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Pubbl. Ven, 26 Lug 2019

Crisi della democrazia e dello spazio pubblico

Camilla Della Giustina
Dottorando di ricercaUniversità della Campania Luigi Vanvitelli


Dopo una breve disamina relativa all´istituto della democrazia e alla sua crisi, si evidenzia come la crisi della democrazia sia strettamente collegata a quella dello spazio pubblico.


Sommario: 1. Introduzione; 2. Breve disamina della nascita della democrazia; 3. Crisi della democrazia e nuove istanze della democrazia diretta; 3. Crisi dello spazio pubblico.

Sommario: 1. Introduzione; 2. Breve disamina della nascita della democrazia; 3. Crisi della democrazia e nuove istanze della democrazia diretta; 3. Crisi dello spazio pubblico.

1. Introduzione

Con il presente lavoro è stato perseguito lo scopo di analizzare prima l’istituto della democrazia, successivamente la crisi di essa nella declinazione particolare di crisi della rappresentanza politica. Collegato a questo tema vi è quello della crisi dello spazio pubblico, crisi che sembra essere stata determinata dall’ingresso delle masse all’interno del circuito di decisione pubblica e politica.

La disamina di questi istituti intreccia riflessioni attinenti all’ambito della Filosofia del diritto insieme a quella concernenti il Diritto pubblico: si vede infatti come la disamina possa essere condotta in modo assai completo coniugando questi due ambiti del diritto necessari al fine di capire in che modo i momenti storici possano influenzare gli istituti giuridici e il funzionamento degli organi costituzionali propri di quel particolare lasso di tempo storico preso in considerazione[1].

2. Breve disamina della nascita della democrazia

Prima di procedere a analizzare brevemente il funzionamento della democrazia in varie epoche storiche, si deve ricordare come quest’ultima sia un concetto politico che assume diverse sfumature e significati in relazione al contesto storico analizzato ed alle procedure giuridiche seguite in esso.

Tradizionalmente si considera  prima forma di democrazia la forma di governo presente ad Atene al tempo di Pericle (V sec. a.C.) in relazione allo svolgimento delle  manifestazioni della Bulè e della Ecclesia[2]. Solo con Pericle verrà  riconosciuta facoltà di parlare a tutti nella Ecclesia: la parresia era l’istituto che riconosceva la libertà di esprimersi liberamente e senza filtri alla ricerca della verità[3]; presupposto di questo era un dialogo in cui i cittadini potessero confrontare le loro opinioni, cittadini che partecipavano liberamente e in condizioni di parità. Concretamente questo dialogo diveniva sempre più ristretto a interventi di oratori dotati di capacità retorica[4] che attribuiva loro un diritto qualificato di parola. A tal fine, infatti, i sofisti, curavano l’educazione dei giovani cittadini ateniesi mediante l’utilizzo del metodo retorico in quanto credevano che fosse necessario saper utilizzare le tecniche retoriche in modo da poter sfruttare al meglio la preparazione tecnica[5].

Spostandosi a Roma si trovano i Comitia i quali possono essere definiti come modelli di assemblea popolare composti da soli maschi maggiorenni.

Queste forme di assemblea popolare possono essere considerate le origini delle funzioni del Parlamento: queste assemblee fino al XX secolo circa sono state ristrette alla partecipazione di solo alcuni cittadini[6].

Nella nostra carta Costituzionale il principio democratico non comprende solamente la tipologia di forma di governo ma anche il principio personalista, la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo e delle libertà disciplinate dagli art. 13 e ss. Cost[7].

Le caratteristiche della democrazia rappresentativa possono essere riassunte seguendo quattro aspetti principali: la sovranità del popolo espressa mediante l’elezione dei rappresentanti, la rappresentanza caratterizzata dal libero mandato, un meccanismo elettorale che possa assicurare un determinato livello di responsabilità dei rappresentanti nei confronti dei rappresentati (popolo) ed infine il suffragio universale presupposto del quale è la rappresentanza basata sull’uguaglianza politica[8].

Si ricorda come, quando si tratta di democrazia, sia necessario far riferimento ad un insieme di regole in base alle quali si stabilisce chi è autorizzato a prendere le decisioni collettive[9] e attraverso quali procedure possono essere assunte queste decisioni. Relativamente al primo aspetto, in un regime democratico, questo potere è conferito a un numero elevato di soggetti. Relativamente alla procedura da seguire nell’assumere una decisione la regola, in democrazia, è quella della maggioranza[10]: in base ad essa le decisioni collettive vengono considerate vincolanti per tutti in quanto sono state approvate dalla maggioranza di coloro cui spetta questo ruolo[11].

3. Crisi della democrazia e nuove istanze di democrazia diretta

Preliminare alla disamina della crisi della democrazia è l’analisi del termine crisi. Esso deriva dal greco, krisis, il quale, a sua volta, ha la radice nel verbo krínein che possiede un significato ambiguo. Un primo significato riecheggia l’idea della frantumazione, dello sgretolamento, un secondo significato, al contrario, rievoca l’idea di unificare quello che, nel momento dell’opposizione, si scompone[12]. La crisi può essere definita come momento nel quale si rende necessaria una scelta, è un momento di verifica che può essere considerato sia fatale che fertile. Si tratta di un concetto estremamente moderno in quanto la modernità è il momento storico nel quale si ha l’affermazione del pensiero critico quindi la capacità del soggetto di criticare, ossia mettere in discussione, se stesso e il mondo ma allo stesso tempo emerge la capacità del soggetto di ricostruire la concezione stessa del mondo e del suo essere[13].

La crisi, all’interno delle contemporanee democrazie occidentali, non riguarda tanto la democrazia quanto la rappresentanza attraverso la quale vengono affidate dal popolo ai rappresentanti le decisioni da assumere in relazione alla vita dei cittadini, ai doveri, ai diritti degli stessi[14]. Si ritiene che responsabili di questo cambiamento debbano ritenersi i partiti di massa e il sistema elettorale che ha riconosciuto un ruolo ai primi. Si crede che, mediante i partiti, si sia arrivati ad una sospensione della rappresentanza e che quindi non siano stati funzionali a completare e integrare la rappresentanza stessa. In questa sospensione della rappresentanza possono rintracciarsi tre componenti: la disciplina di partito, l’omogeneità ideologica caratterizzante il partito di massa ed  infine la possibilità riconosciuta da parte del partito ad alcuni membri del popolo di accedere alle cariche pubbliche consentendo quindi ad essi di aver successo all’interno del partito stesso[15].

Un sintomo del declino dei partiti di massa è rintracciabile nel crescente ricorso a forme di tecnocrazia cioè un governo di tecnici. Al contrario di quanto si pensi normalmente, la tecnocrazia può essere considerata come una forma di iper-rappresentanza: nonostante risulti essere mancante il momento elettorale, essa rappresenta una manifestazione, che può essere definita come radicale, del principio secondo il quale i detentori del potere politico devono poter esercitare il giudizio in maniera totalmente libera dalle opinioni degli elettori. La descrizione che viene proposta di questa tecnici corrisponde a quella di uomini politicamente neutrali e super partes, le cui decisioni non possiedono connotati strettamente politici ma riguardano decisioni da prendere ritenute come necessarie in quel dato momento e contesto. Generalmente questi “tecnici” risultano essere collegati a governi di larghe intese[16] in modo tale da far credere che le responsabilità relative alle decisioni assunte possano essere condivise tra tecnici, partiti della coalizione, mercati e necessità economiche. Si può sostenere come, in questi ultimi anni, si sia assistito al culmine della iper-rappresentanza in quanto sono stati nominati dei “tecnici” aventi il potere di decidere le questioni aventi ad oggetto la politica monetaria senza che in questo circuito di decisione potessero influire i rappresentanti eletti e di conseguenza allontanando gli elettori da queste decisioni economico-finanziarie. Un altro metodo che è stato utilizzato a tal fine è stato quello di delegare la sovranità, normalmente detenuta dai governi appartenenti alla Nazione, a entità sovranazionali in modo tale da rendere ininfluente la volontà dei cittadini sui contenuti della delega attraverso la quale è avvenuta questa “cessione di sovranità”[17].

Questa crisi della democrazia, da considerarsi meglio come crisi della rappresentanza, deriva da una moltitudine di fonti ma, nonostante questo, è possibile individuare un punto comune ossia una apparente semplificazione riguardante decisioni che appaiono piuttosto complesse. Il tutto è riferito alla proposta di riforma costituzionale riguardante la modifica dell’art. 71 Cost[18].  relativa all’introduzione del referendum propositivo[19]. Qualora dovesse essere approvata, sarà prevista la possibilità che le leggi proposte dagli elettori costringano alternativamente il Parlamento ad approvare la legge nel modo in cui è stata proposta o altrimenti ad indire un referendum approvativo relativamente alla medesima. Con l’introduzione di questa modifica al testo costituzionale si cambierebbe la natura stessa della democrazia: essa, infatti, risulta avere quali connotati essenziali il dialogo, la comparazione, la distinzione. Con l’introduzione dell’istituto del referendum propositivo verrebbero a mancare tutti questi connotati essenziali in quanto una minoranza indicherebbe una prospettiva unica relativamente alla quale si può decidere solo mediante l’alternativa Si/No[20]. Relativamente all’istituto del referendum propositivo si verrebbe a creare una competizione tra i rappresentanti eletti dai cittadini e questa nuova élite extraparlamentare[21] avente ad oggetto la possibilità per quest’ultima di interpellare gli elettori in relazione alle proposte derivanti da queste élite.

3. Crisi dello spazio pubblico

Il concetto sottostante a spazio pubblico non si rinviene solo nell’epoca moderna[22] ma tipico della modernità è ritenere che la politica sia di interesse universale, che possa essere aperta a tutti ed infine quindi ritenere che la politica sia essenzialmente pubblica. Proprio la caratteristica tipica della modernità, ossia mettere in discussione l’ordine tradizionale, consente una delimitazione netta tra quelli che sono gli spazi appartenenti alla sfera del privato e quelli appartenenti alla sfera del pubblico. Nella prima sfera si possono ricondurre tutti gli aspetti della vita appartenenti e riguardanti l’affettività, l’intimità; nella seconda sfera rientra quello che riguarda il diritto di tutti. Dalla sfera pubblica risulta necessario differenziare quanto attiene all’ambito sociale[23]: si noti come con l’espressione spazio pubblico si persegua la necessità di evidenziare l’esistenza di un momento essenzialmente politico nonché il fatto che l’ingresso in questo momento risulti essere libero e volontario[24].

Le condizioni strutturali dello spazio pubblico (ossia la separazione tra stato e società), secondo Habermas, cambiano nel momento in cui si ha l’accesso delle masse al dominio pubblico. L’influenza politica che esse conquistano ha essenzialmente due conseguenze: la statalizzazione della società e la socializzazione dello stato. Alla luce di questa prima considerazione emerge come il movimento operaio avrebbe contribuito a restringere lo spazio pubblico al posto di allargarlo ed avrebbe solamente chiuso, ristretto il capitalismo all’interno di un compromesso. Da quest’ultimo deriva che la fatica, l’impegno, le forze impiegate dai lavoratori avrebbe avuto quale aspetto positivo e sarebbe quindi giustificata dai diritti acquisiti in virtù del possesso di tale status (protezione sociale)[25].

Questo accesso delle masse al dominio pubblico è stato accentuato dall’avvento dei nuovi mezzi di comunicazione di massa nonché dalla diffusione della rete Internet. Attraverso l’utilizzazione dei social media la sfera privata è stata invasa da quella pubblica, da un lato, e dall’altro lato la sfera pubblica tradizionale connotata dagli spazi che un tempo erano considerati pubblici a causa della loro considerazione come sedi tradizionali nelle quali assumere decisioni politiche, sono diventati progressivamente privati, rimanendo in questo modo lontani e separati dall’ambito pubblico.

Come conseguenza ulteriore dell’apertura a tutti alla partecipazione politica, il modello della democrazia pluralista ha dovuto adeguarsi a queste nuove esigenze: si è assistito quindi ad una centralità dei soggetti capaci di comprendere le esigenze sociali in quanto attenti alla raccolta ed analisi delle stesse, portandole successivamente all’interno delle aule parlamentari per sottoporle, infine, al procedimento di mediazione e risoluzione del conflitto al fine di giungere a una decisione e quindi ad una risoluzione delle stesse. Questo rapporto sempre più stretto e diretto che si è instaurato tra i leader e l’elettorato rappresenta un segnale di delegittimazione di quei partiti considerati come perni del sistema democratico rappresentativo nonché di un progressivo ritirarsi dell’istituto della democrazia nel momento in cui si trova dinanzi a interessi materiali che non risultano essere più limitabili mediante lo strumento costituzionale. Infine si deve sottolineare come l’avvento di queste nuove tecnologie possa portare l’instaurazione di pratiche nuove di partecipazione democratica diretta[26].

Note e riferimenti bibliografici

[1] Si ricorda infatti come lo Stato sia un ordinamento che può assumere qualsiasi fine come proprio ed in ogni epoca storica si può rintracciare una finalità prevalente che conferisce un particolare assetto alle relazioni che si instaurano tra Stato e società civile. Bin R., Pitruzzella G., Diritto Costituzionale, Giappichelli, 2018, pag. 35.

[2] Maffettone S., Introduzione, democrazia deliberativa che cos’è, in Democrazia Deliberativa: che cos’è?, Month, 2004.

[3] Focault M., Discorso e verità nella Grecia antica, traduzione a cura di Galeotti A., Donzelli, 1996.

[4] Il metodo retorico persegue lo scopo di fondare in modo razionale dei discorsi mediante il riconoscimento di norme attraverso le quali e mediante le quali è possibile iniziare una discussione. Si tratta di regole che possono essere definite come universali grazie alle quali è possibile organizzare una discussione la quale non porta mai ad una soluzione definitiva dato che è necessario che la discussione stessa risulti essere sempre argomentata e discussa. Moro P., L’arte della scrittura giuridica. Retorica e testo difensivo, Libreria del Segno, 2016, pag. 11-12.

[5] Bilancia P., Crisi della democrazia rappresentativa e apertura a nuove istanze di partecipazione democratica, Giappichelli, 2018, pag. 3.

[6] Nella rappresentanza politica, secondo il diritto pubblico, si devono distinguere due aspetti diversi dai quali derivano significati diversi che si collocano in momenti storici diversi. In primo luogo rappresentanza assume il significato di agire per conto di ed esprime quindi un rapporto tra rappresentante e rappresentato alla base del quale vi è un mandato che conferisce al primo il potere di agire in nome e per conto del secondo nei limiti stabiliti dal mandato stesso. Questa sfumatura del concetto di rappresentanza risale alla struttura dei parlamenti medioevali: in essi ciascun rappresentante era legato a una determinata comunità della quale costitutiva espressione e, di conseguenza, era vincolato alla stessa relativamente alle istruzioni ricevute. Il rapporto che si instaurava tra rappresentante e rappresentato era basato su un mandato imperativo.

In secondo luogo vuol dire far vivere a qualcuno qualcosa che effettivamente non esiste: risulta più appropriato utilizzare il termine rappresentazione. In questa seconda accezione il rappresentante dispone di un potere autonomo. Questa definizione di rappresentanza, poi definita meglio come rappresentazione, nasce nella Costituzione francese del 1791 nella quale la sovranità veniva attribuita alla Nazione la quale agiva per mezzo di delegati aventi il compito di esercitare i poteri spettanti alla Nazione. Dato che i parlamentari avevano lo scopo di perseguire l’interesse nazionale non potevano dipendere dalle istruzioni ricevute dal corpo elettorale e, alla luce di tutto, venne introdotto il divieto di mandato imperativo. Bin R., Pitruzzella G., Diritto Costituzionale, Giappichelli, 2018, pag. 65-67.

[7] Mortati C., Istituzioni di diritto pubblico, Cedam, 1975, pag. 146.

[8] Del Savio L., Mameli M., Controsovranità, La democrazia oltre la democrazia rappresentativa, Feltrinelli, 2015, pag. 9.

[9] Qualsiasi gruppo sociale necessita di adottare delle decisioni che possano essere considerate vincolanti per tutti gli appartenenti a quel gruppo al fine di garantire la sopravvivenza del gruppo stesso sia al suo interno che al suo esterno. Affinchè una decisione possa essere considerata vincolante è necessario che essa sia adottata conformemente a delle regole disciplinanti il soggetto autorizzato ad assumere quella decisione nonché la procedura necessaria da seguire.

[10] La regola di maggioranza caratterizzante il funzionamento di uno stato liberale e della democrazia pluralista assume sostanzialmente tre sfumature e funzioni diverse. In primo luogo si può parlare di maggioranza mettendola in relazione al principio funzionale ossia la tecnica utilizzata da un collegio per assumere delle decisioni. Questa regola presuppone l’uguaglianza di tutti i membri appartenenti al collegio nonché l’uguaglianza del voto di ciascuno di essi. Rappresenta una regola ambigua in quanto garantisce che la maggioranza risulti essere sottratta alla tirannia della minoranza ma, a contrario, può essere anche il mezzo mediante il quale la maggioranza elimina la minoranza profilandosi quindi il rischio della tirannia della minoranza. Gli altri due aspetti della regola di maggioranza riguardano, in primis, il principio di rappresentanza ossia il metodo mediante il quale viene eletto il Parlamento e le altre assemblee rappresentative (Consigli regionali, comunali, ecc); in secundis riguarda il principio di organizzazione politica e quindi il concreto funzionamento dei rapporti tra i partiti politici. Bin R. Pitruzzella G., Diritto Costizionale, Giappichelli, 2018, pag. 85-88.

[11] Bobbio N., Le regole del gioco democratico, Einaudi, 1984, pag. 4-7.

[12] Moro P., Il diritto come processo. Principi, regole e brocardi per la formazione critica del giurista, FrancoAngeli, 2012, pag. 11.

[13] Spini D., Lo spazio pubblico nella seconda modernità, in  Societàmutamentopolitica, vol. n.1 e 2, 2010, pag. 109-122.

[14] [14] Bilancia P., Crisi della democrazia rappresentativa e apertura a nuove istanze di partecipazione democratica, Giappichelli, 2018, pag. 14.

[15] Del Savio L., Mameli M., Controsovranità, La democrazia oltre la democrazia rappresentativa, Feltrinelli, 2015, pag. 14-15.

[16] Altrimenti definito come governo di coalizione e si fonda sulla fiducia ottenuta mediante l’accordo di più forze politiche. Bin R., Pitruzzella G., Diritto Costituzionale, cit, Giappichelli, 2018, pag. 194.

[17] Del Savio L., Mameli M., Controsovranità, La democrazia oltre la democrazia rappresentativa, Feltrinelli, 2015, pag. 16-17.

[18] L’attuale art.71 Cost. disciplina l’iniziativa legislativa riservandola al Governo, a ciascun membro delle Camere,  ad organi o enti ai quali sia riconosciuta da leggi costituzionali ed infine al popolo richiedendo la raccolta di 50.000 firme e la predisposizione della proposta di legge all’interno di un progetto redatto in articoli.

[19] La completa disamina di questo nuovo ed eventuale istituto risulta essere estremamente più complessa ed articolata la cui trattazione dettagliata non è opportuna in questa sede. Lo scopo del riferimento a tale nuovo e probabile istituto è stata voluta solo per indicare il prodotto della crisi della democrazia nella sua declinazione crisi della rappresentanza politica.

[20] Demuro G., Referendum propositivo e democrazia artificiale, del 15/5/2019.

[21] Così definita da Pasquino P., Il referendum propositivo e la retorica della democrazia diretta.

[22] Esso nasce dalla fine del Papato e dell’Impero. Sinteticamente possono essere riassunte in questo modo le caratteristiche appartenenti allo Stato moderno: non universalità, non richiama immediatamente l’autorità divina quale fonte della propria legittimazione in quanto pretende giustificazione giuridica autonoma e la giustificazione del potere politico discende dal basso e non viene riconosciuta dall’alto. Cavalla F., All’origine del diritto al tramonto della legge, Jovene, 2011, pag. 172-176.

[23] Per Hegel la società rappresenta l’insieme dei bisogni, delle necessità di un individuo, nella concezione liberale per società si intende uno spazio dedicato agli scambi senza che abbia connotati politici. La società, nel modello liberale, assume sfumature politiche nel momento in cui si considera come fonte dalla quale sorge, si forma l’opinione pubblica.

[24] Spini D., Lo spazio pubblico nella seconda modernità, in  Societàmutamentopolitica, vol. n.1 e 2, 2010, pag. 110-112.

[25] Habermas J., La nuova oscurità. Crisi dello Stato sociale ed esaurimento delle utopie, edizione italiana a cura di Mastropaolo A., Lavoro, 1998.

Chanial P. Spazio pubblico, questione sociale e associazione, in Reveu du MAUSS, 2008, traduzione a cura di Fistetti F, pag. 113-115.

[26] De Togni G., Spazio pubblico e movimenti politici nel processo politico rappresentativo, in Mediazione politica e compromesso parlamentare, n. 2/2017, pag. 233-235.