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Pubbl. Lun, 23 Dic 2019

Il nuovo concordato preventivo dopo il Codice della crisi dŽimpresa e dellŽinsolvenza

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Gabriele Alessandro


Il codice della crisi dŽimpresa e dellŽinsolvenza, introdotto con il d.lgs. n. 14 del 12.01.2019, ha riformato sotto diversi interessanti aspetti lŽistituto del concordato preventivo, originariamente previsto agli artt. 160 - 186 dalla Legge Fallimentare.


Sommario: 1. Inquadramento di sistema; 2. Le finalità del concordato preventivo con il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza; 3. I requisiti di accesso alla procedura di concordato.

1. Inquadramento di sistema

L'istituto del concordato preventivo1, in origine introdotto nel sistema con gli artt. 160-186-bis della Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267), è una procedura azionabile dall'imprenditore commerciale che si trova in stato di difficoltà economica e, nel caso in cui superi anche uno soltanto dei limiti dimensionali previsti a norma dell'art. 1, 2° comma, l. fall., può evitare che la crisi in cui si trova sfoci nel fallimento incappando in conseguenze inevitabilmente più drastiche.

Esso è stato oggetto nel corso del tempo di innumerevoli interventi riformatori: dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in Legge 14 maggio 2005, n. 80, passando per il d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169 e il successivo intermezzo del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in l. 7 agosto 2012, n. 134.

Proprio perché il concordato preventivo serve ad evitare di imbattersi nel fallimento, permettendo all'imprenditore insolvente di evitare le conseguenze patrimoniali, personali e penali che dallo stesso possono scaturire, esso si differenzia nettamente dal concordato fallimentare.

Certa dottrina, ha posto l'accento su due elementi imprescindibili che governano questa procedura alla luce della stratificazione normativa che è intervenuta: da un lato, l'accordo intercorrente tra la maggioranza dei creditori e il debitore, tale da connotare in termini privatistici la vicenda in esame; dall'altro lato, invece, la progressiva riduzione, ma non la totale eliminazione, degli spazi di intervento assegnati agli organi della procedura2.

Pur tuttavia, il quadro di riferimento in merito presentava segni di difficoltà legati soprattutto al difficile coordinamento di aspetti giuridici ed economici allo stesso tempo, nonché alla necessità sempre più forte di fronteggiare le domande di concordato "abusive", che venivano attivate in maniera dilatoria mascherando, per certi versi, il requisito della "continuità aziendale".
Così facendo, al fine di fronteggiare le predette criticità applicative e dare una veste sistematica alla disciplina in esame, è intervenuto il "Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza" con il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14. Tale innesto legislativo, che in massima parte troverà compiuta applicazione a partire dal 2020, prima di tutto, si caratterizza per avere cancellato dalla normativa delle procedure concorsuali la locuzione "fallimento", incentrando le proprie "energie" sul concetto di "continuità aziendale".

2. Le finalità e gli altri aspetti innovativi del concordato preventivo con il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

La disciplina del concordato preventivo così come riformato agli inizi del 2019 è contenuta nel Capo III del d.lgs. 14/2019 (artt. 84-120). In particolare, le finalità che si prefigge di raggiungere sono enucleate nella disposizione normativa di apertura: a mente dell'art. 84, 1° comma è previsto espressamente che "Con il concordato preventivo il debitore realizza il soddisfacimento dei creditori mediante la continuità aziendale o la liquidazione del patrimonio".

L'incipit della norma della disciplina concordataria prevista dal Codice chiaramente pone in risalto complementari aspetti: da un lato, infatti, tutela l'interesse dei creditori come fine primario; dall'altro lato, offre la possibilità di mantenere debitamente distinti il "concordato liquidatorio" dal "concordato con continuità aziendale" 3.

Proseguendo nell'esegesi della disposizione in commento, sembrerebbe inizialmente che il concordato in continuità aziendale e il concordato liquidatorio siano posti su un piano paritetico, seppure l'uno alternativo all'altro.

A ben vedere, però, ad un attento esame della norma, appare evidente l'atteggiamento di favor del legislatore per il concordato con continuità aziendale poiché, non soltanto appare la soluzione giuridica più idonea a garantire il miglioramento complessivo dell'azienda in crisi, ma anche dell'ottica più sistematica della tutela dei posti di lavoro di quanti operano all'interno dell'organizzazione aziendale, ponendo, altresì, contemporaneamente, una garanzia maggiore per la tutela dei creditori.

Inoltre, testualmente, l'art. 84 del d.lgs. 14/2019 prevede che: "2. La continuità può essere diretta, in capo all’imprenditore che ha presentato la domanda di concordato, ovvero indiretta, in caso sia prevista la gestione dell’azienda in esercizio o la ripresa dell’attività da parte di soggetto diverso dal debitore in forza di cessione, usufrutto, affitto, stipulato anche anteriormente, purchè in funzione della presentazione del ricorso, conferimento dell’azienda in una o piu’ società, anche di nuova costituzione, o a qualunque altro titolo, ed è previsto dal contratto o dal titolo il mantenimento o la riassunzione di un numero di lavoratori pari ad almeno la metà della media di quelli in forza nei due esercizi antecedenti il deposito del ricorso, per un anno dall’omologazione. In caso di continuità diretta il piano prevede che l’attività d’impresa è funzionale ad assicurare il ripristino dell’equilibrio economico finanziario nell’interesse prioritario dei creditori, oltre che dell’imprenditore e dei soci. In caso di continuità indiretta la disposizione di cui al periodo che precede, in quanto compatibile, si applica anche con riferimento all’attività aziendale proseguita dal soggetto diverso dal debitore.

3. Nel concordato in continuità aziendale i creditori vengono soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta, ivi compresa la cessione del magazzino. La prevalenza si considera sempre sussistente quando i ricavi attesi dalla continuità per i primi due anni di attuazione del piano derivano da un’attività d’impresa alla quale sono addetti almeno la metà della media di quelli in forza nei due esercizi antecedenti il momento del deposito del ricorso. A ciascun creditore deve essere assicurata un’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile. Tale utilità può anche essere rappresentata dalla prosecuzione o rinnovazione di rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa.

4. Nel concordato liquidatorio l’apporto di risorse esterne deve incrementare di almeno il dieci per cento, rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale, il soddisfacimento dei creditori chirografari, che non può essere in ogni caso inferiore al venti per cento dell’ammontare complessivo del credito chirografario"

A tal riguardo, appare opportuno formulare alcune considerazioni sistematiche sul comma 3° dell'art. 84 del d.lgs. 14/2019 secondo il quale, a proposito del "concordato in continuità", viene individuato il criterio della prevalenza. Esso prevede, infatti, che il concordato è ammissibile esclusivamente nei casi in cui la soddisfazione dei creditori è "in misura prevalente" imputabile al ricavato nascente "dalla continuità aziendale, diretta o indiretta".
Ora, se la logica che sovrintende al sistema è quella di favorire la continuità aziendale in una con il soddisfacimento prioritario dell'interesse creditorio, appare tuttavia sufficientemente fondata la critica mossa da certa dottrina secondo cui, l'applicazione rigida della regola di prevalenza economica fondata su dati quantitativi, rischia di far dimenticare le reali intenzioni del proponente la procedura nonché lo stato di fatto esistente al momento in cui viene avviata la procedura stessa.4

Va comunque sottolineato che la prevalenza - con una presunzione assoluta non suscettibile di prova contraria - si ritiene possa sussistere sempre in base a semplici "ricavi attesi" i quali prescindono da un calcolo squisitamente quantitativo.

Esaminando il comma 4° dell'art. 84, a primo impatto, sembrerebbe possa generare equivoci, declinando una definizione in senso negativo del concordato liquidatorio e intendendolo come un concordato preventivo che non presenta le condizioni stabilite dal concordato in continuità aziendale, con la conseguenza che l'alternativa al concordato in continuità aziendale è la liquidazione giudiziale.
Nel quadro del Codice, superando le indicazioni contenute in merito nella legge delega, la norma richiede un apporto di "risorse esterne" tale da incrementare di almeno il 10% il soddisfacimento dei creditori chirografari. Ad ogni modo, questa misura, non può in alcun modo essere inferiore al 20% dell'ammontare complessivo del credito chirografario: pertanto, ne deriva che per esserci un concordato liquidatorio, occorre la presenza di risorse aggiuntive rispetto alla massa attiva che è possibile ricavare dalla liquidazione esperibile in via giudiziale.5

3. I requisiti di accesso alla procedura di concordato

I requisiti soggettivi e oggettivi per accedere alla procedura concordataria sono individuati ai sensi dell'art. 85, 1° comma che testualmente prevede che "Per proporre il concordato l'imprenditore, soggetto a liquidazione giudiziale ai sensi dell'art. 121, deve trovarsi in stato di crisi o di insolvenza".

Preliminarmente, si nota che il richiamo all'art. 121 è utile al fine di escludere pacificamente dall'ambito di applicazione della procedura di concordato preventivo le imprese agricole, in quanto imprese non commerciali e, nel novero delle imprese commerciali, le cosiddette "imprese minori" descritte ai sensi della lettera d) dell'art. 2, comma 1°6

Dal punto di vista soggettivo, invece, è il debitore l'unico soggetto pienamente legittimato a richiedere l'accesso alla procedura di concordato preventivo, benché sia posta in capo ai creditori la mera facoltà di presentare proposte concorrenti alla proposta formulata dal debitore7.

E' possibile formulare ulteriori riflessioni in ordine all'introduzione della locuzione "stato di crisi o di insolvenza" poichè la novella del 2019 interviene in modo assai rilevante risolvendo una situazione disorganica e confusionaria presente nel sistema della Legge fallimentare.

Ed infatti, a mente dell'art. 160, 1° comma della l.f., lo stato di crisi funge da presupposto per l'accesso al concordato preventivo precisando, inoltre, che "ai fini di cui al comma 1" , per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza.
Pertanto, la nozione omnicomprensiva di insolvenza, all'interno dell'originaria legislazione fallimentare del '42, si presentava come sotto-insieme del concetto di crisi.

Con l'intervento del d.lgs. n. 14 del 2019 (recante il c.d. Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza), viene spezzato un binomio dapprima apparentemente inscindibile: il Codice del 2019 definisce la situazione di crisi con la considerazione dell'inadeguatezza dei flussi di cassa prospettivi rispetto alla regolare e puntuale soddisfazione delle obbligazioni pianificate (in merito, così dispone l'art. 2, lettera a) del codice).
L''insolvenza, invece, ai sensi dell'art. 2, lettera b) del codice, è caratterizzata da "inadempimenti" e da altri "fatti esteriori" dai quali risulti che il debitore non è più grado di soddisfare con regolarità le proprie obbligazioni8.
Dalla scissione sistematica delle due sopracitate situazioni di fatto, si evince chiaramente l'impostazione che sottende la  novella legislativa del 2019, e cioè che alla base dello stato di crisi vi è un giudizio di tipo prognostico che lascerebbe presagire una caduta verso il successivo stato di insolvenza. In particolare, lo stato di insolvenza, si manifesta con fatti che dimostrano tangibilmente l'incapacità del debitore di onorare regolarmente le obbligazioni contratte.

Un altro interessante elemento inserito dalla riforma del 2019 attiene al piano di concordato. L'avvio della procedura concordataria è fondato sul nesso di collegamento tra la proposta e il piano di concordato.
Al riguardo, il combinato disposto degli artt. 85, 2° comma (presupposti per l'accesso alla procedura) e 87 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (piano di concordato), prevede che la proposta debba fondarsi su un piano fattibile prevedendo, altresì, la necessità di redigere un piano, i cui contenuti obbligatori sono enucleati a norma dell'art. 87 per l'appunto, avente ad oggetto la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta di concordato, il tutto affiancato dalla documentazione prescritta ai sensi dell'art. 399.
Il requisito della "fattibilità" del piano, insieme alla veridicità dei dati in esso contenuti, richiede al contempo l'attestazione di un professionista indipendente chiamato a redigere una relazione che accompagna la proposta di concordato.
Inoltre, l'attestazione di fattibilità del piano, investe non soltanto il profilo squisitamente giuridico - nel senso della verifica di conformità alle norme sul concordato e alle altre disposizioni di legge applicabili nel caso concreto - ma anche il profilo economico, nel senso di una valutazione prognostica dei risultati prospettati. La valutazione formulata dal professionista, non può essere aleatoria, bensì deve essere fondata su argomentazioni ben approfondite, logicamente argomentate e coerenti.

Riguardo la stesura del piano di concordato preventivo, che deve necessariamente disporre di un contenuto analitico, essa si declina in modo diverso a seconda che sia prevista una continuità "diretta" o "indiretta" con profili abbastanza simili alla disciplina legislativa di settore precedente al Codice del 2019.

L'unico elemento di vera novità attiene alla richiesta di indicare, all'interno del piano di concordato, quali iniziative l'imprenditore intende porre in essere nell'ipotesi in cui la situazione futura dovesse dar luogo a divergenze tra i risultati previsti nel piano e quelli concretamente raggiunti.

Rimane pressoché identica la facoltà, anche all'interno della normativa disegnata a inizio 2019, di raggruppare i creditori in classi contraddistinte da omogeneità giuridica e convergenti interessi economici.

Infine, dopo avere esaminato gli aspetti di maggiore novità intervenuti a seguito del d.lgs. n. 14/2019 e ricordando che la quasi totalità delle nuove disposizioni di legge entrerà ufficialmente in vigore nel 2020, è evidente come il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza abbia in qualche misura rivisitato l'intera materia del concordato preventivo facente parte del genus del diritto delle procedure concorsuali, predisponendo una disciplina certamente dotata di organicità.
E' pur vero, d'altro canto, che l'impostazione introdotta dalla novella legislativa in esame si scontra spesso con innumerevoli problemi teorici e pratici da cui emergono differenti letture applicative ed interpretative: se, da un lato, un certo orientamento interpretativo ritiene che l'efficacia della riforma sia da attribuire al cambiamento culturale nel Paese in merito alla diffusione di una rinnovata cultura con cui fronteggiare le crisi aziendali senza necessariamente incappare nel fallimento, dall'altro lato, un altro orientamento confida nel successivo intervento del legislatore delegato, di cui alla Legge 8 marzo 2019, n. 20 e pubblicata lo scorso 04 aprile, per rammendare là dove ancora sussistono la maggior parte dei problemi teorici e pratici così come sopra palesati. 

Note e riferimenti bibliografici

  1. G.F. Campobasso, "Diritto Commerciale 3, Contratti Titoli di credito Procedure concorsuali", V edizione, UTET Giuridica, 2014, p. 423 e ss;
  2. A. Nigro, D. Vattermoli, "Diritto della crisi delle imprese (Le procedure concorsuali)", IV edizione, Il Mulino, Bologna, 2017, p. 345 e ss;
  3. Appaiono in questa sede molto importanti le argomentazioni espresse dalla Cass. 19/11/2018, n. 29742 secondo cui: " Non può (...) ricondursi nell'alveo della continuità aziendale una realtà ormai esangue, incapace di funzionare e tenuta in vita solo per essere ceduta". E ancora: "La continuità aziendale non può essere separata dalla vitalità dell'impresa intesa in senso atomistico".
  4. In merito, viene proposto l'esempio delle strategie adottate nell'ambito del caso Parmalat, in cui la prosecuzione dell'attività principale fu garantita dai proventi della liquidazione dei beni degradati o "non strumentali". Severa è stata la conclusione: "Il sistema della comparazione dei flussi economici rischia di far rientrare nell'ambito della disciplina del concordato liquidatorio piani concordatari che invece producono il risultato della prosecuzione aziendale mediante una prevalente attività liquidatoria, avente però la finalità di autofinanziare la continuazione delle residue attività d'impresa": così A. Petrosillo, "Concordato in continuità, normativa a confronto", II edizione, Il Sole24ore, 2019, p. 112;
  5. Una prima lettura ricostruttiva ha evidenziato che la ricostruzione quantitativa è richiesta al debitore in via obbligatoria e anticipata al momento del piano concordatario, dove, ai sensi dell'art. 87, 1° comma, lettera a) del codice del 2019, dovranno essere indicate "le azioni risarcitorie e recuperatorie esperibili, con indicazione di quelle eventualmente proponibili solo nel caso di apertura della procedura giudiziale e delle prospettive di recupero": così R. Gallina, "I principi generali del concordato liquidatorio", II edizione, Il Sole24ore, 2019, p. 91;
  6. L'art. 121, comma 1° del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza così statuisce: "Le disposizioni sulla liquidazione giudiziale si applicano agli imprenditori commerciali che non dimostrino il possesso congiunto dei requisiti di cui all'art. 2, comma 1, lettera d), e che siano in stato di insolvenza";
  7. Così si esprime l'art. 90: "Colui o coloro che, anche per effetto di acquisti successivi alla domanda di concordato rappresentano almeno il 10% dei creditori risultanti dalla situazione patrimoniale depositata dal debitore, possono presentare una proposta concorrente di concordato preventivo e il relativo piano non oltre 30 giorni prima della data iniziale stabilita per la votazione dei creditori". Così facendo, si instaura una procedura piuttosto complessa, il cui obiettivo è quello di realizzare un equilibrio fra la libertà del debitore di formulare il piano di concordato e l'interesse dei creditori concorsuali alla miglior gestione e liquidazione del patrimonio possibili, in riferimento alla struttura di piano proposta dal debitore, rispetto a quelle che sono le opportunità presenti nel sistema economico: così B. Bartoli, "Le proposte e le offerte concorrenti", II edizione, Il Sole24ore, 2019, p. 59;
  8. Ma è lo stesso codice, quando provvede a enumerare "indicatori di crisi" o "indici significativi" in materia di allerta, che incorre in qualche contraddizione rispetto alle definizioni che vengono prospettate;
  9. L'art. 39, comma 1° del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza individua gli obblighi posti in capo al debitore che chiede l'accesso ad una procedura regolatrice della crisi o dell'insolvenza. Così dispone: "1. il debitore che chiede l'accesso a una delle procedure di regolazione della crisi o dell'insolvenza deposita presso il Tribunale le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi concernenti i tre esercizi o anni precedenti ovvero l'intera esistenza dell'impresa o dell'attività economica o professionale, se questa ha avuto una minore durata, i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi. Deve inoltre depositare, anche in formato digitale, una relazione sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria aggiornata, uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l'elenco nominativo dei creditori e l'indicaizone dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l'indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto, un'idonea certificazione sui debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi"