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Pubbl. Mar, 30 Lug 2019

Maternità surrogata: le SS.UU. della Cassazione privilegiano la dignità della gestante e l´istituto dell´adozione.

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Floriana Coccia


Con la sentenza 12193/2019 la Cassazione non riconosce l´efficacia del provvedimento straniero che accerti il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero con la pratica della maternità surrogata ed il soggetto che non abbia contribuito geneticamente alla sua procreazione. L´atto è contrario all´ordine pubblico e alla Costituzione.


Sommario: 1. Gli accordi di maternità surrogata; 2. La legislazone europea; 3. La maternità surrogata in italia; 4. La Corte Suprema della Cassazione risolve il contrasto giurisprudenziale.

1. Gli accordi di maternità surrogata

Gli accordi di maternità prevedono una serie complessa di atti di disposizione del corpo umano strumentali alla nascita di un bambino, il quale viene sviluppato nel grembo della madre surrogata e, dopo il parto, accolto dalla famiglia “committente”. Invero, si ha maternità surrogata quando una donna mette a disposizione la propria capacità riproduttiva a favore di un’altra donna o, più comunemente, di una coppia eterosessuale ovvero omosessuale. Sono previste diverse tipologie di surroga materna, la quale può essere “omologa” allorché la madre abbia in gestazione l’embrione, frutto dell’ovocita e del seme della coppia “committente”. Viceversa, trattasi di maternità “eterologa” quando la gestazione comporta una maggior complessità del materiale genetico coinvolto. Si pensi all’ipotesi in cui alla madre surrogata appartenga anche l’ovocita fecondato, oppure il caso in cui la madre surrogata ospiti, nel proprio utero, l’ovocita di una terza donna fecondato con il seme dell’uomo della coppia “committente” o viceversa, quando la gestante accolga in grembo l’embrione frutto dell’ovocita della donna “committente” e del seme di un terzo uomo, estraneo alla coppia. Pertanto, il patrimonio genetico del bambino può essere stato acquisito da entrambi i partner committenti o anche da uno solo di essi.

Ebbene, molteplici sono gli scenari possibili legati alla maternità surrogata, in relazione non solo alla provenienza del seme e dell’ovocita ma anche alla ragioni che spingono la coppia a adottare tale modalità riproduttiva. Alla maternità surrogata, infatti, ricorrono non solo le coppie con difficoltà di concepimento ma anche quelle in cui la donna non può – o non intende – portare a termine la gravidanza.

2. La legislazione europea

Quello della maternità surrogata è un fenomeno delicato da un punto di vista giuridico, etico e morale, capace di coinvolgere molteplici interessi e diritti da bilanciare e proteggere. Vi è invero la necessità di tutelare la madre e il minore da qualsiasi forma di abuso e di mercificazione, al cui interesse si unisce quello dei genitori committenti, animati dal (naturale e legittimo) desiderio di estendere il nucleo familiare e di allevare un figlio (geneticamente) proprio. Invero, come statuito dalla Corte EDU, il rispetto per la vita privata e familiare, tutelato dall'art. 8 della Convenzione, include anche il diritto alla genitorialità. Con specifico riferimento alla procreazione medicalmente assistita, la Corte contempla, nell'ambito applicativo dell'art. 8 CEDU, il diritto della coppia a concepire un figlio mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita (Co. Edu, Grande Camera, 3 novembre 2011, S.H. c. Austria, ric. n. 57813/00).

Ad oggi, nel mondo, solo pochi Stati disciplinano espressamente l’istituto della maternità surrogata, nonostante la continua diffusione del predetto fenomeno riproduttivo. I Paesi in cui la pratica è consentita sono gli Stati Uniti, l’Inghilterra, il Canada, l’Albania, la Georgia e il Portogallo. Nel Regno Unito la maternità surrogata è legale, purché a titolo gratuito (maternità surrogata altruistica), ma è limitata ai cittadini britannici. Il Portogallo consente la maternità surrogata altruistica per le coppie eterosessuali con esigenze mediche. L'Ucraina e la Russia contemplano una legislazione sulla maternità surrogata più permissiva che in Europa, consentendo a chi intenda ricorrere alla pratica - compreso agli stranieri - di pagare una donna per il servizio reso. È invece prevista la nullità dell’accordo di surrogazione materna in Francia, Germania, Italia e Spagna.

In ambito europeo, la questione è stata trattata con la “Risoluzione sui problemi etici e giuridici della manipolazione genetica” del 1988. Il Parlamento europeo ha ritenuto che ogni forma di manipolazione su commissione è da respingere sicché è punita la mediazione commerciale concernente madri su commissione. Non sono ammesse imprese che sviluppano tale tipologia di attività (Direttiva 52/2008/CE). Inoltre, lo sfruttamento economico del proprio corpo, da parte della madre surrogata, è una condotta che rientra nel divieto sancito dalla Convenzione sui diritti dell’uomo. Il timore del legislatore europeo – nonché italiano - è che la pratica possa svilupparsi in uno strumento atto al commercio di parti del corpo umano. Tuttavia, non è contemplato alcun espresso divieto avverso la maternità surrogata non a scopo di lucro e, considerati i delicati interrogativi di ordine etico, derivanti da tale pratica, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha riconosciuto un ampio margine di apprezzamento discrezionale ai singoli Stati purché la legislazione nazionale non violi i diritti fondamenti sanciti dalla Convenzione. Infatti, i giudici di Strasburgo, in molteplici pronunce, hanno ravvisato nella predetta pratica riproduttiva uno strumento per il perseguimento di alcuni diritti tutelati dalla Convenzione Europea. Per mezzo della surrogazione materna, la coppia committente esercita il diritto a “fondare una famiglia”, espressamente indicato nell’art 12 CEDU. Tale norma, invero, ha una portata applicativa ampia e ricomprende interessi anche non espressamente menzionati nella Carta, tutelando non solo la famiglia fondata sul matrimonio ma anche le altre relazioni familiari de facto ritenute meritevoli di protezione. Inoltre, la madre surrogata, compiendo la gestazione per conto di terzi, potrebbe esprimere la propria personalità nel consentire ad altri la possibilità di diventare genitori. Sicché "l’ingerenza dell’autorità pubblica", nell'impedire l’esercizio di tale diritto, potrebbe rappresentare una violazione della libertà della donna, in contrasto con l'art 8 CEDU.

Alla luce della interpretazione estensiva dei principi della CEDU, i giudici di Strasburgo hanno  mostrato un rilevante favor nei confronti della maternità surrogata, ampliando il novero delle posizioni soggettive tutelate. Nel recente caso “Paradiso e Campanelli c. Italia” (ricorso n. 25358/12) la Corte europea ha condannato lo Stato italiano per aver consentito l’allontanamento di una minore dalla coppia che aveva fatto ricorso all’estero alla procedura di maternità surrogata, vietata in Italia. Lo snodo fondamentale della decisione consta nell’aver riconosciuto l’esistenza di una “vita familiare” de facto, suscettibile di tutela ex art 8 CEDU, a prescindere da qualsivoglia rapporto genetico tra la coppia di committenti e, soprattutto, dalla sua origine illecita. Ciò che rileva, ai fini della statuizione, è che i coniugi abbiano trascorso con il minore le prime tappe importanti della sua giovane vita, sicché sottrarla agli stessi ne minerebbe il diritto al rispetto della vita privata e familiare.

La Corte EDU ha, inoltre, riconosciuto come contraria all'art. 8 della Convenzione, la condotta dello Stato francese che ha rifiutato di riconoscere, a due coppie di nazionalità francese, il rapporto di filiazione tra il padre e i suoi figli biologici nati negli Stati Uniti mediante la pratica di maternità surrogata (vietata in Francia) e già registrati come figli legittimi della coppia all’interno di due Stati americani. Con le sentenze “Mennesson c. Francia” e “Labassee c. Francia”, la Corte privilegia il diritto del bambino, precisando che il rispetto per la vita privata include anche il primario interesse del piccolo a inquadrare la propria identità come essere umano, la quale non può prescindere dalla definizione del rapporto di filiazione con la coppia di genitori. Pertanto, il mancato riconoscimento da parte di uno Stato dello status di figlio o di figlia pregiudica la posizione del minore, il quale sarebbe discriminato a causa delle modalità utilizzate per il proprio concepimento e per la propria nascita. Il bambino ha diritto a godere di una famiglia, obbligando lo Stato ad identificare le persone responsabili sul piano legale per la sua crescita e il suo benessere. Di conseguenza, il minore, nato all’estero da madre surrogata, deve essere riconosciuto come figlio di entrambi i genitori in base al diritto al rispetto della vita privata, il quale è da ritersi preliminare rispetto alla salvaguardia dell’ordine pubblico e degli abusi connessi alla maternità surrogata.

Inoltre, nel parere consultivo del 10/04/2019, reso dalla Grand Chambre, la Corte EDU ha confermato che allorquando una coppia ricorra a tecniche di maternità surrogata all’estero, in un Paese in cui la gestazione per altri è legale, lo Stato di origine deve riconoscere il rapporto di filiazione, anche se tale tecnica è vietata dalle leggi nazionali, a tutela del superiore interesse del minore, il cui il diritto alla vita privata sarebbe altrimenti leso.

3. La maternità surrogata in italia

In Italia, la maternità surrogata è espressamente vietata dall’articolo 12, comma 6, L. 40/2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita). La norma sanziona chiunque ricorra alla pratica con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.

Inoltre, in ambito penalistico, l’attuazione del contratto di maternità surrogata, oltre che determinare la violazione del precetto, ha posto alcuni problemi di coordinamento con il delitto di alterazione di stato. È discusso in giurisprudenza se la condotta possa altresì configurare il reato ex art. 567 co. 2 c.p. e quindi se la falsa attribuzione della maternità del neonato ad una donna, diversa da colei che lo ha partorito, possa integrare l’ipotesi del reato di falsità nella formazione di un atto di nascita, posto che la norma intende tutelare l’interesse del minore alla verità dell’attestazione ufficiale, ai fini della conoscibilità della propria ascendenza e quindi della propria identità (Trib. Milano, Sez. V pen., 15 ottobre 2013).

In ambito civilistico, la giurisprudenza e la dottrina si sono interrogate sulla efficacia nonché sulla trascrivibilità, in Italia, degli atti di nascita realizzati in Paesi in cui la maternità surrogata è legittima, allorquando attestino un rapporto di genitorialità tra il minore e la coppia committente1. Anche nelle diverse sezioni della Corte Cassazione, emerge un vivace contrasto giurisprudenziale, sicché le Sezioni Unite Civili, con la sentenza n. 12193 del 2019, sono intervenute per dirimere il dibattito giuridico alla luce del criterio di ordine pubblico e della intangibilità dei diritti fondamentali dell'uomo.

4. La Corte Suprema della Cassazione risolve il contrasto giurisprudenziale

Con la sentenza 12193/2019 le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione hanno dichiarato di non riconoscere, ai sensi dell'art. 67 della legge 31 maggio 1995, n. 218, l'efficacia nell'ordinamento interno del provvedimento emesso il 12 gennaio 2011 dalla Superior Court of Justice dell'Ontario (Canada), con cui era stato accertato il rapporto di genitorialità tra due minori nati, nello predetto Paese, ed entrambi i soggetti della coppia omossessuale ricorrente. In particolare, i due bambini erano stati generati per mezzo della pratica della maternità surrogata, con la collaborazione di due donne. Una aveva messo a disposizione gli ovociti – uniti con il seme di uno solo dei ricorrenti -  mentre l’altra aveva provveduto alla gestazione degli embrioni. La coppia ricorreva in giudizio per ottenere il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento con cui il giudice canadese aveva riconosciuto la genitorialità in capo ad entrambi i ricorrenti, giacché, l’ufficiale di stato civile italiano aveva rifiutato di trascrivere il provvedimento alla luce dell’art. 65 della l.218/1995. La norma, infatti, richiede il rispetto del limite dell’ordine pubblico per il riconoscimento in Italia dell’atto di nascita straniero. La Corte d’Appello di Trento, con ordinanza del 23 febbraio 2017, accoglieva la domanda, disattendendo le eccezioni sollevate dal Procuratore Generale della Repubblica e dal Ministro dell’Interno, i quali chiedevano il rigetto della stessa per contrarietà all’ordine pubblico del provvedimento del Giudice canadese. Senonché, giunti all’ultimo grado di giudizio, le Sezioni unite hanno negato il rapporto di filiazione con il ricorrente che non risultava altresì il genitore biologico della prole, perché – come indicato dagli ermellini - l’espresso divieto della surrogazione di maternità è una «disposizione di ordine pubblico, posto a tutela della dignità della gestante e dell’istituto dell’adozione».

Invero, con "ordine pubblico", s’intende l'insieme dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico riguardanti i valori etici e politici nonché di leggi la cui osservanza ed attuazione è ritenuta indispensabile per l'esistenza di tale ordinamento. In passato, la giurisprudenza di legittimità soleva distinguere la nozione di “ordine pubblico interno” da quella di “ordine pubblico internazionale”, riferibile ai soli rapporti caratterizzati da profili transnazionali. Si trattava, tuttavia, di una distinzione estremamente nozionistica e di complessa individuazione, talché i giudici tendevano a far coincidere i due criteri, escludendo di sovente l'efficacia dei provvedimenti stranieri, quando la loro attuazione nel territorio dello Stato risultava contraria ai principi fondamentali dall'ordinamento interno2.

Senonché, come sottolineato dalla Cassazione, secondo la moderna concezione, l’ordine pubblico non è un mero parametro ermeneutico idoneo ad impedire l’ingresso nell’ordinamento italiano di atti o norme di origine straniera ritenuti in contrasto con il diritto interno. Piuttosto, oggi è da considerarsi come un criterio innovativo ed internazionale che consente di congiungere l’ordinamento nazionale con quello internazionale, tenuto conto che la caratteristica essenziale della nozione di ordine pubblico è la relatività e mutevolezza del suo contenuto nel tempo.

La concezione morale, etica e politica di ogni Paese è infatti soggetta a numerose modifiche in dipendenza dell’evoluzione dei rapporti politici, economici e sociali della comunità. Sicché, l’interpretazione degli istituti giuridici, che di quella evoluzione costituiscono espressione, si arricchisce e si attualizza grazie ai principi fondamentali dell’ordinamento, alla luce del pensiero corrente.

Il giudice, il quale è la bouche de la loi, allorquando gli sia domandato di valutare la compatibilità di un provvedimento straniero con l'ordine pubblico italiano, non può rilevare il contrasto tra i due per il solo fatto che la norma straniera sia difforme contenutisticamente dal diritto nazionale. Invero, il parametro di riferimento non è costituito dall’impianto normativo interno ma consta esclusivamente dei principi fondamentali vincolanti per lo stesso legislatore. Pertanto, la contrarietà dell'atto estero deve essere valutata alla luce dei principi della nostra Costituzione, della Dichiarazione ONU dei Diritti dell'Uomo, della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, dei Trattati Fondativi e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, tenendo conto della Dichiarazione ONU dei diritti del Fanciullo, della Convenzione ONU dei Diritti del Fanciullo e della Convenzione Europea di Strasburgo sui diritti processuali del minore.

Premessa la concezione allargata del criterio di ordine pubblico, le Sezioni Unite rifiutano le argomentazioni avvalorate dalla Corte d’appello di Trento. Durante il secondo grado di giudizio, invero, era stata riconosciuta l’efficacia dell’atto di nascita straniero, ritenendo che il divieto della surrogazione di maternità ai sensi della l.40/2004 non costituirebbe un principio di ordine pubblico. L’assenza di un legame genetico tra i minori e l'altro partner sarebbe stata quindi irrilevante per impedire il riconoscimento del rapporto parentale, giacché il modello di genitorialità cui s'ispira l’ordinamento italiano non sarebbe fondato esclusivamente sul legame biologico tra il genitore ed il nato.

Tuttavia, le Sezioni Unite della Cassazione non aderiscono al ragionamento dalla Corte territoriale. Rilevata la natura mutevole e relativa della concezione di ordine pubblico, l’evoluzione del criterio incontra un limite invalicabile nella Costituzione e nel principio di inviolabilità della persona umana. Richiamando le sentenze della Corte costituzionale (n. 45 del 2005 e n. 151 del 2009), che avevano attribuito alla legge n. 40/2004 una funzione essenziale per la tutela di interessi costituzionalmente rilevanti, gli ermellini precisano che il divieto di maternità surrogata costituisce un principio di ordine pubblico, il cui divieto è posto a presidio di alcuni interessi costituzionalmente protetti, come la dignità umana della gestante.

Invero, il diritto ad essere genitori può essere esercitato finché non leda altri valori costituzionali. Il desiderio di genitorialità non può essere esente da limiti, tenuto conto che il legame genetico tra i genitori e la prole non è un requisito imprescindibile per la formazione del nucleo familiare rilevata la possibilità di ricorrere all’istituto dell’adozione.

Senonché, il bilanciamento dei numerosi interessi che affollano l’istituto della maternità surrogata attiene ad una valutazione di merito che già è stata compiuta dall’ordinamento italiano. Pertanto, ha errato la Corte di merito, nella parte in cui ha attribuito prevalenza – sulla dignità della gestante e il principio di ordine pubblico - all'interesse dei minori alla conservazione dello status filiationis, nonostante la pacifica insussistenza di un rapporto genetico con il ricorrente. Infatti, vietando la maternità surrogata, il legislatore ha operato una scelta di valore etico-morale, esercitando la discrezionalità riconosciuta dalla CEDU ai singoli Stati di escludere la liceità della pratica3.

Inoltre, sottolineano gli ermellini, non emerge alcun contrasto tra l’ordinamento italiano e i principi sanciti dalle convenzioni internazionali in materia di protezione dei diritti dell'infanzia, cui lo Stato italiano ha prestato adesione. Pur non riconoscendo il rapporto di filiazione, non è comunque leso il diritto alla vita familiare del minore, accertata in concreto la possibilità per il piccolo di condurre un'esistenza paragonabile a quella delle altre famiglie e tenuto conto della possibilità di conferire  comunque rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l'adozione nei casi particolari, prevista dall'art. 44, comma primo, lett. d), della legge n. 184 del 1983.

Note e riferimenti bibliografici

[1] Si citano a tal proposito: Cass., Sez. I, 11/11/2014, n. 24001; Cass., Sez. III, 22/08/2013, n. 19405; Cass., Sez. lav., 19/ 07/2007, n. 1601.

[2] Si citano a tal proposito: Cass., Sez. I, 12/03/1984, n. 1680; 14/04/1980, n. 2414; 5/12/1969, n. 3881; Cass., Sez. I, 9/01/1976, n. 44; 14/04/1972, n. 1266; 24/04/1962, n. 818.

[3] Corte EDU, sent. 26/06/2014, Mennesson e Labassee c. Francia.

ALPA GIUDO - CONTE GIUSEPPE Casi decisi dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea sui diritti fondamentali in materia contrattuale. Giappichelli Editore, 2018.

CAMPAGNOLI MARIA CRISTINA, Procreazione medicalmente assistita e fecondazione eterologa: il percorso frastagliato della legge 40/2004: Fattispecie, disciplina e profili giurisprudenziali. Key Editore, 2017

MASCIOTTA COSTANZA, La Costituzione e CEDU nell'evoluzione giurisprudenziale della sfera familiare. Firenze University Press, 2019

RUGGERI ANTONIO, 'Itinerari' di una ricerca sul sistema delle fonti. G Giappichelli Editore, 2019

VESTO AURORA, La maternità tra regole, divieti e plurigenitorialità: Fecondazione assistita, maternità surrogata, parto anonimo. G Giappichelli Editore, 2018.