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Pubbl. Mer, 4 Set 2019

L´atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c.

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Camilla Della Giustina
Dottorando di ricercaUniversità della Campania Luigi Vanvitelli


Analisi dell´istituto partendo dalla ratio della sua introduzione da parte del legislatore, analizzando successivamente la fattispecie nel dettaglio alla luce delle diverse posizioni della dottrina.


Sommario: 1. Definizione e breve disamina; 2. Analisi della fattispecie: soggetti, oggetto, contenuto, forma, causa, durata; 3. Natura della trascrizione; 4. Tutela dei creditori.

1. Definizione e breve disamina

L’art. 2645-ter c.c.[1] rubricato "Trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o altri enti" prevede che "gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della persona fisica beneficiaria alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o ad altri enti o persone fisiche, ai sensi dell’articolo 1322 secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibili ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo."

Il presente articolo è collocato nel Libro VI del c.c. e nel titolo I Della trascrizione: si tratta di una posizione “geografica” che ha portato la dottrina a chiedersi la ratio di essa, e, precisamente se sia stata introdotta non solo per regolare l’effetto pubblicitario relativamente alle varie ipotesi di destinazione ma anche al fine di indicare un adempimento pubblicitario generale riferibile alla categoria intera dei vincoli di destinazione[2]. A proposito la giurisprudenza ha indicato come" l’art. 2645-ter c.c. introduce nell’ordinamento solo un particolare tipo di effetto negoziale, quello di destinazione, accessorio rispetto agli altri effetti di un negozio tipico o atipico cui può accompagnarsi, non costituisce la giustificazione legislativa di un nuovo negozio[3]." Secondo una parte della dottrina, a contrario, l’articolo in esame non solo sarebbe una norma sostanziale ma grazie alla sua introduzione si sarebbe ammessa in modo definitivo la categoria degli atti negoziali di destinazione.  Per altra parte della dottrina a questo articolo dovrebbe essere riconosciuto solamente il merito di aver ammesso la compatibilità degli atti di destinazione con il nostro ordinamento giuridico[4].

È doveroso segnalare come destinare un patrimonio ad uno scopo porti con sé il fenomeno della separazione patrimoniale poiché si tratta di un vincolo reale di destinazione: da qui deriva l’aspetto problematico ossia la conciliazione tra autonomia negoziale e tutela dei creditori[5]. Se si adotta una definizione generale il concetto di destinazione risulta essere caratterizzante di diversi istituti giuridici[6] quali l’universalità, le servitù, l’atto di dotazione nei fenomeni associativi, la figura negoziale del mutuo di scopo[7], ma, ai sensi dell’art. 2645-ter c.c. la destinazione possiede un quid pluris che la contraddistingue dalle precedenti figure integrato dalla separazione del patrimonio.

L’atto di destinazione patrimoniale può essere definito come un atto negoziale nascente per effetto dell’autonomia privata, avente natura patrimoniale, dato che incide sulla titolarità di un bene immobile o di un bene iscritto in pubblici registri. Può essere a titolo gratuito, oneroso e a causa variabile[8].

2. Analisi della fattispecie: soggetti, oggetto, contenuto, forma, causa

Sicuramente l’atto in questione appartiene al genus atti di autonomia privata non appartenendo, di conseguenza, alla categoria degli atti amministrativi[9] e può essere qualificato come negozio giuridico[10]. Le divisioni sorte in dottrina attengono alla sua natura solamente bilaterale o unilaterale oppure alla possibile qualificazione di negozio giuridico sia bilaterale che unilaterale.

Partendo dall’ultima ricostruzione prospettata l’atto di destinazione patrimoniale potrebbe possedere una struttura bilaterale o unilaterale: la sua struttura dipende dal fatto che con l’atto di destinazione si determini o meno il trasferimento del bene[11].

Per altra parte della dottrina si tratterebbe di un negozio giuridico volutamente generico della serie dei beneficiari che renderebbe quasi improbabile che possa esservi un incontro o accordo tra il disponente e i beneficiari[12].

Infine l’ultima ricostruzione dottrinaria ritiene che questo negozio giuridico abbia una duplice natura: contrattuale e bilaterale[13]. Grazie a questa ricostruzione è possibile rinvenire e rispettare il principio di causalità, si viene quindi a conoscere l’effettivo interesse perseguito grazie all’accordo che intercorre tra il conferente e il beneficiario[14].

Svolta questa specificazione necessaria si procede ora con l’analisi della fattispecie nelle sua essenza strutturale. Partendo dall’aspetto soggettivo risulta necessario distinguere, per poi esaminare, tre “categorie” di soggetti: il conferente, il beneficiario ed infine il gestore.

Partendo dal primo, ossia dal conferente, egli può essere definito come il soggetto che effettua la destinazione del bene[15]. Secondo una tesi conferente può essere solo colui che risulta essere titolare della piena titolarità della proprietà del bene in questione, altra tesi ritiene che legittimato ad effettuare l’atto di destinazione possa essere anche il titolare di un diritto reale limitato; sicuramente deve essere esclusa la possibilità di effettuare una destinazione su beni altrui[16].

Il beneficiario per una parte della dottrina è necessario che sia determinato[17], per altra parte risulta sufficiente che esso sia determinabile[18], un’altra posizione dottrinaria non ritiene necessaria la determinazione di questo soggetto[19]. Una parte consistente della dottrina[20] ritiene altresì che beneficiario dell’atto di destinazione possa essere anche un nascituro: questa considerazione deriva da un’applicazione analogica[21] di quanto previsto ex art. 784 c.c[22]. Risulta discussa l’ammissibilità “dell’autodestinazione”: essa ricomprende essenzialmente due ipotesi. La prima[23] avrebbe quale tratto caratteristico il non cambiamento circa la titolarità del bene; la seconda, maggiormente condivisa dalla dottrina, farebbe riferimento alla coincidenza tra conferente e beneficiario[24]. Questa seconda ricostruzione non risulta ammissibile poiché dallo spirito dell’art. 2645-ter c.c. emerge chiaramente come sia necessario distinguere tra le due posizioni soggettive del conferente e del beneficiario[25].

Figura eventuale di questo negozio giuridico è quella rappresentata dal gestore o attuatore. Si tratta di una figura eventuale, non necessaria ma opportuna e consigliabile; si deve indicare come necessario è che l’atto destinatorio indichi i poteri del gestore e li modelli sulla base del mandato con o senza rappresentanza[26], attribuendo anche poteri dispositivi[27].

Relativamente all’oggetto dell’atto di destinazione patrimoniale è possibile distinguere tre tesi presenti in dottrina.

Una prima tesi, maggioritaria, ritiene che l’elencazione presente nell’art. 2645-ter c.c. non sia tassativa quindi, oltre ai beni immobili e mobili registrati, oggetto dell’atto di destinazione possono essere anche altri beni mobili a condizione che si tratti di beni mobili per i quali la legge prevede una forma di pubblicità necessaria a portare a conoscenza i terzi dell’esistenza del vincolo di destinazione. Esempi possono essere titoli di credito, quote di s.r.l[28].

Un’altra parte della dottrina ritiene che qualsiasi bene mobile, a prescindere dalle forme pubblicitarie richieste, può costituire oggetto dell’atto di destinazione, la condicio sine qua non posta da questa ricostruzione è che detto atto possieda data certa[29].

Infine, secondo un’ultima tesi, la disposizione deve essere interpretata in senso restrittivo in quanto si tratta di una norma di fattispecie, di portata eccezionale tale da non consentire l’interpretazione analogica[30].

Trattando il requisito della forma l’art. 2645-ter c.c. parla espressamente atti in forma pubblica, nonostante non utilizzi l’espressione presente nel Codice civile di atto pubblico si ritiene che l'espressione "atti in forma pubblica" appartenga alla nozione di atto pubblico ex art. 2699 c.c[31]. Posta questa precisazione una parte della dottrina ritiene che la forma sia richiesta ad substantiam[32], un’altra parte ritiene che sia richiesta ad trascriptionem[33]. La seconda tesi fa forza sulla collocazione geografica dell’art. 2645-ter c.c. ossia il fatto che risulti essere collocato nel titolo dedicato alla Trascrizione nonché sul fatto che solo gli atti in forma pubblica sono suscettibili di essere trascritti, di conseguenza gli atti non redatti in forma pubblica non possono essere resi opponibili ai terzi mediante l’istituto della trascrizione[34]. Sulla scia di questa ricostruzione si è sostenuto, come sia conseguenza naturale, che l’atto di destinazione possa essere redatto solo mediante l’atto pubblico; qualora non dovesse essere seguita questa forma il vincolo avrà effetti solamente inter partes e non potrà essere sussunto nella fattispecie descritta dall’art. 2645-ter c.c[35].

Risulta discussa in dottrina la possibilità di costituire il vincolo di destinazione mediante il negozio testamentario.

Una prima tesi[36] si oppone a detta possibilità in quanto, in primo luogo, si ha una sentenza di merito[37] che nega questa possibilità. In secondo luogo lo stesso art. 2645-ter c.c. non si riferisce al testamento e da questo si ricava l’esclusione dello strumento testamentario al fine di costituire il vincolo in questione. Infine, mentre l’art 2645-quater c.c. nel prevedere l’obbligo di trascrizione degli atti costitutivi di vincoli aventi natura pubblicistica sui beni immobili si riferisce anche ai contratti e ad altri atti di diritto privato anche unilaterali, l’art. 2645-ter c.c. non contiene questa indicazione.

Tesi opposta ritiene che se l’art. 2645-ter c.c. non menziona il testamento ma nemmeno lo esclude, da questo deriva che spetta all’autonomia privata decidere se costituire il vincolo di destinazione patrimoniale mediante un atto inter vivos o mortis causa. Escludere la possibilità di costituire il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. mediante testamento costituirebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra atti inter vivos e mortis causa il tutto facendo riferimento alla Convenzione dell’AJA che, in materia di trust, ammette in modo espresso la possibilità di costituire un trust sia mediante atto inter vivos che mortis causa. Ulteriore considerazione riguarda il fatto che l’istituto della fondazione e del fondo patrimoniale si possono costituire mortis causa: da ciò deriverebbe la possibilità di costituire anche il vincolo ex art. 2645-ter c.c. mediante testamento.

La causa dell’atto di destinazione dovrebbe rinvenirsi negli interessi meritevoli di tutela, si tratta però di una clausola aperta in quanto è aperta a tutti gli interessi considerati meritevoli di tutela, qualora questi interessi non dovessero essere qualificati in questo modo verrebbe a mancare la causa dell’atto di destinazione con conseguente nullità del medesimo[38].

La domanda da porsi è quella relativa al contenuto di questi interessi meritevoli di tutela. Per una prima parte della dottrina un ruolo fondamentale riveste il richiamo all’art. 1322 c.c.[39] presente nell’art. 2645-ter c.c. quindi per meritevolezza di interessi dovrebbe intendersi non illiceità, a contrario qualsiasi interesse lecito dovrebbe considerarsi meritevole di tutela[40].

Dottrina contrapposta[41] a questa ritiene che sia necessario un quid pluris rispetto alla mera liceità al fine di poter qualificare un interesse come meritevole di tutela. Questa particolare qualificazione potrebbe rinvenirsi in finalità di pubblica utilità, in interessi collettivi o individuali a condizione che non possiedano carattere patrimoniale, interessi abbraccianti i valori dettati nella Costituzione[42]. Una specificazione di questa tesi ritiene che per interessi meritevoli di tutela si debbano intendere: non gli interessi futili, sicuramente non interessi che trovano una disciplina adeguata in altri istituti, non possono essere interessi meramente lucrativi, egoistici e futili del disponente[43]. Cercando di individuare una casistica si ritiene che meritevoli di tutela potrebbero essere considerati i seguenti interessi: l’assistenza e cura degli incapaci, i premi di nuzialità e natalità nonché i sussidi per l’avviamento di una professione o arte, l’educazione e l’istruzione, tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ricerca ed erogazione di servizi culturali, valorizzazione del patrimonio[44].

Vi è una tesi presente in dottrina secondo la quale intendere interessi meritevoli di tutela solo gli interessi leciti sarebbe suscettibile di essere considerata incostituzionale, sub-specie irragionevole, per contrasto con l’art. 3 Cost[45]. Questa irragionevolezza deriverebbe dal fatto che, mentre tutte le altre ipotesi di destinazioni tipizzate dal legislatore, come quella relativa alla costituzione del fondo patrimoniale[46], sarebbero soggette a un giudizio rigido circa la meritevolezza, la destinazione che potrebbe essere realizzata seguendo lo schema dell’art. 2645-ter c.c. risulterebbe essere libero da vincoli realizzando un effetto di separazione[47].

Chiarito che cosa si intende per interessi meritevoli di tutela ci si chiede a chi spetti questo giudizio. Si ritiene che spetti primariamente al notaio che riceve l’atto di destinazione e che spetti successivamente ed eventualmente al giudice. Relativamente alla valutazione notarile, secondo una tesi restrittiva, il notaio ha l’obbligo di valutare l’utilità sociale che viene perseguita, secondo quella estensiva il controllo non deve oltrepassare il giudizio di legittimità[48].

L’art. 2645-ter c.c. indica espressamente che il vincolo di destinazione non può essere costituito per una durata superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona beneficiaria.

Primo aspetto riguarda il quesito se il termine massimo di novanta anni sia da riferire solo alle persone giuridiche o se debba ritenersi applicabile anche alle persone fisiche. Posto che l’articolo in esame non distingue e non specifica in relazione al beneficiario[49] si ritiene che il termine di novanta anni sia da riferire tanto alle persone fisiche quanto a quelle giuridiche. Da questo deriva che se beneficiario del vincolo di destinazione è una persona fisica è possibile, alternativamente, fissare un termine che non può essere superiore ai novanta anni, oppure connettere la durata del vincolo di destinazione alla vita del beneficiario: in questa seconda ipotesi risulta evidente come la durata del vincolo potrebbe essere superiore ai novanta anni[50].

Il vincolo di destinazione può cessare per: scadenza del termine, altre cause che possono essere fisiologiche o patologiche. All’interno delle cause fisiologiche si rinvengono la realizzazione della destinazione, il verificarsi della condizione risolutiva, lo scioglimento del vincolo per mutuo consenso, la prescrizione. Tra le cause patologiche si devono ricordare l’impossibilità oggettiva di realizzazione della destinazione e una destinazione programmata ma non realizzatasi effettivamente[51].

3. Natura della trascrizione

Partendo dal presupposto che la trascrizione risulta necessaria al fine della realizzazione del vincolo, risulta assai dibattuta in dottrina la questione relativa alla natura giuridica da riconoscere a detta trascrizione. La dottrina risulta essere divisa tra chi ritiene che detta trascrizione possieda natura costitutiva e chi ritiene che possieda natura dichiarativa: si ritiene[52] che le due tesi coincidano poiché  i sostenitori della natura dichiarativa della trascrizione qualificano come dichiarativa l’efficacia della trascrizione stessa ma precisano che essa avrebbe una natura costitutiva in relazione alla separazione patrimoniale.

Altro aspetto concerne l’obbligatorietà o la facoltatività di detta trascrizione: detto dubbio deriva dalla lettera dell’art. 2645-ter c.c. il quale prevede che "possono essere trascritti ai fini di renderli opponibili ai terzi." Questa disposizione è stata interpretata come la rimozione del vincolo precedente che non consentiva la trascrizione del vincolo di separazione. Altra riflessione è che questo "possono" consente l’esistenza del vincolo di destinazione dato che senza trascrizione non può verificarsi la fattispecie dell’art. 2645-ter c.c[53].

4. Tutela dei creditori

Il problema relativo all’individuazione della natura della trascrizione ex art. 2645-ter c.c. è strettamente collegato all’aspetto problematico della tutela dei creditori.

Si deve evidenziare come la trascrizione dell’atto di destinazione determini una separazione, che può definirsi come unilaterale, in quanto possiede un carattere relativo: i creditori che possono vantare pretese sui beni oggetti del patrimonio vincolato, possono aggredire detti beni e i frutti dei medesimi, ma possono altresì agire in via sussidiaria sul patrimonio restante del titolare dei beni. Da ciò deriva come conseguenza la possibilità per i creditori di iniziare un’espropriazione forzata nel caso in cui il debito sia stato contratto per perseguire scopi inerenti alla finalità; caratteristica peculiare concerne la oggettiva destinazione del debito allo scopo perseguito senza la necessità di condurre un’indagine relativa alla buona o mala fede del creditore[54].

Posto che i beni oggetto del vincolo di destinazione possono essere aggredibili solo da parte dei creditori il cui credito sia funzionale rispetto alla destinazione, questo “blindare” i beni ad un determinato scopo può lesionare i diritti degli altri creditori. Questi soggetti possiedono a loro favore: l’azione di nullità, l’azione di simulazione, l’azione revocatoria ed infine l’esecuzione forzata di beni oggetto di atti costitutivi di vincoli di indisponibilità ex art. 2929-bis c.c.

La prima azione, di nullità, può essere esperita dai creditori quando gli interessi perseguiti con la costituzione del vincolo di destinazione risultano essere illeciti[55].

L’azione di simulazione, disciplinata dall’art. 1416 c.c., può essere esperita dal creditore al fine di far valere la simulazione che pregiudica i suoi diritti, l’espressione contenuta nell’articolo menzionato " simulato alienante" fa riferimento non solo agli atti di alienazione ma anche a tutti quelli che comportano una diminuzione del patrimonio del debitore[56].

L’azione revocatoria, ex art. 2901 c.c., consente al creditore di far dichiarare l’inopponibilità dell’atto dispositivo pregiudizievole per le sue ragioni e successivamente gli consente di aggredire il bene con l’azione esecutiva. I presupposti dell’azione revocatoria sono: l’atto di disposizione, l’eventus damni e la scientia fraudis; l’effetto dell’esperimento vittorioso di questa azione consiste nel rendere inefficace l’atto impugnato solamente nei confronti del creditore che agisce in revocatoria[57].

Ultima azione prevista a favore dei creditori è quella ricavabile dall’art 2929-bis c.c.: in base ad essa il creditore viene esonerato dal promuovere l’azione revocatoria ordinaria qualora vi siano i seguenti presupposti: l’atto pregiudizievole deve avere ad oggetto beni immobili o mobili registrati, deve essere a titolo gratuito e deve esplicarsi nella costituzione di un vincolo o alienazione; è richiesto che il credito vantato sia anteriore rispetto all’atto pregiudizievole, deve esservi un titolo esecutivo e la trascrizione del pignoramento che deve avvenire entro un anno da quando è stato trascritto l’atto pregiudizievole ed infine è richiesta la consapevolezza del debitore di arrecare un pregiudizio al creditore.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] È frutto di un iter legislativo che ha riunito il progetto di legge n. 3972 del 14/5/2003 alla Camera dei deputati con il progetto di legge n. 5414 del 10/11/2004. Ceolin M., Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato. Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c., Cedam, 2010. L’articolo in esame risulta essere in vigore dal Primo Marzo del 2006, Petrelli G., La trascrizione degli atti di destinazione, in Rivista di diritto civile, 2006, II, pag. 162.

[2] Ceolin M., Il punto sull’art. 2645-ter a cinque anni dalla sua introduzione, in NGCC, 2011, II, pag. 358.

[3] Tribunale di Trieste del 7/4/2006.

[4] Stefini U., Destinazione patrimoniale e autonomia negoziale: l’art. 2645-ter c.c., Cedam, 2008, pag. 47-50.

[5] Bianca M., Atto negoziale di destinazione e separazione, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, l’art. 2645-ter del codice civile, Giuffrè, 2007, pag. 1.

[6] In queste ipotesi il bene in questione subiva un processo di funzionalizzazione in relazione agli obiettivi specifici e determinati perseguiti. Bianca M., Macario F., De Rosa G., Valeriani A., Marcoz G., 50 quesiti in ordine alla destinazione: aspetti generali, in Atti di destinazione- Guida alla Redazione, studio n. 357-2012/C, Consiglio nazionale del notariato, pag. 7.

[7] Si tratta di un contratto di mutuo nel quale una parte presta del denaro ad un’altra parte al fine che questa la utilizzi per perseguire una determinata finalità, finalità che realizza un interesse non solo del mutuante ma anche del mutuatario o di terzi. La giurisprudenza ha affermato che al fine dell’esistenza del mutuo di scopo è necessario verificare la sussistenza del collegamento funzionale tra il contratto di mutuo e il contratto di acquisto del bene, bene che è stato acquistato con la somma ricevuta a titolo di mutuo (Cassazione n. 12567/2004). Il mutuo di scopo viene considerato lecito se la realizzazione dello scopo risulta essere possibile al momento della conclusione del contratto (Cassazione n. 6395/2015). Trabucchi A., Istituzioni di diritto civile, Cedam, 2018, pag. 1069.

[8] Bianca M., Macario F., De Rosa G., Valeriani A., Marcoz G., 50 quesiti in ordine alla destinazione: aspetti generali, in Atti di destinazione- Guida alla Redazione, studio n. 357-2012/C, Consiglio nazionale del notariato, pag. 8.

[9] Ogni dichiarazione di volontà, di desiderio, di conoscenza, di giudizio compiuta da un soggetto dell’amministrazione pubblica nell’esercizio di una potestà amministrativa. Clarich M., Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, 2015, pag. 105.

[10] Gabrielli G., Vincoli di destinazione importanti separazione patrimoniale e pubblicità nei registri immobiliari, in Rivista di diritto civile, 2007, pag. 324.

[11] Si tratta di una tesi minoritaria, poco seguita in dottrina. De Donato A., L’atto di destinazione – profili applicativi, in Vita notarile, 2007, pag. 343.

[12] Di Majo A., Il vincolo di destinazione, in Destinazione di beni allo scopo, fattispecie ed effetti, di Astone M.A.,  Giuffrè, 2010, pag. 118.

[13] Baralis G., Prime riflessioni in tema di art. 2645-ter c.c., in Negozi di destinazione, 2006, pag. 145

[14] Gazzoni F., Osservazioni, in La Trascrizione, 2012, pag. 223.

[15] Si tratterebbe di una definizione impropria dato che l’atto di destinazione, secondo la ricostruzione prospettata da una parte della dottrina, non produrrebbe nessun trasferimento da un soggetto a favore di un altro. D’Errico M., Le modalità della trascrizione ed i possibili conflitti che possono porsi tra i beneficiari, creditori ed aventi causa del conferente, in Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, pag. 90.

[16] Confortini M., Vincoli di destinazione, in Dizionario del diritto privato I, a cura di Irti, Utet, 1980, pag. 884.

[17] Palermo G., Interesse a costituire il vincolo di destinazione e tutela dei terzi, in Atti di destinazione e trust, pag. 292.

[18] Mastropietro B., Profili dell’atto di destinazione, in Rassegna di diritto civile, 2008, pag. 996.

[19] Russo E., Il negozio di destinazione di beni immobili o mobili registrati (art. 2645-ter c.c), in Vita notarile, n.3, 2006, pag. 1251.

[20] Meucci S., La destinazione di beni tra atto e rimedi, Giuffrè, 2009, pag. 495.

[21] Si tratta di un procedimento grazie al quale è possibile risolvere i casi non previsti dalla legge mediante l’estensione ad essi della disciplina dettata per casi simili, qualora il caso dovesse rimanere ancora dubbio è necessario far ricorso ai principi generali dell’ordinamento ex art. 12 Preleggi al c.c. L’analogia viene ammessa nell’ipotesi di eadem ratio: tra la fattispecie disciplinata dalla norma e il caso privo di disciplina legislativa si possono rinvenire delle similitudini. Edizioni giuridiche Simone – Dizionari giuridici – Voce Analogia.

[22] La donazione può essere fatta anche a favore di chi è soltanto concepito ovvero ai figli di una determinata persona vivente al tempo della donazione benchè non ancora concepiti.

[23] Bianca M., L’atto negoziale di destinazione, Giuffrè, 2007, pag. 208.

[24] Ceolin M., Il punto sull’art. 2645-ter a cinque anni dalla sua introduzione, in NGCC, 2011, II, pag. 367.

[25] Morace Pinelli A., Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, Giuffrè, 2007, pag. 246.

[26] Il mandato è il contratto con il quale un soggetto si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto d’altri. Si può avere mandato con o senza rappresentanza a seconda che il mandatario abbia o meno il potere di impegnare direttamente il mandante spendendo il suo nome. Nel caso di mandato con rappresentanza essa trova la sua fonte nella procura, non nel contratto di mandato. Trabucchi A., Istituzioni di diritto civile, Cedam, 2018, pag. 1091.

[27] Bianca M., Macario F., De Rosa G., Valeriani A., Marcoz G., 50 quesiti in ordine alla destinazione: aspetti generali, in Atti di destinazione- Guida alla Redazione, studio n. 357-2012/C, Consiglio nazionale del notariato, pag. 14.

[28] De Donato A., L’atto di destinazione – Profili applicativi, in Vita notarile, n. 1/2017, pag.  344.

[29] Ceolin M., Il punto sull’art. 2645-ter a cinque anni dalla sua introduzione, in NGCC, 2011, II, pag. 372.

[30] Nonne L., Separazione patrimoniale e modelli familiari: il ruolo del trust, in Famiglia, persone e successioni, 2007, pag. 449.

[31] L’atto pubblico è il documento redatto con le richieste formalità da un notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato.

[32] Gazzoni F., Osservazioni, in La Trascrizione, 2012, pag. 172.

La forma nei negozi solenni viene richiesta ad substantiam, in questi casi la forma speciale è indicata dalla legge come elemento costitutivo del negozio a pena di nullità. L’art 1350 c.c. pone questa forma ad substantiam in relazione a una determinati atti quali la compravendita di beni immobili, il contratto di locazione di beni immobili per durata ultranovennale. Trabucchi A., Istituzioni di diritto civile, Cedam, 2018, pag. 137.

[33] Petti G., Atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e separazione consensuale dei coniugi, in Obbligazioni e contratti, 2008, pag. 238.

In questi casi una determinata forma, ossia la forma autentica, viene richiesta solo per l’opponibilità. De Rosa R., L’analisi funzionale della forma, Giuffrè, 2011, pag. 34

[34] Manuli M., L’art. 2645-ter c.c., in Riflessioni critiche, 2007, pag. 386.

[35] Ceolin M., Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato, Cedam, 2010, pag. 192.

[36] Ceolin M., Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato, Cedam, 2010 e Ieva M., La trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità e pubbliche amministrazioni o a altri enti o persone fisiche (art. 2645-ter c.c.) in funzione parasuccessoria, in Rivista notarile, 2009.

[37] Tribunale di Roma 18/5/2013, sez. VIII.

[38] Nuzzo A., Atto di destinazione, in La Trascrizione, 2012, pag. 65.

[39] Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.

[40] Scognamiglio C., Negozi di destinazione, trust e negozi fiduciari, in Studi in onore di Giorgio Cian, Cedam, 2010, pag., 2320.

[41] Petrelli G., La trascrizione degli atti di destinazione, in Rivista di diritto civile, 2006, e Salomone L., Destinazione e pubblicità immobiliare, prime note sul nuovo art. 2645-ter c.c. in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, Milano, 2007.

[42] Maggiolo M., Il tipo della fondazione non riconosciuta nell’atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. in Rivista notarile, 2007, pag. 1155.

[43] D’Agostino F., Il negozio di destinazione del nuovo art. 2645-ter c.c., in Rivista notarile, 2007, pag. 1529.

[44] Si tratta di un’elencazione esemplificativa. De Donato A., Gli interessi riferibili a soggetti socialmente vulnerabili, in Negozi di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, Milano, 2007, pag. 254.

[45] Si tratta del giudizio maggiormente utilizzato dalla Corte costituzionale. Si tratta di un giudizio avente una struttura estremamente complessa: si procede mediante un giudizio trilaterale con il quale viene posta a confronto la norma impugnata e la norma assunta a confronto (tertium comparationis). Il confronto si può svolgere solamente a seguito della ricostruzione della ratio legis del tertium comparationis operata dalla Corte: i giudici devono individuare il principio espresso nella norma assunta a confronto al fine di capire se sia giustificabile la diversa normativa della norma impugnata rispetto a quella prevista dal tertium comparationis. Bin R., Pitruzzella G., Diritto Costituzionale, Giappichelli, 2018, pag. 518.

[46] Si tratta di un istituto che riproduce mediante delle modifiche lo schema di antiche o recenti strutture aventi lo scopo di assicurare alle esigenze della comunità familiare una base patrimoniale avente una certa stabilità. Oggetto possono essere solo beni determinati e precisamente beni immobili, mobili registrati e titoli di credito. Trabucchi A., Istituzioni di diritto civile, Cedam, 2018, pag. 449.

[47] Gazzoni F., Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giustizia civile, 2006, pag. 192.

[48] Franceschini B., Atto di destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust, in Trust – Volume II – Applicazioni nel diritto commerciale e azioni a tutela dei diritti di trust, in Monegat M., Lepore G., (a cura di), Torino, 2008, pag. 256.

[49] A contrario, in tema di usufrutto, l’art. 979 c.c. dispone che la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario. L’usufrutto costituito a favore di una persona giuridica non può durare più di trenta anni.

[50] Battistella L., L’art. 2645-ter c.c. e le implicazioni del diritto tavolare, in Trust e attività fiduciarie, 2006, pag. 526.

[51] Maltoni M., Il problema dell’effettività della destinazione, in Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, pag. 80.

[52] Ceolin M., Il punto sull’art. 2645-ter a cinque anni dalla sua introduzione, in NGCC, 2011, II, pag. 379.

[53] Palermo A., La destinazione di beni allo scopo, in La proprietà e il possesso, in Diritto civile, diretto da Lipari e Rescigno, vol. II., Successioni, donazioni, Beni, Giuffrè, 2009, pag. 401.

[54] Franceschini B., Atto di destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust, in Trust – Volume II – Applicazioni nel diritto commerciale e azioni a tutela dei diritti di trust, in Monegat M., Lepore G., (a cura di), Torino, 2008, pag. 263-265.

[55] Questa ricostruzione ha la sua fonte alla tesi maggioritaria presente in dottrina per la quale gli interessi meritevoli di tutela attengono al profilo causale, tesi esaminata in precedenza.

[56] Rosselli F., Atti di destinazione del patrimonio e tutela del creditore nell’art. 2645-ter c.c. in Giurisprudenza di merito, 2007.

[57] Torrente A. Schlesinger P., Manuale di diritto privato, Giuffrè, 2016, pag. 505-506.