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Pubbl. Mar, 23 Lug 2019

È ammissibile il riconoscimento del danno biologico senza prova strumentale

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Ida Morelli


Attraverso la pronuncia n. 10816 del 2019 la Corte di Cassazione, interpretando autenticamente l’articolo 139 del Codice delle Assicurazioni, statuisce la liceità del risarcimento del danno biologico a favore della vittima di incidente auto stradale, anche in mancanza di apposito accertamento tecnico strumentale della lesione subita.


Attraverso la pronuncia n. 10816 del 2019, il cui contenuto è stato poi confermato dalla successiva pronuncia n. 10819/19[1], la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi circa il risarcimento del danno conseguenziale alle lesioni definite micro permanenti, vale a dire quelle lesioni subite dalla persona in conseguenza di un sinistro stradale o di altra natura, le quali comportano un'invalidità permanente tra uno e nove punti percentuali, eliminando in parte il rigido nesso di causalità esistente tra il riconoscimento del danno biologico ed il previo accertamento di carattere strumentale della lesione subita, rendendo quest’ultimo di più facile e pronta dimostrazione. 

Infatti, con tale sentenza, la Corte di Cassazione ha precisato che il riconoscimento dell’invalidità permanente di un soggetto danneggiato non deve essere necessariamente subordinato alla previa verifica strumentale del danno, da intendersi, sic et simpliciter, come rigoroso accertamento tecnico legale attraverso apposito referto strumentale per immagini, bensì appare necessaria la mera sottoposizione del danneggiato ad ordinaria visita medica. Infatti, la Corte di Cassazione ha sottolineato come la prassi di imporre sempre gli esami diagnostici per una contrattura o un rachide cervicale significa imbrigliare la professione medica in automatismi e vincoli probatori, che si pongono in contrasto con la tutela costituzionale del diritto alla salute, da garantire a favore del soggetto leso. Pertanto, alla luce di tale pronuncia, accompagnata da un’altra di pochi giorni successivi, la Corte di Cassazione amplia la rigida previsione dell’articolo 139 comma 2 del Codice delle assicurazioni, non subordinando affatto il risarcimento dei postumi permanenti da lesioni di lievi entità al previo esperimento di un accertamento strumentale, quali radiografie, Tac, risonanze et similia, ma a semplici referti medici.

De facto, un soggetto danneggiato a seguito di incidente stradale, al fine di richiedere il risarcimento dei danni per le lesioni personali patite, citava in giudizio sia il proprietario del veicolo che la compagnia assicurativa. Quest’ultima, costituendosi in giudizio, contestava nel merito e nel rito la domanda attorea, essendo per questa inesistente non solo la lesione personale vantata, presente alla rachide cervicale, ma anche la prova della stessa, non essendo stato depositato dall’attore apposito accertamento clinico strumentale obiettivo a sostegno della stessa, ex art. 139 comma 2 Codice delle assicurazioni[2], il quale statuisce che “In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”. Pertanto, la compagnia assicurativa, proprio alla luce del testo legislativo, eccepiva una lacuna probatoria consistente, capace di invalidare in toto la richiesta attorea di riconoscimento del danno biologico.

 Il Giudice di Pace, nonché il Tribunale, in qualità di Giudice di gravame, statuirono circa l’accoglimento della domanda, riconoscendo l’esistenza del danno biologico, anche in mancanza di apposito accertamento tecnico strumentale. Nei due gradi di giudizio, infatti, le Autorità giudicanti, posando l’accendo maggiormente sulla sostanza della quaestio, vale a dire sull’entità del danno subito dal danneggiato, anziché sulla lacuna probatoria, ebbero modo di riconoscere comunque il risarcimento del danno biologico permanente al soggetto danneggiato dall’evento incidente.

Pertanto, la questione ebbe modo di passare, attraverso tempestiva impugnazione, direttamente nelle mani degli Ermellini i quali, in sostanza, hanno confermato, con la pronuncia in analisi, e con quella immediatamente successiva, quanto già statuito nei primi due gradi di giudizio.

 Infatti, la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare in tale sentenza, nell’analisi dei motivi di gravame, che non appare condivisibile l’opinione secondo cui la prova della lesione dell’attore del danneggiato deve essere necessariamente fornita tramite accertamento tecnico strumentale, essendo a tal fine necessario un mero accertamento medico legale. Pertanto, secondo il dictum dei Giudici di legittimità, al fine di ottenere un valido riconoscimento del danno biologico, la prova della lesione subita deve essere espletata dall’attore attraverso allegazione di un referto medico, il quale non deve consistere necessariamente in apposito accertamento medico strumentale, ovvero effettuato tramite strumentazioni ad hoc.

Pertanto, attraverso tale sentenza, la Corte di Cassazione effettua, sic et simpliciter, una interpretazione autentica dell’articolo 139 C.d.A., il quale letteralmente apparirebbe dire esattamente l’opposto. Infatti, facendo riferimento al testo dell’articolo, così come supra riportato, appare chiarissimo il riferimento alle strumentazioni, quali condicio sine qua non del valido accertamento del danno biologico. La Corte invece, in tal sede, ferma nella tutela dei valori costituzionali più alti, quali il diritto alla salute, nonché al risarcimento del danno, interpreta la norma in senso “estensivo”, riconoscendone una portata più ampia di quella letteralmente percepibile. Secondo la Corte Suprema, infatti, il secondo comma dell’articolo 139 avrebbe il solo effetto di “imporre un accertamento rigoroso in rapporto alla singola patologia”, non imponendo pertanto l’utilizzo di strumentazioni precise a tal fine.

Teoricamente, parte della dottrina minoritaria, scontrandosi con tale impostazione, ha criticato tale posizione della Corte di Cassazione, vedendola assolutamente contrastante col dato normativo.  Secondo tale filone dottrinario infatti, gli Ermellini, forti della loro funzione nomofilattica, si sarebbero spinti “troppo oltre il testo normativo”, interpretandolo la legge in linea estremamente discrezionale. De facto, invece, la dottrina maggioritaria ha in merito sottolineato come la Corte di Cassazione in verità, in tale sentenza,  ha voluto semplicemente indicare come gli articoli 139 del C.d.A. siano, nella sostanza, da contestualizzare all’ambito medico, e pertanto sono da vedersi semplicemente come riferimenti alla tecnicità delle operazioni mediche in re ipsa. In particolare, dunque, il riferimento alle strumentazioni fatto dall’articolo 139 C.d.A. è da vedersi, sic et simpliciter, come mero riferimento all’accertamento medico legale, quale condizione preliminare al risarcimento, da espletarsi attraverso criteri strettamente scientifici, ovvero tipici della medicina legale.

Pertanto, post chiarificazione della Corte, per “strumentazione” deve intendersi non il riferimento al mezzo, vale a dire al necessario strumento da utilizzarsi per l’accertamento della lezione, ma alla generale capacità scientifica, ossia al modus procedendi del medico, atta a trovare lo stretto nesso causale eventualmente esistente tra danno e patologia subita.

La Corte di Cassazione, pertanto, ha effettuato, in tal sede, un’interpretazione più favorevole al danneggiato, impedendo che su questo vi fosse l’incombenza di una probatio che, alla luce di una stretta interpretazione letterale della norma, sarebbe sicuramente stata diabolica. Infatti, anche alla se la novella  al Codice delle Assicurazioni del 2012[3] ha, di fatto, al fine di evitare possibili truffe, reso più stringenti i requisiti medici al fine del riconoscimento del risarcimento, sollecitando tutti gli operatori del settore ad un rigoroso accertamento dell’effettiva esistenza delle patologie di modesta entità, ciò, secondo il dettame del Supremo Organo, non deve pregiudicare il danneggiato, il quale, in presenza di lesioni accertate, deve comunque ottenere il riconoscimento del quantum risarcitorio.

Dunque, a parere della Corte di Cassazione, la conseguenzialità deve essere applicarsi attraverso una interpretazione in melius della normativa in esame, garantendo dunque una prova della lesione che sia assolutamente conforme ai criteri di ordinaria ragionevolezza[4], senza sfociare in preclusioni probatorie ingiustificate, e non dipendenti dal danneggiato, all’unico fine di tutelare diritti di rango costituzionale.

Inoltre, nella pronuncia in esame, la Corte di Cassazione ha evidenziato anche che non rappresenta duplicazione risarcitoria del danno biologico la condanna ad un’ulteriore somma a titolo di refusione di danni i quali trovano fondamento in sofferenze non medico legali, ma interiori-psicologiche del danneggiato, ex articolo 139 C.d.A., comma 3[5]. Infatti, a norma del terzo comma della normativa in esame il Giudice, qualora accerti l’esistenza di sofferenze pisco-fisiche di grande intensità può, previa analisi, nonché motivato apprezzamento delle ragioni poste alla base della domanda, prevedere un aumento del 20% del quantum risarcitorio liquidato, fino al 20%. Tuttavia, sia l’an che il quantum della somma maggioritaria sono di pretta discrezionalità dell’autorità Giudicante la quale, qualora scelga di riconoscere tale somma, deve giustificare e motivare la percentuale applicata.

Note e riferimenti bibliografici

[1] Ci si riferisce alle due pronunce della Corte di Cassazione, ovvero: Cassazione, terza sezione civile n.10816 del 18 aprile 2019; Cassazione terza sezione civile n.10819 del 18 aprile 2019

[2] L’articolo 139 C.d.A., ossia D. lgs. n. 209/2005, così come modificato dalla novella legislativa del  nei commi 1 e 2, così recita: comma 1  “Il risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione di veicoli a motore e di natanti, è effettuato secondo i criteri e le misure seguenti: a) a titolo di danno biologico permanente, è liquidato per i postumi da lesioni pari o inferiori al 9 per cento un importo crescente in misura più che proporzionale in relazione a ogni punto percentuale di invalidità; tale importo è calcolato in base all'applicazione a ciascun punto percentuale di invalidità del relativo coefficiente secondo la correlazione stabilita dal comma 6. L'importo così determinato si riduce con il crescere dell'età del soggetto in ragione dello 0,5 per cento per ogni anno di età a partire dall'undicesimo anno di età. Il valore del primo punto è pari a 803,79 euro; b) a titolo di danno biologico temporaneo, è liquidato un importo di 46,88 euro per ogni giorno di inabilità assoluta; in caso di inabilità temporanea inferiore al 100 per cento, la liquidazione avviene in misura corrispondente alla percentuale di inabilità riconosciuta per ciascun giorno”. Comma 2: “ai fini di cui al comma 1, per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito. In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l'ausilio di strumentazioni, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”.

[3]  Ci si riferisce al D.l. n. 1/2012 convertito con modificazioni nella l. n. 27/2012.

[4] In senso analogo, Cass. 1272/2018; 22066/2018; 17444/2018.

[5] Il comma 3 dell’articolo 139 C.d.A. così recita “Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati ovvero causi o abbia causato una sofferenza psico-fisica di particolare intensità, l'ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella di cui al comma 4, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 20 per cento. L'ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche”.