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Pubbl. Gio, 30 Mag 2019

Legittima la ricostruzione del sinistro effettuata dal Giudice sulla base del verbale della Polizia.

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Vito Russoniello


Con ordinanza del 1 aprile 2019, n. 9037, la VI Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata nuovamente in merito alla valenza probatoria del verbale con cui la Polizia ricostruisce il sinistro stradale.


La Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 9037 depositata il 1° aprile 2019, rigettando il ricorso di un automobilista che si era opposto ad una contravvenzione per violazione del Codice della Strada, ha confermato la piena valenza probatoria del verbale di ricostruzione del sinistro operata dagli Agenti di Polizia Municipale intervenuti sul luogo.

In sostanza, la Suprema Corte, con la predetta Ordinanza, ha dato piena continuità a quell’orientamento giurisprudenziale, ormai consolidato, secondo il quale “il rapporto della Polizia fa piena prova, fino a querela di falso, solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza, mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell'indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, si tratta di materiale probatorio liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice.[1]

Tuttavia, in primis è utile fare qualche breve considerazione sul valore probatorio dei verbali redatti dalle forze di polizia intervenute a seguito di un sinistro stradale.

Il verbale delle forze di polizia, infatti, è un “atto pubblico” e fa “piena prova fino a querela di falso”.

In diritto, “l'atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato” (art. 2699 cod. civ.). Esso “fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti” (art. 2700 cod. civ.).

L’atto pubblico, quindi, costituisce prova legale, il cui giudizio di attendibilità è precostituito per legge, a differenza delle prove liberamente valutabili (ad es. la prova testimoniale), rimesse, invece, al prudente apprezzamento del giudice.

Ciò posto, si usa dire, che l’atto pubblico è prova legale, ma soltanto rispetto al cd. estrinseco, non anche rispetto al cd. intrinseco. In altre parole, l’atto pubblico è imputato integralmente al pubblico ufficiale nel senso specifico dell’attribuzione della sua redazione documentale, mentre il suo contenuto giuridico resta imputabile sempre alla parte dichiarante. La pubblica fede si estende, quindi, alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, alla data ed al luogo della redazione dell’atto, all’identità delle parti presenti, alle dichiarazioni rese dalle parti, a tutti gli altri fatti avvenuti alla presenza del pubblico ufficiale e come tali accertati nell’atto[2].

Tale efficacia può essere contestata con la cd. querela di falso, ovvero quel procedimento volto ad accertare la falsità del documento.[3]

Si può quindi, dire, che, non tutto quello che è riportato nel verbale delle forze di polizia (e, dunque, anche il rapporto della Polizia Municipale), intervenute sul luogo del sinistro, fa piena prova, ma solo quanto percepito visivamente e direttamente dagli agenti accertatori che hanno assistito al sinistro (ad esempio, le dichiarazioni, inserite a verbale, delle persone che hanno assistito all’incidente), sono liberamente valutabili.

Sul punto, infatti, la Corte di Cassazione ha stabilito che in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni. (Cfr. Cass. Civ., Ord. n.2348/2018).

Nel caso di specie, il Tribunale di Savona - come stabilito dall’Ordinanza in commento - non ha fatto mal governo della norma dettata dall'art. 2700 cod. civ., in quanto la sentenza impugnata era non solo convincente ma anche coerente con i dati oggettivi rilevati dagli stessi accertatori, ponendo a fondamento della decisione “una propria ricostruzione del sinistro, seppure coincidente con la ricostruzione effettuata dai verbalizzanti”.

Il Tribunale, infatti, aveva pienamente confermato la sentenza del Giudice di Pace di Albenga, che affermava la maggiore solidità della ricostruzione operata dalla Polizia Municipale in quanto “in parte sorretta da fede privilegiata quanto ai fatti accertati direttamente e in parte rafforzata da testimonianza raccolta nell'immediatezza dei fatti[4], oltre al fatto che l’opponente non aveva fornito una ricostruzione di valore logico altrettanto convincente, atteso che “l'elemento di sostegno alla ricostruzione alternativa (testimonianza di un conoscente del ricorrente) è stato congruamente e insindacabilmente ritenuto meno solido dell'elemento estraneo che sostiene la ricostruzione degli Agenti accertatori (testimonianza di persona certamente presente ai fatti, sentita nell'immediatezza, senza alcun legame con una delle parti)”.

La S.C., con l’Ordinanza in commento, evidenzia, quindi, che, il Tribunale aveva assunto la propria decisione dopo aver attentamente valutato, secondo il suo prudente apprezzamento, “le dichiarazioni dei due soggetti direttamente coinvolti nel sinistro, la dichiarazione di una testimone imparziale, la posizione dei veicoli post urto, così come acquisiti dai pubblici ufficiali successivamente intervenuti in loco, oltre che gli ulteriori dati "tecnici" riportati nel verbale stesso […]; tutti fatti oggettivi, da ritenersi corrispondenti a quanto effettivamente appreso dai verbalizzanti fino a querela dii falso”.

Note e riferimenti bibliografici

[1] Cfr. anche Cass. 13 giugno 2014, n.13485; Cass. 17 febbraio 2016 n. 3014.

[2] B. Sassani, “Lezioni di diritto processuale civile”, Scripta, ed. 2006.

[3] Artt. 221 e ss. c.p.c.

[4] Cass. Civ., Ord. n.9037/2019