Pubbl. Gio, 21 Mar 2019
La vocazione al diritto della Magna Grecia: dal primo brevetto della storia al ”principe del foro” Lisia
Modifica paginaA Sybaris-Thurii, nell´attuale Calabria, fu adottata la prima legislazione scritta dell´Occidente, si diede vita al primo brevetto e al primo trattato internazionale della storia e lì visse e si formò Lisia, il più grande avvocato penalista ante litteram dell´antichità, forse uno dei più grandi di sempre.
Sommario: 1. Premessa storica; 2. Sybaris, la prima superpotenza economico-politica dell'Occidente e la smisurata ricchezza dei Sibariti; 3. La fine tragica della potente e ricca colonia; 4. La ricostruzione e la rinascita: Thurii; 5. L'inclinazione al diritto di Sybaris-Thurii: gli "accordi internazionali", l'adozione della prima legislazione scritta dell'Occidente e il primo "brevetto" della storia"; 6. Lisia: il più grande avvocato penalista ante litteram dell'antichità; 7. Conclusioni.
1. Premessa storica
Attualmente Sibari è un agglomerato urbano di poche centinaia di abitanti nel comune di Cassano, nell’alto Ionio calabrese, in provincia di Cosenza. Prima ancora che per il lusso e l’opulenza, per la ricchezza dei cittadini e i banchetti sontuosi, la più importante colonia greca dell’Italia meridionale merita di esser ricordata per la sua potenza politica ed economica, per l’elevata cultura che seppe esprimere e, in particolare, per la grande (tanto grande quanto, purtroppo, non abbastanza nota) vocazione giuridica che la caratterizzò[i].
Le origini di Sibari risalgono al 710 a. C., quando un gruppo di Achei provenienti dalla costa settentrionale del Peloponneso e guidati da tale Is di Elice, partirono dalla Grecia e approdarono sulla costa ionica settentrionale dell’Enotria, l’attuale Calabria. Qui si stabilirono e vi fondarono, in una piana posta tra le foci di due fiumi e circondata da colline, la colonia di Sybaris; secondo alcuni storici le origini della città risalirebbero, invece, addirittura al 750 a. C., “se già intorno al 700 a. C. i Sibariti erano giunti a tale grado di vitalità da poter dedurre a loro volta la colonia di Posidonia”[ii], sub-colonia meglio nota ai più col nome romano di Paestum.
2. Sybaris, la prima superpotenza economico-politica dell’Occidente e la smisurata ricchezza dei Sibariti
In breve tempo la colonia appena fondata assurge agli onori delle cronache del tempo. Assume fin da subito, infatti, un ruolo fondamentale nell’economia e nei traffici commerciali, specialmente in forza della sua posizione geograficamente strategica: attraverso le vie istmiche interne - la più breve delle quali attraversava l’attuale Valle dell’Esaro, nel cosentino, e da Sybaris conduceva agevolmente ed in tempi rapidi sulla costa tirrenica, precisamente a Laos, nei pressi dell’odierna Scalea - i carichi di tutte le navi mercantili provenienti dalla Grecia e dall’Asia minore facevano scalo a Sybaris, da cui raggiungevano, tramite le vie terrestri, la costa tirrenica della Calabria e, da lì, i porti del Mediterraneo occidentale, del Lazio e dell’Etruria. La città di Sibari, in altre parole, divenne l’anello di congiungimento tra l’Oriente e l’Occidente.
Il totale controllo delle vie di terra utilizzate per gli scambi e la gestione di un volume cosi imponente di traffici commerciali, unitamente alla fertilità del suolo circostante e al clima temperato e ideale per ogni tipo di coltivazione[iii] e produzione (vino, olio e grano in particolare), ma anche, e soprattutto, l’intraprendenza e lo spirito imprenditoriale dei Sibariti (che seppero gestire e lucrare sulle attività connesse allo scarico delle merci dalle navi e al loro trasporto lungo le vie di transito interne), in poco tempo fecero di Sybaris il centro nevralgico degli scambi commerciali del tempo. La colonia, inoltre, divenne famosa per la sua prosperità e ricchezza, e ciò non soltanto entro i confini della Magna Grecia e in Madrepatria, ma anche in ogni parte del Mediterraneo e dell’Asia minore.
Prosperità e opulenza che presto giunsero ad un punto tale che - come narrano le cronache - i cittadini indossavano abiti con filamenti d’oro, mentre le donne sibarite ricevevano gli inviti alle feste, tanto frequenti quanto sfarzose, almeno un anno prima, e ciò per permetter loro di potersi adeguatamente preparare per l’evento, allestendo i loro vestiti, le collane ed gli altri preziosi “accessori”.
Celebre, inoltre, divenne la dolce vita di Sybaris (la c.d. tryphè), fatta di fasti e di banchetti raffinati e sontuosi che si protraevano ad oltranza per giornate intere, di giochi e spettacoli in onore degli Dei, ma anche di eccessi e di ostentazione. In tale contesto, la vita dedita al piacere e al lusso a Sibari era di routine, tanto che entrò a far parte del linguaggio corrente di quell’epoca e, successivamente, dell’ epoca romana, l’espressione, ancora oggi peraltro in uso, “vivere da sibarita”.
Le fonti antiche[iv] raccontano che la città era coperta, perché i raggi del sole non disturbassero il “dolce sonno” degli abitanti e che gli artigiani, al medesimo scopo, venivano “esiliati” fuori le mura per evitare che i loro attrezzi rumorosi recassero pregiudizio alla tranquillità e all’ozio urbano. Le abitazioni, inoltre, erano munite di bagni e di vasche per la pulizia e l’igiene del corpo[v].
Il lusso sfrenato e l’enorme ricchezza non furono sterili e fini e se stessi, ma andarono di pari passo, come vedremo, con l’egemonia economica e politica che la città in breve tempo riuscì ad acquisire.
Sybaris, tuttavia, fu tanto magnifica, ricca e potente, quanto sventurata. Sventurata e maledetta sia nel triste declino e nella fine drammatica cui andò incontro, sia per la fama di città corrotta e lussuriosa che, purtroppo, la accompagnerà nei secoli futuri e sia, infine, per la mancata o, tutt’al più, scarsa fama, invece più che meritata, di città dotta, di capitale della cultura (quale sarà davvero dopo la fondazione di Thurii, la Sybaris ricostruita, come vedremo), di luogo di abili imprenditori e commercianti e di centro nelle cui scuole di retorica si insegnava l’ars oratoria.
3. La fine tragica della potente e ricca colonia
Al culmine della sua tanto breve quanto gloriosa esistenza Sibari andò incontro ad una fine tragica: all’esito di una sanguinosissima guerra (con oltre 100.000 morti), la città più bella e più ricca dell’antichità fu invasa e distrutta dai nemici, i Crotoniati. Questi, dopo averla saccheggiata, ne incendiarono i resti e, non soddisfatti, li fecero sommergere dalle acque del fiume Crati, di cui deviarono, allo scopo, il corso, per far si che di essa non rimanesse traccia e fosse cancellata dalla storia. E così la gloriosa Sibari conobbe la sua fine tragica.
Dal canto loro, i Crotoniati colsero, purtroppo, nel segno: allo splendore, alle vicende e alle sorti di quella città potente e popolosa (le fonti antiche dicono che nel periodo di apogeo arrivò a contare ben 300.000 abitanti), più grande e più potente persino di Atene, la storiografia ufficiale forse non ha mai dato il giusto rilievo e l’importanza che, al contrario, avrebbe meritato.
L’origine e le ragioni della rovinosa guerra con Crotone vanno ricercate in almeno in due ordini di motivi: le tensioni con la città di Pitagora cominciarono a manifestarsi già con la monopolizzazione da parte di Sibari dei traffici verso il Mediterraneo occidentale. Monopolizzazione che spingerà Crotone a cercar miglior fortuna verso sud, ma che porterà i pitagorici ad “ad una frustrante guerra, persa, contro Locri […] con un conseguente ridimensionamento dei suoi progetti e una limitazione nei confronti del monopolio sibarita”[vi].
Ma vi furono sicuramente anche ragioni legate a sentimenti di gelosia e di invidia che la potenza economica e politica di Sibari, oltre che l’enorme ricchezza e l’opulenza degli abitanti, inevitabilmente suscitarono tra i cittadini delle altre colonie, ancora legate per lo più ad un’economia fondamentalmente agricola. A Crotone, poi, dominava un diffuso spirito moralista, seminato dallo stesso Pitagora, che mal tollerava il modello etico-sociale rappresentato dallo stile di vita e dal lusso sfrenato dei Sibariti.
In considerazione di quanto appena detto, è innegabile che le tensioni e, quindi, le condizioni per uno scontro politico e militare tra le due città non mancassero. Quel che mancava era solo l’occasione, un casus belli che facesse esplodere il conflitto: eccolo presentarsi con la cacciata dalle mura sibarite e la confisca dei loro beni - per ragioni connesse a strategie e mutamenti politici conseguenti ad una rivoluzione sociale avvenuta all’interno della città - di centinaia di aristocratici ad opera del tiranno Telys. Questi trovarono riparo a Crotone e da lì iniziarono la loro rivincita verso la città d’origine, sostenendo la causa pitagorica contro Sybaris. Il temuto conflitto arrivò e all’esito dello scontro armato quella che fino ad allora era stata una città leggendaria, la città più colta, ricca e potente dell’antichità, conosciuta in ogni angolo dell’Occidente e del Mediterraneo fino all’Asia minore, veniva ridotta in cenere, sommersa dalle acque e cancellata dalla storia. Era il 510 a. C..
4. La ricostruzione e la rinascita: Thurii
Nella prima metà del quinto secolo a. C., i Sibariti superstiti ed esuli vollero riedificare la città, partendo proprio dalle rovine di Sibari, e a tal fine chiesero aiuto tanto agli Spartani quanto gli Ateniesi. I primi rifiutarono, mentre gli Ateniesi non esitarono ad accogliere la proposta e mandarono sulla costa ionica dieci navi, mossi dall’intento di riappropriarsi del sito su cui sorgeva l’antica Sibari, ricostruirla e procedere al popolamento della futura,costruenda città.
Il governatore di Atene, Pericle, approfittò così della richiesta per fondare una colonia panellenica, ovvero una città formata da popoli provenienti da ogni parte della Grecia e non solo da genti provenienti da un singola zona della Madrepatria, come si era verificato, invece, fino ad allora con la fondazione delle colonie greche.
Così, nel 444 a. C., per volere dello stesso Pericle, la città rinacque sul sito dell’antica Sybaris e ad essa fu dato il nome di Thurii. La pianta della nuova città fu disegnata da Ippodamo da Mileto, architetto ateniese che si recò in loco per dirigere di persona le operazioni e che alla fine vi si trasferì: al nuovo centro urbano, fortificato e circondato da possenti mura, fu data una forma quadrata e fu suddiviso in quartieri rettangolari, mediante sette strade parallele e perpendicolari tra loro.
In essa, sin dalla sua fondazione, vi si trasferirono dalla Madrepatria e vi trascorsero buona parte della loro vita,oltre che Ippodamo da Mileto, anche Erodoto - lo storico per antonomasia, la fonte più attendibile per gli storici moderni e tra le poche cui rifarsi per ricostruire le vicende di quei luoghi in quel periodo storico - e l’oratore Lisia, che a Thurii condusse i suoi studi e nelle cui scuole apprese l’ ars oratoria, iniziando la sua professione di avvocato penalista, che più tardi andrà ad esercitare ad Atene con enorme successo.
5. L’inclinazione al diritto di Sybaris-Thurii: gli “accordi internazionali”, l’adozione della prima legislazione scritta dell’Occidente e il primo “brevetto” della storia.
Tra le caratteristiche di Sibari, c’era anche quella di non negare la cittadinanza agli stranieri, a qualunque popolo appartenessero e da ovunque arrivassero. Chiunque “bussasse alle porte” della città, infatti, veniva ammesso a vivere entro le mura della polis e con parità di diritti rispetto agli altri abitanti, senza distinzioni di sorta e a prescindere da particolari meriti di cui potevano fregiarsi (contrariamente a come si usava nel mondo di allora, le cui città-stato concedevano, di rado, la cittadinanza solo a stranieri portatori di particolari valori o meriti precedentemente acquisiti). A Sibari, quindi, le porte - e il porto - erano sempre aperti.
Una pratica, questa, inammissibile all’epoca delle città-stato, gelose dei confini e delle loro mura, restìe ad ogni forma di accoglienza e contaminazione. Pratica che, tra l’altro, fu una delle ragioni per cui i Sibariti attirarono le ulteriori antipatie delle altre colonie, antipatie già diffuse, come abbiamo visto, e determinate dalla loro ricchezza spropositata.
Attuando tale politica, in breve tempo Sibari divenne una città multirazziale, multietnica e popolosa, la più popolosa del mondo allora conosciuto. Secondo le fonti antiche, infatti, il perimetro urbano arrivò a contare ben 300.000 abitanti.
La colonia achea, come dice lo storico Strabone, nel volgere di pochi anni rispetto al momento della sua fondazione, dedusse sub-colonie e arrivò a controllare quattro etnie, fino ad estendere il suo dominio su venticinque città dell’Enotria, sulle quali esercitava un’indiscussa e, al contempo, tranquilla egemonia. Il tutto avveniva pacificamente, senza muovere guerre e senza spargimenti di sangue; e a ciò non si riuscirebbe a dare alcuna spiegazione se non se ne cercassero le ragioni nelle grandi doti politiche e diplomatiche dei cittadini sibariti e nella loro inclinazione all’accoglienza e all’integrazione. La forma di dominio che Sibari impose ai popoli e alle città sottomesse (rectius: pacificamente controllate) si concretizzò in un “Impero basato su un’elasticità pratica di fatto, l’essere padrona e contemporaneamente guida e riferimento di un’immensa alleanza”[viii]
Mossa da tale vocazione internazionalistica, la fiorente città della Magna Grecia, in rappresentanza anche dei suoi alleati, strinse accordi con altri popoli: si ha notizia di un accordo bilaterale concluso con i Serdaioi - popolazione a tutt'oggi non ancora ben individuata - ed in cui si sancisce che i Sibariti e gli alleati da una parte, e i Serdaioi dall’altra, “hanno stipulato un trattato di amicizia fedele e leale per sempre”. Trattato ritrovato ad Olimpia, la città dei giochi, dove verosimilmente rimase a lungo affisso, e che ha tutte le caratteristiche per esser considerato a buon diritto come il primo “trattato internazionale” della storia.
La vis giuridica dell’antica Sibari - e della Magna Grecia in genere - non si limitò all’ambito delle relazioni internazionali, ma andò oltre: le prime legislazioni scritte che l’Occidente abbia conosciuto si fanno risalire ai legislatori Zaleuco, locrese, e Caronda, di Catania, entrambe redatte intorno al settimo-sesto secolo a.C..
Thurii (la Sybaris rifondata), fu una delle prime città ad adottare formalmente le Leggi di Caronda, di cui poco si sa, ma che disciplinavano fattispecie penali quali l’omicidio e il furto, sanzionavano l’adulterio e contenevano disposizioni in materia di famiglia e successioni. Rebus sic stantibus, e fino a prova contraria, val la pena rimarcare che le raccolte di leggi scritte in parola furono, con ogni verosimiglianza, i primi codici che l’Occidentale abbia conosciuto.
Ma non è tutto. Il primato sibarita nel campo del diritto si realizza anche con la configurazione del primo brevetto della storia. In un documento conservato nella Biblioteca Marciana di Venezia, infatti, lo storico ateniese Filarco, vissuto nel terzo secolo a. C., parla dell’emanazione nella città di Sibari di una legge risalente al VII sec. a. C. che attribuiva a chi fosse capace di creare un piatto raffinato ed originale un monopolio sull’uso della relativa pietanza, una sorta di esclusiva, della durata di un anno, nel corso del quale nessuno poteva far uso della ricetta senza autorizzazione del titolare. Si trattava “di un diritto che per legge era accordato a chiunque [ … ] avesse inventato una pietanza, utilizzando una ricetta nuova ed originale”[ix]. In altre parole, per un anno, nessun cuoco poteva usar quella ricetta per trarne profitto.
6. Lisia: il più grande avvocato penalista ante litteram dell’antichità[x].
Lisia nacque ad Atene nel 440 a. C., ma presto si trasferì a Sibari, ormai Thurii, dove trascorse tutta la sua giovinezza e vi condusse i suoi studi; nella città della Magna Grecia provvide alla sua formazione, frequentando le scuole di retorica, in cui apprese l’arte oratoria dai retori siracusani Tisia e Nicia, i suoi maestri.
In seguito alla sconfitta di Atene nella guerra combattuta contro Siracusa, Lisia lasciò Sibari: sospettato, infatti, di essere filo-ateniese, proprio nel momento storico in cui Atene guerreggiava con Siracusa, di cui Thurii era alleata, per motivi politici venne espulso dalla Magna Grecia.
Fece così ritorno ad Atene, la sua città di origine, dove aprì una scuola di retorica ed esercitò la sua professione, quella di oratore e avvocato penalista. E’ indubbio che sull’intensa attività professionale che Lisia svolgerà nella Madrepatria andranno ad incidere in maniera determinante gli studi condotti a Sibari-Thuri, la sua formazione e l’esperienza di oratore già maturata nella città della costa ionica calabrese.
Egli compose molte opere, tra cui un’apologia di Socrate e dei trattati di retorica, ma il grosso della produzione lisiana è costituita dalle orazioni che, viste in chiave moderna, consistevano, a seconda che fossero “a difesa” o “contro”, nelle arringhe difensive e nelle conclusioni di parte civile nei processi del tempo: ne scrisse oltre 400, delle quali ne sono pervenute fino a noi solo 34, non tutte autentiche e di cui, secondo i critici moderni, 29 sono da attribuire con certezza a Lisia.
Secondo lo studioso antico Dionigi di Alicarnasso erano proprie di Lisia doti quali la chiarezza e la brevità dell’esposizione, senza però tralasciare nulla di quello che poteva risultare essenziale per la causa, la sublimità che sapeva ottenere con l’uso di parole comuni ma appropriate, l’abilità nel rappresentare le persone secondo i loro costumi, la grazia e l’eleganza con cui riusciva ad evitare tutto ciò che poteva apparire solo retorico e, quindi, controproducente ai fini della decisione dei giudici; in altri giudizi l’oratore sibarita viene definito come impeccabile e puro, mentre Cicerone lo elogia come “eloquentissimo, elegante, acuto, breve, faceto, chiaro e vigoroso”.
7. Conclusioni
Quel che si è cercato di sottoporre all'attenzione del lettore, con questo contributo, è il ruolo fondamentale e la posizione di indiscutibile spessore della Magna Grecia - e di Sibari in particolare - nella Storia del diritto. Risultano incontestabili, infatti, alla luce di quanto sopra prospettato, i primati della città-stato magno greca in diversi ambiti del diritto: dal diritto internazionale al diritto civile e penale, senza tralasciare l'inclinazione dei Sibariti a dotarsi di fonti scritte, con l'adozione della prima legislazine scritta del mondo occidentale.
Note e riferimenti bibliografici
[i] Lì, infatti, visse Erodoto, indicato da Cicerone e universalmente riconosciuto come il “Padre della storia”, e vi vissero anche Ippodamo da Mileto (l’architetto che disegnò la pianta urbanistica di Thurii, costruita, per volere di Pericle, sulle rovine dell’antica Sybaris) e Lisia, di cui ampiamente infra. Entro le mura della città, inoltre, erano presenti numerose scuole di retorica.
[ii] Piero Meloni, Mediterranea. L’oriente e la Grecia, vol. I, D’Anna ed., p. 214. Così anche in aa. vv., La Storia. L’antica Grecia, vol. 3, Utet, edizione speciale per il Corriere della Sera, 2013, p.122, dove la fondazione di Sybaris si fa risalire ad epoca anteriore rispetto a quella di Siracusa e Crotone, fondate, entrambe, nel 733 a. C. (si pensi che la più nota delle colonie greche dell’Italia meridionale, Taranto, verrà fondata solo intorno al 700 a. C., quando Sybaris era già conosciuta in tutto il mondo greco e magno greco, era molto estesa e contava più di 100.000 abitanti).
[iii] Fertilità e clima dovuti anche alla vicinanza al mare e alla sua posizione collocata tra due fiumi, tra i cui corsi la città sorgeva, ovvero il Crati e il Coscile, allora chiamato Sybaris dagli stessi coloni, come la città che sta per vedere la luce.
[iv] Le poche fonti antiche cui si rifanno e a cui rimandano gli storici e gli autori che trattano della storia di Sibari, sono principalmente Diodoro Siculo, Strabone e il più illustre dei Sibariti: Erodoto. Ciò valga per ogni richiamo alle fonti antiche presente nel testo.
[v] Felice Diego Licopoli, Sibari: splendore e declino della più potente colonia della Magna Grecia, in Calabriaonweb, 29 settembre 2014
[vi] Antonio Montesanti, La fine di Sibari. Problemi storico-cronologici, Parte I, in InStoria - Rivista online di storia&informazione, n. 31, dicembre 2007
[vii] Maurizio Bugno, Da Sibari a Thurii. La fine di un impero, Centre Jean Berard ed., 1999, p. 166
[viii] Antonio Montesanti, La fine di Sibari., Parte I, cit.
[ix] Redazione di Fame di Sud, Il più antico brevetto della storia? Fu sancito a Sibari e riguardò una ricetta di cucina, in famedisud.it, 31 agosto 2014, che richiama Placido Scaglione, Il brevetto di Sibari e le anticipazioni storiche della gente di Calabria, Pancallo ed., 2018
[x] Per la biografia, le opere e i giudizi su Lisia, le notizie qui riportate son tratte da Vincenzo Melis (a cura di), Lisia. Per l’uccisione di Eratostene, Morano ed., 1967, p. 6 ss., che riporta le notizie che di Lisia offre lo Pseudo-Plutarco in La vita dei dieci oratori, che a sua volta attinge da testo Sugli oratori antichi di Dionigi di Alicarnasso