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Pubbl. Mer, 23 Ott 2019

Democrazia partecipativa: un´analisi teorica di un istituto in evoluzione

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Camilla Della Giustina
Dottorando di ricercaUniversità della Campania Luigi Vanvitelli


Una lettura strettamente giuridica di un istituto in continua evoluzione


Sommario: 1. Introduzione; 2. Definizione e caratteristiche tipiche; 3. La democrazia partecipativa rapportata alle altre forme di democrazia: somiglianze e differenze; 4. Le fonti in materia di democrazia partecipativa: tra diritto costituzionale e amministrativo; 5. Il referendum propositivo: una esplicazione della democrazia partecipativa; 6.  La democrazia partecipativa nel diritto comunitario.

1. Introduzione

La cura degli interessi privati procede di pari passo con l’attività politica, e anche se ognuno è preso da occupazioni diverse, riusciamo tuttavia ad avere una buona conoscenza degli affari pubblici[1].

La democrazia partecipativa affonda le sue radici con le idee degli anni Sessanta e Settanta. In questo lasso temporale emerge una consapevolezza comune che si traduce in un partecipazionismo riguardante tanto le idee quanto i propositi e le pratiche. Si tratta di esperienze che si esauriranno nei decenni successivi senza venire dimenticate. Le esperienze appena descritte rappresentano il terreno fertile dal quale sono nate le idee attuali di democrazia partecipativa, sebbene le due esperienze possiedano tratti specifici e non sovrapponibili[2].

Il saggio affronta l’istituto della democrazia partecipativa fornendo una lettura strettamente giuridica del fenomeno[3] indicando una possibile definizione, rivenendo le fonti giuridiche della stessa e infine uno sguardo di come il concetto di democrazia partecipativa venga interpretato nell’ambito del diritto comunitario.

Un aspetto problematico concerne il rapporto esistente tra democrazia rappresentativa e diretta. Si tratta di un nodo spinoso in quanto per la dottrina maggioritaria è possibile ritenere che forme di democrazia diretta si manifestino tutt’oggi non prescindendo da specifiche situazioni. Questo orientamento ritiene che strumenti di democrazia diretta si possano rinvenire nell’istituto del referendum e nell’iniziativa popolare nelle sue varie declinazioni.

Dottrina contrapposta e minoritaria, invece, ritiene che sia anacronistico disquisire attualmente di democrazia diretta in quanto quest’ultima si rinviene solamente nell’esperienza ateniese verificatasi tra il 400 e 320 a.C. Da questa riflessione l’idea secondo la quale l’istituto del referendum non potrebbe essere qualificato come strumento di democrazia diretta, ma di democrazia partecipativa in quanto la seconda sarebbe l’evoluzione della prima.

2. Definizione e caratteristiche tipiche

Quando ci si approccia al concetto di democrazia partecipativa si deve evidenziare come non ci si rapporta con un istituto determinato e isolato con contorni ben definiti. Essa, infatti, può essere definita come un “riassunto verbale” comprendente al suo interno pratiche, procedure e dispositivi grazie ai quali è possibile attribuire un significato unitario al concetto di democrazia partecipativa[4].

Il fine perseguito dalle procedure di democrazia partecipativa è quello di democratizzare la democrazia[5], ossia sviluppare ulteriormente il concetto di democrazia per integrare i modelli classici allo scopo di adeguarli alle esigenze emergenti sul piano trans-nazionale. Si cerca di agevolare, così facendo, la nascita di strutture partecipative mediante le quali gestire questioni politiche che di solito vengono affrontate in contesti non formali, non gerarchici, da parte di attori che non sono collegati ai tradizionali circuiti democratici-rappresentativi[6].

Caratteristica tipica di questo istituto è data dall’elemento della partecipazione. Quest’ultima, infatti, è tipica della democrazia: non è possibile definire uno stato come democratico qualora non fosse prevista la partecipazione dei cittadini.

Allo stesso tempo l’elemento partecipativo caratterizza gli Stati di tipo composto dato che l’organizzazione dell’ordinamento giuridico degli stati cd. federali o regionali è ideata al fine di garantire la democrazia e il pluralismo. Di conseguenza viene favorita, in questa tipologia di ordinamenti giuridici, l’inclusione dei cittadini nelle procedure che attengono all’ambito decisionale[7].

È doveroso sottolineare come la democrazia partecipativa sia considerata come il mezzo di governo più efficace delle federazioni. Grazie alle procedure tipiche della democrazia partecipativa è possibile individuare in maniera più efficace uno o più soggetti ai quali delegare l’impegno di assumere decisioni, il tutto in forza di un mandato elettivo[8].

Se questo è il quadro entro il quale è possibile indicare il fine della democrazia partecipativa, per maggiore rigore metodologico, è necessario cercare una definizione capace di andare oltre all’accostamento tra sostantivo e aggettivo. Vi sono due termini da analizzare: democrazia e partecipazione.

Con la prima Bobbio faceva riferimento a un insieme di regole, primarie o fondamentali, che stabiliscono chi è autorizzato a prendere decisioni collettive e con quali procedure[9]. Il concetto di partecipazione trova la sua fonte nei fenomeni sociali sviluppatisi negli anni sessanta dalla protesta di lavoratori e studenti[10]. Aspetto comune di questi due termini è quello di essere riconducibili all’insieme di regole di procedure stabilite per la formazione di decisioni collettive, in forza delle quali è prevista e facilitata la partecipazione più ampia possibile degli interessati[11].

Nonostante non sia rinvenibile un accordo tra giuristi e politologici circa la definizione di democrazia partecipativa, si ritiene che essa possa essere ricondotta a uno specifico genere di strumenti e procedure diversi da quelli tipici delle altre categorie di democrazia rappresentativa. Da ciò discende come il concetto di democrazia partecipativa possieda un’autonomia sia concettuale che precettiva necessitando quindi di una trattazione scientifica autonoma dagli altri concetti di democrazia[12].

3. Democrazia diretta e rappresentativa

Posta una breve definizione circa l’istituto di democrazia partecipativa si ritiene necessario prospettare una breve distinzione tra l’istituto della democrazia diretta e rappresentativa.

Partendo dalla prima si ricorda la nascita della stessa venga fatta risalire con l’esperienza della Grecia di Atene, tra il 400 e il 320 a.C. In questo contesto i cittadini ateniesi partecipavano direttamente alla decisioni collettive, prendevano parte alle assemblee (ecclèsia) ed infine era riconosciuta loro la possibilità di confrontarsi costantemente in relazione a temi che coinvolgevano l’intera collettività.

Con lo sviluppo delle società, l’abolizione della schiavitù, la nascita di istituti specializzati all’esercizio delle funzioni pubbliche e l’affermazione dell’economia di mercato i cittadini non avevano più la possibilità di dedicare il tempo necessario all’ambito politico. Come risposta a questo cambiamento nascevano gli istituti di democrazia rappresentativa con i quali l’individuo/cittadino diviene indipendente rispetto alla formazione statale.

La difficoltà nel definire la democrazia diretta concerne proprio la circostanza secondo cui essa è nata, ossia in un contesto totalmente diverso rispetto a quello attuale. Democrazia diretta significa che il potere di decisione della res publica viene gestito direttamente dai cittadini. Molteplici sono le definizioni fornite dalla dottrina giuridica, in particolare, Bobbio ritiene che perchè vi sia democrazia diretta nel senso proprio della parola, cioè nel senso in cui diretto vuol dire che l’individuo partecipa esso stesso alla deliberazione che lo riguarda, occorre che fra gli individui deliberanti e la deliberazione che li riguarda non vi sia alcun intermediario[13].

La democrazia diretta appare essere quindi la democrazia degli antichi e la democrazia rappresentativa quella dei moderni in base a quanto sopra esposto. Al contrario per democrazia rappresentativa si intende un sistema basato su regole e le istituzioni della rappresentanza ovvero caratterizzato da elezioni libere, competitive, corrette, periodiche e poi da strutture rappresentative, come il parlamento, e decisionali come il governo[14]. Secondo questa ricostruzione la partecipazione diretta del popolo si realizzerebbe solamente nel momento delle votazioni in quanto le decisioni sono assunte da coloro che costituiscono i professionisti della politica.

Per Bobbio, invece, la democrazia rappresentativa sarebbe quel sistema attraverso il quale le decisioni che riguardano la collettività vengono adottate esclusivamente da persone elette a tale scopo senza l’inclusione diretta di tutti i cittadini. In questi sistemi il rappresentante possiede la fiducia del rappresentato, ossia il corpo elettorale. Una volta eletto il rappresentante questi diviene portavoce di interesse generali della società. Proprio per questo motivo egli non risulta essere più responsabile dinnanzi agli elettori[15].

È evidente che trattando di democrazia rappresentativa si debba necessariamente fare riferimento al concetto di rappresentanza. Quest’ultima possiede diverse declinazioni: si ha rappresentanza giuridica, sociologica e politica.

La prima, ossia la rappresentanza giuridica, è caratterizzata dall’instaurazione di un rapporto tra due soggetti, mandante e mandatario. Mediante la conclusione del contratto di mandato una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra (art. 1703 c.c.)[16].

La rappresentanza sociologica individua una comunanza tra rappresentante e rappresentato in base a diversi fattori[17].

Infine, nella nozione di  rappresentanza politica confluiscono due significati. Il primo è riconducibile al concetto di rappresentanza giuridica e fa riferimento alla struttura antica dei parlamenti medioevali. Il secondo significato, quello moderno di rappresentanza, nato con la Rivoluzione Francese è più vicino al vocabolo “rappresentazione”. Aderendo al concetto di rappresentanza nel senso di rappresentazione si allude al fatto che un soggetto fa vivere in un determinato ambito qualche situazioni che effettivamente non esiste. In questa accezione rappresentanza non allude all’instaurazione di un rapporto tra rappresentante e rappresentato ma all’esistenza di una autonoma situazione di potere facente capo al primo[18].

4. La democrazia partecipativa rapportata alle altre forme di democrazia: somiglianze e differenze

Al fine di comprendere i limiti concettuali della democrazia rappresentativa è necessario analizzare il rapporto che intercorre tra questa e le altre categorie di democrazia.

Partendo dalla democrazia diretta è doveroso osservare come la sua vera essenza, ossia esercizio del potere da parte dei cittadini in modo immediato[19], possa essere rinvenuta solamente nei casi delle Landesgemeindem dei cantoni svizzeri di Appenzell Innerrhoden e di Glarus e dei Town Meeting del New England statunitense[20].

Se questi sono i campi in cui è possibile rinvenire l’esplicarsi della democrazia diretta è altresì vero come la dottrina qualifichi altri istituti, rinvenibili in diversi ordinamenti giuridici e aventi fonti legislative o costituzionali, come appartenenti al genus democrazia diretta. Precisamente vengono definiti strumenti di democrazia diretta il referendum[21], l’iniziativa legislativa popolare[22] nelle diverse sfumature di popular initiative, del recall[23] e della petizione[24].

Elemento comune agli istituti appena menzionati riguarda il loro funzionamento mediante carattere maggioritario e l’essere complementari rispetto ai meccanismi rappresentativi. In particolar modo il funzionamento della democrazia diretta poggia sul principio della maggioranza e sull’espressione popolare relativa ad una scelta binaria e secca (si-no).

La democrazia partecipativa si differenzia da quella diretta in quanto modalità decisionali della prima possono definirsi come specifiche, poiché assumono un carattere deliberativo[25]. Il rapporto che intercorre tra la democrazia diretta e partecipativa si differenzia sicuramente per quanto concerne il principio posto alla base dei due istituti.

La democrazia diretta, infatti, negli ordinamenti contemporanei, porta all’adozione di una decisione “esterna” e vincolante, in quanto superiore per le istituzioni stesse. Nonostante questo mediante gli istituti di democrazia diretta non si atteggia in modo diverso il rapporto intercorrente tra gli elettori e le istituzioni[26].

Il rapporto che è presente tra democrazia diretta e partecipativa può essere letto anche sotto un aspetto strettamente storico-filosofico. Democrazia diretta e partecipativa esprimono, rispettivamente, il mondo antico e quello moderno: se si adotta una nozione in senso ampio di democrazia partecipativa, intesa quale estrinsecazione dell’autonomia, allora risulterebbe essere l’unica forma di democrazia idonea a rispondere alle esigenze della contemporaneità.

Negli istituti di democrazia partecipativa vi sono tre elementi variabili. Il primo concerne il coinvolgimento nell’intero procedimento decisionale il quale parte dalla formulazione della proposta al controllo sull’esecuzione. La differenza con la democrazia diretta è evidente: in quest’ultima risulta mancante il coinvolgimento nell’intero procedimento e la partecipazione dei non cittadini. Il secondo fattore concerne la qualità del dibattito che, nella democrazia partecipativa risulta essere maggiormente qualificato idoneo a canalizzare le proposte e proteste delle persone in ambiti decisionali paralleli a quelli rappresentativi. Infine, si possiede un centro locale o regionale nel quale gli istituti di democrazia partecipativa possono trovare espressione concreta[27].

Quanto all’atteggiarsi della democrazia deliberativa[28] rispetto a quella partecipativa si possono svolgere due riflessioni. La prima concerne il fatto che si tratta di due istituti separati e diversi, la seconda, invece, riguarda lo sviluppo che può rintracciarsi tra i due istituti: la democrazia deliberativa ha esercitato una notevole influenza su quella partecipativa.

La democrazia deliberativa può essere definita come una teoria che mira a rafforzare la democrazia, superando le concezioni individualistiche ed economiche, per ancorarla alla discussione, al confronto e al principio dell’accountability[29]. La democrazia deliberativa, quindi, avrebbe lo scopo di divenire un modello democratico caratterizzato dall’argomentazione e dal dibattito, superando così il modello classico avente come elemento tipico il meccanismo della votazione. Questo modello di democrazia valorizza lo scambio delle opinioni e di formazione della volontà quindi favorisce il momento che precede la formazione della volontà[30]. Il processo che la democrazia partecipativa innesta possiede quale fine ultimo l’adozione di una decisione che possa definirsi come argomentata razionalmente e legittimata[31].

Le forme di democrazia deliberativa solitamente vengono svolte in modo libero nell’ambito di contesti culturali e difficilmente vengono attivate dalle istituzioni pubbliche. La differenza rispetto alla democrazia partecipativa è che quest’ultima entra di diritto nella sfera istituzionale e possiede degli elementi che non possono essere ricondotti alla forma deliberativa. Lo scopo della democrazia partecipativa è quello di aumentare il pluralismo e di fornire concreta attuazione al diritto di partecipazione qualora sia previsto[32].

Il cuore pulsante della democrazia deliberativa è dato dal  tentativo di  creare degli spazi nei quali sia possibile esprimere il dissenso al fine di cercare di comporre il conflitto per giungere in un ultima analisi ad un dialogo con le istituzioni[33].

Il rapporto che intercorre tra queste due forme di democrazia può essere riassunto con la seguente espressione: due modalità di approccio della democrazia destinate a incrociarsi e così a guadagnare reciprocamente[34].

La democrazia partecipativa, infatti, può essere definita come una pratica istituzionale che sfrutta i metodi propri della democrazia deliberativa per superare il divario che esiste e che divide le istituzioni rappresentativa dalla società civile. In questa relazione si possono individuare due elementi. Il primo riguarda il coinvolgimento delle parti mediante sistemi democratici e non gerarchici. Il secondo implica l’ampliamento del novero dei soggetti e, di conseguenza, l’inclusione di tutti gli interessati ad una specifica decisione, rispetto a coloro i quali normalmente intervengono nelle scelte rappresentativo-elettorale[35].

Ulteriore differenza che si può individuare tra democrazia partecipativa e deliberativa è che la seconda non è compatibile con alternative secche, quali si/no. I sostenitori e teorici della democrazia deliberativa guardano con sospetto a tutte le forma di partecipazione che non prevedono la possibilità di confronto preliminare all’adozione della decisione, come è tipico dell’istituto del referendum.

Dato che la democrazia deliberativa rappresenta un metodo di decisione alternativo rispetto alla votazione viene considerata uno strumento idoneo a allargare la legittimazione di ogni decisione pubblica. Proprio la ricerca del consenso razionale e motivato come elemento necessario per convincere tutte le parti coinvolte  fa si che la democrazia deliberativa costituisca una reazione alla politica intesa come competizione tra gruppi di potere. L’attività che viene stimolata mediante gli strumenti deliberativi intesi in questa accezione consente, attraverso il confronto, che la decisione che viene assunta sia il più possibile condivisa in modo tale da prevenire i conflitti e ridurre la perdita di consenso.

Alla luce di ciò si vede come la democrazia partecipativa tenti di aprire uno spiraglio relazionale tra la società civile e le istituzioni, mentre, la democrazia deliberativa vorrebbe modificare le modalità di adozione delle decisioni stesse mediante l’inclusione dei soggetti destinatari delle decisioni e il rispetto dei principi della deliberazione[36].

Si rileva infine come la democrazia partecipativa possieda tratti caratteristici che non la rendono sovrapponibile in toto al concetto di sussidiarietà orizzontale[37]. Sebbene entrambi gli istituti attengano alla sfera dei rapporti tra stato e società diverse e sostanziali risultano essere le differenze.

In primo luogo la sussidiarietà attiene all’ambito del “fare”, più che all’ambito del “dire” ossia comporta un coinvolgimento non solo e solamente nella discussione ma anche nella individuazione di soluzioni pratiche da applicare ai problemi concreti.[38]

In secondo luogo la sussidiarietà orizzontale concepisce i pubblici poteri come fonte dalla quale i cittadini, singoli o associati, possono trarre dei sussidi da impiegare in attività di interesse generale, attività che senza questo sostegno non potrebbero essere compiute. Nella democrazia partecipativa, invece, il rapporto tra cittadini e istituzioni è inverso. Sono i cittadini a porsi nei confronti delle istituzioni come sussidi in quanto dotati di una maggiore legittimazione derivante dal metodo utilizzato nell’adozione delle decisioni[39].

5. Le fonti in materia di democrazia partecipativa: tra diritto costituzionale e amministrativo

L’esigenza di fornire una regolamentazione formale e, di conseguenza, una regolamentazione giuridica ai fenomeni di democrazia partecipativa deriva dalla sempre più crescente necessità dei cittadini di partecipare alla “vita” delle istituzioni[40].

Posta questa premessa, si deve evidenziare come la dottrina si sia impegnata a definire entro quali limiti, in materia di democrazia partecipativa, si possa applicare la disciplina dettata dal diritto costituzionale e in quali ipotesi si debba ricorrere a quella propria del diritto amministrativo.

In altre parole, la dottrina si chiede se la questione della partecipazione sia connaturata a livello costituzionale o a livello amministrativo[41]. Dato che la democrazia partecipativa attiene ai processi decisionali pubblici si deve capire entro quali confini sia ascrivibile al diritto costituzionale piuttosto che al diritto amministrativo. Si deve notare come molte esperienze di democrazia partecipativa si svolgono quale interazione tra la società civile, gli esecutivi locali, regionali e nazionali in limitati casi[42].

Posto il problema appena esposto, il quesito è il seguente: la democrazia partecipativa costituisce una classe autonoma del diritto costituzionale quale categoria distinta dalla partecipazione procedimentale, tipica del diritto amministrativo o si tratta di un contesto comune al diritto amministrativo e costituzionale[43]?

La partecipazione procedimentale è lo strumento tipico riguardante la congiunzione tra interessi legittimi e diritti soggettivi all’interno del procedimento amministrativo. Sulla scorta delle ricostruzioni dottrinarie si possono distinguere due prospettive tipiche della partecipazione procedimentale[44].

La prima, quella che potrebbe essere definita come interna, intende la partecipazione procedimentale come una manifestazione di istituti e regole dettate per dare attuazione alle logiche intime del diritto amministrativo. Adottando un’altra prospettiva la partecipazione dei soggetti privati alle decisioni pubbliche trova la sua ratio nel fornire la possibilità a più soggetti di essere coinvolti nelle decisioni amministrative. Le decisioni amministrative che consentono la partecipazione di più privati devono avere quale caratteristica quella di interessare una vasta cerchia di soggetti. Si ricorda come il diritto amministrativo preveda l’esclusione dei singoli individui in relazione all’adozione di atti amministrativi generali, atti normativi e atti di programmazione e pianificazione[45].

Da questo si nota la differenza di ratio rinvenibile nel concetto di democrazia partecipativa a seconda che l’istituto venga esaminato sotto la lente del diritto amministrativo o del diritto costituzionale.

Il diritto amministrativo consente la partecipazione dei soggetti, individuati a priori, interessati all’elaborazione di un atto amministrativo solamente in una fase specifica e precisa della procedura di adozione di provvedimenti amministrativi.

La partecipazione amministrativa comprende in se stessa la nozione di partecipazione dei privati alle decisioni amministrative di portata generale[46]. Si tratta di una definizione elaborata dalla dottrina al fine di coinvolgere i cittadini al processo di decisione di atti diversi dai provvedimenti amministrativi. Questa esigenza nasce dato che in Italia non è ammessa la presenza dei privati nella predisposizione di atti generali e normativi ex art. 13 L. 241/90.

Sebbene sia presente questa disposizione si deve sottolineare come molti procedimenti preposti a fornire una disciplina regolamentare prevedono l’obbligo di consultazione in forza di discipline settoriali o direttive comunitarie. Esempi si possono rinvenire nel settore ambientale[47], urbanistico[48] e nell’art. 8 T.U. Enti Locali[49].  

Diversamente, l’istituto di democrazia partecipativa alla luce del diritto costituzionale, si nota come lo scopo di essa sia quello di coinvolgere sempre di più i governati nell’adozione di atti generali e astratti al fine di posizionare entrambi i soggetti nella stessa posizione gerarchica senza che nessuno di essi possa assumere una posizione di prevalenza[50].

Le procedure previste dal diritto costituzionale sono protese verso il coinvolgimento dei portatori di interessi alla decisione prevedendo la possibilità per questi di influenzare l’adozione della disciplina normativa[51].

Si può quindi dire che sebbene la partecipazione procedimentale appartenga al diritto amministrativo la partecipazione dei privati alle decisioni amministrative aventi carattere generale viene fatta rientrare nel concetto di sovranità popolare riconducendola quindi al diritto costituzionale.

In conclusione, si può sostenere che la questione della partecipazione attenga sia al diritto costituzionale che al diritto amministrativo. Ciascuno dei due ambiti affronta il problema sotto una prospettiva differente e fornendo una lettura diversa alla luce delle diverse disposizioni specifiche[52].

Posta questa premessa si può ora passare ad analizzare brevemente quali siano le fonti della democrazia partecipativa prima prendendo in considerazione il diritto costituzionale e poi quello amministrativo.

Partendo dal primo le fonti normative sono rinvenibili nei primi tre articoli della Costituzione italiana. La partecipazione viene interpretata come un fine generale della Repubblica in quanto collegato intimamente allo sviluppo della persona umana. Si nota come la partecipazione sia norma di principio fondamentale delle istituzioni repubblicane sia per quanto concerne l’organizzazione repubblicana sia per l’individuazione delle regole disciplinanti i rapporti nella società. Alla luce di tutto questo la democrazia partecipativa può essere interpretata come un diritto soggettivo inteso come diritto individuale fondamentale: il che potrebbe ricondursi alla concezione tradizionale che concepisce l’attività politica del cittadino come la vera e propria espressione di un diritto fondamentale[53].

Analizzando ora le fonti nell’ambito del diritto amministrativo la prima disposizione che emerge è l’art. 97 Cost. il quale stabilisce il principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione. Per quanto concerne la partecipazione procedimentale la fonte per eccellenza, come detto in precedenza, è rappresentata dalla L. 241/90.

6. Il referendum propositivo: un’esplicazione della democrazia partecipativa

A Giugno 2018, è stata presentata la proposta di legge[54] relativa alla modifica dell’art. 71 Cost. nella parte dell’iniziativa legislativa popolare.

Posto che l’analisi delle problematiche derivanti dall’eventuale modifica dell’articolo meritano una trattazione autonoma e separata verrà fornita una breve illustrazione di quanto è ora in discussione in Parlamento.

Secondo punto da affrontare prima di giungere alla breve disamina del progetto di riforma costituzionale concerne la qualificazione, all’interno delle categorie democrazia diretta o partecipativa, dell’istituto in questione, ossia il referendum propositivo.

È opportuno evidenziare che  una parte della dottrina sostiene che qualificare l’istituto del referendum come strumento di democrazia diretta rappresenti un errore. Questa riflessione fonda le sue radici sull’analisi dell’istituto di democrazia diretta. Quest’ultima può definirsi tale solo e soltanto nell’ipotesi in cui non siano previste mediazioni e quando la decisione popolare può essere realmente definita immediata.

Di conseguenza affinchè si possa qualificare uno strumento giuridico come di democrazia diretta è necessario che sia sempre riconosciuto il diritto ai cittadini di parola e di emendamento. Alla luce di tutto questo risulta poco corretto e preciso qualificare un istituto, quale quello del referendum, come di democrazia diretta. La mediazione, infatti, nel referendum è presente in ogni fase: a partire dalla decisione sull’an, sul quomodo e sul quando, nella strategia da adottare durante la campagna elettorale ed infine sull’interpretazione del voto[55].

In conclusione, sembra corretto inquadrare l’istituto del referendum partecipativo all’interno della macro-categoria democrazia partecipativa e non democrazia diretta.

La camera dei deputati ha approvato in prima deliberazione la proposta di legge costituzionale[56] diretta a modificare l’art. 71 Cost. nella parte relativa all’iniziativa popolare.

Il punto di partenza di questa “nuova ed eventuale” procedura consiste nella raccolta di un numero di 500.000 sottoscrizioni da parte degli elettori necessarie affinchè si possa parlare di richiesta legislativa. Si introduce quindi una fattispecie di iniziativa popolare rinforzata per le proposte di iniziativa legislativa popolare ordinaria che siano sottoscritte da almeno 500.000 elettori. Una volta ottenute queste sottoscrizioni, qualora il Parlamento dovesse apportare modifiche sostanziali a quel progetto di legge, verrebbe riconosciuto ai promotori la possibilità di chiedere l’attivazione del referendum qualora non dovessero accettare le modifiche apportate.

Si tratta di un referendum[57] approvativo in quanto il suo oggetto concerne esclusivamente l’approvazione di quel progetto di iniziativa parlamentare ed eventuale dato che è rimessa la scelta ai “promotori” se attivare o meno detto strumento.  La proposta sottoposta a referendum è approvata e successivamente promulgata qualora ottenga la maggioranza dei voti validamente espressi a condizione che gli stessi risultino essere superiori a un quarto degli aventi diritto al voto.

Mediante lo strumento del referendum propositivo si vuole introdurre un importante strumento di partecipazione per i cittadini in quanto viene consentito loro di concorrere all’assunzione di decisioni politiche potendo influenzare la deliberazione degli organi rappresentativi. A questo scopo risulta necessario introdurre delle procedure atte a consentire un dialogo tra i competenti organi parlamentari e i promotori del referendum attraverso lo svolgimento di audizioni[58].

Illustrata brevemente questa ipotesi di riforma credo che risulti necessario soffermarsi su due aspetti essenzialmente riguardanti il quorum richiesto nonché il ruolo del Presidente della Repubblica nel contesto di questo particolare referendum.

Partendo dalla questione del quorum viene richiesto solamente che i “si” superino il 25% degli aventi diritto al voto, quindi, una ristretta maggioranza di elettori può  innovare l’ordinamento giuridico senza che vi sia una vera ed efficace dialettica tra maggioranza e minoranza, ma relegando il tutto ad una scelta secca (si/no) priva di sfumature. La domanda da porsi concerne la compatibilità o meno di questa procedura con la tutela della maggioranza: una minoranza può modificare l’ordinamento giuridico, sebbene rispettando alcuni limiti, ma la maggioranza come viene tutelata?

La nostra Costituzione, mediante istituti e organi costituzionali, prevede un sistema di controllo, affinchè una maggioranza occasionale non possa apportare modifiche “pericolose” e diretta a sovvertire, cambiare quelli che sono stati definiti i principi fondamentali il tutto predisponendo strumenti a tutela delle minoranze qualora dovesse verificarsi il fenomeno denominato tirannia della maggioranza.

Affrontando il secondo quesito è necessario precisare che da quanto emerge dai lavori parlamentari non vi è alcun riferimento. Il tradizionale procedimento legislativo culmina e termina con la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica. Si tratta di un atto di controllo formale e sostanziale svolto dal Presidente della Repubblica e corredato dal relativo potere di rinviare la legge alle camere con messaggio motivato.

Alla luce della nuova procedura attivata dalla proposta popolare alla quale dovesse seguire il referendum propositivo il ruolo attribuito al Presidente della Repubblica sarà assimilabile a quello previsto in sede di procedura legislativa ordinaria? Chi svolgerà questo ulteriore controllo? Dai lavori parlamentari emerge che spetterà alla Corte Costituzionale giudicare circa l’ammissibilità delle richieste presenti nel referendum propositivo, quindi il ruolo del Presidente della Repubblica dovrebbe essere analogo a quello previsto in sede di referendum abrogativo. 

In conclusione, la riforma lascia non poche perplessità e timori. Il referendum propositivo risulta essere un istituto ibrido in quanto legato in parte alla disciplina dettata dall’art. 71 Cost., e dall’altro legato a quella dettata dall’art. 75 Cost. in materia di referendum abrogativo.

Emerge la figura di un popolo sovrano e legislatore al quale verrebbe fornito, attraverso questa riforma, il diritto di competere con i rappresentanti eletti dai cittadini nonché il potere di sottoporre ad essi le proposte che derivano da questo “nuovo legislatore”.

7. La democrazia partecipativa nel diritto comunitario

Quando si analizza il concetto di democrazia partecipativa è importante studiarlo in relazione al livello di governo che viene preso in considerazione.

Quando si rapporta la democrazia partecipativa con il livello locale e nazionale si nota come la stessa assuma i connotati di modalità di coinvolgimento dei cittadini a processi decisionali rappresentativi mediante logiche deliberative[59].

Se lo stesso istituto viene rapportato nello spazio sovranazionale, precisamente nel contesto dell’Unione Europea, si riscontrano due tipologie di fenomeni.

Una prima tipologia concerne l’iniziativa dei cittadini europei avente quale base legislativa l’art. 11 §4 TUE e l’art. 24 §1 TFUE.

Il primo articolo disciplina la possibilità per i cittadini appartenenti all’Unione Europea di assumere l’iniziativa al fine di invitare la Commissione europea, per quanto concerne le attribuzioni che le sono proprie, a presentare una proposta adeguata con riferimento alle materie che i cittadini dell’Unione ritengono necessitante di un atto giuridico della stessa Unione Europea. Affinchè questa procedura possa iniziare validamente è necessario che i cittadini proponenti siano in un numero almeno di un milione e che possiedano la cittadinanza di un numero significativo di stati membri.

Il secondo articolo, invece, demanda al Parlamento europeo e al Consiglio la regolamentazione contenuta nell’art. 11 §4 TUE.

L’altra tipologia di strumenti mediante i quali si realizzano le pratiche di democrazia partecipativa concernono quella tipologia di fenomeni che prevedono la consultazione degli interessati e, precisamente, il dialogo sociale e civile[60].

Il problema della democrazia rappresentativa veniva affrontato anche con la Costituzione dell’Unione Europea del 2004. In essa, precisamente, si esaminava la dibattuta questione della legittimazione democratica degli assetti istituzionali dell’Unione Europea, inquadrandola nella dialettica fra il principio della democrazia rappresentativa e partecipativa definendola come una opportunità concessa ai cittadini di far conoscere e scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azioni dell’Unione[61].

L’aggettivo “partecipativa” ha lo scopo, nel quadro comunitario, di conferire una maggiore legittimazione all’istituto della democrazia. Lo scopo che viene perseguito è quello di cercare di avvicinare i cittadini alle istituzioni europee. Alla luce di questo emerge come risulti non adeguato al contesto trattare di democrazia partecipativa data l’assenza dei caratteri tipici e idonei dell’istituto de quo[62].

 

Note e riferimenti bibliografici 

[1] Tucidide, La guerra del Peloponneso, II, 40.

Allegretti U., Democrazia partecipativa: un contributo alla democratizzazione della democrazia, in Democrazia partecipativa. Esperienze e prospettive in Italia e Europa, (a cura di) Allegretti U., Firenze University Press, 2010, pag. 1.

[2] Allegretti U., Democrazia partecipativa: un contributo alla democratizzazione della democrazia, in Democrazia partecipativa. Esperienze e prospettive in Italia e Europa, (a cura di) Allegretti U., Firenze University Press, 2010, pag. 5-10.

[3] Essa rappresenta un ambito comune sia agli studi politici, sociali e giuridici.

[4] Allegretti U., La democrazia partecipativa in Italia e in Europa, in Associazione italiana dei Costituzionalisti, n. 1/2011, pag. 2.

[5] Allegretti U., Democrazia partecipativa: un contributo alla democratizzazione della democrazia, in Democrazia partecipativa. Esperienze e prospettive in Italia e Europa, (a cura di) Allegretti U., Firenze University Press, 2010, pag. 5-45.

[6] Castellà Andreu J.M., Las enenanzas del tiempo transcurrido, o de como la democracia representativa sigue siendo imprescindibile, in La democracia indignada: tensiones entre voluntad popular; y representacion politica, 2014, pag. 143-157.

[7] Esposito C., Autonomie locali e decentramento amministrativo nell’art. 5 della Costituzione, in La Costituzione italiana. Saggi. Esposito C., (a cura di), Cedam, 1954, pag. 67-76.

[8] Madison J., The Federalist No. 10, in The Federalist Paper, Madison J., Hamilton A. (a cura di), Yale University Press, 2009, pag. 47-53.

[9] Bobbio N., Il futuro della democrazia, Einaudi, 1984, pag. 4, cit.

[10]Bifulco R., Democrazia deliberativa, partecipativa e rappresentativa. Tre diverse forme di democrazia? In Democrazia partecipativa. Esperienze e prospettive in Italia e Europa, (a cura di) Allegretti U., Firenze University Press, 2010, pag. 65-77.

[11] Volpe L., Democrazia diretta (voce) in Glossario di Diritto pubblico comparato, (a cura di) Pegoraro L., Carocci, 2009, pag. 76, cit.

[12] Baldini S., Riflessioni sull’uso consapevole della logica fuzzy nelle classificazioni fra epistemologia del diritto comparato e interdisciplinarietà, in Revista General de Derecho Pùblico Comparado, n. 10/2012, pag. 1-20.

[13] Bobbio N., Quali alternative alla democrazia rappresentativa? In Mondoperario, 1975, pag. 45.

[14] Cotta M., Della Porta D., Morlino L., Fondamenti di scienza politica, Il Mulino, 2014.

[15] Bobbio N.,Il futuro della democrazia, Einaudi, 2006.

[16] In questa sede si accenna brevemente al contratto di mandato senza procedere alle sue classificazioni e ad una analisi maggiormente approfondita in quanto non è oggetto di trattazione del saggio medesimo.

[17] Lanchester F., Gli strumenti della democrazia: lezioni di diritto costituzionale comparato, Giuffrè, 2004.

[18] Bin R., Pitruzzella G., Diritto Costituzionale, Giappichelli, 2018, pag.65-67.

[19] Si tratta della democrazia diretta come teorizzata nella Grecia classica. In quel contesto, infatti, la partecipazione diretta si esplicava mediante il sorteggio dei cittadini all’interno di comunità politiche quali erano le polis. Sintomer Y., Giurie cittadine, sorteggio e democrazia partecipativa, Dedalo, 2008, pag. 10.

[20] Lanchester F., La rappresentanza in campo politico e le sue trasformazioni, Giuffrè, 2006, pag. 42-44.

[21] Si tratta di una pronuncia popolare resa da ciascun cittadino mediante votazione separata su questioni giuridicamente rilevanti e determinate, poste in forma alternativa. Esistono referendum consultivi, confermativi, abrogativi e propositivi. Ulreri P., Referendum e democrazia. Una prospettiva comparata, Il Mulino, 2003.

[22] Garantisce la partecipazione del corpo elettorale alla formazione della legge soprattutto nel momento dell’iniziativa legislativa. Quest’ultima avviene mediante la raccolta di adesioni in relazione a un determinato disegno di legge che viene elaborato da un ristretto gruppo di cittadini. Luciani M., Il referendum. Questioni teoriche dell’esperienza italiana, 2008, pag. 164

[23] Si tratta di uno strumento diffuso nell’esperienza giuridica statunitense e svizzera. Mediante l’istituto del recall gli elettori possono rimuovere un funzionario pubblico, mediante una votazione, prima della scadenza del suo mandato. Questa rimozione è sorretta dalla disapprovazione circa le politiche perseguite dal funzionario in questione. Olivetti M., Il recall e i nuovi statuti regionali, in AA.VV. La potestà statutaria regionale nella riforma della Costituzione, Giuffrè, 2001, pag. 355-359.

[24] Si tratta di una richiesta specifica e formulata per iscritto dai cittadini alle autorità pubbliche. Viene considerato strumento di democrazia partecipativa in quanto, tramite essa, vengono gettate le basi per la creazione di un canale di raccordo e di dialogo tra cittadini e rappresentanti in relazione a processi decisionali pubblici. Orrù R., La petizione al pubblico potere tra diritto e libertà. Evoluzione storica e profili comparatistici, Giappichelli, 1996, pag. 187-197.

[25] Vizioli N., La democrazia partecipativa nella legislazione regionale italiana, in Revista catalana de dret public, vol. 48, 2014, pag. 189.

[26] Allegretti U., La democrazia partecipativa in Italia e in Europa, in Associazione italiana dei Costituzionalisti, n. 1/2011, pag.4.

[27] Fioriglio G., Democrazia elettronica, Cedam, 2017, pag. 101-102-

[28] Il termine italiano “democrazia partecipativa” indica uno stabilire, venire a una determinazione o esprimere una decisione dopo una opportuna discussione in particolare riferendosi a decisioni prese collegialmente o da persona investita da carica pubblica. L’espressione anglosassone deliberate democracy si deve intendere come a discussion and consideration by a gruop of person of the reasons for and aganist a measure. Webster’s dictionary.

[29] Si tratta della teoria astratta prospettata da Habermas e Rawls. Rawls J., Liberalismo politico, Einaudi, 1993. Habermas J., Fatti e norme. Contributi a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia, Laterza, 2013.

[30] Elster J., Deliberation and Constitution Making, in Cambridge Studies in the Theory of Democracy, Cambridge University Press, 1998, pag. 97-122.

[31] Allegretti U., Voce Democrazia partecipativa, pag. 330.

[32] Picchi M., Il diritto di partecipazione: note preliminari (per l’effettività dei diritti sociali), in Gruppo di Pisa, 2012.

[33] Bobbio L., Dilemmi della democrazia partecipativa, in Democrazia e Diritto, Fasc. 4, 2006, pag. 11.

[34] Allegretti U., La democrazia partecipativa in Italia e in Europa, in Associazione italiana dei Costituzionalisti, n. 1/2011, pag. 4 nota 18.

[35] Bifulco R., Democrazia deliberativa, in Enciclopedia del diritto, annali IV, 2011, pag. 271-294.

[36] Cataldi L., Promesse e limiti della democrazia deliberativa: un’alternativa alla democrazia del voto? In Working Paper – LPF n. 3, 2008, pag. 26-29.

[37] Disciplinato dall’art. 118 co. 4 Cost. Si riferisce a un fare che viene svolto o in modo autonomo o in rapporto con le istituzioni e si esaurisce nello svolgimento concreto di un’attività gestionale (amministrativa). Non coincide quindi con un’attività decisionale di un ente istituzionale che incide sull’indirizzo politico generale.

[38] Allegretti U., La democrazia partecipativa in Italia e in Europa, in Associazione italiana dei Costituzionalisti, n. 1/2011, pag. 5.

[39] AA.VV. Le autonomie in cammino, Cedam, 2012, pag. 108.

[40] Allegretti U., Basi giuridiche della democrazia partecipativa: alcuni orientamenti, in Democrazia e diritto, n. 3/2006 pag. 1.

[41] Carrer M., Partecipazione e controllo. Il rapporto tra democrazia e partecipazione alla prova del livello regionale e locale, in Gruppo di Pisa, 2014, pag. 2, cit.

[42] Giannini M.S., Il pubblico potere: stati e amministrazioni pubbliche, Il Mulino, 1986, pag. 7

[43] Allegretti U., L’amministrazione dell’attuazione costituzionale alla democrazia partecipativa, Giuffrè, 2009.

[44] Il procedimento amministrativo destinato a sfociare nell’adozione di un provvedimento amministrativo è caratterizzato dalle seguenti fasi procedimentali: comunicazione di avvio del procedimento, garanzie di partecipazioni, l’accesso infra-procedimentale e la possibilità di presentare memorie scritte e documenti. Casetta E., Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, 2006, pag. 416-424.

[45] Art. 13 L. 241/90.

[46] Cassese S., La partecipazione dei privati alle decisioni pubbliche. Saggio di diritto comparato in Rivista trimestrale di diritto pubblico, vol. 1, 2007, pag. 20, cit.

[47] Olivito E., Partecipazione e ambiente. Uno sguardo critico in Diritto Pubblico, n. 2, 2011, pag. 559-610.

[48] Coen L., La pianificazione urbanistica come archetipo della partecipazione strutturata, in Per governare insieme: il federalismo come metodo di governo (a cura di) Arena G., Cortese F., Padova, 2011, pag. 189-204.

[49] I comuni anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale. I rapporti di tali forme associative sono disciplinate dallo statuto.

[50] Bombardelli M., Democrazia partecipativa e assetto policentrico dell’organizzazione amministrativa, in Per governare insieme: il federalismo come metodo di governo, (a cura di) Arena G., Cortese F., Cedam, 2011, pag. 17-40.

[51] Palermo F., La produzione giuridica e il sistema delle fonti, in Diritto costituzionale comparato, (a cura di) Carrozza P.,Di Giovine A., Ferrar G.F., Laterza, 2014, pag. 849-851.

[52] Cassese S., La partecipazione dei privati alle decisioni pubbliche. Saggio di diritto comparato in Rivista trimestrale di diritto pubblico, vol. 1, 2007, pag. 40.

[53] Allegretti U., Democrazia partecipativa e governo locale in Democrazia e diritto, n. 3/2006, pag. 4, cit.

[54] Proposta di legge C-726 del 13/6/18.

[55] Luciani M., Iniziativa legislativa e referendum, le proposte di revisione costituzionale, Intervento alla Tavola Rotonda AIC, del 1.3.19, pag. 3.

Si deve ricordare come al §3 si è detto che la vera democrazia diretta ricorre solamente nell’ipotesi lì menzionate e che determinati istituti sono stati qualificati come democrazia diretta senza esserne vera e propria espressione.

[56] Con essa si intendono inserire sette commi nell’art. 71 Cost.

[57] Per quanto concerne l’istituto del referendum si ricorda che la Costituzione ne prevede due forme a livello statale: il referendum costituzionale ex art. 138 Cost. e quello abrogativo ex art. 75 Cost. Con legge costituzionale (n. 2/1989) si è fatto ricorso, in un solo caso, al referendum di indirizzo in occasione delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo e con un quesito consultivo relativo al conferimento di un mandato costituente al Parlamento europeo. Lo strumento di partecipazione popolare è previsto anche a livello regionale e locale: la stessa Costituzione prevede che siano gli statuti regionali a disciplinare i referendum regionali e locali i quali devono avere come oggetto, esclusivamente, leggi e provvedimenti amministrativi della regione e materie di competenza esclusiva (art. 123 Cost.). Sempre lo stesso articolo prevede un referedum confermativo ed eventuale per l’approvazione degli statuti delle regioni ordinarie e per l’approvazione delle leggi statutarie per le regioni a statuto speciale.  Bin R., Pitruzzella G., Diritto Costituzionale, Giappichelli, 2018.

[58] Si tratta del contenuto della dichiarazione del Ministro Riccardo Fraccaro. 

[59] Allegretti U., Modelli di partecipazione e governance territoriali. Prospettive per i processi partecipativi nei comuni “dopo” le circoscrizioni, in Le istituzioni del federalismo, 2/2010, pag. 193-210.

[60] Per dialogo civile si intende un processo democratico e di formazione della pubblica opinione che si può distinguere in:

  1. Orizzontale qualora si interfaccino le organizzazioni europee rappresentative della società civile.
  2. Verticale se il dialogo tra le organizzazioni appena menzionate è strutturato e continuo.
  3. Settoriale quando ci si riferisce al dialogo che avviene quotidianamente tra le organizzazioni della società civile e gli interlocutori dei poteri legislativi ed esecutivi della stessa.

Il «dialogo sociale» indica le procedure di concertazione in cui sono implicate le parti sociali (ossia le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori) al fine di difendere gli interessi dei loro membri. È riconosciuto come obiettivo comunitario ai sensi dell'articolo 151 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).

Il dialogo sociale contribuisce all'elaborazione della politica sociale europea. Le parti sociali sono infatti impegnate in discussioni, consultazioni, negoziati e azioni comuni condotti a livello dell’UE, a complemento delle azioni condotte a livello nazionale. Il dialogo sociale europeo può essere:

  1. Trilaterale (parti sociali e istituzioni dell'UE) o
  2. Bilaterale (organizzazioni dei datori di lavoro e organizzazioni sindacali).

link

[61] Ferri D., L’unione europea sulla strada della democrazia partecipativa? In Le istituzioni del federalismo, 2/2011, cit.

[62] Siclari D., La democrazia partecipativa nell’ordinamento comunitario: sviluppi attuali e prospettive, in Amministrazione in Cammino, 2010, pag. 14