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Pubbl. Lun, 4 Mar 2019

Il giudizio di divisione endoesecutivo

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Simona Rossi


Breve disamina dell´ipotesi di cui all´art. 600 c.p.c. che prevede la possibilità di instaurare un giudizio di divisione endoprocedimentale, qualora un processo esecutivo immobiliare abbia ad oggetto beni immobili indivisi, ossia appartenenti in comproprietà a più soggetti.


Sommario: 1. Sul giudizio di divisione endoesecutivo e sulle alternative. – 2. Sull’instaurazione e sullo svolgimento del giudizio di divisione endoprocedimentale. – 3. Sull’interruzione della divisione endoesecutiva.

1. Sul giudizio di divisione endoesecutivo e sulle alternative.

Può accadere che nell’ambito di un procedimento esecutivo immobiliare, l’oggetto dell’esecuzione sia rappresentato da un bene immobile indiviso e che, pertanto, si verifichi l’ipotesi di cui agli artt. 599 e 600 del codice di procedura civile. L’art. 599 c.p.c. prevede infatti l’ammissibilità del pignoramento di beni indivisi, stabilendo che al verificarsi di tale ipotesi, il creditore pignorante debba notificare relativo avviso anche ai comproprietari che non sono obbligati verso il creditore.

Sul punto è necessario evidenziare come, tuttavia, l’omissione di tale avviso non comporti né l’inesistenza, né la nullità del pignoramento: difatti, non è considerato un elemento essenziale. L’omissione dell’avviso determina però delle conseguenze per i comproprietari non debitori per i quali non opererà la preclusione di procedere a divisione (sia essa giudiziale o contrattuale) e che potranno opporre la divisione al creditore anche successivamente alla trascrizione del pignoramento[1].

Avutasi la notifica del pignoramento al debitore e dato relativo avviso ad i comproprietari non debitori, si ha la convocazione dei comproprietari ed in tale occasione il Giudice dell’Esecuzione, su istanza del creditore pignorante o dei comproprietari, procede, laddove sia richiesta e possibile, alla separazione in natura dei beni. L’art. 600 c.p.c. stabilisce, quindi, che solo qualora una separazione in natura dei beni non sia possibile, si debba procedere ad una divisione od alla vendita, se il G.E. ritiene che vi sia la possibilità che questa avvenga “ad un prezzo pario superiore al valore” della quota indivisa.

Alla luce della formulazione di tale previsione normativa si palesa come il potere-dovere del G.E. di adottare provvedimenti debba avvenire nel rispetto delle modalità e dei criteri previsi dalla norma: dunque, bisognerebbe procedere alla separazione in natura e solo laddove non se ne ravvisi la possibilità o non sia richiesta, si dovrebbe procedere alla divisione giudiziale ovvero, se vi siano i presupposti già illustrati, alla vendita della quota indivisa. Ragion per cui l’inosservanza di tali modalità comporterebbe un vizio di legittimità del relativo atto esecutivo, deducibile dagli interessato con opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c.[2]

Tutto ciò premesso, si evidenzia come il G.E., fermo restando quanto illustrato sui criteri prioritari, avrà a disposizione tre distinti mezzi di liquidazione della quota:

  1. Separazione in natura;
  2. Vendita della quota indivisa;
  3. Giudizio di divisione endo-esecutivo[3].

Nella prassi, tuttavia, lo strumento cui si ricorre maggiormente è il giudizio di divisione mentre le alternative, salvo rare eccezioni, risultano pressoché inutilizzate. Innanzitutto può osservarsi come la separazione in natura risulti spesso inapplicabile essendo rari i casi in cui l’espropriazione immobiliare abbia ad oggetto un singolo bene divisibili in più porzioni; per quanto concerne, poi, la divisione della quota indivisa, è palese come la vendibilità risulti spesso bassissima a causa della poca appetibilità per il mercato immobiliare.

Alla luce di tutto ciò, risulta lampante che il giudizio di divisione endoprocedimentale rappresenti l’alternativa maggiormente percorribile essendo finalizzata allo scioglimento della comunione ed a determinare quale sia l’oggetto dell’esecuzione immobiliare.

2. Sull’instaurazione e sullo svolgimento del giudizio di divisione endoprocedimentale.

Lo scioglimento della comunione richiede una procedura ad hoc destinata a concludersi con una pronuncia giudiziale e, nelle more dello svolgimento di tale giudizio, l’esecuzione è sospesa[4].

La particolarità del giudizio de quo risiede soprattutto nella modalità della sua introduzione, infatti, la divisione incidentale viene disposta dal G.E. all’udienza ex art. 600 c.p.c. fissata su istanza del creditore procedente ovvero dei comproprietari o di chi altro vi abbia interesse. Ai sensi dell’art. 181 disp. att. c.p.c., il G.E., laddove non ravvisi la possibilità della separazione in natura della quota spettante al debitore, se sono presenti tutti i comproprietari, provveder ad instaurare il giudizio di divisione, diversamente fisserà una nuova udienza di comparizione assegnando alla parte più diligente un termine perentorio per l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari non presenti mediante la notificazione dell’ordinanza che dispone la divisione.

Difatti, la Suprema Corte ha chiarito che “la divisione endoesecutiva è ritualmente introdotta con la mera pronuncia dell'ordinanza del giudice dell'esecuzione che la dispone, se all'udienza di cui all'art. 600 c.p.c. sono presenti tutti gli interessati ovvero con la notifica in caso di assenza[5].

La divisione endoesecutiva, pertanto, rappresentando il naturale esito del processo di espropriazione di beni indivisi, è ritualmente introdotta con la pronuncia, se sono presenti tutti gli interessati, ovvero con la notifica, qualora non siano presenti tutti gli interessati all'udienza di cui all'art. 600 c.p.c., dell'ordinanza del giudice dell'esecuzione che la dispone.

Di conseguenza, ai fini della valida introduzione del giudizio di divisione endoesecutiva non è necessaria la separata notifica ed iscrizione a ruolo contenzioso civile di un distinto atto di citazione bensì il giudizio si introduce con l’ordinanza del G.E. e, pertanto, è tale ordinanza che andrà notificata ed iscritta a ruolo: come chiarito anche dalla giurisprudenza[6], ai fini della valida introduzione del giudizio di divisione endoesecutiva non è necessaria la separata notifica ed iscrizione a ruolo di un distinto atto di citazione a meno che il Giudice non lo preveda espressamente nell’ordinanza[7].

La ratio di tale giudizio, che costituisce una parentesi di cognizione nell’ambito del procedimento esecutivo, è di approvare un progetto divisionale del bene indiviso e, pertanto, il procedimento, nella maggior parte dei casi, prevede l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio con redazione del relativo progetto di divisione e si conclude con la pronunzia del giudice che ne sancisce l’esecutività.

Avutasi la divisione dei beni, riprende il procedimento esecutivo (che era rimasto sospeso) e si procede con la vendita o assegnazione dei beni da attribuirsi al debitore.

3. Sull’interruzione della divisione endoesecutiva.

Come si è avuto modo di osservarsi, il procedimento di divisione si pone quale parentesi di cognizione nel giudizio esecutivo pur restando sostanzialmente un processo autonomo, sebbene si svolga dinanzi al medesimo giudizio. Il giudizio con cui si procede alla divisione, del resto “pur costituendo una parentesi di cognizione nell'ambito del procedimento esecutivo, dal quale rimane soggettivamente ed oggettivamente distinto[8].

Questa premessa appare fondamentale per comprendere l’istituto dell’interruzione nell’ambito della divisione endoesecutiva. Considerato, difatti, che l’interruzione non si applica nel procedimento esecutivo, può apparire dubbio se possa aversi l’applicazione di tale istituto nel procedimento di divisione endoesecutivo[9].

Innanzitutto è opportuno rammentare che, ai sensi degli artt. 299 e 300 c.p.c., è disciplinata l’interruzione del processo che prevede che qualora intervenga la morte ovvero la perdita della capacità della parte, il procuratore costituito potrà dichiararlo in udienza o notificarlo alle altre parti. Difatti, Il Giudice, conseguentemente, emetterà un’ordinanza che dichiara la interruzione e che comporta un temporaneo stato di quiescenza fino alla riassunzione.

Sull’applicazione del predetto istituto giuridico, sia dottrina che giurisprudenza, appaiano concordi nel ritenere che, stante il rinvio alle norme che disciplinano la divisione giudiziale ed il giudizio di cognizione ordinario, si debba ritenere che anche nel giudizio di divisione endo-esecutivo possa aversi l’interruzione. Pertanto, qualora, ad esempio, intervenga la morte del debitore esecutato-comproprietario, nelle more della divisione esecutiva sarà possibile depositare telematicamente l’istanza di sospensione.

 

[1] Così come chiarito dalla Cass. Civ., III sez., n. 3648 del 1985.

[2] Sul punto vd. Cass. Civ., III sez., n. 10334 del 2005 e n. 6549 del 1985

[3] R.FONTANA, S.ROMEO, “Il nuovo processo di esecuzione”, CEDAM, ed. 2015, pp. 221 e ss

[4] Così come previsto ai sensi dell’art. 601 c.p.c.

[5] Così la Cass. Civ. n. 20817 del 2018

[6] Così la Cass. Civ. n. 20817 del 2018

[7] A.CRIVELLI, “Esecuzione forzata e processo esecutivo”, UTET Giuridica, ed. 2012, p. 1228

[8] Sul punto vd. Cass. civ., III sez., n. 6072/2012.

[9] S. SANSA, “Il pignoramento di beni indivisi: vendita e scioglimento della comunione”, CENDON/BOOK, 2018, pp. 72-74.