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Pubbl. Gio, 11 Giu 2015
Sottoposto a PEER REVIEW

Irresponsabilità per illeciti penali tributari: il difficile equilibrio tra vuoti normativi e scelte politico criminali

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Valeria Lucia


In tema di confisca per equivalente del profitto per commessi reati tributari da parte di un soggetto apicale, l’art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007 non consente l’applicazione dell’istituto della confisca per equivalente in relazione ai reati tributari nei confronti della persona giuridica. La questione problematica.


Il nostro Legislatore con il dlgs. n. 231 del 2001, ha riconosciuto l'esistenza nel nostro ordinamento della responsabilità degli enti per i fatti commessi dai soggetti in essi operanti, così smentendo l'ormai anacronistico principio per cui ‘societas delinquere non potest’. A fronte di una tale scelta, tralasciando le mai sopite questioni giuridiche sulla natura di una tale responsabilità, il Legislatore ha articolato un sistema diversificato di sanzioni a carico dell’ente, qualora lo stesso risulti responsabile secondo quanto previsto dal dlgs. n. 231 del 2001. Tali sanzioni sono previste e disciplinate dagli artt. 9 e ss. del citato decreto; esse sono di varia natura, a seconda del grado di responsabilità dell’ente: sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, pubblicazione della sentenza di condanna e la misura reale della confisca, quale sanzione autonoma, principale e sempre obbligatoria nel caso di condanna dell’ente. Pertanto ne consegue che, in tal caso, la confisca non segue ad una valutazione di pericolosità della cosa, ma, una volta dimostrata la responsabilità dell’ente, il profitto o il prezzo del reato saranno automaticamente oggetto di apprensione.

Non sempre però è così agevole intervenire attraverso la confisca ordinaria, per questo è stato previsto l'istituto della confisca per equivalente, il quale rappresenta un efficace strumento a disposizione dell’organo giudicante ogniqualvolta non sia possibile la diretta apprensione del profitto o del prezzo del reato, avendo diversamente ad oggetto beni o altre utilità di valore equivalente. La ratio sottesa all’istituto è quella di evitare che il soggetto collettivo riesca comunque a godere dei proventi del reato ormai non più aggredibili con la confisca ordinaria.

In ragione del principio solidaristico, nei casi di concorso nel reato, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente può interessare indifferentemente ognuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto, in ragione della natura prettamente sanzionatoria della confisca per equivalente. Per tale motivo, la misura può riguardare, oltre che l’ente, anche ciascun concorrente del reato presupposto che ha dato origine alla responsabilità dell’ente.

Ciò premesso, dottrina e giurisprudenza si sono chiesti se, a contrario, nel caso in cui gli organi amministrativi dell’ente commettano a beneficio dello stesso reati per cui non è prevista la responsabilità dell’ente, possa comunque avere luogo la confisca per equivalente nei confronti dell’ente medesimo. In particolare, la questione giuridica è stata ripetutamente affrontata in relazione alla perpetrazione di reati tributari.

L’art. 1, comma 43 della legge n. 244 del 2007 prevede l’applicazione, per la commissione di determinati reati tributari, dell’art. 322-ter c.p., il quale disciplina l’applicazione degli istituti della confisca obbligatoria e per equivalente nell’ambito dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Avendo la giurisprudenza qualificato la confisca per equivalente come vera e propria sanzione penale, soprattutto in ragione dell’assenza di pertinenzialità della cosa confiscata al reato, ha concluso per la inapplicabilità retroattiva dell’art.1, comma 43 della legge n. 244 del 2007, coerentemente con quanto stabilito dagli artt. 25 Cost. e 2, comma 1 c.p.

Il punctum dolens della questione è il disallineamento tra il soggetto che commette il reato e quello in capo al quale maturano i vantaggi economici, venendo il reato tributario commesso dalla persona fisica ma ad esclusivo vantaggio della persona giuridica di riferimento. A quest’ultimo non sarà applicabile la sanzione, mancando una norma che preveda la possibilità di colpire il patrimonio del fruitore dell’evasione fiscale in quanto estraneo al reato. In ipotesi del genere non potrà avere luogo la confisca per equivalente, poiché gli artt. 24 e ss. del dlgs. n. 231 del 2001 non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del provvedimento, con esclusione della sola ipotesi in cui l’ente rappresenti un mero apparato fittizio utilizzato dal reo esclusivamente per commettere gli illeciti.

Ben consapevoli dell’importanza delle scelte di politiche d’impresa cui conseguono vantaggi indebiti soprattutto per l’ente attraverso determinanti adempimenti tributari, è evidente la sostanziale irragionevolezza di una scelta politico-criminale nel senso di escludere la confisca per equivalente nei confronti dell’ente-contribuente, che, producendo ricchezze significative, rappresenta il soggetto principale del rapporto tributario, in favore di un approccio riduttivo, il quale prospetta la esclusiva punibilità dell’autore-persona fisica.

Proprio in ragione delle appena esposte considerazioni, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 28731 del 7 giugno 2011, ha affermato la sequestrabilità, prodromica alla confisca per equivalente, dei beni intestati alla società beneficiaria del reato tributario, poiché è in capo a quest’ultima che si verificano le conseguenze patrimoniali dell’illecito, in ragione del rapporto organico che lega la persona fisica all’ente, senza bisogno di una espressa previsione di responsabilità dell’ente ai sensi del dlgs. n. 231 del 2001.

Nonostante la condivisibile linea di pensiero politico-criminale espressa dalla Corte di Cassazione con la citata pronuncia, la stessa non può dirsi coerente con i principi generali del diritto penale, soprattutto sotto il profilo della tassatività e del conseguente divieto di analogia in malam partem. Conseguenza della natura penale della misura reale della confisca per equivalente è la assoluta inapplicabilità dell’istituto a soggetti diversi dal reo, per cui le ricadute ablative del provvedimento non possono ricadere su un soggetto estraneo al reato.  Nonostante la esclusione della necessità di un rapporto di pertinenzialità tra il profitto ed il reato che lo ha generato, la giurisprudenza richiede però espressamente la dimostrazione di una relazione tra i beni oggetto di ablazione e la persona del reo. La relazione deve generare una situazione di ‘disponibilità personale’ del bene da assoggettare a confisca, non potendo pertanto rientrare in tale concetto la gestione dei beni dell’ente in veste di amministratore.

Tali considerazioni, oltre che in ragione del richiamato principio di tassatività e di divieto di analogia in malam partem, sono state suffragate e consolidate dalla giurisprudenza di legittimità sempre in ossequio al principio di legalità, con la sentenza n. 25774 del 2012, secondo cui l’art.1, comma 43 della legge n. 244 del 2007 non può costituire una base autonoma e sufficiente a giustificare l’applicazione della confisca in relazione ai reati tributari nei confronti delle persone giuridiche, in mancanza di una espressa previsione legislativa della responsabilità dell’ente per illeciti penali tributari.

In conclusione, alla luce dell’attuale normativa e degli orientamenti giurisprudenziali richiamati, non appare assolutamente convincente ed incisiva la scelta del Legislatore di non prevedere expressis verbis la confisca per equivalente ai danni dell’ente, per i reati tributari commessi dall’amministratore. Oltre che inefficace, un tale assetto normativo appare per certi versi anche foriero di possbili disparità di trattamento tra gli enti stessi, a seconda che gli stessi rappresentino una emanazione meramente strumentale degli autori del reato-persone fisiche, quale schermo artificioso al cui riparo agire indisturbati, ovvero siano enti di dimensioni rilevanti, rispetto ai quali il contributo delle persone fisiche non può mutarne a tal punto la natura; in tal senso, per queste ultime, potrebbe parlarsi di una vera e propria impunità fiscale rispetto alle prime.