stata colta più volte dal Consiglio di Stato che, partendo dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea (sentenza 08.05.2014, in C-161/13, Idrodinamica Spurgo), ha considerato l’istanza di accesso agli atti produttiva di effetti sospensivi del termine di decorrenza del ricorso poiché, in caso contrario, l’operatore non aggiudicatario sarebbe stato costretto a proporre ricorso “al buio”.

La decisione dei Giudici di Palazzo Spada è stata la seguente: “Il termine di impugnativa va, infatti, differito al momento dell'accesso nel caso in cui la presunta violazione non fosse percepibile, nei suoi elementi essenziali, dal contenuto della dichiarazione e sia resa palese solo a seguito dell'esperito accesso agli atti [...]La decorrenza del termine è, dunque, spostata al momento in cui sia stato consentito l'accesso agli atti di gara, ma solo nel caso in cui tale circostanza costringerebbe ad un ricorso "al buio[7].

Un’altra domanda che ci si è posti è quella di riconoscere valore sostitutivo della comunicazione ex art. 76, D.Lgs. n. 50/2016 alla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione sull’albo pretorio.

Su questo aspetto la giurisprudenza ha avuto varie esitazioni; parte di questa ha riconosciuto che la semplice pubblicazione della deliberazione di aggiudicazione sull’albo pretorio non esime la stazione appaltante dal notificare la comunicazione del provvedimento agli operatori economici: “come chiarito recentemente dalla giurisprudenza [...] sulla questione deve innanzitutto ribadirsi l'orientamento della Sezione [...] secondo cui nelle gare pubbliche la pubblicazione della delibera di aggiudicazione all'albo pretorio di per sé sola non è idonea, nel sistema previsto dall'art. 79, comma 5, d.lg. 12 aprile 2006, n. 163 a determinare la decorrenza del termine d'impugnazione, se ad essa non si accompagna la comunicazione dell'aggiudicazione definitiva a tutti gli interessati secondo la regola di cui al successivo comma 5-bis, facendo decorrere così il termine d'impugnazione di trenta giorni ex art. 120, comma 5, c.p.a. Tale regola generale, che si basa sull'espressa previsione normativa di cui al citato art. 120, comma 5, c.p.a. che fa riferimento alla "ricezione della comunicazione di cui all'articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163" è evidentemente ancora attuale nel sistema del nuovo Codice degli Appalti Pubblici, atteso che il nuovo contenuto dell'art. 76, comma 5, è del tutto sovrapponibile a quello dell'art. 79 citato, confermandosi così l'impianto di fondo del sistema di impugnazione degli atti delle procedure di gare pubbliche per la conclusione dei contratti d'appalto[8].

Altra parte della giurisprudenza affida la conoscenza dell’aggiudicazione e la decorrenza del termine di 30 giorni, in mancanza della comunicazione della stazione appaltante, alla pubblicazione del provvedimento sull’albo pretorio[9] .

Preme anche rilevare che il difetto di comunicazione ai sensi dell’art. 76, D.Lgs. n. 50/2016, secondo altra parte di giurisprudenza, non giustifica sempre la proposizione tardiva di un ricorso.

Ed infatti, qualora sia provato che l’operatore economico ricorrente fosse stato, di fatto, a conoscenza dei provvedimenti lesivi da più di 30 giorni anche senza aver ricevuto alcuna comunicazione, il ricorso è considerato irricevibile per tardività.

Così si è espresso recentemente il Consiglio di Stato: “per comune intendimento, anche indipendentemente dal formale inoltro della comunicazione di cui all'art. 76 d. lgs. n. 50/2016, la piena acquisizione, de facto, di tutti gli elementi essenziali della aggiudicazione (id est, del suo concreto contenuto dispositivo e della sua effettiva lesività, anche indipendentemente dalla acquisizione di tutti gli atti del procedimento) è idonea a far decorrere il termine (dimidiato a trenta giorni, ai sensi dell'art. 120 c.p.a.) per l'impugnazione[10].

Da quanto appena rilevato, emerge la necessità di un intervento chiarificatore dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sulle diverse vicende che interessano il concetto di “piena conoscenza” e, di conseguenza, sul dies a quo, anche se la sentenza in commento ha avuto il merito di formulare un quadro senz'altro più chiaro della situazione.

4. La decisione del Consiglio di Stato.

Per qua più interessa ai fini del presente contributo, il Consiglio di Stato ha accolto il motivo di appello che contestava l’erroneità della sentenza del TAR nella parte in cui aveva dichiarato l’irricevibilità del ricorso poiché notificato oltre i 30 giorni previsti dall’art. 120, comma 1, c.p.a.

Secondo l’appellante il TAR aveva errato nel reputare che il dies a quo decorresse dal giorno in cui (il 12 maggio 2018) il Comune di Nogara aveva solamente informato la Società Beta della possibilità di effettuare l’accesso agli atti. Tale nota informativa, secondo l’appellante, non possedeva i crismi della comunicazione ex art. 76, D.Lgs. n. 50/2016; peraltro, era stata indirizzata non tramite PEC e ad un soggetto “terzo” rispetto alla Società.

Lo stesso TAR, peraltro, aveva desunto la conoscenza dell’aggiudicazione dalla circostanza che la Società Beta, in qualità di gestore uscente, aveva interrotto il rapporto di lavoro con i suoi autisti e dismesso gli automezzi nel dicembre 2018 a seguito della risposta (secondo sempre il Tribunale) 12 maggio 2018.

L’appellante riteneva che il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorresse, invece, dal giorno in cui aveva effettuato all’accesso agli atti di gara.

Di contro, il Consorzio Alfa, con il primo motivo di appello incidentale, aveva ritenuto bastevole la pubblicazione dell’aggiudicazione sull’albo pretorio e che, a seguito dell’abrogazione del D.Lgs. n. 163/2006, la stazione appaltante non è più tenuta a comunicare l’aggiudicazione, se non su espresso sollecito dell’operatore economico interessato.

Il Giudice di secondo grado parte dal dato normativo dell’art. 120 c.p.a. che, non aggiornato rispetto all’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, dispone che “devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti dalla comunicazione di cui all’art. 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”.

Tale mancato aggiornamento, peraltro, non comporta alcun “vizio” della normativa processuale, poiché l’art. 79 del D.Lgs. n 50/2016 è, nella sua parte essenziale, stato trasposto nell’art. 76 del D.Lgs. n. 50/2016.

L’art. 76 citato riconosce due diverse modalità di comunicazione dell’aggiudicazione ai concorrenti:

  • al comma 2, su istanza di parte formulata per iscritto, l’amministrazione aggiudicatrice comunica “immediatamente e comunque entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o delle parti dell’accordo quadro”;
  • al comma 5, d’ufficio, “immediatamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni” la stazione appaltante comunica l’aggiudicazione all’aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l’esclusione o sono in termini per presentare l’impugnazione, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva.

Come già evidenziato, la stazione appaltante non è più obbligata ad inserire nella comunicazione dell’aggiudicazione motivazioni della scelta né, tantomeno, verbali di gara.

Per il Consiglio di Stato, dalla trasposizione quasi completa dell’art. 79 del D.Lgs. n. 163/2006 nell’art. 76 del D.Lgs. n. 50/2016 discende la possibilità di applicare gli orientamenti giurisprudenziali sviluppatisi nel tempo e che vengono così riassunti e sistematizzati in questa pronuncia:

a) qualora la comunicazione dell'aggiudicazione non specifichi i motivi della preferenza dell'offerta dell'aggiudicataria (o non sia accompagnata dall'allegazione dei verbali di gara), e comunque, in ogni caso in cui si renda indispensabile conoscere gli elementi tecnici dell'offerta dell'aggiudicatario per aver chiare le ragioni di preferenza, l’impresa concorrente può richiedere di accedere agli atti della procedura;

b) sulla scorta della pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione europea prima richiamata (causa C-161/13, Idrodinamica Spurgo, secondo cui “ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione di appalti pubblici possono essere garantiti soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni”), il termine di trenta giorni per l'impugnativa del provvedimento di aggiudicazione non decorre sempre dal momento della comunicazione ma può essere incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall'aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di illegittimità ove questi non siano oggettivamente evincibili dalla richiamata comunicazione;

c) il termine di 30 giorni per l’impugnativa, qualora dalla comunicazione non emerga il contenuto del dispositivo, può essere differito di 15 giorni per permettere all’operatore economico post-graduato di effettuare istanza di accesso agli atti;

d) nel caso in cui la stazione appaltante, a seguito di tempestiva istanza di accesso da parte dell’operatore economico, rifiuti illegittimamente l’accesso o ponga in essere atteggiamenti dilatori che non permettono la conoscenza degli atti richiesti, il termine per l’impugnazione di tali atti è sospeso fintantoché l’istante non veda soddisfatta la propria legittima richiesta;

e) la comunicazione di cui all’art. 76, comma 5 non può essere sostituita dalla semplice pubblicazione sull’Albo pretorio;

f) in ogni caso, ai fini della decorrenza del termine per impugnare, prevale l’art. 41, comma 2 c.p.a. poiché, a prescindere dall’osservanza dell’art. 76, comma 5, il termine di 30 giorni per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla piena conoscenza del dispositivo e della sua effettiva lesività.

Calando tali considerazioni nel caso concreto, il Consiglio di Stato ha, quindi, ritenuto tempestivo il ricorso proposto dalla Società Beta poiché, costituendo fatto pacifico che nessuna comunicazione ex art. 76, comma 5, D.Lgs. n. 50/2016 fosse stata trasmessa all’appellante, la mera pubblicazione dell’aggiudicazione nell’albo pretorio, sul sito del committente e sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, non valgono a far presumere la conoscenza del provvedimento in capo all’operatore economico.

Circa le argomentazioni del Giudice di primo grado, che riteneva dover far desumere la “piena conoscenza” dell’aggiudicazione dalla nota del Comune di Nogara del 12 maggio 2018, il Consiglio di Stato ha precisato che il termine di impugnazione decorre dall’intervenuta “piena conoscenza” di cui all’art. 41, comma 2, c.p.a. solo se l’interessato sia in grado di percepire i profili di lesività per la propria sfera giuridica dell’atto amministrativo. Nel caso delle aggiudicazioni di gare d’appalto vuol dire che il concorrente deve aver acquisito piena contezza del nominativo dell’aggiudicatario e del carattere definitivo dell’aggiudicazione.

Il fatto che la Società abbia interrotto i rapporti di lavoro con gli autisti e dismesso gli automezzi poteva solo significare che questa aveva conoscenza della scadenza del contratto stipulato in qualità di precedente gestore dell’attività, ma non anche che avesse avuto contezza della definizione della nuova procedura di gara.

E neppure le risposte della CUC e del Comune di Nogara, che dichiaravano la sola disponibilità degli atti richiesti, servono a far desumere l’effettiva conoscenza del provvedimento di aggiudicazione.

Infine, ha affermato il Consiglio di Stato, non è giuridicamente contestabile il fatto che la richiesta di accedere agli atti di gara della ricorrente è giunta mesi dopo il periodo in cui la procedura di gara si stesse avviando a presumibile conclusione (le operazioni di verifica della congruità delle offerte erano iniziate a dicembre 2017 con la richiesta di chiarimenti, mentre la richiesta di accesso è di aprile 2018). Su questo punto, il TAR adito aveva dubitato della diligenza della ricorrente parlando di “risveglio” dall’inerzia “stranamente circa una settimana dopo la stipula del contratto di appalto”.

I Giudici di Palazzo Spada, su questo aspetto, hanno ricordato che la giurisprudenza amministrativa e lo stesso legislatore, imponendo la comunicazione dell’aggiudicazione anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 76, comma 5 del D.Lgs. n. 50/2016, riconoscono che l’accesso ai documenti sia proposto sempre in una fase successiva a quella della ricezione della comunicazione dell’aggiudicazione.

5. Conclusioni.

La sentenza in commento, innanzitutto, ha cercato di fare chiarezza sul concetto di “piena conoscenza” del provvedimento di aggiudicazione e sul dies a quo dal quale far decorrere i termini per impugnarlo.

Tuttavia, è evidente che esistono ancora orientamenti discordanti che rendono sempre più aleatoria la decisione sulla tempestività, o meno, dei ricorsi.

Non può che essere ribadita, in definitiva, la necessità di un intervento chiarificatore dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sul concetto di “piena conoscenza” e sul dies a quo in relazione alla materie oggetto del presente contributo.

 


Note e riferimenti bibliografici

 

[1] T.A.R. Campania - Napoli, Sez. IV, 07 giugno 2018, n. 3809; Corte Costituzionale, n. 22 dell’11 febbraio 2016; TAR Toscana - Firenze, Sez. I, 12 giugno 2012, n. 1146; TAR Lazio - Roma, Sez. III ter, 11 aprile 2011, n. 3169.

[2] T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. III, 03 settembre 2019, n. 1452.

[3] T.A.R. Lazio - Roma, Sez. III, 15 maggio 2019, n. 6020; Consiglio di Stato, Sez. III, 17 giugno 2019, n. 4087; TAR Umbria - Perugia, Sez. I, 02 agosto 2014, n. 427.

 [4] T.A.R. Valle d’Aosta – Aosta, Sez. I, 11 novembre 2019, n. 53.

[5] Consiglio di Stato, Sez. V, 13 febbraio 2017, n. 592.

 [6] T.A.R. Veneto - Venezia, Sez. II, 15 luglio 2019, n. 836.

[7] Consiglio di Stato, Sez. V, 24 gennaio 2020, n. 603; Consiglio di Stato, Sez. V, 28 ottobre 2019, n. 7384; Consiglio di Stato, Sez. V, 02 settembre 2019, n. 6064.

[8] Consiglio di Stato, Sez. V, 25 luglio 2019, n. 5257.

[9] T.A.R. Campania - Napoli, Sez. I, 13 giugno 2019, n. 3225.

[10] Consiglio di Stato, Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5813.