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Pubbl. Ven, 1 Nov 2019

La sospetta illegittimità costituzionale dell´art. 294 comma 5 c.p.p.

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Ivano Ragnacci


Si analizza la questione di legittimità costituzionale che per la prima volta è stata sottoposta incidentalmente al vaglio del Tribunale di Bologna con il ricorso del 2 settembre 2019.


Sommario: 1. Introduzione. 2. La patologia della norma esaminata. 3. L'interrogatorio di Garanzia e la sua funzione. 4. le violazioni costituzionali. 4. L’Ordinanza del Tribunale delle Libertà bolognese. 5. Conclusioni.

1. Introduzione

Tenuto conto della non manifesta infondatezza e della rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 294, comma 5 c.p.p. nella parte in cui non prevede espressamente il deposito degli atti presso il giudice delegato per gli interrogatori da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, è stato proposto il 2 settembre incidente di legittimità costituzionale del citato disposto normativo, stante il palese contrasto con i principi costituzionale di cui agli artt. 3; 24; 111 Cost., nonché 117 Cost. letto in maniera combinata con l’art. 6 C.E.D.U. nei termini di seguito esposti.

2. La patologia della norma esaminata

In particolare, va dichiarata l'illegittimità la norma in esame, nella parte in cui il disposto normativo sindacato de quo, non prevede espressamente, in caso di interrogatorio delegato al giudice appartenente a circoscrizione di altro Tribunale, il deposito degli atti, quindi della richiesta di applicazione della misura cautelare e degli atti a supporto della stessa, anche presso il giudice delegato, che diversamente, si limita a funzione di mero “passa carte” del verbale interrogatorio di garanzia, proprio come accaduto nel caso per il quale vi è stato riesame, al Giudice titolare.

3. L'interrogatorio di garanzia e la sua funzione

L'istituto disciplinato dall'art. 294 c.p.p., ha come noto, quale principale finalità, quella di consentire all'Autorità Giudiziaria, di verificare tempestivamente, comunque non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione dell'ordinanza cautelare in carcere, se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari previste a carico dell'indagato/ristretto, come del resto viene specificato al comma terzo dl citato articolo.

Va da sè, che in tale delicatissima fase procedimentale, l'avvalersi o meno della facoltà di non rispondere, come riconosciuta dal comma quarto dell'art. 294 c.p.p., attraverso il rimando agli artt. 63 e 64 c.p.p., si fonda pressoché interamente dall'analisi di quegli atti di cui all'art. 293 comma 1, lett. e) c.p.p., il cui mancato avviso di deposito notificato al difensore designato[1],determinerebbe una insanabile nullità e di conseguenza, l'immediata liberazione dell'arrestato, stante l'annichilimento del diritto di difesa e del giusto processo ex artt. 24 e 111 della Costituzione[2].

4. Le violazioni costituzionali

Pertanto, è di tutta evidenza, che l’art. 3 Cost. è violato, nei casi rientranti nel comma 5 dell’art. 294 c.p.p., nella misura in cui, l’atto garantito determina un trattamento sfavorevole per l’indagato in siffatti procedimenti, il quale, diversamente che per lo svolgimento dell’atto nella sua sede naturale, innanzi al giudice che ha ratificato l’ordinanza cautelare, impedisce o rende più difficile alla difesa prendere effettiva cognizione degli atti a supporto della misura coercitiva eseguita, determinando in concreto un diseguale e nocivo trattamento difensivo, non giustificato da alcun controinteresse di pari rango in grado di spiegare siffatta violazione.

Vi è, inoltre, nel caso sottoposto la violazione del diritto difesa in qualsiasi stato e grado del procedimento ex art. 24  Cost. oltre che la violazione del giusto processo ex art. 111 Cost., poiché il mancato deposito degli atti con tempestività e comunque prima dello svolgimento dell’interrogatorio presso il GIP rogato impedisce in concreto qualsivoglia facoltà defensionale dell’arrestato. Infatti, la difesa non disponendo materialmente di alcun atto a supporto della misura custodiale, non garantisce il diritto di essere rappresentato e assistito con cognizione di causa sin dalla fase de libertate attraverso l’esperimento di scelte defensionali capaci di decidere le sorti dell’intero procedimento in divenire.  

5. l’Ordinanza del Tribunale delle Libertà di Bologna

Con l’ordinanza n. 916 del 2019, depositata il 16 settembre 2019, il Tribunale Distrettuale della Libertà di Bologna, decideva, anche sulla questione di cui ai precedenti paragrafi, proposta con atto di Riesame interposto il 2 settembre u.s..

Così, ad introduzione del tema di cui ci si occupa, nell’Ordinanza de qua si legge “ il riesame innanzitutto ritiene che la norma dell’art. 294 c. 5 c.p.p. stabilisca un trattamento deteriore per l’indagato sottoposto a interrogatorio delegato rispetto a quello interrogato dal Giudice procedente: tale norma comporta la violazione del principio di eguaglianza stabilito dagli artt. 3, 24, 111 Cost. e dell’art. 6 C.E.D.U. perché non prevede che gli atti vengano depositati davanti al Giudice delegato per l’interrogatorio. La difesa chiede pertanto che venga rimessa alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale della norma in oggetto. …” ( p. 3 dell’Ordinanza).

Tuttavia il Tribunale ha rigettato la questione sostenendo che "la questione di illegittimità costituzionale della previsione dell’art. 294 c. 5 c.p.p. è palesemente infondata. Circa la manifesta infondatezza della questione, si è già pronunciata da ultimo (a seguito di altre numerose sentenze conformi, più risalenti) Cassazione, sezione 3, n. 39520 del 20/7/17, argomentando sul fatto che i casi di interrogatorio effettuato dal giudice procedente e quello delegato sono «fattispecie del tutto dissimili», onde la norma processuale risulta non priva di ragionevolezza e in linea con l’esigenza di una pregnante e rapida tutela della libertà personale, e perciò conforme anche alle norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo richiamate attraverso l’art. 117 c.1 Cost. … ” (p. 4 dell’Ordinanza).

Ora, non sfugge, che tale motivazione, oltre a non apparire del tutto convincente, poiché risponde al tema sottoposto per relationem a un provvedimento giurisdizionale non pertinente alla questione proposta, dimostra di non avere colto affatto la reale portata del problema, che riguarda la palese violazione dell’art. 24 della Costituzione da coniugarsi con le regole del giusto processo di cui all’art. 111 della Cost. e non solo o non tanto, il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., da cui deriva la giustificazione circa il deteriore trattamento di fattispecie del tutto dissimili.

Pertanto, sulla questione incidentale proposta, è agevole osservarsi, c’è stata una carente motivazione, in quanto, a prescindere dalla fondatezza della legittimità costituzionale o meno, il Tribunale non ha fornito un'adeguata risposta al vero tema, ovverosia quello della lesione del diritto di difesa sacrificato a logiche di semplificazione procedurale, che impediscono o rendono grandemente difficoltoso al difensore, spesso individuato tra quelli iscritti nell’elenco dei difensori d’ufficio, di prendere cognizione degli atti su cui si basa la misura cautelare intramuraria.

In sintesi, una laconica ed ambigua motivazione giurisdizionale, tra l’altro solo per relationem ad altra pronuncia di legittimità non pertinente alla questione sollevata, per niente calzante al quid iuris, non soddisfa ed anzi dilata il vulnus, che si auspica potrà essere risolto nel rispetto delle garanzie difensive nelle more di questo o di altri procedimenti in divenire.

6. Conclusioni

Conclusivamente, solo la Consulta, con una pronuncia additiva, potrebbe dichiarare la illegittimità costituzionale dell’art. 294, comma 5 c.p.p.[1], nella parte in cui non viene previsto che nelle ipotesi in cui gli interrogatori vengano assunti nella circoscrizione di altro Tribunale, siano trasmessi gli atti del proceddimento ossia, la richiesta del Pubblico Ministero e gli atti presentati con la stessa, oltre evidentemente all’ordinanza genetica, come del resto disciplinato nelle ipotesi ordinarie dall’art. 293 comma 3 c.p.p., in modo da consentire la tempestiva e necessaria conoscibilità degli atti nella fase genetica della limitazione dell’altrui libertà personale. 

Infatti, senza il deposito degli atti citati l’interrogatorio di garanzia viene complessivamente svuotato di senso e frustrato nella sua ratio essenziale, ossia quella di poter prontamente e dialetticamente replicare alle accuse della magistratura Inquirente in tema di gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari, per non dire di maturare scelte defensionali appropriate in ordine alla facoltà d’interporre tempestivo atto di Riesame.

Note e riferimenti bibliografici

Si veda Ivano Ragnacci “l’interrogatorio di garanzia e i diritti inderogabili dell’arrestato”, in Rivista, Cammino Diritto, 12, 2018

[1] Si osservi, che tale obbligo è stato introdotto con La Legge 8 agosto 1995 n. 332

[2]    V. Cass. Sez. Un. 5 luglio 1995, caso Galletto,  in cui si vuole evidenziare “La novità di tale indirizzo ermeneutico si accentra nella proposizione che il deposito in cancelleria dell'ordinanza applicativa della misura con la richiesta del pubblico ministero ha lo scopo, non solo di assicurare un'adeguata difesa nel corso dell'interrogatorio di garanzia, ma anche di fornire al difensore gli strumenti per valutare l'opportunità di contestare la richiesta del pubblico ministero in sede di riesame”; dall'indirizzo giurisprudenziale, qui all'esame,  si evidenzia, concludendo, come il difensore anche nel corso del procedimento cautelare ha interesse ad eccepire la mancata o incompleta conoscenza di tutti gli atti sui quali si fonda la misura coercitiva; più specificamente, ha interesse a dedurre l'omesso deposito degli atti, il quale incide sull'esercizio del diritto di difesa anche nel procedimento de libertate;