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Pubbl. Sab, 30 Nov 2019

Dell´applicabilità dell´art. 590 cod. civ. al testamento nuncupativo

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Luca Collura


Malgrado da molto tempo si discuta in dottrina ed in giurisprudenza sulla possibilità di conferma, ai sensi dell’art. 590 c.c., delle disposizioni “contenute” in un testamento nuncupativo, non si è ad oggi pervenuti ad una soluzione unitariamente condivisa, potendosi ancora distinguere due contrapposti filoni di pensiero, ambedue molto autorevolmente sostenuti.


Sommario: 1. L’articolo 590 del codice civile: natura giuridica e requisiti del negozio di conferma – 2. (Segue) La conferma tacita – 3. I presupposti della conferma; nullità ed inesistenza del negozio testamentario – 4. Il testamento nuncupativo nell’ordinamento italiano: nullità o inesistenza? – 5. La confermabilità del testamento nuncupativo ai sensi dell’art. 590 c.c.: qualche (legittimo) dubbio sull’orientamento prevalente.

 

1. L’articolo 590 del codice civile: natura giuridica e requisiti del negozio di conferma.

Il legislatore del 1942 ha dimostrato una certa diffidenza, forse anche “avversione”, rispetto al negozio che sia affetto da un vizio talmente grave da causarne la nullità. Tale sentimento legislativo trova la sua concretizzazione nell’art. 1423 c.c., il quale prevede che «Il contratto nullo non può essere convalidato, se la legge non dispone diversamente».

Questa scelta di fondo è probabilmente dettata dal fatto che il conditor legis ha ritenuto che il negozio nullo, in quanto contrastante con norme ritenute fondamentali del nostro ordinamento, non fosse meritevole di alcuna tutela, anche in considerazione della possibilità per le sue parti di rinnovarlo, così ponendone in essere uno rispettoso delle previsioni legislative in  materia[1].

In tema di negozio testamentario, invece, il legislatore adotta un approccio diverso: l’art. 590 c.c., infatti, ammettendo la conferma delle disposizioni testamentarie nulle – in tal modo ponendosi apertamente come uno dei casi in cui “la legge dispone diversamente” cui fa riferimento l’art. 1423 c.c. –, dimostra una scelta di fondo di carattere totalmente opposto, di certo ispirata al principio di conservazione del negozio giuridico, date le peculiarità che caratterizzano la situazione concreta nel momento in cui venga in discussione la validità delle medesime[2].

«A chiusura del capo ho posto una disposizione generale (art. 590) concernente la conferma e l'esecuzione volontaria del testamento nullo. […] La nuova disposizione, che, per il suo carattere generale, ho collocata in questo primo capo del titolo III, stabilisce che la nullità della disposizione testamentaria, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere da chi abbia confermato la disposizione o vi abbia dato volontaria esecuzione conoscendo la causa della nullità. Tale disposizione ha il preciso significato di ammettere la possibilità di una conferma espressa o tacita, non solo rispetto ai vizi che importerebbero annullabilità della disposizione testamentaria, ma anche rispetto alle cause di vera e propria nullità (e in particolar modo alla mancanza dei requisiti di forma richiesti ad substantiam[3].

Come chiarito dallo stesso Ministro Guardasigilli Grandi in sede di relazione al Codice, l’art. 590 c.c. si pone come disposizione generale in tema di confermabilità delle disposizioni testamentarie nulle o annullabili[4], la cui ratio è rinvenibile tanto nell’avvertita esigenza di assicurare la maggior conservazione possibile all’atto mortis causa per eccellenza, id est il testamento – atteso che il suo autore, quando lo stesso venga in rilievo, non sarà più naturalisticamente in grado di rinnovare il negozio per eliminare il vizio che lo affligge –, sia a quella di permettere ai congiunti del de cuius che, pur a conoscenza dell’invalidità del testamento, desiderassero comunque onorare la memoria del loro caro, di dare volontaria esecuzione alle sue ultime volontà[5].

In ciò la disposizione si pone come eccezione del principio dettato dall’art. 1423 c.c., per il quale il negozio nullo non può essere convalidato[6].

Molto discussa è in dottrina quale sia la natura giuridica dell’istituto di cui all’art. 590 c.c.[7].

Secondo una prima opinione[8], la disposizione in commento disciplinerebbe una rinuncia all’azione di nullità. Secondo questa corrente di pensiero l’art. 590 c.c. non sarebbe affatto un’eccezione al principio ricavabile dall’art. 1423 c.c., per cui non prevedrebbe una vera e propria conferma di un negozio nullo – che, in quanto tale, non è confermabile – ma solo una rinuncia da parte del confermante al suo diritto di far valere la nullità in giudizio, dismettendo la relativa azione. Il testamento, quindi, rimarrebbe invalido ma tale invalidità non potrebbe più essere fatta valere dell’autore della conferma, ferma la possibilità per chiunque altro vi abbia interesse di agire liberamente per ottenere la declaratoria di nullità della scheda testamentaria[9]. Il passaggio dei beni dal de cuius ai beneficiari delle disposizioni testamentarie avverrebbe però pur sempre iure successionis, come se il testamento fosse stato valido ab origine[10].

Altri Autori[11], partendo dal presupposto logico che il negozio nullo sia ab imis ed irrimediabilmente inefficace e che non possa essere sanato, riconoscono alla conferma ex art. 590 c.c. la dignità di negozio giuridico autonomo, la cui causa sarebbe quella di attuare la volontà del defunto[12]. Tratterebbesi, in particolare, di un negozio unilaterale inter vivos, in forza del quale il confermante, accettando tacitamente l’eredità, disporrebbe a titolo gratuito in favore del beneficiario della disposizione nulla. Così ragionando, la disposizione rimarrebbe nulla e si avrebbero due successioni: la prima, mortis causa, dal defunto all’erede e la seconda, inter vivos, dall’erede al beneficiario della disposizione[13]. Tale ricostruzione, però, secondo alcuni, priverebbe di fatto l’articolo in commento di un proprio autonomo significato[14].

Un terzo filone di pensiero, anch’esso autorevolmente sostenuto[15], rinviene invece nella conferma o nella volontaria esecuzione della disposizione nulla un’ipotesi di esecuzione di obbligazione naturale, in quanto, se è vero che la funzione dell’istituto è da individuare nel dovere morale e sociale di rispettare ed attuare le ultime volontà del defunto, allora la conferma di disposizioni testamentarie nulle rappresenta evidentemente un adempimento di un’obbligazione naturale.

Una quarta tesi[16] è quella invece che attribuisce alla conferma di cui all’art. 590 c.c. la dignità di autonomo negozio con una causa che però, a differenza di quanto sostenuto dai fautori della seconda delle teorie riportate, consisterebbe nell’eliminare i vizi che inficiano la disposizione testamentaria[17]. Secondo questa tesi la conferma (o la volontaria esecuzione) andrebbe a sanare ex tunc i vizi che affliggevano la disposizione testamentaria, facendo sì che si abbia un’unica successione, mortis causa, direttamente dal de cuius al beneficiario del lascito.

Circa i requisiti che deve avere il negozio di conferma, invece, come ha già avuto modo di chiarire a suo tempo il Ministro Guardasigilli nella Relazione al Codice Civile riportata in apertura di paragrafo, l’art. 590 c.c. non detta una precisa disciplina, dovendocisi rifare piuttosto al disposto dell’art. 1444 c.c., che è norma di portata generale. Saranno allora necessari: a) la forma scritta[18]; b) la menzione della disposizione invalida; c) la menzione della conoscenza del vizio di invalidità[19]; d) la dichiarazione espressa di volere confermare la disposizione invalida[20].

2. (Segue) La conferma tacita

Se finora si è fatto menzione alla conferma delle disposizioni testamentarie nulle effettuata mediante un atto formale, occorre tuttavia dare brevemente conto del fatto che la norma in commento prevede anche la possibilità che una disposizione viziata sia confermata dando alla stessa “volontaria esecuzione”.

Tale espressione viene interpretata dalla dottrina che pare prevalere come comprensiva sia di rapporti obbligatori che di rapporti reali[21].

L’esecuzione, come richiede la norma in commento, deve essere “volontaria”, vale a dire che deve essere fatta con l’intenzione da parte dell’agente di convalidare la disposizione nulla, ragion per cui non sarebbe sufficiente un atto che, se anche oggettivamente potrebbe costituire esecuzione della disposizione – ad esempio, la consegna della cosa legata –, sia in realtà compiuto per un titolo diverso dall’adempimento della disposizione – per esempio, a titolo di comodato –[22]. Inoltre l’esecuzione deve consistere in un’attività positivamente e concretamente finalizzata a dare attuazione alla disposizione testamentaria invalida, risultando insufficiente un atteggiamento che palesi soltanto l’intenzione di darle esecuzione[23].

3. I presupposti della conferma; nullità ed inesistenza del negozio testamentario

È opinione pressoché pacifica che la conferma ai sensi e per gli effetti dell’art. 590 c.c. abbia come indefettibile presupposto logico e giuridico un atto del testatore qualificabile come testamento e al quale sia riferibile il giudizio di invalidità[24].

La norma, quindi, stante quanto sopra, se può trovare applicazione al testamento nullo (o annullabile) – che, malgrado sia improduttivo di effetti, presenterebbe comunque delle caratteristiche tali da poter essere qualificato come atto giuridico –, non è, invece, applicabile nell’ipotesi di un testamento che risulti addirittura inesistente.

Quella dell’inesistenza è una categoria di genesi dottrinale, creata per ricondurvi tutte le ipotesi di così grave alterazione di un determinato atto da risultare addirittura impossibile qualificarlo come giuridico[25].

Con particolare riferimento al testamento – ma ciò vale, a ben vedere, per tutti gli atti giuridici –, esso è inesistente allorquando, pur esistendo in fatto, è oggetto da un vizio così radicale da doversi escludere ch’esso possa essere identificato come negozio testamentario, tanto da non potersi al medesimo ricollegare alcun effetto giuridicamente rilevante[26].

Fatta questa veloce premessa, occorre adesso focalizzare la nostra attenzione sull’identificazione della categoria giuridica in cui ricomprendere il testamento nuncupativo, vale a dire se esso vada ritenuto nullo – quindi, come tale, confermabile ex art. 590 c.c. – oppure inesistente.

4. Il testamento nuncupativo nell’ordinamento italiano: nullità o inesistenza?

Il testamento nuncupativo[27] – o orale, o sine scriptis – è un istituto antichissimo che affonda le proprie radici addirittura nel diritto romano[28].

Fino al XIX secolo il testamento nuncupativo non rappresentava una deroga al principio del formalismo testamentario ma piuttosto una forma ordinaria di testamento e ancora oggi alcuni ordinamenti stranieri (quali quello austriaco e quello svizzero[29]) gli riconoscono cittadinanza giuridica.

Il nostro ordinamento successorio, invece, fondandosi sull’esigenza di garantire una più riflessiva formulazione della volontà testamentaria e la precostituzione di una prova documentale della voluntas testantis, ha richiesto per il negozio testamentario la forma scritta ad substantiam.

Per comprendere se la manifestazione puramente orale della propria volontà testamentaria da parte del de cuius sia ex post suscettibile di conferma ai sensi dell’art. 590 c.c., dobbiamo preliminarmente rispondere all’interrogativo se essa, alla luce del nostro diritto successorio, possa o meno integrare il presupposto di esistenza del testamento o se a tal fine sia in ogni caso indispensabile il c.d. corpus mechanicus. La soluzione dipenderà senz’altro dalla categoria nella quale si deciderà di inquadrare la conseguenza della mancanza di forma scritta: ove si ritenga che il testamento orale sia nullo, allora esso sarà suscettibile di conferma ex art. 590 c.c.; ove, invece, si propenda per la tesi dell’inesistenza per mancanza di quelli che sono gli elementi minimi del negozio stesso, l’istituto non potrà trovare applicazione[30].

È quasi un eufemismo dire che la questione è oggetto di profonde discussioni in dottrina ed in giurisprudenza, in quanto ad un orientamento favorevole alla confermabilità del testamento orale, che lo ritiene nullo, se ne contrappone un altro, altrettanto nutrito ed autorevole, che invece esclude radicalmente tale possibilità, sostenendo l’inesistenza di un negozio testamentario che non presenta la forma scritta.

Una prima tesi, sostenuta dalla dottrina[31] e, soprattutto, dalla giurisprudenza[32] di merito e di legittimità, sostiene che il testamento orale sia nullo per mancanza di quanto è richiesto dalla legge ad substantiam, i.e. autografia e sottoscrizione, per cui il medesimo rientrerebbe a pieno titolo nell’ambito applicativo del disposto dell’art. 590 c.c. Questo, ovviamente, in quanto, malgrado l’assenza di forma scritta, secondo i fautori di questo orientamento sarebbe comunque innegabile l’esistenza in rerum natura di una volontà testamentaria, vale a dire di un atto del testatore qualificabile come testamento e al quale sia riferibile il giudizio di invalidità.

Altra tesi, anch’essa autorevolmente sostenuta in dottrina[33], ma che ha trovato poco conforto da parte della giurisprudenza[34], è invece di segno completamente opposto. In particolare, secondo gli esponenti di questo corrente di pensiero, «la legge stabilisce quali sono i difetti formali che danno luogo a nullità e quali quelli che danno luogo ad annullabilità del testamento. Ma essa suppone sempre un minimo di requisiti per cui nel caso concreto possa ravvisarsi un testamento, secondo la natura essenzialmente formale di questo atto. Quando, invece, la forma solenne sia affatto mancante, ad esempio, perché le disposizioni di ultima volontà siano state dettate oralmente, il negozio, nel silenzio legislativo, è, a nostro avviso, piuttosto da ritenere inesistente»[35]. Il testamento orale, quindi, sarebbe affetto da un vizio talmente grave da risultare inficiata l’esistenza stessa del negozio, che conseguentemente sarebbe inesistente[36].

Tale tesi fonda le proprie asserzioni in particolare sulla Relazione del Ministro Guardasigilli al Codice Civile (n. 126), nella quale si può leggere che sarebbe «assai pericoloso affidarsi alla relazione verbale di due testimoni che, anche a prescindere da ipotesi di malafede, possono aver frainteso le parole del testatore. La stessa manifestazione di volontà del testatore, nelle circostanze previste dalla norma, può lasciare perplessi sul suo valore intrinseco. Piuttosto che affidarsi ad una volontà così malsicura, è preferibile regolare la successione con le norme stabilite dalla legge[37]».

5. La confermabilità del testamento nuncupativo ai sensi dell’art. 590 c.c.: qualche (legittimo) dubbio sull’orientamento prevalente

Entrambe le ricostruzioni sopra proposte sono evidentemente autorevoli in egual misura, malgrado la seconda non abbia trovato l’avallo della giurisprudenza di legittimità, per cui risulta parecchio difficile propendere in maniera netta per l’una o per l’altra tesi.

Ad oggi, ad ogni modo, parrebbe essere preponderante – quanto meno a fronte dell’ adesione che ad essa dimostra di aver fatto la giurisprudenza della Corte di Cassazione – l’opinione per cui il testamento sine scriptis non sarebbe inesistente ma soltanto nullo per mancanza dei requisiti dell’autografia e della sottoscrizione del testatore, con la conseguenza che, rebus sic stantibus, nei limiti in cui la volontà del de cuius sia esattamente ricostruibile[38], si dovrà ritenere che i legittimati potranno confermarla, tanto espressamente quanto dandovi volontaria esecuzione.

In buona sostanza, malgrado nessuno dei sostenitori di tale filone di pensiero lo abbia detto espressamente, al fine di sostenere l’esistenza di un testamento nuncupativo si deve porre l’accento più sulla sostanza (rectius, sulla volontà testamentaria) che sulla (sua) forma. Se il testatore ha dichiarato la sua volontà, per quanto con la forma più disparata – nella specie, quella orale –, atteso che comunque la volontà esiste ed è stata espressa, la stessa integra un negozio testamentario che potrà pure essere tacciato di nullità per mancato rispetto delle forme prescritte dalla legge ma che, proprio in quanto nullo, sarà confermabile ai sensi dell’art. 590 c.c., così attribuendo piena validità ed efficacia alle ultima volontà del de cuius.

A modesto parere di chi scrive, tuttavia, attesi la lettera della Relazione del Ministro Guardasigilli al Codice Civile – la quale, malgrado non abbia certo rilevanza giuridica, vale senz’altro a chiarire la ratio ispiratrice delle singole disposizioni – e il rigido formalismo con il quale il conditor legis ha voluto ammantare l’espressione della volontà testamentaria, riconoscere come semplicemente nullo il testamento orale equivarrebbe non solo a tradire quelle che sono le esigenze perseguite dal legislatore del ’42, vale a dire assicurare una più riflessiva formulazione della volontà testamentaria (funzione sociale) e la precostituzione di una prova della volontà del testatore attraverso la sua messa in iscritto (funzione processuale)[39], ma anche a fornire un’interpretazione ultra legem e fors’anche abrogans della disposizioni codicistiche in tema di forme testamentarie, di certo non in linea con il testo normativo.

Ammettendo che le ultime volontà del defunto siano ricostruibili sulla base della testimonianza di soggetti terzi, poi, si finirebbe pure col privare di fatto l’interessato della piena libertà e dell’utilità di decidere se fare o non fare testamento e della certezza che, una volta fattolo, la sua successione sarà regolata secondo quelle che davvero sono le sue ultime volontà[40], facendo ricadere su di lui il rischio che, giunto che sia ad vitae supremum exitum, taluno, a prescindere dalla presenza o meno di un testamento, possa, anche se non necessariamente in malafede ma di certo in totale spregio del principio di personalità della volontà testamentaria[41], ricostruire una volontà non riconducibile all’ereditando, oltraggiando forse eccessivamente anche quel sentimento di pietà e di rispetto verso i defunti che è fonte di ispirazione per il nostro ordinamento giuridico[42].

Ancora valga osservare come aderendo all’orientamento allo stato prevalente si impedirebbe al de cuius anche la possibilità di revocare il proprio testamento. Dopo ch’egli abbia dichiarato le sue volontà, nel caso che cambi opinione, pur ammettendo che comunichi tale sua differente determinazione, come potrebbe accertarsi che nessuno, dopo l’apertura della sua successione, presentandosi quale depositario della ultime volontà del caro defunto, ricostruisca una voluntas che non è più riferibile all’ereditando, magari perché a lui personalmente più favorevole?

È quindi di tutta evidenza come ammettere la confermabilità del testamento sine scriptis equivale ad aprire il vaso di pandora, in quanto crea più problemi di quelli che risolve. In fondo colui che voglia fare testamento ha tutte le possibilità per farlo, financo quella di ricorrere al testamento olografo, potendo quindi facilmente rispettare le disposizioni del conditor legis in materia di forma testamentaria: ove, malgrado ciò – per negligenza, imprudenza o imperizia –, non vi provveda, non appare opportuno forzare l’interpretazione delle norme codicistiche per accordare tutela anche a chi, per propria colpa, non ha potuto ricorrere ad una delle tante forme del negozio testamentario tra le quali la legge gli permette di scegliere, specie considerato che lo stesso legislatore, sin dalla Relazione al Codice Civile, ha dimostrato di non ritenerlo opportuno.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] G. FOTI, sub Art. 1423, in Commentario al Codice Civile, Artt. 1343-1469 bis. Contratto in generale, II, Interpretazione, effetti, rappresentanza, simulazione, invalidità, risoluzione, Milano, 2010, 1089.

2] In tal senso C. MENOTTO ZAULI, La conferma delle disposizioni testamentarie nulle ex art 590 cc, in Giuricivile – Rivista di diritto e giurisprudenza civile, pubblicata su Internet all’indirizzo https://giuricivile.it, ISSN 2532-201X, novembre 2018, 

[3] Relazione del Ministro Guardasigilli al Codice Civile del 1942, n. 287.

[4] La disposizione, infatti, malgrado nel proprio corpo parli solo di “nullità”, si ritiene applicabile anche ai casi di disposizione testamentaria soltanto annullabile, e ciò in quanto la caratteristica tipica del negozio annullabile è proprio la possibilità di convalidarlo, ragion per cui parrebbe un controsenso non ritenere confermabile la disposizione testamentaria annullabile, per non parlare del fatto che si rischierebbe l’assurdo giuridico se si ammettesse la conferma in presenza di un vizio più grave, tanto da comportare la nullità della disposizione, e non di una patologia meno grave del negozio (in questo senso L. FERRI, Convalida, conferma e sanatoria del negozio giuridico, in Digesto civile, IV, Torino, 355, e A. PALAZZO, Le successioni, Milano, 2000, 179).

[5] G. GIAMPICCOLO, Il contenuto atipico del testamento, Milano, 1954, 210 ss.; G. CIAN e A. TRABUCCHI, sub Art. 590, in Commentario Breve al Codice Civile, Dodicesima edizione, a cura di Giorgio Cian, Milano, 2016, 628; G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Quarta edizione, Tomo I, a cura di Annamaria Ferrucci e Carmine Ferrentino, Milano, 2015, 915 e 916; C. CARBONE, Formulario notarile commentato, Notariato e atti notarili, atti mortis causa e atti tra vivi, Vicenza, 2016, 770; G. BONILINI, Manueale di diritto ereditario e delle donazioni, IX edizione aggiornata, Milano, 2018, 377 e 378; in giurisprudenza Cass. 19 aprile 1956, n. 1192; Cass. 24 aprile 1965, n. 719; Cass. 9 ottobre 1972, n. 2958.

[6] Cass. n. 719/1965, la quale ha chiaramente statuito che «L’art. 590 che costituisce un’eccezione al principio generale dell’art. 1423 e attuazione della riserva in questo contenuta […]».

[7] Atteso che la disposizione si riferisce esclusivamente alle disposizione nulle e non anche a quelle annullabili, nel corso del presente lavoro si farà per comodità menzione solo delle prime, pur chiarendo sin d’ora che si ritiene di aderire alla tesi – risultante ex litteris anche dalla relazione del Ministro Guardasigilli e meglio specificata sub nota 2 – che ammette l’applicabilità di tale norma anche al caso di disposizioni testamentarie annullabili, con tutte le conseguenze, anche terminologiche, da essa derivanti.

[8] A. CICU, Testamento, Milano, 1951, 100; E. BETTI, Convalescenza del negozio giuridico. Diritto vigente, in Novissimo Digesto Italiano, IV, Torino, 1959, 789 ss.; C. M. BIANCA, Diritto Civile, 2, La famiglia. Le successioni, Milano, 1985, 829 ss.; G. STOLFI, Appunti sull’art. 590 c.c., in Giurisprudenza italiana, 1977, I, 357; in giurisprudenza Trib. Napoli 24 gennaio 1976, in Diritto e giurisprudenza, 1976, 60, e Cass. 11 agosto 1980, n. 4923.

[9] Cass. n. 4923/1980.

[10] Sia permesso esprimere una piccola osservazione personale: se  è vero che il testamento, malgrado la conferma, rimane nullo, sostanziandosi la previsione di cui all’art. 590 c.c. in una denegazione dell’azione di nullità, come potrebbe il medesimo produrre l’effetto del trasferimento delle sostanze ereditarie dal de cuius direttamente ai beneficiari delle disposizioni viziate, se è vero che il negozio nullo è inefficace ex tunc? Su questo punto i sostenitori della tesi in parola non danno però una risposta.

[11] F. GAZZONI, L’attribuzione patrimoniale mediante conferma, Milano, 1974, 3 ss.; L. BIGLIAZZI GERI, Successioni testamentarie. Artt. 587-600, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993, 151.

[12] F. GAZZONI, L’attribuzione patrimoniale mediante conferma, cit., 73 ss. e 141 ss.

[13] Ad esito di ciò, quindi, successore del de cuius non sarebbe il beneficiario della disposizione nulla bensì colui che, sulla base delle norme in materia di successione legittima, sia diventato erede, il quale provvederà poi a trasferire quanto “dovuto” al soggetto che, secondo la volontà dell’ereditando, avrebbe dovuto beneficiario del lascito.

[14] S. PAGLIANTI e S. BRANDANI, sub Art. 590, in Commentario del Codice Civile. Delle successioni, Artt. 565-712, diretto da E. Gabrielli, a cura di V. Cuffaro e F. Delfini, Milano, 2010, 191.

[15] G. OPPO, Adempimento e liberalità, Milano, 1947, 371 ss.; S. ROMANO, Note sulle obbligazioni naturali, Firenze, 1945, 118 ss. In giurisprudenza App. Napoli 3 maggio 1989, in banca dati Jurisdata, secondo la quale «L’impossibilità di riconoscere in “rerum natura” il legato orale, nonché la mancanza dell’esecuzione volontaria nella consapevolezza del vizio di nullità, impedisce di configurare la fattispecie ex art. 590 c.c.; cosicché i pretesi comportamenti esecutivi possono qualificarsi come spontaneo adempimento di obbligazione naturale (nella specie: elargizioni di danaro)».

[16] C. CARBONE, Formulario notarile commentato, cit. 770; L. GUGLIELMINO, B. NASTRINO e P. SIMONETTI, Manuale notarile, II edizione, a cura di L. Genghini, Roma, 2019, 145; G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., 918; F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, 25 ss.; A. AURICCHIO, La conferma del testamento e la sua forma, nota a Trib. Napoli 2 aprile 1955, in Foro it., 1956, I, 121; G. GAZZARA, voce Fiducia testamentaria, in Enciclopedia del diritto, XVII, Milano, 1968, 427 ss.

[17] Così Cass. 13 ottobre 1961, n. 2137; Cass. n. 719/1965; Cass. 8 maggio 1984, n. 2800.

[18] Cass. 15 febbraio 1968, n. 535. In dottrina L. CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli. s.d., 394 ss.; C. CARBONE, Formulario notarile commentato, cit. 772; L. GENGHINI e C. CARBONE, Le successioni per causa di morte, II, Milano, 2012, 1151. Contra, in dottrina, D. MINUSSI, Le successioni, Napoli, 2005, 846; G. CIAN e A. TRABUCCHI, sub Art. 590, cit., 629, i quali ultimi la richiedono, al più, ai fini della trascrizione; in giurisprudenza Cass. 15 febbraio 1969, n. 535; Trib. Napoli 30 giugno 2009, in banca dati DeJure.

[19] Da intendersi come conoscenza storica del fatto invalidante e della sua rilevanza giuridica, quindi come consapevolezza di poter adire l’Autorità Giudiziaria per iniziare un giudizio di invalidità, indipendentemente da qualunque calcolo circa le probabilità di riuscita (cfr. Cass. 29 maggio 1974, n. 1745). Per G. CIAN e A. TRABUCCHI, sub Art. 590, cit., 629, è sufficiente anche solo che il confermante abbia il dubbio che la disposizione sia invalida.

[20] Così, di recente, Cass. 13 luglio 2017, n. 17392; Cass. 12 aprile 2018, n. 9091; App. Torino 13 maggio 2013, n. 1004.

[21] F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, 248 ss.; L. CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, cit., 420;

[22] G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., 918.

[23] Di conseguenza non potrà riconoscersi efficacia ex art. 590 c.c. alla pubblicazione del testamento invalido né alla denuncia di successione, ponendosi la prima solo come condizione acché il testamento possa essere eseguito mentre la seconda ha rilevanza soltanto fiscale (cfr. G. CIAN e A. TRABUCCHI, sub Art. 590, cit., 629). Contra Cass. 12 settembre 1970, n. 1403, che, a tal fine, ha ritenuto sufficiente la semplice presentazione del testamento per la pubblicazione.

[24] G. FILANTI, Inesistenza e nullità del negozio giuridico, Napoli, 1983, 257; G. CIAN e A. TRABUCCHI, sub Art. 590, cit., 629; in giurisprudenza Cass. 9 ottobre 1972, n. 2958; Cass. 13 giugno 2005, n. 13487; Cass. 4 luglio 2012, n. 11195.

[25] E. BETTI, Convalida o conferma del negozio giuridico, in Novissimo Digesto Italiano, IV, Torino, 1960, 791; R. SCOGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli, 1950, 343.

[26] In questi termini G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., 927 e 928. L’A. richiama, in via esemplificativa, il caso di scuola del testamento fatto in favore di un animale e quello, di sicuro più ricorrente, del testamento falso, cioè redatto e sottoscritto da un soggetto diverso dal presunto testatore, contenente quindi una volontà non riferibile in alcun modo al defunto. Cfr. anche T. BOTTARO, Invalidità del testamento, in AA. VV., Manuale della successione testamentaria, a cura di G. Cassano e R. Zagami, Rimini, 2010, 791.

[27] Valga portare all’attenzione del lettore come nel presente lavoro si intenderà per testamento nuncupativo il solo testamento orale in senso assoluto, privo cioè di qualsivoglia base documentale e non anche quello che, pur senza rispettare le formalità previste dalla legge, sia comunque stato messo per iscritto. Anticamente era usanza comune, infatti, che le volontà del testatore, ancorché espresse oralmente, venissero comunque poste per iscritto, talvolta addirittura da un Notaio, senza tuttavia il rispetto dei rigidi canoni formali che gli ordinamenti del tempo prevedevano. In quel caso, però, la volontà testamentaria assumeva un valore giuridico già in quanto oralmente espressa e la trascrizione fatta dal Notaio aveva valore soltanto ad probationem, senza che rilevasse ai fini della validità del testamento. Il termine “nuncupativo” deriva dal latino “nuncupare”, composto di “nomen” (trad.: nome) e “capere” (trad.: prendere), cioè “prendere, pronunciare il nome” dell’erede.

[28] Per ragioni di opportunità, non essendo questo l’argomento del presente lavoro, per una più accurata e dettagliata ricostruzione delle origini storiche del testamento nuncupativo si rinvia a M. TALAMANCA, Istituzioni di diritto romano, Milano, 1990, 720 ss., e L. SINISI, Una presenza costante, il testamento nei formulari notarili fra Medioevo ed età dei codici, in AA. VV., Tradizione e modernità del diritto ereditario nella prassi notarile, Milano, 2016, 161 ss.

[29] L’art. 506 del Codice Civile svizzero, per esempio, ammette il testamento orale allorché il testatore, per effetto di circostanze straordinarie, non possa fare ricorso alle forme previste.

[30] Cfr. E. PRASCINA, Il testamento nuncupativo, in Gazzetta Notarile, 2009, 10/12, 530.

[31] D. BARBERO, Il sistema del diritto privato, Torino, 1988, I edizione postuma, 1294; A. VENDITTI, Disposizione testamentaria orale e conferma, in Diritto e giurisprudenza, 1988, 168 ss.; ID., Un caso controverso di disposizione testamentaria orale eseguita volontariamente ai sensi dell’art. 590 c.c., in Diritto e giurisprudenza, 1989, 408 ss.; G. PASETTI, La sanatoria per conferma del testamento, Padova, 1953, 87; C. M. BIANCA, Diritto Civile, 2, La famiglia. Le successioni, cit., 640; R. CAPRIOLI, I profili effettuali dell’atto nullo confermato ex art. 590 e 799 c.c., in Diritto e giurisprudenza, 1983, 521 ss.; L. SCALIA, La nullità e l’inefficacia delle disposizioni testamentarie, in Successioni e donazioni, a cura di P. Rescigno, I, Padova, 1994, 1246; G. PETRELLI, Formulario Notarile Commentato, Vol. VII, Tomo I, Successioni e donazioni. Le successioni per causa di morte, a cura di G. Petrelli, diretto da G. Bonilini, Milano, 2011, 924; ID.,  Art. 28 della legge notarile. Espresso divieto di legge e orientamenti giurisprudenziali non consolidati, in Rivista Notarile, 1997, 1228, per il quale il Notaio può legittimamente ricevere l’atto di conferma di un testamento nuncupativo senza incorrere in responsabilità ex art. 28. l. not.; F. GAZZONI, L’attribuzione patrimoniale mediante conferma, cit., 141 ss., il quale in particolare osserva come la volontà attributiva del testatore sia desumibile anche da una sua dichiarazione orale ma che si debba effettuare un distinguo tra l’istituzione di erede, che non è in alcun modo sanabile ex art. 590 c.c., e l’attribuzione patrimoniale, che può recuperare piena efficacia a seguito della conferma; C. GIANNATTASIO, Delle successioni. Successioni testamentaria, in  Commentario del Codice Civile, Torino, 1978, 42, il quale afferma la confermabilità del testamento orale «in quanto, non ripugnando alla realtà delle cose l’esistenza di un testamento nuncupativo, ammessa in varie legislazioni, un limite all’applicabilità della norma eccezionale non sarebbe sorretto da ragioni obiettive né dal testo della disposizione, espresso in una forma che non si presta a restrizioni»; L. GENGHINI e C. CARBONE, Le successioni per causa di morte, II, cit., 889; C. CARBONE, Formulario notarile commentato, cit., 771.

[32] Cass. 16 maggio 1941, n. 1476; Cass. 5 maggio 1962, n. 888; Cass. 26 giugno 1964, n. 1689; Cass. 11 luglio 1996, n. 6313, secondo la quale, inoltre, «L'atto con cui il notaio riceve le dichiarazioni dei legittimari dirette a confermare espressamente le disposizioni testamentarie rese in forma orale dal de cuius, sulle premesse  dai medesimi dichiarate  dell'inesistenza di un testamento formale e della ripetuta, dettagliata e mai revocata volontà del defunto, espressa oralmente, circa la destinazione dei propri beni, non invade i compiti di accertamento riservati all'autorità giudiziaria, in ordine (nella specie) all'esistenza ed alla nullità del testamento nuncupativo nonché alla intervenuta realizzazione della fattispecie sanante prevista dall'art. 590 c.c., e non è quindi suscettibile di esser disciplinarmente sanzionato, ai sensi degli artt. 1 e 138 della legge notarile, atteso che la convalida non presuppone alcuna preventiva attività di accertamento circa la nullità delle disposizioni convalidate (né, peraltro, preclude un tale accertamento, da parte dell'autorità giudiziaria in caso di successiva contestazione) e tenuto altresì conto che la fede privilegiata propria dell'atto notarile non si estende al contenuto della dichiarazione di convalida, rispetto al quale non è quindi configurabile alcuna attività di accertamento da parte del notaio»; App. Milano 25 novembre 1955, in Repertorio di Giustizia Civile., 1955, voce Successione testamentaria, n. 110; App. Cagliari 28 marzo 1955, in Repertorio di Giustizia Civile, 1955, voce Successione testamentaria, n. 102;; App. Napoli 16 febbraio 1959, in Repertorio di Giustizia Civile, 1959, voce Successione testamentaria, n. 73; App. Roma 4 maggio 1961, Repertorio di Giustizia Civile, 1962, voce Successione testamentaria, n. 66; Trib. Napoli 29 aprile 1986, in Dritto e Giurisprudenza, 1989, 407, con nota di C. Venditti; Trib. Napoli 30 giugno 2009, cit.; sull’ammissibilità della conferma del testamento orale formato in altro ordinamento (quello austriaco), per non contrarietà dello stesso all’ordine pubblico, Trib. Belluno 22 dicembre 1997, in Diritto di famiglia e delle Persone, 2000, 1110.

[33] F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, 243; C. GANGI, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, I, Milano, 1964, 239; A. CICU, Testamento, cit., 95; G. AZZARITI, Le successioni e le donazioni. Libro 2° del Codice civile, Napoli, 1990, 267; G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., 831 e 832, che si sofferma anche sul problema della pubblicazione del testamento nuncupativo, che risulterebbe impossibile, non rivestendo il medesimo la forma scritta, ed esclude che si possa procedere, in sostituzione, alla pubblicazione della sentenza che accerta il testo delle disposizioni testamentarie, in quanto la sentenza è atto affatto diverso dal testamento; M. CANNIZZO, Successioni testamentarie, Roma, 1996, 45 ss., il quale osserva che, ammesso il testamento orale, la conferma non potrebbe avere valenza di atto accessorio bensì quella di atto autonomo e sostitutivo del testamento stesso, perché il confermante finirebbe col dare esecuzione alla disposizioni contenute in una scheda testamentaria predisposta da un soggetto diverso dal de cuius.

[34] Trib. Trani 28 luglio 1950, in Diritto e Giurisprudenza, 1950, 419; App. Napoli 3 maggio 1989, cit.; Trib. Bergamo 7 novembre 1994, in Notariato, 1996, 509 ss.

[35] Così F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, 243.

[36] E. PRASCINA, Il testamento nuncupativo, cit., 532.

[37] C. GANGI, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, I, cit., 111.

[38] Un esempio che potremmo definire iconico di questo orientamento – rilevante anche per la puntualità con cui il Tribunale ha ricostruito il dibattito dottrinale e giurisprudenziale in materia – è quello deciso circa un decennio fa dal Tribunale partenopeo con sentenza del 30 giugno 2009 (estremi sub nota 30). Nella specie, morto quello che era il padre ed il marito della parti in causa senza aver potuto redigere per tempo un valido testamento, le predette si accordavano e redigevano un falso testamento olografo, che provvedevano a far regolarmente pubblicare, con contestuale dichiarazione,  nel verbale di pubblicazione, di prestare acquiescenza alle disposizioni in esso contenute e successiva trascrizione degli acquisti mortis causa nei pubblici registri. Successivamente una delle figlie del de cuius citava in giudizio la madre e la sorella chiedendo al Tribunale di dichiarare l’inesistenza del testamento olografo, in quanto falso, e che la successione del padre dovesse essere regolata dalla disposizioni sulla successione legittima; ad essa le convenute – pur espressamente ammettendo che il testamento era falso – resistevano sostenendo le disposizioni in esso contenute fossero la fedele riproduzione delle volontà del defunto e chiedendo al Collegio di accertare l’avvenuta conferma delle medesime ai sensi dell’art. 590 c.c. A fronte di tale situazione, il Tribunale di Napoli statuiva che «È bene chiarire che il Tribunale è ben consapevole dell'orientamento giurisprudenziale che nega la possibilità di conferma del testamento apocrifo, essendosi appunto ribadito che in tema di nullità del testamento olografo, la finalità del requisito della sottoscrizione, previsto dall'art. 602 cod. civ. distintamente dall'autografia delle disposizioni in esso contenute, ha la finalità di soddisfare l'imprescindibile esigenza di avere l'assoluta certezza non solo della loro riferibilità al testatore, già assicurata dall'olografia, ma anche dell'inequivocabile paternità e responsabilità del medesimo che, dopo avere redatto il testamento anche in tempi diversi abbia disposto del suo patrimonio senza alcun ripensamento, così che, nel caso in cui sia accertata la non autenticità della sottoscrizione apposta al testamento, non può trovare applicazione l'art. 590 cod. civ. che, nel consentirne la conferma o l'esecuzione da parte degli eredi, presuppone l'oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che, pur essendo affetta da nullità, sia comunque frutto della volontà del "de cuius" (così Cass. Sez. II, 23 giugno 2005 n. 13487), ma oggetto della conferma invocata da parte della convenuta nel caso di specie, è non già il testamento di cui è stata compiuta la pubblicazione, quanto il testamento orale o nuncupativo, di cui il testamento confezionato dopo la morte del de cuius, riprodurrebbe fedelmente il contenuto. Fatto tale chiarimento, l'ordine delle questioni a questioni giuridiche sulle quali è chiamato quindi il Tribunale a pronunciarsi attiene in primo luogo alla ammissibilità della conferma del testamento nuncupativo; una volta fornita risposta positiva a tale interrogativo, è necessario verificare se in concreto vi sia stata una manifestazione testamentaria in forma orale da parte del de cuius ed in che termini, per poi passare a riscontrare i requisiti della conferma di cui al menzionato art. 590. […] La normativa codicistica prevede per il testamento provo di sottoscrizione ovvero non autografo la sanzione della nullità, ma è discusso se in relazione alla diversa ipotesi del cd. testamento nuncupativo, cioè manifestato in maniera esclusivamente orale, possa egualmente parlarsi di nullità, ovvero se non sia più opportuno fare riferimento alla diversa ( ma indubbiamente controversa e non pacificamente accolta) fattispecie dell'inesistenza, in relazione alla quale non sarebbe ammessa la conferma, e cioè l'eccezionale possibilità di recupero degli effetti del negozio invalido, normativamente prevista per il testamento e per le donazioni (art. 799). Il tema è oggetto di un'annosa controversia soprattutto in dottrina, laddove gli autori si sono equamente divisi tra la tesi della nullità e quella dell'inesistenza, sicché l'autorevole parere richiamato dalla difesa dell'attrice, rappresenta l'espressione di un orientamento dottrinale, di cui il Collegio è ben consapevole, ma che non si ignora essere contrastato da argomenti altrettanto corroboranti da parte dei fautori della tesi contrapposta. L'orientamento invece della giurisprudenza di legittimità è viceversa consolidato nel ritenere possibile la conferma del testamento orale, e ciò già nel vigore dell'art. 1311 del codice civile del 1865 ( cfr. Cassazione civile 16 maggio 1941 n. 1476, in Foro it. 1941, I, 1036), ribadendo anche in seguito tale possibilità. Infatti, si è affermato che la convalida del testamento è ammissibile, a norma dell'art. 590 cod. civ., tanto nell'ipotesi di nullità formali (annoverando tra esse quella della mancanza di sottoscrizione dell'olografo e perfino quella del testamento nuncupativo ossia della mancanza assoluta di scrittura), quanto nell'ipotesi di nullità attinenti alla sostanza dell'atto (quali l'incapacità naturale o legale del testatore e i vizi della volontà), ma non può essere invocata in caso di nullità che se accertata determinerebbe addirittura l'inesistenza dell'atto ad ogni effetto giuridico (così Cassazione civile, 6 giugno 1964 n. 1689, nonché Cassazione civile 24 aprile 1965 n. 719), ed in maniera ancora più esplicita, sebbene in relazione ad una vicenda avente ad oggetto una sanzione disciplinare irrogata ad un notaio, si è sostenuto che l'atto con cui il notaio riceve le dichiarazioni dei legittimari dirette a confermare espressamente le disposizioni testamentarie rese in forma orale dal "de cujus", sulle premesse dai medesimi dichiarate dell'inesistenza di un testamento formale e della ripetuta, dettagliata e mai revocata volontà del defunto, espressa oralmente, circa la destinazione dei propri beni, non invade i compiti di accertamento riservati all'autorità giudiziaria, in ordine (nella specie) all'esistenza ed alla nullità del testamento nuncupativo nonché alla intervenuta realizzazione della fattispecie sanante prevista dall'art. 590 cod. civ., e non è quindi suscettibile di esser disciplinarmente sanzionato, ai sensi degli articoli 1 e 138 della legge notarile (Cass. Sez. III, 11 luglio 1996 n. 6313, in Notariato 1996, 509). Appare poi utile al fine di comprendere le ragioni di tale posizione, riportare proprio un brano della motivazione della sentenza da ultimo citata, nel quale si legge : " è noto che il favor testamenti, che ispira il nostro codice, consente, difformemente da quanto avviene per i contratti la convalida delle disposizioni testamentarie nulle, "da qualunque causa dipenda" la nullità, sia in forma espressa, mediante conferma dopo la morte del testatore, sia in forma tacita, mediante la loro volontaria esecuzione. Non si discute qui dell'ammissibilità della conferma del testamento nuncupativo, espresso in forma orale (che, come è noto, ha dato luogo ad annose discussioni), ormai ritenuta legittima (sin da Cass. 26 giugno 1964, n. 1689), ne' della natura della conferma espressa (cui la norma citata riconnette esclusivamente il divieto di fare valere la nullità), quanto dei poteri del notaio in ordine al negozio, collegati alla forma che lo stesso deve rivestire ". Ritiene il Tribunale di dovere fare propria tale prevalente tesi, dalla quale risultano avere dissentito solo alcune sporadiche sentenze di merito (va evidenziato che nella comparsa conclusionale dell'attrice si cita anche Tribunale di Napoli 29 aprile 1986, in Dir. giur. 1989, 407, che in realtà afferma la tesi della convalida del testamento orale), argomentandosi altresì dal fatto che nel testamento orale, a differenza di quanto accade nel testamento radicalmente falso, sono comunque presenti due requisiti essenziali del negozio, e cioè la volontà e la causa, difettando solo il pur rilevante requisito della forma. Ed invero per l'assenza della forma, il legislatore non riconosce carattere vincolante alle statuizioni del testatore, a meno che i destinatari del precetto non si adeguino spontaneamente. Ciò non contraddice quindi il carattere eminentemente formale del testamento, in quanto una dichiarazione testamentaria sprovvista delle forme legislativamente prescritte, lungi dall'avere carattere precettivo nei confronti dei successori, per questi ultimi si pone più semplicemente come un contenuto volitivo cui possono, se vogliono, assoggettarsi (per analoghe considerazioni si veda anche Trib. S. Maria Capua Vetere 28 giugno 1955, in Dir. giur. 1956, 319). Il mancato rivestimento della volontà testamentaria con la forma richiesta dal legislatore, impone pertanto un particolare rigore nella sua ricostruzione a posteriori, al fine appunto di verificare, soprattutto laddove la conferma sia conseguenza di un'esecuzione volontaria, se quest'ultima risulti effettivamente corrispondente a quella manifestazione di volontà non tradottasi in forma scritta. Le risultanze della prova testimoniale raccolta in corso di causa inducono il Collegio a ritenere fornita la prova sia in ordine al fatto che il de cuius abbia inteso esternare una propria volontà di testare, sia per quanto concerne il suo specifico contenuto». Il Tribunale napoletano, quindi, aderendo all’orientamento per cui il testamento orale non è inesistente ma nullo – potendosi ravvisare nella volontà espressa oralmente dal testatore un negozio giuridico nullo e quindi suscettibile di conferma ex art. 590 c.c. –, ribadisce che alla volontà del de cuius potrà essere attribuita efficacia laddove, potendosi ricostruire con certezza il voluto testamentario, i soggetti legittimati a farlo decidano di confermarla, tanto ricorrendo ad un atto formale quanto dandole volontariamente esecuzione.

[39] In tal senso anche G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., 830.

[40] Si badi, nella misura in cui esse non siano contrarie alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume e, in caso di testamento olografo, a patto che i suoi successori si attivino per addivenire alla pubblicazione.

[41] Pericolo che la stesso Ministro Guardasigilli dimostra di avere ben preso in considerazione, tanto da dire, nella relazione al Codice Civile, che, in un caso del genere, è preferibile lasciare che la successione sia regolata dalla disposizioni in tema di successione legittima anziché affidarsi alla ricostruzione del voluto testamentario ad opera di terzi soggetti.

[42] Cfr. Cass. 9 maggio 1969, n. 1584.