• . - Liv.
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Mar, 9 Lug 2019

L´autonomia negoziale di secondo grado con particolare riferimento alla locazione e sublocazione

Modifica pagina

Camilla Della Giustina
Dottorando di ricercaUniversità della Campania Luigi Vanvitelli


Il regolamento negoziale del contratto principale di locazione non può estendersi in modo tale da disciplinare il regolamento negoziale del contratto derivato di sublocazione.


Sommario: 1. Autonomia negoziale; 2. Il contratto di sublocazione; 3. La sentenza n. 6390/2018 della Corte di Cassazione.

1. Autonomia negoziale

L’autonomia negoziale[1], disciplinata dall’art. 1322 c.c., viene definita come il potere dei contraenti di autoregolamentare i propri interessi, lo strumento grazie al quale i soggetti giuridici determinano il contenuto del rapporto contrattuale, le modalità di concretizzazione e gli effetti giuridici derivanti dallo stesso. Mediante l’autonomia negoziale si esplica il principio di autonomia privata, principio che trova nel contratto lo strumento per eccellenza atto alla sua realizzazione.

La definizione di autonomia negoziale può essere data anche da un punto di vista negativo, ossia, nessuno può essere privato dei propri beni o costretto a eseguire contro la propria volontà prestazioni in favore di altri. Utilizzando questa lettura si vede come l’autonomia contrattuale sia rinvenibile nel generale concetto di contratto: quest’ultimo, infatti, vincola solo coloro che hanno partecipato all’accordo e solo coloro i quali hanno espresso legittimamente il loro consenso alla costituzione, modificazione o estinzione di un rapporto giuridico patrimoniale. Altro aspetto negativo concerne la relatività del contratto secondo il quale il contratto non produce effetto rispetto ai terzi salvi i casi previsti dalla legge (art. 1372 comma 2 c.c.).

Autonomia privata è un’espressione ricca di significati: non solo indica la libertà di contrarre delle parti ma anche la possibilità di fornire ai loro accordi il contenuto che preferiscono. Un secondo aspetto dell’autonomia è caratterizzato dal fatto che le parti possono scegliere altresì se seguire uno dei contratti previsti dalla legge, quindi contratti nominati, o, alternativamente, concludere contratti che non trovano un’espressa disciplina nella legge, i contratti innominati[2]. Un terzo aspetto concerne la possibilità e libertà delle parti di stabilire procedimenti atipici per la formazione di un contratto, cioè diversi da quelli predisposti dal legislatore; ad esempio un contratto normativo[3] mediante il quale le parti stabiliscono che la futura compravendita immobiliare che andranno a concludere si perfezionerà con la consegna del bene al posto del consenso legittimamente manifestato.

Questi aspetti classici dell’autonomia negoziale non esauriscono i possibili riflessi di essa. Un altro aspetto dell’autonomia riconosciuta alle parti contrattuali concerne la possibilità di stipulare un sub-contratto. Quest’ultimo presuppone un valido contratto principale e la riproduzione del medesimo schema contrattuale solo con una parte del contratto principale ed un terzo. Il sub-contratto può essere definito come un contratto derivata che prescinde dall’incontro di volontà tra i contraenti originari, si tratta di un contratto aggiunto al contratto base che ha come oggetto le posizioni giuridiche che derivano dal primo. Il collegamento esistente tra contratto e sub-contratto non è solo genetico ma anche funzionale in quanto il primo continua ad esistere al momento della stipulazione del secondo. Al fine di cogliere meglio questo collegamento si elencano le conseguenze derivanti: il sub-contratto ha la stessa causa del contratto originario per cui non è una figura contrattuale autonoma, esso determina una situazione derivativo-costitutiva dato che, grazie ad esso, origina un nuovo rapporto ed infine  tra i due contratti vi è un nesso di accessorietà in quanto le vicende attinenti al rapporto contrattuale principale si ripercuotono su quello accessorio.

Questo rapporto, definito come genetico e funzionale, esistente tra il contratto principale o base e il subcontratto viene reso esplicito dall’art. 1595 comma 3 c.c. relativo ai rapporti tra locatore e subconduttore. Questa disposizione presuppone che sia in essere un contratto di locazione affetto da una patologia tale da renderlo nullo o risolubile e altresì  la presenza di un contratto di sublocazione dipendente da questo di locazione concluso prima della pronuncia di nullità o risoluzione del contratto principale. A titolo esemplificativo si pensi che Tizio (locatore) e Caio (conduttore) concludano un contratto di locazione nel tempo 1, successivamente Caio conclude a sua volta con Sempronio un contratto di sublocazione in relazione allo stesso immobile e nel tempo 3 viene chiesta da Tizio contro Caio o la risoluzione o la dichiarazione di nullità del contratto principale di locazione. Al fine di disciplinare questa situazione interviene l’art. 1595 comma3 c.c. il quale prevede che la nullità o risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore e la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui[4].

Prima di passare alla disamina del contratto di sublocazione, è necessario ricordare brevemente come l’autonomia privata non sia esente da limiti come ricorda l’art. 1322 c.c. secondo il quale le parti, nel determinare il contenuto del contratto, devono rispettare i limiti imposti dalla legge. Questi limiti, definiti come limiti esterni, si sostanziano tanto nel rispetto delle norme imperative quanto delle regole di correttezza[5]. I limiti interni, al contrario, si riferiscono alla meritevolezza degli interessi che le parti intendono realizzare con lo strumento contrattuale (art. 1322 comma 2 c.c.).

2. Il contratto di sublocazione

Essa è stata assunta dalla dottrina come modello paradigmatico per i sub-contratti. La sub-locazione viene disciplinata dall’art. 1594 c.c. il quale prevede la facoltà per il conduttore, salvo patto contrario, di sublocare la cosa locatagli[6]. Mediante il contratto di sublocazione, mentre il contratto base o contratto originario rimane, si viene a creare un nuovo rapporto fra il conduttore e un terzo spesso avente contenuto diverso, ad esempio in relazione alla durata, al prezzo. L’oggetto della sublocazione, infatti, non corrisponde necessariamente a quello della locazione potendo il nuovo contratto comprendere una parte soltanto della cosa locata e potendo il conduttore aggiungervi degli elementi ulteriori come, ad esempio, mobili, riscaldamento, illuminazione, ecc. Sicuramente il subcontratto nascente dalla locazione non potrà eccedere i limiti stabiliti nel contratto principale e non potrà comportare una destinazione della cosa contrastante all’uso previsto e disciplinato secondo il rapporto principale di locazione. Il contratto principale di locazione costituisce un limite anche in termini temporali: è certo che il contratto di sublocazione può essere concluso per una durata diversa rispetto a quella stabilita per il contratto di locazione ma la durata del primo non potrà mai eccedere la durata del secondo[7].

Relativamente al contratto di sublocazione avente ad oggetto immobili urbani ulteriori limiti sono posti dall’art. 2 L. 392/1978 e, precisamente, in primo luogo, il divieto, per il conduttore, di sublocare totalmente l’immobile e, in secondo luogo, la facoltà di sublocare parzialmente l’immobile previa comunicazione al locatore con lettera raccomandata indicante la persona del subconduttore, la durata del contratto e i vani sublocati. La violazione dei divieti appena indicati importa inadempimento non di scarsa importanza e legittima, di conseguenza, il locatore a chiedere ed ottenere la risoluzione del contratto base[8].

3. La sentenza n. 6390/2018 della Corte di Cassazione

Prima di analizzare la vicenda si deve richiamare la disposizione presupposto dell’iter giudiziario. La situazione presa in esame è sempre quella relativa all’esistenza di un contratto di locazione e successiva conclusione di un contratto di sublocazione. Il codice prevede la possibilità, per il locatore, di esperire l’azione diretta nei confronti del subconduttore al fine di ottenere il prezzo della sublocazione qualora il subconduttore risulti essere ancora debitore al momento della domanda giudiziale e di costringerlo ad adempiere a tutte le altre obbligazioni derivati dal contratto di sublocazione, il tutto senza pregiudizio nei confronti del conduttore (art. 1595 comma 1 c.c.).

L’occasione relativamente alla quale si è pronunciata la Cassazione risulta essere la seguente: esistenza di un contratto di locazione e relativo contratto di sublocazione il quale era scaduto e non prorogato nonostante la proroga posta in essere per il contratto base. Viene proposto decreto ingiuntivo nei confronti della titolare del contratto di sublocazione avente come oggetto il pagamento di determinati canoni ritenuti scaduti. Il Tribunale di prime cure revoca il decreto ingiuntivo accogliendola tesi prospettata dall’opponente secondo la quale il contratto di sublocazione doveva ritenersi inesistente in quanto non  prorogato, tesi che non verrà accolta dalla Corte di merito.

La tesi sostenuta nel ricorso per Cassazione rilevava che, sebbene il contratto di sublocazione derivi dal quello di locazione e che il primo trovi causa nel secondo per cui il sublocatario deve attenersi e rispettare la regolamentazione pattizia posta in essere tra le parti del contratto principale, il subconduttore non deve subire le modifiche del rapporto di locazione alle quali egli non abbia aderito, come ad esempio proroga del contratto.

La Corte di Cassazione, con questa pronuncia del 2018, ha dettato alcuni corollari relativi alla disciplina dell’autonomia negoziale di secondo grado con particolare attenzione alla fattispecie della sublocazione. In primo luogo la suprema Corte evidenzia come la sublocazione sia un rapporto obbligatorio derivato: si tratta certamente di un contratto autonomo ma per certi profili risulta essere condizionato dal rapporto locatizio. A ragione di ciò viene citato l’art 1595 comma 3 c.c. e viene precisato come il subconduttore debba sicuramente sottostare alla disciplina di regolamentazione pattizia   che ha accettato all’inizio in ragione del contratto base ma non può essere costretto a subire delle variazioni, anche accidentali, del contratto base alle quali non abbia aderito in quanto costituiscono una modifica unilaterale del contratto principale.

In secondo luogo la Cassazione precisa che la legge non prevede la possibilità per il locatore e sublocatore di modificare il contratto di sublocazione con accordi stipulati esclusivamente tra di loro. L’art. 1595 c.c. non attribuisce alle parti del contratto principale (locazione) un’autonomia negoziale relativa anche al contratto derivato sottraendola quindi al subconduttore. Quest’ultimo, restando estraneo alle trattative delle parti del contratto principale, potrebbe ricevere un pregiudizio da questo accordo in quanto attinente al contratto di sublocazione.

Alla luce di queste considerazioni la Corte di Cassazione enuncia il principio secondo il quale nell’ipotesi in cui un contratto di sublocazione sia collegato e derivato ad un contratto di locazione e che abbia come oggetto, sia parzialmente che totalmente, lo stesso bene oggetto del contratto principale di locazione, il regolamento negoziale del contratto principale non può estendersi in modo tale da disciplinare il regolamento negoziale del contratto derivato di sublocazione.

Note e riferimenti bibliografici

[1] Partendo da un’analisi etimologica dell’espressione, autos e nomos, appare evidente come autonomia abbia come significato letterale dare legge a se stessi. Precisamente l’autonomia viene definita come il potere riconosciuto dall’ordinamento giuridico grazie al quale il privato regola i propri interessi con manifestazioni di volontà che si esplica in tutti i settori concernenti le attività umane e che risultino essere rilevanti per il diritto. Il principio di autonomia privata e contrattuale, Frisullo F., pag. 1.

[2] Manuale di Diritto Civile, Trabucchi A., Cedam, 2017, pag. 180-181.

[3] Non obbliga le parti a stipulare i successivi contratti in quanto il vincolo verte solo ed esclusivamente sul vincolo sul contenuto di eventuali accordi futuri. Il contratto preliminare, Serrao E., Cedam, 2011, pag. 36.

[4] Questa previsione opera indipendentemente dal fatto che la durata del contratto di sublocazione sia stata programmata dalle parti o prorogata per legge in modo da durare oltre la data di cessazione del contratto di locazione. Codice civile 2006. Annotato con la giurisprudenza. Leggi complementari e schemi, Tramontano L., Halley, 2006, pag. 374.

[5] In questo ambito il limite del rispetto della correttezza legittimerebbe un intervento del legislatore volto a limitare o modificare l’autonomia contrattuale del contraente più forte in maniera tale da ridurre la ingiusta distribuzione delle risorse rispetto al contraente debole. Il negozio giuridico, Ferri G.B., Cedam, 2004, pag. 212.

[6] L’articolo in questione fa riferimento anche alla possibile cessione del contratto prevedendo che il conduttore non può cedere il contratto senza il consenso del locatore. La cessione del contratto deve essere distinta dal subcontratto: in quest’ultimo caso l’oggetto è costituito da una parte dell’oggetto del contratto principale. Con la cessione del contratto, invece, si ha la cessione ad altri della complessa posizione che un contraente ha rispetto a obblighi e diritti nell’ambito di uno dei contratti sinallagmatici a condizione che le relative prestazioni non siano state ancora eseguite. La cessione del contratto opera una vera successione e di regola, salvo che vi sia un diverso accordo delle parti, implica la liberazione del cedente nei confronti dell’altra parte del contratto originario, ceduto. Istituzioni di Diritto Civile, Trabucchi A., Cedam, 2017, pag. 852-853.

[7] Manuale di Diritto Civile, Trabucchi A., Cedam. 2017, pag. 1040-1048.

[8] La Locazione degli  Immobili Urbani,  Ballati F.,  Marino A. e Marino F., Nuova Giuridica, 2010, pag. 34.