Pubbl. Mer, 25 Set 2019
Caso Cappato: la sentenza della Corte costituzionale
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La Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile.
Pubblichiamo il comunicato stampa diffuso dalla Corte costituzionale sul caso Cappato:
IN ATTESA DEL PARLAMENTO LA CONSULTA SI PRONUNCIA SUL FINE VITA
La Corte costituzionale si è riunita in camera di consiglio per esaminare le questioni sollevate dalla Corte d’assise di Milano sull’articolo 580 del Codice penale riguardanti la punibilità dell’aiuto al suicidio di chi sia già determinato a togliersi la vita. In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. In attesa di un indispensabile intervento del legislatore, la Corte ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente. La Corte sottolinea che l’individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme già presenti nell’ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell’ordinanza 207 del 2018. Rispetto alle condotte già realizzate, il giudice valuterà la sussistenza di condizioni sostanzialmente equivalenti a quelle indicate. Roma, 25 settembre 2019.
Commento a cura di
Angela Cuofano, Comitato dei Revisori
La aspettavamo da un anno. Finalmente la Corte Costituzione si è pronunciata sul caso Cappato, accusato di istigazione al suicidio nella conosciuta vicenda di Dj Fabo, ponendo fine ad una dolorosa e triste storia che ha coinvolto non solo il diritto, ma anche settori sensibili come la salute e il complicato problema dell'accanimento terapeutico.
Ricordiamo brevemente i fatti.
La Corte di Assise di Milano aveva sollevato questione di legittimità costituzionale riguardo l'art. 580 c.p., nella parte in cui:
- incrimina le condotte di aiuto al suicidio in alternativa alle condotte di istigazione e, quindi, a prescindere dal loro contributo alla determinazione o rafforzamento del proposito di suicidio, per ritenuto contrasto con gli artt. 3, 13 comma 1 e 117 della Costituzione, in relazione agli artt. 2 e 8 della Convenzione Europea Diritti dell’Uomo;
- prevede che le condotte di agevolazione dell’esecuzione del suicidio, che non incidano sul processo deliberativo dell’aspirante suicida, siano sanzionabili con la pena della reclusione da 5 a 10 anni, senza distinzione rispetto alle condotte di istigazione, per ritenuto contrasto con gli artt. 3, 13, 25 comma 2 e 27 comma 3 della Costituzione.
Nell'ottobre dello scorso anno la Corte Costituzionale aveva rilevato un vuoto di tutela poichè l'assetto normativo sul fine vita dell'epoca non era soddisfacente, lasciando sostanzialmente prive di adeguata tutela situazioni giuridiche costituzionalmente meritevoli di protezione, da bilanciare con altri diritti costituzionalmente rilevanti.
La trattazione della questione di costituzionalità era stata, dunque, differita al 24 settembre 2019 per permettere la Parlamento di colmare la lacuna normativa.
Dopo il rinvio alla giornata di oggi, la Consulta ha diramato il dispositivo della decisione, secondo il quale "non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli".
Dato che l'intervento augurato dalla Corte non è stato posto in essere da parte del Legislatore, si è reso necessario subordinare la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente.
La Corte ha chiarito che l’individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme già presenti nell’ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell’ordinanza 207 del 2018.
Riguardo alle condotte già realizzate, il giudice dovrà verificare la presenza dei presupposti.
Preso atto del notevole posizione presa dalla Consulta, si resta in attesa del dispositivo.