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Pubbl. Mar, 26 Mag 2015

La nuova tenuità del fatto affrontata dalla giurisprudenza: il 131 bis al vaglio della magistratura

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Ilaria Ferrara


Dopo l’approvazione del D. Lgs. 28/2015, che ha introdotto il nuovo articolo 131-bis c.p., andiamo ora ad analizzare in particolare l’impatto che la norma ha avuto in giurisprudenza.


Il D. Lgs. n. 28 del 16 marzo 2015, entrato in vigore il 2 aprile 2015, ha introdotto nell'ordinamento penale nazionale il nuovo istituto giuridico della esclusione della punibilità dovuta alla particolare tenuità del fatto posto in essere (per approfondire, si veda questo articolo), inserendo all'interno del corpo normativo del Codice Penale il nuovo art. 131 bis.

L'art. 131-bis nel dettaglio

La norma si applica a quegli illeciti penali sanzionati dall'ordinamento con la pena pecuniaria e con la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, sia qualora le due tipologie di pena siano congiunte, sia quando siano previste distintamente. Il giudice, dunque, esclude la punibilità della condotta di reato quando l'offesa è di particolare tenuità, ma nella valutazione è necessario che tenga conto, con l'ausilio dei criteri di commisurazione della pena stabiliti nel comma 1 dell'art. 133 c.p., delle modalità della condotta, dell'esiguità del danno o del pericolo e della non abitualità del comportamento del soggetto agente.

Lo stesso art. 131 bis c.p. stabilisce che l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, e dunque la punibilità non può ritenersi esclusa, quando l'autore abbia agito per motivi abietti o futili o con crudeltà, anche in danno di animali, oppure abbia adoperato sevizie o abbia approfittato di condizioni di minorata difesa della vittima, che possono derivare anche dall'età della stessa, o, ancora, qualora la condotta dell'agente abbia causato, o da questa siano derivate quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. Riguardo, invece, l'abitualità del comportamento dell'autore, questo non deve essere stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero non deve aver commesso più reati della stessa indole, anche se ogni fatto singolarmente considerato possa essere ritenuto di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali o reiterate.

In parole semplici, la non punibilità richiede che la condotta posta in essere dal soggetto agente sia tipica ed integrante tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di reato, che realizzi un'offesa, ma che questa non sia punibile alla luce dei criteri ordinamentali.

Tuttavia, l'istituto risulta applicabile anche al delitto tentato, sebbene la norma non ne faccia espressamente riferimento, in ragione del fatto che è possibile ravvisare la particolare tenuità dell'offesa che la consumazione del reato avrebbe potuto determinare, valutando quali effetti si sarebbero realizzati a consumazione avvenuta, e soprattutto tenuto conto, per dottrina e giurisprudenza oramai consolidate, che il tentativo di delitto  non è una degradazione della fattispecie di reato prevista dalla parte speciale, ma fattispecie autonoma di illecito penale delittuoso.

La posizione della Corte di Cassazione

Alla luce del dettato normativo, con sentenza n. 15449 del 2015, i giudici della III sezione penale della Corte di Cassazione non hanno tardato a stabilire le linee interpretative della novella legislativa, precisando che il nuovo istituto ha natura sostanziale ed è, quindi, applicabile nei procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore, a norma dell'art. 2, co. 4, c.p..; hanno ulteriormente osservato che nei giudizi di legittimità già pendenti in data 2 aprile 2015, la questione dell'applicabilità dell'art. 131 bis è rilevabile d'ufficio a norma dell'art. 609, co. 2 c.p.p.. Nel giudizio di legittimità la Corte di Cassazione deve valutare la sussistenza, in astratto, delle condizioni di applicabilità dell'istituto, sulla base dei dati emersi nel corso del giudizio di merito, in particolare tenendo conto di quanto emerge dalla motivazione della sentenza impugnata, e, in caso di valutazione positiva, deve annullare con rinvio al giudice di merito.

La nuova disciplina lambisce quella già esistente nel nostro ordinamento che dà rilievo alla particolare tenuità del fatto nel processo minorile e nel processo dinanzi al Giudice di Pace. Nel primo caso, infatti, se nel corso delle indagini preliminari risulta la particolare tenuità del fatto e la non abitualità del comportamento del minore, il Giudice può pronunciare, su richiesta del Pubblico Ministero, una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto. Davanti al Giudice di Pace, invece, l'istituto opera quale causa di non procedibilità, rilevando la natura processuale, piuttosto che quella sostanziale del nuovo istituto; infatti l'art. 34 del D. Lgs. 274/2000 stabilisce che il giudice può dichiarare la non procedibilità dell'azione penale per particolare tenuità del fatto, durante le indagini preliminari, qualora la parte offesa non abbia interesse a proseguire il giudizio.

Conclusioni

A fronte, dunque, delle numerose critiche mediatiche sorte all'indomani della legge delega che prevedeva l'introduzione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, bisogna evidenziare che la norma in esame non opera alcuna depenalizzazione, in quanto è pur sempre rimesso al magistrato, in sede di procedimento giurisdizionale, un apprezzamento, con valutazione caso per caso e in concreto, della non punibilità; infatti, come detto, il nuovo istituto si pone accanto ad altre ipotesi precedentemente previste dal codice penale e dalle leggi speciali, in cui un fatto costituente reato non risulta punibile.