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Pubbl. Gio, 13 Giu 2019

La confisca allargata alla luce della riforma del Codice Antimafia: verso una misura praeter probationem delicti?

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Sebastiano Notaro
Università degli Studi di Napoli Federico II


Con la riforma del Codice Antimafia, intervenuta con legge n. 161/2017, il legislatore ha riformato in maniera decisa la disciplina della confisca ex art. 12-sexies d.l. 306/92, ora trasfuso nell’art. 240 bis c.p. ad opera del d.lgs. 21/2018, assottigliando oltremodo le distanze tra confisca allargata e di prevenzione.


Sommario: 1. La confisca allargata, l’originario dibattito sulla natura giuridica – 2. La riforma della confisca ex art. 12-sexies d.l. 306/92: la legge 161/2017. – 3. L’impianto nel codice penale della confisca allargata: l’art 240-bis (d.lgs.21/2018). – 4. La funzione e la natura giuridica della confisca allargata, alla luce della riforma dell’art. 12 sexies d.l. 306/’92, oggi 240-bis. – 5. Riflessioni in ordine alla natura giuridica della confisca allargata c.d. senza condanna (comma 4 septies, art. 12-sexies d.l. 306/’92).

1. La confisca allargata, l’originario dibattito sulla natura giuridica. 

A circa dieci anni di distanza dalla l. 646/82, il panorama delle confische antimafia si è arricchito di un’ulteriore ipotesi, la confisca per sproporzione o c.d. confisca allargata introdotta dall’art. 12 sexies inserito nella l. n. 356 del 1992 (conv. nella L. n. 365/92)[1] e di recente trasposto nel nuovo art. 240-bis c.p. ad opera del D.Lgs. n. 21/2018.

Quanto alla ratio e all’oggetto, la confisca allargata sembra assimilabile a quella della confisca di prevenzione e di conseguenza prende le distanze dal modello elaborato dal’art. 240 c.p.[2]. Difatti, tale forma di ablazione risulta anch’essa basata sul superamento della necessità di un nesso di derivazione della ricchezza che deve essere confiscata, dal fatto di reato e si fonda sul meccanismo presuntivo della mancata giustificazione della provenienza dei beni; dei quali il soggetto, autore del reato, risulta avere la disponibilità e che presentano un valore sproporzionato rispetto all’attività lavorativa ed economica da costui svolta[3].

Quanto ai presupposti applicativi, la misura de qua è analoga a quella codicistica, si tratta infatti di confisca post delictum, che presuppone un accertamento di responsabilità, ed è applicata obbligatoriamente in caso di condanna o “patteggiamento” per uno dei gravi reati che sono indicati dalla norma. In origine legati all’ambito di azione della criminalità organizza, poi progressivamente aumentati fino ad includervi anche reati estranei a tale ambito.

La confisca allargata ha sollevato notevoli problemi di inquadramento dogmatico, sin dal momento della sua introduzione, inducendo già i primi commentatori a parlare di una misura sui generis, in cui si mescolano componenti punitive e social preventive.

In particolare, il dato che la confisca allargata condivida con quella di prevenzione, lo scopo, l’ambito d’applicabilità privilegiato, e il meccanismo di ripartizione dell’onere probatorio[4], segnala che ad essa non è del tutto estranea una vocazione special preventiva, diretta ad impedire che ingenti ricchezze accumulate dal condannato vengano riutilizzate al fine di commettere ulteriori reati anche diversi da quello oggetto di condanna[5].

Tuttavia, il presupposto di una sentenza di condanna, segnava un importante divario con la confisca praeter delictum, inducendo a considerarla piuttosto come una misura a carattere sanzionatorio.

La natura afflittiva e il fine general preventivo sarebbero stati confermati da alcuni elementi sintomatici quali: l’obbligatorietà e la conseguente irrilevanza della pericolosità[6], l’applicabilità a beni di presunta origine illecita, anche privi di un qualsiasi nesso di derivazione dai reati commessi, o a beni di soggetti diversi da chi ne abbia materiale disponibilità[7].

La giurisprudenza più risalente, dal canto suo, ha sempre negato la natura puramente sanzionatoria della confisca ex art. 12 sexies, parlando piuttosto di una misura di sicurezza patrimoniale diretta alla neutralizzazione di cose pericolose. Indirizzo che ha ricevuto supporto dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 920/2004, che richiamando la precedente pronuncia n. 29022/2001, hanno sostenuto che la confisca ex art. 12 sexies costituisce una misura di sicurezza “atipica”, in quanto modellata sullo schema della misura di prevenzione antimafia di cui alla legge n. 575/1965. L’ “atipicità” consisterebbe in una sostanziale difformità strutturale e funzionale di tale misura rispetto alla confisca disciplinata dall’art. 240 c.p.

In primis, la Suprema Corte ha evidenziato che la confisca c.d. “allargata” ha una finalità non solo preventiva, ma anche (e soprattutto) dissuasiva nei confronti del destinatario per evitare che il soggetto interessato sia tentato a commettere i delitti menzionati dall’art.12 sexies al fine di accumulare illecitamente ricchezze. In secondo luogo, ha sostenuto che la confisca disciplinata dall’art. 240 c.p. richiede un nesso di pertinenzialità tra il bene da espropriare e il reato commesso, nesso che non è richiesto dall’art. 12-sexies[8].

Optando per la tesi della natura giuridica ibrida della misura, la Cassazione ha favorito una notevole estensione dell’ambito d’applicabilità di tale confisca, che altrimenti sarebbe stata impossibile a causa dei limiti posti dai principi di personalità, proporzionalità e irretroattività laddove si fosse ammessa la natura di pena.

Per mezzo di una simile qualificazione si assiste ad un’estensione dell’oggetto della misura, in quanto vengono coinvolti anche beni acquisiti in data anteriore al reato o per i quali non risulta essere accertato il nesso di derivazione causale, rispetto ad i reati oggetto di condanna; nonché un’estensione dei destinatari, in particolare nei confronti degli eredi in caso di morte del reo condannato con sentenza definitiva[9].

Ma la ricaduta più vistosa di una simile qualificazione è da cogliere nell’applicabilità della confisca anche per reati commessi prima dell’introduzione nell’ordinamento dell’art 12-sexies, o comunque in virtù di norme che successivamente, hanno esteso il catalogo dei reati presupposto, estendendo l’applicazione di tale confisca a quei fatti.

La Cassazione giustifica tale orientamento efficientista, a tratti repressivo, mettendo in luce che la confisca allargata è una misura di sicurezza e non una pena. Di conseguenza, deve applicarsi l’art. 200 c.p. che, quale norma generale,  valida per tutte le misure di sicurezza, stabilisce che se al momento dell’applicazione della misura ablativa la legge regolatrice è diversa rispetto a quella in vigore al momento della commissione del fatto, è applicabile la legge valida al momento della sua esecuzione. Dunque in tal caso ben può operare il principio di retroattività, il quale viene desunto anche dalla lettera dell’art. 25, terzo comma, della Costituzione[10].

Come esaminato precedentemente, la dottrina ha messo in dubbio, già in relazione alla fattispecie contemplata dall’art. 240 c.p., la natura di misura di sicurezza, in quanto emerge una tendenza del legislatore moderno, diretta a  collegare alla qualifica di condannato per determinati reati, la presunzione dell’origine illecita dei beni posseduti. Si tratta di una sorta di presunzione iuris et de iure non rivolta questa volta, come in relazione alle tradizionali misure di sicurezza, verso il futuro, ma verso il passato[11]. Si finisce per ammettere, insomma, che tale sanzione non è fondata su una mera prognosi di pericolosità, ma rappresenta una reazione (afflittiva) dell’ordinamento a una violazione, finalizzata alla prevenzione di future violazioni.

Si tratterebbe, però, di una presunzione iuris et de iure, non diversa, anzi più grave perché più generica, dalle presunzioni di pericolosità precedentemente previste nel nostro ordinamento in relazione alle misure di sicurezza, e dichiarate costituzionalmente illegittime dalla Corte costituzionale. Una presunzione irrazionale non fondata su una regola di esperienza, se si considera che tale forma di confisca può essere applicata in seguito alla consumazione di un singolo reato e anche reati che non denotino alcuna dedizione all’illecito, (si pensi ad esempio peculato mediante profitto dell’errore altrui).

Il legislatore, allora, non persegue esclusivamente una finalità preventiva, ma vuole punire dei reati, che non riesce a provare, o, comunque, vuole impedire che il reo possa beneficiarne[12]. In definitiva la dottrina[13] è concorde nel non condivide le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza, in quanto nella confisca ex art. 12-sexies (oggi 240-bis c.p.) prevale, un’indubbia natura punitiva, sia per la sua afflittività, potendo comportare la sottrazione dell’intero patrimonio, sia per lo scopo perseguito, che è innanzitutto di prevenzione generale[14] – e non solo speciale – in particolare di prevenzione dell’uso illecito della ricchezza o di “incapacitazione economica”.

Non sarebbe possibile cogliere in via residuale neanche una mera funzione compensativa, mirante al riequilibrio economico – nel senso che la misura de qua sarebbe destinata ad eliminare una situazione di ingiustizia, riportando lo stato patrimoniale del reo nelle stesse condizioni in cui si trovava prima della realizzazione del reato – in quanto tale funzione è perseguita solo dalla confisca del profitto del quale si riesca ad accertare il nesso causale con il reato[15].

2. La riforma della confisca ex art. 12-sexies d.l. 306/’92: la legge 161/2017.

Con la riforma del Codice Antimafia[16], intervenuta con legge n.161/2017[17], il legislatore ha riformato in maniera decisa la disciplina della confisca ex art. 12-sexies d.l. 306/92, ora trasfuso nell’art. 240 bis c.p.  Istituto di cui da tempo dottrina e giurisprudenza riconoscono una sostanziale affinità di ratio rispetto alla confisca prevista quale misura di prevenzione. Affinità che non può che dirsi ulteriormente confermata dal tenore della novella legislativa, espressione di un disegno di politica criminale volto a incrementare le potenzialità di tale strumento, anche se a scapito del rispetto dei principi e delle garanzie della materia penale.

Innanzitutto, viene esteso il catalogo dei reati per i quali è possibile procedere alla confisca allargata, in particolare attraverso l’inserimento nell’art 31 comma 1 – che ha recepito l’art. 21- sexies d.l. 306/92 – di un riferimento a tutti i reati di cui all’art. 51 comma 3-bis c.p.p.[18] e di tutti gli ulteriori delitti prima previsti e contenuti in parte nel comma 2, 2-bis, 2 quater (ora abrogati), nonché mediante l’aggiunta dei delitti di cui agli artt. 603-bis e 648 ter.  Infine, nella nuova formulazione del primo comma si esclude esplicitamente – in modo analogo a quanto si prevede ora anche all’art. 24 del Codice Antimafia – che la legittima provenienza dei beni possa essere giustificata adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego di evasione fiscale[19]; il primo comma così riformato è stato abrogato poi dall’art. 7 del d.lgs n. 21/2018, e il suo contenuto trasposto nell’art 240-bis c.p. introdotto dall’art 6 del d.lgs n. 21/2018.

Rimane invece di carattere meramente formale la modifica che coinvolge la confisca per equivalente della confisca allargata de qua, prevista nel comma 2-ter dell’art 12 sexies e trasposta nel comma 2 dell’art 240-bis c.p.[20] estendendone l’ambito di applicazione a tutte le fattispecie per le quali è prevista l’applicazione della confisca allargata del comma 1.

Il legislatore ha così esteso l’ambito di applicazione della confisca di valore della confisca allargata, in maniera significativa e d'altronde coerente con la tendenza a potenziare sempre più l’ambito di operatività della confisca, in modo corrispondente all’analoga confisca di valore della confisca di prevenzione ex art. 25 d.lgs. n. 159/2011.

Altro elemento che confermerebbe la tendenza del legislatore a unificare la disciplina delle due forme di confisca c.d. antimafia, sarebbe da cogliere sicuramente nel riformato comma 4 bis dell’art. 12-sexies, dove è prescritta la progressiva unificazione della disciplina in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati in sede di prevenzione a quella dell’art.12-sexies l. n.356/92. Il legislatore prosegue verso questa assimilazione, richiamando espressamente al comma 4-bis le norme «in materia di tutela dei terzi e di esecuzione del sequestro previste dal codice antimafia»[21].

Per quanto concerne le modifiche sul procedimento, sempre in conformità alle modifiche introdotte per la confisca di prevenzione, è stata sancita al comma 4-quinquies, la citazione nel processo di cognizione dei terzi titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni in stato di sequestro, di cui l’imputato risulti avere la disponibilità a qualsiasi titolo.

Si è chiarito poi, al comma 4-sexies[22], come già pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza, che competente ad emettere sequestro e confisca, dopo l’irrevocabilità della sentenza è il giudice dell’esecuzione. Tale comma abrogato dal d.lgs n.21/2018 è stato trasposto nel comma 1 dell’art. 183-quater del d.lgs. 271/1989[23].

Viene inoltre introdotta, al comma 4-septies[24], una nuova, specifica ipotesi di confisca in assenza di formale condanna: si prevede infatti che la confisca allargata – ad eccezione dell’ipotesi di confisca per equivalente di cui al comma 2-ter – trovi applicazione in caso di estinzione del reato per prescrizione o amnistia, intervenuta in appello o nel giudizio di cassazione a seguito di una pronuncia di condanna in uno dei gradi di giudizio. In tal caso, si legge nella nuova disposizione, il giudice dovrà decidere sull’impugnazione “ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato”. L’esclusione della confisca per equivalente sembra giustificarsi nell’ottica del legislatore, alla luce della natura sostanzialmente punitiva riconosciuta a tale misura dall’orientamento prevalente in giurisprudenza[25]. Il comma 4-octies dell’art. 12 sexies stabiliva che, in caso di morte del soggetto nei cui confronti è stata disposta una confisca con sentenza di condanna passata in giudicato, il procedimento inizia o prosegue, a norma dell’art. 666 c.p.p. nei confronti degli eredi o degli aventi causa.

Accogliendo il più recente orientamento giurisprudenziale[26], si consente l’applicazione della confisca contro i successori nel caso di morte del reo, laddove non sarebbe più possibile applicare tardivamente la confisca attraverso l’incidente di esecuzione per la sopravvenuta morte del condannato. La possibilità di procedere contro gli eredi con il procedimento di prevenzione volto ad applicare la confisca ex art. 24 d.lgs n.159/2011, invece è possibile solo entro cinque anni dalla morte, termine che qui non è previsto. Anche tale comma è stato abrogato dal d.lgs. 21/2018 e il suo contenuto trasfuso nel comma 2 dell’art 183 -quater d.lgs. n. 271/1989[27].

Da ultimo, l’art 31, co1 f), aveva introdotto il comma 4-novies dell’art 12-sexies, che recependo l’orientamento giurisprudenziale ormai costante, stabiliva che «l'autorità giudiziaria competente ad amministrare i beni sequestrati è il giudice che ha disposto il sequestro o, laddove il sequestro sia disposto da un organo collegiale, il giudice delegato dal collegio»[28].

3. L’impianto nel codice penale della confisca allargata: l’art 240bis (d.lgs.21/2018).

Sulla scorta di una crescente valorizzazione in ambito sovranazionale dello strumento della confisca, che trova concreta espressione nell’art. 5[29] della direttiva n. 42/2014[30] – contemplando una forma di confisca c.d. estesa, assimilabile a quella c.d. allargata – il legislatore italiano con il d.lgs. 21/2018[31] ha ritenuto opportuno trasferire nel nuovo art 240-bis c.p., la disciplina della confisca ex art. 12-sexies del d.l. 306/’92.

Appare condivisibile l’inserimento nel codice penale della confisca allargata subito dopo la norma che contiene la disciplina generale della confisca, del resto in molti ordinamenti di civil law la norma che prevede la confisca allargata è inserita nel codice penale[32].

Tale riforma ha recepito la proposta della Commissione Maresca[33] e si inserisce nell’ambito di un decreto legislativo che ha realizzato il progetto consistente nell’introduzione nel nostro ordinamento del “principio della tendenziale di riserva di codice in materia”[34], consistente in un riordino della materia penale, in modo da assicurare centralità al codice «al fine di una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni e quindi dell’effettività della funzione rieducativa della pena». L’obiettivo dunque è una razionalizzazione della normativa penale, all’esito della quale il cittadino possa trovare le fattispecie idonee a configurare una sua responsabilità penale, esclusivamente all’interno del codice o in “leggi di settore”, le quali disciplinano in maniera omogenea una determinata materia, il rinvio è ai Testi Unici.

La principale fonte normativa della confisca “allargata” è ora l’art. 240-bis c.p.[35], inserito nella parte generale del codice tra le norme dedicate alle misure di sicurezza patrimoniali[36]. In esso sono confluite, senza modifiche sostanziali, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2-ter del precedente art. 12-sexies, che individuano casi, presupposti e modalità per l’applicazione dell’istituto (possibile, si ricorda, anche nella forma della confisca per equivalente).  Deve segnalarsi, inoltre,  che l’attuale elenco dei delitti presupposto di cui all’art. 240-bis, co. 1, c.p. non include più gli artt. 73 d.P.R. 9.10.1990 n. 309 e 295, co. 2, d.P.R. 23.1.1973 n. 43, in quanto rispetto a tali fattispecie si è preferito inserire delle norme di richiamo alla confisca “speciale” di cui all’art. 240-bis c.p. direttamente in seno ai relativi testi unici di appartenenza. Ne è risultata l'introduzione dell’art. 85-bis nel T.U. stupefacenti e del co. 5-bis nell’art. 301 T.U. in materia doganale.

Forti perplessità sono state già manifestate sul piano teorico, sul modo in cui la riserva di codice è stata intesa dalla legge delega, ossia come un’operazione di mero trasferimento di disposizioni incriminatrici da un luogo all’altro «quasi che i gravi problemi che affliggono tale sistema dipendano da questioni topografiche e non dal ricorso eccessivo e non adeguatamente meditato alla sanzione penale, dalle approssimazioni tecniche che condizionano la redazione delle norme o dalla mancanza di una visione organica»[37].

Una falla è da rilevare anche sul piano della progettualità legislativa, trattandosi pur sempre di un principio inserito in una norma di legge ordinaria, appare evidente come esso non possa costituire un argine effettivo per un futuro legislatore che non voglia attenersi a tale precetto[38]. Tuttavia, il legislatore delegato all’interno della Relazione illustrativa fiduciosamente ritiene che il nuovo art. 3-bis − non a caso inserito nella parte generale del codice penale − possa assurgere al rango di norma di indirizzo, in grado di ispirare sulla futura produzione normativa in materia penale.

4. La funzione e la natura giuridica della confisca allargata, alla luce della riforma dell’art. 12 sexies d.l. 306/’92, oggi 240-bis.

Come già segnalato in precedenza, la Suprema Corte ha sempre negato l’estensione di un regime più garantistico previsto per la confisca di prevenzione, al modello delineato dall’art.12 sexies, adducendo una differenza tra i due istituti sia di natura che di ratio[39].

Tuttavia, già prima della riforma intervenuta con la l.161/2017 – che ha il merito di aver assottigliato oltremodo le distanze tra le due confische c.d. antimafia – sembrava fuorviante l’assunto in base al quale, la demarcazione tra i due istituti sarebbe segnata dal fatto che la confisca c.d. allargata, a differenza di quella di prevenzione, consegue a una condanna per il reato. Tale condanna, infatti, nel giudizio sull’applicazione della confisca, rappresenta un mero fatto noto che, unito al dato della sproporzione, rende azionabile un meccanismo presuntivo con cui si giunge a ritenere sussistente il fatto ignoto, rappresentato dalla commissione di altri reati generatori di proventi illeciti. Si tratta di una duplice presunzione, e cioè la presunzione che il soggetto ha commesso reati, oltre quello oggetto di condanna, e che da questi reati abbia tratto profitto[40]. D’altronde è la stessa Corte Costituzionale[41] a riconoscere che ai fini della confisca allargata si presume “che il condannato abbia commesso non solo il delitto che ha dato luogo alla condanna, ma anche altri reati, non accertati giudizialmente, dai quali deriverebbero i beni di cui egli dispone”. Allora si tratterebbe di una presunzione che nondimeno rende possibile un’ablazione svincolata da qualsivoglia dimostrazione dell’esistenza della condotta (che si presume) diretta alla realizzazione di ulteriori reati, non provati in alcun processo e rispetto ai quali la pubblica accusa non ha un onere probatorio, neppure generico. Ne discende che la qualificazione quale confisca praeter probationem delicti, tradizionalmente assegnata alla misura di prevenzione, si attaglia in questo senso perfettamente anche alla confisca allargata di cui all’art. 12-sexies.

L’assimilazione funzionale delle due confische appare ancor più evidente alla luce dei più recenti sviluppi legislativi. A partire già dal dato normativo, non si può non cogliere che il legislatore con la l. 161/2017, sembra orientare la propria spinta riformatrice lungo un unico binario, che coinvolge entrambe le misure[42]. Individuando ad esempio quale sede naturale di applicazione della confisca allargata il procedimento di esecuzione[43], alla cui disciplina rinvia il codice antimafia. Per entrambe le misure, la stessa riforma ha previsto una medesima trattazione prioritaria, rispettivamente agli art. 132-bis disp. att. c.p.p. e art. 34-ter d.lgs. 159/2011[44]. Si potrebbe poi menzionare l’analogia di disciplina in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, di tutela dei terzi e di esecuzione del sequestro[45].

Pare che il legislatore abbia proceduto con la l. 161/2017 ad abbattere il regime più garantistico previsto per la confisca ex art. 12 sexies, assimilandolo la disciplina di quest’ultima a quella prevista per la confisca di prevenzione. Prevedendo la sua applicazione nel procedimento di esecuzione in mancanza di sufficienti garanzie procedurali, ma soprattutto consentendone l’applicazione anche in assenza di una formale condanna.

Invero il comma 4 septies dell’art 12-sexies d.l. 306/’92[46], sulla via della separazione del procedimento di applicazione della confisca allargata rispetto al processo penale, ha disciplinato l’applicazione della confisca allargata in caso di estinzione del reato per prescrizione o amnistia, intervenuta in appello o nel giudizio di cassazione a seguito di una pronuncia di condanna in uno dei gradi di giudizio. Si deve inoltre precisare che la norma stabilisce che, diversamente da ciò che avviene nel procedimento di prevenzione, per applicare la confisca in ogni caso la Corte di appello e la Corte di Cassazione, dovrebbero confermare il giudizio di responsabilità dell’imputato.

È difficile ignorare come il legislatore stia indirizzando la propria spinta riformatrice delle due confische antimafia lungo un unico binario, tenendo conto anche del comma 4-octies dell’art. 12-sexies d.l. 306/’92 [47]– ora trasfuso nel secondo comma dell’art. 183 quater d.lgs. 271/1989[48] – il quale accogliendo il più recente orientamento giurisprudenziale[49], consente l’applicazione della confisca contro i successori nel caso di morte del reo, laddove non sarebbe più possibile applicare tardivamente la confisca attraverso l’incidente di esecuzione per la sopravvenuta morte del condannato[50]. La disposizione non prevede semplicemente la possibilità di applicare la confisca allargata già deliberata nell’ambito del processo penale anche laddove sopraggiunga la morte in seguito alla condanna definitiva, ma che si proceda con incidente di esecuzione nei confronti dei successori per applicare la confisca ex art. 240-bis, in maniera simile a quanto consentito alla confisca di prevenzione. Tra l’altro la dottrina[51] segnala, che un limite della disciplina sarebbe da cogliere sin da subito, nell’onere di allegazione in capo al condannato per dimostrare l’origine lecita dei suoi beni, onere di difficile assolvimento in capo ai successori.

Le correlazioni appena tracciate metterebbero in luce l’opportunità di giungere a una soluzione unitaria in termini di qualificazione della natura giuridica degli istituti, e quindi di garanzie costituzionali e convenzionali conseguentemente applicabili. In realtà un’originale dottrina[52], propone il superamento della rigida dicotomia tra misura di sicurezza – natura che la giurisprudenza[53] ad oggi attribuisce alla confisca allargata e, nella sostanza, anche alla confisca di prevenzione – e pena, che invece la dottrina maggioritaria[54] sembra rinvenire in queste misure, attraverso una qualificazione unitaria delle confische in esame come forme legittime di estinzione del diritto di proprietà. Strumenti specificamente volti a decurtare dal patrimonio della persona quella parte di ricchezza accumulata illecitamente, rispetto alla quale il privato non può vantare alcun titolo di acquisto lecito. D'altronde un ragionamento sulla funzione della confisca quale strumento lato sensu civilistico-ripristinatorio, volto a far cessare il diritto di proprietà su beni che non abbiano un valido titolo di acquisto, in quanto presuntivamente derivanti da attività delittuose, è da tempo condotto dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e inizia ormai a emergere anche in altra dottrina[55].

5. Riflessioni in ordine alla natura giuridica della confisca allargata c.d. senza condanna (comma 4 septies, art 12-sexies d.l. 306/’92).

Considerando che la sottrazione del profitto accertato del reato non rappresenta una pena, perché non limita un diritto o un interesse del condannato, ma si limita recuperare qualcosa che il condannato non ha diritto a detenere in quanto frutto del crimine è il reato, che non e una legittima fonte di arricchimento[56]; la confisca del profitto accertato rappresenta una forma di riequilibrio economico, per cui la sua applicazione in caso di prescrizione o amnistia – introdotta dall’ormai superato comma 4 septies dell’art.12-sexies[57]– potrebbe essere ammessa nei limiti in cui sia accertato che il reato sia stato consumato e ne sia conseguito un profitto.  

E infatti l’intento del legislatore nel recepire la più recente prassi giurisprudenziale[58], è quello di ammettere l’applicazione della confisca contemplata dall’attuale 240-bis c.p. in presenza di una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione con conseguente condanna in primo grado, in quanto si tratta in una situazione in cui comunque il giudice ha accertato la commissione del reato presupposto[59].

In tal senso l’attuale art 578-bis c.p.p. prescrive il «previo accertamento della responsabilità dell’imputato» per l’applicazione della confisca, quindi in ogni caso la Corte di appello e la Corte di Cassazione dovrebbero confermare il giudizio di responsabilità dell’imputato[60].Tale accertamento dovrebbe sostituire la condanna, quale fondamento della presunzione su cui si fonda la confisca allargata in esame, considerata ragionevole dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 33/2018[61]. Tra l’altro è opportuno precisare che la stessa Corte, con sentenza n.239/2009[62] e con sentenza 49/2015[63] ha sancito che «nel nostro ordinamento, l’accertamento ben può essere contenuto in una sentenza penale di proscioglimento dovuto a prescrizione del reato, la quale pur non avendo condannato l’imputato abbia comunque adeguatamente motivato in ordine alla responsabilità penale di chi è soggetto alla misura ablativa».

Occorre in ogni caso sottolineare che le Sezioni unite ammettono l’applicazione della confisca in caso di prescrizione in seguito a condanna in primo grado, nelle ipotesi di confische-misure di sicurezza obbligatorie. Mentre l’inserimento di una simile disciplina appare, più problematico in relazione alla confisca allargata, che non presuppone un pieno accertamento dell’origine illecita dei beni da confiscare, ma è fondata sulla presunzione che il reo ha realizzato altri crimini, oltre a quello oggetto di condanna, da cui abbia tratto un profitto illecito. E allora nella misura in cui manca un pieno accertamento della natura illecita dei profitti da confiscare, la confisca allargata rischia di assumere una natura punitiva dell’attività sospetta. Non si può infatti parlare di mera natura preventiva di tale forma di confisca – come emergerebbe invece dalla qualifica di misura di sicurezza attribuita dalla giurisprudenza a tale misura – in quanto la pericolosità dei beni e dei destinatari non ha mai figurato tra i presupposti e perché altrimenti non avrebbe senso la confisca nei confronti degli eredi[64].

E allora la confisca allargata, come già sostenuto da un consolidato orientamento in materia di confisca urbanistica, presenterebbe l’anomalia di consentire l’applicazione di una vera e propria pena in seguito alla prescrizione del reato.

Appare allora preoccupante l’orientamento della Corte costituzionale e della Suprema Corte che consente di applicare delle vere e proprie pene in base ad una nozione di “condanna sostanziale”, un accertamento di responsabilità che consentirebbe di applicare la confisca allargata sine die.

L’acquisto di tale carattere punitivo striderebbe inoltre con la ratio della confisca ed esporrebbe la stessa a seri dubbi di legittimità rispetto a parametri costituzionali e convenzionali[65], primo fra tutti quello di presunzione di non colpevolezza, che risulta ictu oculi inconciliabile con una “pena” applicata in assenza di prova piena del reato.

In definitiva, sembra emergere ancora una volta quella concezione di fondo che ha caratterizzato sin dagli esordi la misura in esame[66], secondo cui il diritto di proprietà e la libertà di iniziativa economica non meritino le garanzie della materia penale, laddove incisi dalla confisca allargata.

Di conseguenza si dovrebbe almeno optare un elevato standard probatorio in sede di accertamento del carattere sproporzionato, come elemento probatorio della natura illecita delle risorse economiche da confiscare, per tentare di limitare l’impatto punitivo della forma di confisca in esame, in favore del carattere meramente riparatorio e di riequilibrio economico.

Note e riferimenti bibliografici

[1] Tale norma, introdotta dal decreto legge 20 giugno 1994, n. 399, convertito nella legge 8 agosto 1994 n. 501, al primo comma, così dispone: “Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dagli articoli 416, sesto comma, 416-bis, 600, 601, 602, 629, 630, 644, 644-bis, 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter del codice penale, nonché dall'art. 12-quinquies, comma 1, del D.L. 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356 ovvero per taluno dei delitti previsti dagli articoli 73, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ovvero per taluno dei delitti previsti dagli articoli 73, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica […].

[2] Le confische allargate sono caratterizzate da peculiarità che le distinguono dalle confische tradizionali, tra cui: a) la sintomaticità dei relativi presupposti, ossia la sproporzione patrimoniale rispetto al reddito e all’attività economica in luogo della prova piena della effettiva derivazione dei beni da attività illecite; b) l’ampliamento dei destinatari ed in particolare la possibilità di applicazione anche su beni formalmente intestati a soggetti diversi dal soggetto destinatario della misura, purché rientranti nella effettiva disponibilità di quest’ultimo; c) l’ampliamento dell’oggetto, esteso ad intere porzioni di patrimonio dell’interessato, di presunta origine illecita, non necessariamente derivanti dalla commissione di uno specifico reato accertato, come invece nella confisca tradizionale.

[3]CONTRAFFATTO V., La confisca estesa ex art. 12 sexies d.l. n. 306/’92: presupposti, effetti, profili processuali, in Le misure patrimoniali contro la criminalità organizzata, Giuffrè, Milano, 2010.

[4] In particolare, sono previste forme di semplificazione dell’onere probatorio gravante sull’accusa, finalizzate a superare le difficoltà di accertamento dell’ammontare dei proventi. Inoltre, la prova relativa alla provenienza dei beni grava tendenzialmente sul titolare.

[5] In tal senso alcuni dei primi commenti alla nuova misura: POTETTI D., Riflessioni in tema di confisca di cui alla Legge 501/94, in Cass. pen., 1995, p. 1689 ss.; NANULA G. La lotta alla mafia. Strumenti giuridici, strutture di coordinamento, la legislazione vigente (IV ed.), Giuffrè, Milano, 1999.

secondo cui la confisca in esame sarebbe una misura di prevenzione post delictum a carattere patrimoniale

[6] Il carattere obbligatorio della confisca in esame esclude, la possibilità di subordinare l’applicazione della misura ad un accertamento della pericolosità sociale del reo. A meno che si ritenga che il legislatore presuma che un soggetto, già condannato per determinati delitti sia un soggetto “pericoloso”, un autore potenziale di futuri delitti E in tale direzione si pronuncia la giurisprudenza di merito e la Suprema Corte laddove afferma che la misura di cui all’art. 12-sexies costituisce « una forma di confisca avente natura spiccatamente preventiva più che penalistica », che presenta il vantaggio rispetto al vigente sistema di misure di prevenzione di svincolare « il giudice della necessità dell’accertamento di una pluralità di elementi indici della dedizione in via continuativa ed abituale alla commissione di illeciti, stabilendo in forza di una presunzione lecita perché rispondente a norme di comune esperienza che l’accertata responsabilità per taluno dei reati presupposti costituisca elemento di per sé rivelatore di quella “dedizione all’illecito” che altrimenti andrebbe concretamente dimostrata »

[7] In tal senso FORNASARI G., L’ultima manifestazione della cultura del sospetto: il nuovo art.12-sexies della L.356/92, in Critica del diritto,1994, p.11 ss.; MAZZA O., Commento al D.L 20/06/1994 n.399, conv. Con modif. dalla L. 8/8/1994 n.501, in Legislazione penale, 1995, p.23 ss.; BERNASCONI A., La speciale confisca introdotta dal D.L. 20 giugno 1994 n. 1994 n. 339 conv. dalla L. 8 agosto 1994 n.501, in Diritto Penale e Procedura, 1996, p. 1417 ss.; MAUGERI A.M., Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, Giuffrè, Milano, 2001 p. 757.; FONDAROLI D., Le ipotesi speciali di confisca nel sistema penale, Ablazione patrimoniale, criminalità economica, responsabilità delle persone fisiche e giuridiche, Bologna, 2007, p.233; SQUILLACI E., La confisca «allargata» quale fronte avanzato di neutralizzazione dell’allarme criminalità, in Diritto Penale e Procedura, 2009, p. 1525 ss.

[8] Il quale dispone che dispone la confisca del “..denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica”

[9] Cass. 25 gennaio 2998 n.9576; Cass 20 maggio 2008.

[10] Più di recente, la Corte di legittimità ha confermato tale orientamento con la pronuncia n. 25096/2009. Tale decisione ha cassato il provvedimento del Tribunale che non aveva disposto la confisca ex art. 12 sexies, prevista come obbligatoria, in quanto si procedeva per un reato di corruzione commesso prima dell’1 gennaio 2007, data di entrata in vigore della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007) che ha esteso l’ambito di applicazione della confisca de qua ai reati contro la P.A

[11] MAUGERI A.M, Confisca (diritto penale), in Enciclopedia del diritto, annali VII, Giuffrè, cit. p.38.

[12] FORNASARI, Strategie sanzionatorie e lotta alla criminalità organizzata in Germania e in Italia, in Diritto penale dell’economia, 1994, p. 768.

[13] L. FORNARI, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie: confisca e sanzioni pecuniarie nel diritto penale “moderno”, CEDAM, Padova, 1997. L’autore ritiene che con l’art. 12 sexies il legislatore abbia creato “una vera e propria sanzione patrimoniale a carattere schiettamente punitivo, in cui il sacrificio del diritto di proprietà è di entità tendenzialmente ben superiore al guadagno ottenuto tramite il reato occasione”, anche se la mancanza di determinatezza della sanzione al momento del fatto “fa svanire quel carattere di prevedibilità della reazione sanzionatoria che condiziona la legittimità stessa di una strategia general-preventiva; Cfr. COMUCCI, Il sequestro e la confisca nella legge “antimafia”, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, 1985, p.101 ss.; ILLUMINATI, La presunzione d’innocenza, Bologna, 1979, 202; BRICOLA, Forme di tutela “ante-delictum” e profili costituzionali della prevenzione, in Le misure di prevenzione. Atti del Convegno, Milano, 1975, p.59 ss.

[14] La Suprema Corte del resto, con sent. 15 aprile del 1996, ha ammesso espressamente che la confisca in esame persegue, accanto alla prevenzione speciale, anche la funzione generalpreventiva-dissuasiva in relazione a fenomeni criminosi particolarmente allarmanti, in cui l’aggressione ai beni illecitamente accumulati si dimostra più efficace della stessa sanzione penale.

[15] La confisca ex art. 12-sexies colpisce, però, tutto il patrimonio del reo del quale non si riesca a dimostrare la legittima provenienza, e, quindi, anche dei beni rispetto ai quali non è stato accertato il nesso causale con uno specifico reato. Chiaramente tanto più cogente sarà la verifica da parte dell’accusa dell’origine illecita dei beni da confiscare, perlomeno attraverso la prova del carattere sproporzionato del singolo bene al momento dell’acquisto, tanto più la confisca in esame assumerà natura compensativa e non punitiva.

[16] D.lgs. n. 159/11 che, in attuazione della legge delega n. 136/2010, ha proceduto alla ricognizione e “riscrittura” della disciplina delle misure di prevenzione, personali e patrimoniali, con specifico riferimento all’amministrazione dei beni e alla tutela dei terzi creditori

[17] Disegno di legge n. 2134-S, approvato in via definitiva dalla Camera il 27 settembre 2017. Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate. Il testo approvato, che costituisce un intervento complessivo sul d.lgs. n. 159/2011 e sulla confisca allargata, trova significativamente la propria genesi in una proposta di legge d’iniziativa popolare, esattamente come la legge 7 marzo 1996 Disposizioni in materia di gestione e destinazione di beni sequestrati o confiscati con cui si modificava profondamente la l. n. 575/1965.

[18] Il richiamo era necessario in quanto sotto il profilo sostanziale, l’elencazione dei delitti non sepre seguiva quella prevista dall’art 51,comma 3-bis, c.p.p., con la conseguenza che alcuni di questi non consentivano la confisca allargata.  Il richiamo determina l’applicabilità della confisca allargata anche nel caso di condanna per reati di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri e di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.

[19] «In ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale.». Sono così percepite le preoccupazioni avanzate da più parti per l’orientamento giurisprudenziale, che sembra divenire prevalente, per cui l’indagato/imputato potrebbe giustificare la provenienza dei beni anche con redditi da evasione fiscale.

[20] Mentre originariamente tale forma di confisca introdotta dall’art. 10 del d.l. 92/’2008 nel comma 2-ter dell’art 12- sexies decreto n. 306/’92, e poi subito riformata dall’art 2, n.7 della l.94/’00, si applicava solo alle fattispecie prevista dal comma 2 dell’art. 12-sexies, e cioè ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché a chi fosse stato condannato per un delitto in materia di contrabbando nei casi di cui all’art. 295, co.2 del t.u. n.43/’73.

[21] Le disposizioni in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati nonché quelle in materia di tutela dei terzi e di esecuzione del sequestro previste dal codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159 si applicano ai casi di sequestro e confisca in casi particolari previsti dall’art 240 bis del c.p. o delle altre disposizioni di legge che a questo articolo rinviano, nonché agli altri casi di sequestro e confisca di beni adottati nei procedimenti relativi ai delitti di cui all’art 51, comma 3-bis, del codice. In tali casi l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati dalla criminalità organizzata coadiuva l’autorità giudiziaria nell’amministrazione e nella custodia dei beni sequestrati fino al provvedimento di confisca emesso in Corte di appello e, successivamente a tale provvedimento, amministra i beni medesimi secondo le modalità previste dal codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159.

[22]Competente a emettere i provvedimenti previsti dai commi 1 e 2-ter, dopo l'irrevocabilità della sentenza, è il giudice di cui all'articolo 666, commi 1, 2 e 3, del codice di procedura penale. Il giudice, sulla richiesta di sequestro e contestuale confisca proposta dal pubblico ministero, provvede nelle forme previste dall'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale. L'opposizione è proposta, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione o notificazione del decreto.

[23] D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271 - Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.

[24] «Le disposizioni di cui ai commi precedenti, ad eccezione del comma 2-ter, si applicano quando, pronunziata sentenza di condanna in uno dei gradi di giudizio, il giudice di appello o la Corte di cassazione dichiarano estinto il reato per prescrizione o per amnistia, decidendo sull'impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell'imputato». Il comma 4-septies così formulato è stato abrogato dal d.lgs. n. 21/2018 e introdotto con lo stesso contenuto all’art 578àbis del c.p. la cui rubrica recita «Decisione sulla confisca in casi particolari nel caso di estinzione del reato per amnistia o prescrizione».

[25] La previsione pur sembrando in linea con quanto statuito dalla Corte costituzionale nella sent. 49/2015 e dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza Lucci, sembra verosimilmente prestare il fianco alle critiche di chi ritiene che l’applicazione di misure ablatorie applicate in sede di proscioglimento per prescrizione si ponga in contrasto con la Costituzione (in particolare con il principio di presunzione di non colpevolezza) e con la CEDU (in particolare nell’interpretazione da ultimo offertane nella sentenza Varvara c. Italia).

[26] Cass., Sez. VI, 4 luglio 2008, n.27343.

[27]Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.

[28] Il comma 4-novies dell’art 12-sexies d.l. 306/92 è stato abrogato dal d.lgs. 21/2018 e il suo contenuto trasposto nel terzo comma dell’art 183 quater, del d.lgs. 271/1989 che è intitolato “Esecuzione della confisca in casi particolari”.

[29] La Direttiva all’art. 5 prevede una forma di confisca c.d. estesa per contrastare l’accumulazione di patrimoni illeciti. Si tratta di una forma di confisca allargata, nel senso che non si richiede l’accertamento del nesso causale tra i beni da confiscare e specifici reati, ma il provvedimento di confisca si estende a tutti i beni che il giudice ritenga di origine criminale; la sua applicazione presuppone, innanzitutto, la condanna definitiva per uno dei reati ai quali si applica la direttiva. La previsione di poteri estesi di confisca è introdotta dalla direttiva «allo scopo di contrastare efficacemente le attività della criminalità organizzata» nella convinzione che vi possono essere situazioni nelle quali «è opportuno che la condanna penale sia seguita dalla confisca non solo dei beni associati ad un dato reato, ma anche di ulteriori beni che l’autorità giudiziaria stabilisca costituire proventi da altri reati» (considerando n. 19).

[30] La direttiva 2014/42/UE del Parlamento e del Consiglio del 3.4.2014 relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione Europea. Si tratta di uno strumento normativo che ha visto la luce, dopo un lungo iter legislativo iniziato nel 2012 con la proposta di direttiva della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM/2012/0085), proposta che è stata peraltro sviluppata a seguito della richiesta d’iniziativa legislativa rivolta dallo stesso Parlamento alla Commissione nell’ottobre del 2011. La direttiva muove dalla consapevolezza che il motore principale della criminalità organizzata – che sempre più spesso assume una dimensione transfrontaliera – è il profitto economico e che la prevenzione e la lotta efficace contro tale forma di criminalità richiede la neutralizzazione di questo profitto. Persegue quindi lo scopo di promuovere l’armonizzazione in materia di confisca, superando i limiti della decisione quadro n. 212/2005. Con l’obiettivo di introdurre norme che consentano il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in modo da favorire la cooperazione tra le diverse autorità nazionali e rafforzare l’efficacia del congelamento e della confisca dei beni, pur nel rispetto di alcune garanzie fondamentali che devono essere riconosciute alle persone destinatarie dei provvedimenti ablativi.

[31] Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’art. 1, comma 85, lettera q) della legge 23 giugno 2017, n.103.

[32] MAUGERI A.M., La riforma della confisca (d.lgs 202/2016). Lo statuto della confisca allargata ex art. 240-bis c.p.: spada di Damocle sine die sottratta alla prescrizione (dalla l.161/2017 al d.lgs. n.21/2018), in Archivio Penale, La giustizia penale riformata p.242.

[33] Istituita con decreto del 3 maggio 2016 dal Ministro della Giustizia on. Andrea Orlando, per la elaborazione dello schema di decreto legislativo per un riordino della parte speciale del codice penale, in attuazione della previsione di legge delega sul principio c.d. della tendenziale riserva di codice in materia penale , contenuto nel disegno di legge delega approvato dalla Camera dei deputati il 23 settembre 2015 e all’esame del Senato (A.S. n. 2067) all’epoca della costituzione della Commissione.

[34] Il nuovo criterio-guida per il legislatore penale voluto dal delegante è ora codificato nell’art. 3-bis del codice penale, introdotto dall’art. 1 d.lgs. 21/2018 e rubricato “Principio della riserva di codice”. Secondo tale norma, “nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell’ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia”.

[35] Il nuovo referente normativo al primo comma prevede: “nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dall’articolo 51, comma 3 - bis, del codice di procedura penale, dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 322, 322-bis, 325, 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 453, 454, 455, 460, 461, 517-ter e 517-quater, nonché dagli articoli 452-quater, 452-octies, primo comma, 493-ter, 512-bis, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, 603-bis, 629, 644, 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter e 648-ter.1, dall’articolo 2635 del codice civile, o per taluno dei delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine costituzionale, è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. In ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale, salvo che l’obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge. La confisca ai sensi delle disposizioni che precedono è ordinata in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta per i reati di cui agli articoli 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies quando le condotte ivi descritte riguardano tre o più sistemi. Al secondo comma specifica “nei casi previsti dal primo comma, quando non è possibile procedere alla confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui allo stesso comma, il giudice ordina la confisca di altre somme di denaro, di beni e altre utilità di legittima provenienza per un valore equivalente, delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona”. 

[36] La disciplina degli aspetti più propriamente esecutivi dell’istituto ha trovato invece una specifica collocazione all’interno delle disposizioni di attuazione del c.p.p., e in particolare nei nuovi commi da 1-quater a 1-sexiesdell’art. 104-bis (ora rubricato “Amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo e a sequestro e confisca in casi particolari. Tutela dei terzi nel giudizio”) e nel nuovo art. 183-quater (“Esecuzione della confisca in casi particolari”). Infine, un nuovo articolo 578-bis ha visto la luce all’interno del codice di procedura penale con riferimento alla “Decisione sulla confisca in casi particolari nel caso di estinzione del reato per amnistia o prescrizione” (ricalcando, pur con una diversa formulazione, la disciplina già predisposta dal precedente comma 4-septiesdell’art. 12-sexies).

[37] Relazione della I sottocommissione, presieduta dalla Prof.ssa Ombretta Di Giove

[38] Così S. BERNARDI, Il nuovo principio della “riserva di codice” e le modifiche al codice penale, in Diritto Penale Contemporaneo, 2018.

[39] Si pensi alla sentenza n. 33451/2014, Repaci, dove le Sez. unite hanno escluso che, ai fine dell'applicabilità della confisca di prevenzione, il destinatario della misura possa giustificare la disponibilità di beni in valore sproporzionato al proprio reddito allegando proventi non dichiarati al fisco.

[40] MAUGERI, Relazione introduttiva. I modelli di sanzione patrimoniale nel diritto comparato, in a cura di Maugeri, Le sanzioni patrimoniali come moderno strumento di lotta contro il crimine: reciproco riconoscimento e prospettive di armonizzazione, Milano 2008, p. 16 ss.

[41]Il riferimento è alla sentenza della Corte costituzionale n. 33/2018, con cui è stata dichiarata ragionevole, al metro dell’art. 3 Cost., l’inclusione del delitto di ricettazione nel catalogo dei reati-presupposto della confisca allargata di cui all’art. 12-sexies d.l. 306/1992.La Corte in tale pronuncia evidenzia che l’istituto si basa sulla presunzione che le risorse economiche, sproporzionate e non giustificate, rinvenute in capo al condannato derivino dall’accumulazione di illecita ricchezza che talune categorie di reati sono ordinariamente idonee a produrre, e che tale presunzione è già stata ritenuta dalla Corte costituzionale, non irragionevole e conforme con il principio di eguaglianza e il diritto di difesa, anche in riferimento all’art 42 Cost. (ordinanza n. 18 del 1996)

[42] A seguito dell’intervento operato con la legge n. 161/2017, ad esempio, si è individuata quale sede naturale di applicazione della confisca allargata il procedimento di esecuzione (comma 4-sexies dell’art. 12-sexies), alla cui disciplina rinvia il codice antimafia, quale regola di default (art. 7, comma 9 d.lgs. 159/2011). Per entrambe le misure, la stessa riforma ha previsto una medesima trattazione prioritaria (art. 132-bis disp. att. c.p.p. e art. 34-ter d.lgs. 159/2011). Si potrebbe poi menzionare l’analogia di disciplina in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, di tutela dei terzi e di esecuzione del sequestro (comma 4-bis dell’art. 12-sexies), o la possibilità di procedere anche in caso di morte della persona (comma 4-octies dell’art. 12-sexies). Nonché, da ultimo, la previsione della possibilità di applicare la confisca allargata in assenza di una formale condanna, ossia in sede di proscioglimento per prescrizione o amnistia (comma 4-septies dell’art. 12-sexies).

[43] Infatti, in virtù del comma 4-sexies dell’art. 12-sexies “competente a emettere i provvedimenti previsti dai commi 1 e 2-ter, dopo l'irrevocabilità della sentenza, è il giudice di cui all'articolo 666, commi 1, 2 e 3, del codice di procedura penale.

[44] Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136.

[45] comma 4-bis dell’art. 12-sexies d.l.306/’92.

[46] Il d.lgs. n.21/2018 ha abrogato il comma 4-septies e introdotto con lo stesso contenuto l’art. 578-bis del c.p.p. rubricato «Decisione sulla confisca in casi particolari nel caso di estinzione del reato per amnistia o prescrizione», e che prevede “quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell’articolo 240-bis del codice penale e altre disposizioni di legge, il giudice di appello o la Corte di Cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato».

[47] Il comma 4-octies dell’art. 12-sexies d.l. 306/92 stabiliva che «in caso di morte del soggetto nei cui confronti è stata disposta la confisca con sentenza di condanna passata in giudicato, il relativo procedimento, inizia o prosegue a norma dell’articolo 666 del codice di procedura penale nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa». Tale comma è stato abrogato dal d.lgs. n.21/2018 e il suo contenuto trasfuso nel secondo comma dell’art.183-quater d.lgs. 271/1989.

[48] Nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale si legge all’art 183 quater comma 2: “in caso di morte del soggetto nei cui confronti è stata disposta la confisca con sentenza di condanna passata in giudicato, il relativo procedimento inizia o prosegue, a norma dell’articolo 666 del codice, nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa.

[49] Cass., Sez. VI, 4 luglio 2008, Ciancimino, n.27343, in Mass. Uff.n. 240585.

[50] Come già segnalato, la possibilità di procedere contro gli eredi con il procedimento di prevenzione volto ad applicare la confisca ex art.24 d.lgs. n.150/2011, è possibile solo entro i cinque anni dalla morte, in tale ipotesi invece non è previsto un termine.

[51] MAUGERI A.M., La riforma della confisca (d.lgs 202/2016). Lo statuto della confisca allargata ex art. 240-bis c.p.: spada di Damocle sine die sottratta alla prescrizione (dalla l.161/2017 al d.lgs. n.21/2018), in Archivio Penale, La giustizia penale riformata p.235.

[52] In questo senso FINOCCHIARO S., “La corte costituzionale sulla ragionevolezza della confisca allargata. verso una rivalutazione del concetto di sproporzione”, in Diritto Penale Contemporaneo, p.13,   che continua chiarendo chesi potrebbe così meglio valutare l’effettiva opportunità di mantenere la  convivenza di entrambe le forme di confisca, o piuttosto trasfonderle in un unico modello di “confisca per sproporzione”. Laddove si ritenga di mantenere distinti gli istituti, sarebbe comunque opportuno potenziare i meccanismi di coordinamento tra gli stessi, al fine di evitare duplicazioni nell’apprensione dei proventi, le quali connoterebbero in senso sproporzionatamente punitivo la misura, permettendo ad essa di colpire il patrimonio della persona per un ammontare superiore al valore netto del suo effettivo arricchimento

[53] La confisca allargata viene infatti qualificata dalla giurisprudenza prevalente come “misura di sicurezza atipica”: cfr. Cass. pen., Sez. Un., 30 maggio 2001 (dep. 17 luglio 2001), n. 29022, Derouach; Cass. pen., sez. IV, 10 gennaio 2002 (dep. 15 febbraio 2002), n. 6301, Amelio; Cass. pen., sez. I, 13 maggio 2008 (dep. 28 maggio 2008), n. 21357, Esposito. Anche alla confisca di prevenzione di cui al codice antimafia è stata da ultimo riconosciuta natura assimilabile alle misure di sicurezza, affermandone l’applicabilità retroattiva secondo le regole di cui all’art. 200 c.p.: cfr. Cass. pen., Sez. Un., 26 giugno 2014 (dep. 2 febbraio 2015), n. 4880, Spinelli, già sopra citata, nonché precedentemente, Cass. pen., Sez. Un., 3 luglio 1996, n. 18, Simonelli, seguita dalla successiva giurisprudenza prevalente.

[54] Cfr., tra i molti, ALESSANDRI A., Confisca, in Digesto delle discipline penalistiche, 8a ed., 1994, p. 46; FONDAROLI D., Le ipotesi speciali di confisca nel sistema penale, Bologna, 2007, p. 191; FORNARI L., Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie, Padova, 1997, p. 70 ss.; MAIELLO V., Confisca, CEDU e Diritto dell’Unione tra questioni risolte ed altre ancora aperte, in Dirirtto Penale Contemporaneo; MANES V., L’ultimo imperativo della politica criminale: nullum crimen sine confiscatione, in Rivista Italiana di Diritto e Procedura Penale, 2015; MANGIONE A., La misura di prevenzione patrimoniale fra dogmatica e politica criminale, Padova, 2001, p. 390 ss.; MAUGERI A. M., Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, Milano, 2001, p. 525 ss.

[55] In questo senso, cfr. TRINCHERA T., Lo statuto costituzionale e convenzionale della confisca della ricchezza illecita, 2016. Una simile impostazione è stata inoltre prospettata da FIANDACA G., Le misure patrimoniali nelle fonti internazionali ed europee e il sistema penale italiano, in Misure patrimoniali nel sistema penale: effettività e garanzie, Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale, Giuffrè, Milano, 2016, p. 16. L’assunto per cui il reato non può essere considerato un valido titolo di acquisto della proprietà si rinviene peraltro anche in MAUGERI A. M., Confisca, in Enciclopedia del diritto, Annali, 8a ed., 2015, p. 203 s., e viene preso in considerazione, seppur in termini parzialmente critici, da MAZZACUVA FR., Il recupero dei capitali illeciti: un vero ‘terzo binario’?, in Ricchezza illecita ed evasione fiscale, 2016, p. 61.

[56] PARDOLESI, Contratto e nuove frontiere rimediali, Bari, 2012, p.53 ss. Il quale riconosce natura punitiva all’istituto che prevede la retoversione del profitto derivante da illecito, natura “quasi punitiva”, perché volto a soddisfare l’interesse della comunità al rispetto del precetto, più che l’interesse dell’attore.

[57] Il d.lgs. n.21/2018 ha abrogato il comma 4-septies e introdotto con lo stesso contenuto l’art. 578-bis del c.p.p. rubricato «Decisione sulla confisca in casi particolari nel caso di estinzione del reato per amnistia o prescrizione», e che prevede “quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell’articolo 240-bis del codice penale e altre disposizioni di legge, il giudice di appello o la Corte di Cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato»

[58] Il più recente orientamento giurisprudenziale consente limpidamente di applicare forme di confisca diretta obbligatoria in seguito a prescrizione; Cass, Sez. II 24 agosto 2010, Pastore, n.32273; Cass. Sez.un., 21 luglio 2015, n.31617, Lucci in Mass. Uff.n 264434.

[59] A tal proposito si deve ricordare quanto precisato dalla Corte costituzionale circa l’accertamento della responsabilità necessario ai fini dell’applicazione della confisca urbanistica in seguito a prescrizione per adeguarsi ai dettami della Corte EDU che a partire dalla sentenza Sud Fondi ha riconosciuto natura punitiva ex art 7 C.E.D.U. a tale forma di confisca e, quindi ha preteso un accertamento di colpevolezza per applicarla. La Corte costituzionale con la sentenza 239/2009 e poi con sentenza n.49/2015 ha sancito che «nel nostro ordinamento, l’accertamento ben può essere contenuto in una sentenza penale di proscioglimento dovuto a prescrizione del reato, la quale, pur avendo condannato l’imputato, abbia comunque adeguatamente motivato in ordine alla responsabilità personale di chi è soggetto alla misura ablativa, sia esso l’autore del fatto, ovvero il terzo di mala fede acquirente del bene». Ad avviso della Corte costituzionale non è necessaria una condanna del giudice penale per applicare una pena intesa in base al concetto autonomo di materia penale della Corte EDU:«l’art 7 della C.E.D.U. esige una dichiarazione di responsabilità da parte dei giudici nazionali, che possa permettere di addebitare il reato (paragrafo 71), poiché non si può avere una pena senza l’accertamento di una responsabilità personale (paragrafo 69).

[60] Non si dovrebbe solo accertare la confiscabilità dei beni per il solo carattere sproporzionato e la mancata giustificazione dell’origine illecita da parte del condannato; ma si dovrebbe comunque confermare il giudizio di responsabilità quale presupposto della confisca, in maniera analoga a quanto stabilito dalla Suprema Corte nell’interpretazione dell’art 578 c.p.p., pretendendo una duplice valutazione di cui occorre dare conto in motivazione: da un lato il giudice deve verificare che sussistano gli estremi del reato dal quale la parte civile fa discendere il proprio diritto, e dall’altro, è chiamato ad accertare, sia pure in modo sommario la sussistenza di tale diritto; Cass., Sez III, 8 marzo 2001, Franzan, in Mass Uff. n. 219510.

[61] In quanto proprio la condanna e quindi l’accertata responsabilità per taluno dei reati presupposti costituisce elemento di per sé rivelatore di “dedizione all’illecito e del conseguente illecito arricchimento.

[62] Corte cost.,24 luglio 2009, n. 239.

[63] Corte cost., 14 gennaio 2015, n.49, che continua precisando: «Naturalmente, non spetta a questa Corte soffermarsi sui limiti che l’ordinamento processuale può , di volta in volta e a seconda della fase in cui versa il processo, imporre al giudice penale quanto alle attività necessarie per giungere all’accertamento della responsabilità, benché si possa ravvisare in giurisprudenza una linea di tendenza favorevole ad un ampliamento di essi (ad esempio, Corte di Cassazione, Sezioni unite penali 10 luglio 2009, n.38834). Resta il fatto che, di per sé, non è escluso che il proscioglimento per prescrizione possa accompagnarsi alla più ampia motivazione sulla responsabilità, ai soli fini della confisca del bene lottizzato».

[64] Cfr. MAUGERI, Confisca “allargata” in Misure patrimoniali nel sistema penale: effettività e garanzie, Giuffrè, Milano 2016, p.90ss.

[65] Nella sentenza Paraponiaris c. Grecia, 25 settembre 2008, la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha considerato incompatibile con il principio di presunzione di innocenza l’applicazione di una misura ablativa adottata con una pronuncia di proscioglimento. La stessa Grande Camera nel caso G.I.E.M., con una recentissima pronunci intervenuta il 28 giugno 2018, considera in contrasto con la presunzione d’innocenza l’applicazione della confisca urbanistica e, quindi come già evidenziato, di una forma di confisca-pena, laddove venga pronunciata dalla Corte di Cassazione, che nel dichiarare la prescrizione del reato, stabilisce la colpevolezza dell’imputato ribaltando una precedente sentenza di assoluzione di merito. Al di là di tale profilo specifico, la Grande Camera ribadisce alcuni profili fondamentali della presunzione d’innocenza, intesa non solo come regola di giudizio nell’ambito del processo penale, ma come regola di trattamento e, in particolare di protezione di un soggetto assolto in relazione al quale il processo si sia prescritto, protezione dal fatto di essere trattato da pubblici ufficiali o altre autorità come se fosse colpevole del reato attribuitogli. La corte afferma chiaramente che «senza la protezione volta ad assicurare il rispetto per l’assoluzione o la decisione di interruzione (prescrizione) in ogni altro procedimento, le garanzie del giusto processo previste dall’art 6, co 2, rischierebbero di diventare teoriche illusorie».

[66] Con la riforma introdotta dalla l. 161/2017, il legislatore sembra avvalersi della confisca aggravata per perseguire la punizione del possesso ingiustificato dei valori, perlomeno nella forma della sottrazione dei proventi illeciti, anche qualora non sarà possibile perseguire il reato principale in seguito alla prescrizione o alla morte. Emerge una tendenza del legislatore a trattare la confisca allargata, come se si trattasse di una mera forma di confisca diretta del profitto accertato, avente natura di riequilibrio economico, avvicinandola ad un actio in rem, applicabile anche in mancanza di una condanna definitiva e in seguito al giudicato.