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Pubbl. Dom, 20 Gen 2019

Le tutele da parte dell´ordinamento penale nelle traduzioni da un luogo ad un altro. Il caso di Cesare Battisti.

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Mariangela Miceli
AvvocatoUniversità degli Studi di Palermo


Cesare Battisti si è sottratto alla giustizia italiana per quasi quarant´anni. Il team di poliziotti di Criminalpol, Antiterrorismo e Digos di Milano in collaborazione con l’intelligence italiana, lo ha monitorato strettamente e pedinato fino all’arresto da parte della polizia boliviana fino al suo arrivo a Ciampino.


Sommario: Premessa; 1. L’art. 42 bis Legge sull’ordinamento penitenziario; 2. L’articolo 114, co. 6 bis,  del codice di procedura penale; 3. Il diritto alla riservatezza; 4. Conclusioni.

Premessa

Cesare Battisti, ex terrorista italiano dei PAC attivo durante gli anni di piombo, dopo essere stato condannato a 12 anni in primo grado per banda armata, è evaso dal carcere di Frosinone nel 1981, successivamente è stato condannato all’ergastolo - in contumacia -  per partecipazione a quattro omicidi. La sua latitanza è durata per circa quarant’anni. Solo lo scorso 13 Gennaio, si è arrivati al suo arresto grazie alle indagini disposte sul controllo di 15 dispositivi tra cellulari, tablet e pc intestati a vari prestanome o riconducibili alla cerchia che proteggeva Battisti.

Il team di poliziotti di Criminalpol, Antiterrorismo e Digos di Milano in collaborazione con l’intelligence italiana, lo ha monitorato strettamente e pedinato fino all’arresto da parte della polizia boliviana. Le Autorità boliviane hanno, così, consegnato tramite l'Interpol Cesare Battisti, dopo che le stesse hanno dato seguito al decreto di espulsione per ingresso illegale nel Paese, facendo saltare così anche l’accordo siglato dal Ministro Orlando con il Brasile, che prevedeva la sostituzione dell’ergastolo con una pena a 30 anni. Battisti sarebbe stato, così,  ‘tradito’ da un collegamento a Facebook, dopo essersi agganciato ad una rete wi-fi. La polizia penitenziaria ha diffuso  sulla pagina Facebook ufficiale il video della presa in consegna dell'ex terrorista, ma cosa prevede la normativa in materia di tutela della riservatezza dei detenuti? 

1. La Legge sull’ordinamento penitenziario e le traduzioni dei detenuti

L'arrivo di Cesare Battisti all'aeroporto militare di Ciampino è stato seguito in diretta, con la presenza anche dei ministri Matteo Salvini e Alfonso Bonafede.

Cesare Battisti è arrivato senza manette ai polsi,  il motivo è molto semplice ed è da ricercare nella legge n. 492/1992, che al comma 2 dell'articolo 5 spiega: “Nelle traduzioni individuali l'uso delle manette ai polsi è obbligatorio quando lo richiedono la pericolosità del soggetto o il pericolo di fuga o circostanze di ambiente che rendono difficile la traduzione. In tutti gli altri casi l'uso delle manette ai polsi o di qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica è vietato. Nel caso di traduzioni individuali di detenuti o internati la valutazione della pericolosità del soggetto o del pericolo di fuga è compiuta, all'atto di disporre la traduzione, dall'autorità giudiziaria o dalla direzione penitenziaria competente, le quali dettano le conseguenti prescrizioni”.

La mancanza delle manette ha così permesso di poter riprendere le immagini ed allo stesso di trasmetterle anche in diretta, la normativa appena citata, infatti, va armonizzata con quella relativa all’ordinamento penitenziario.

Più di specifico, infatti,va rilevato che l’art. 42 bis dell’ordinamento penitenziario si occupa delle “Traduzioni”, sono ritenute tali, ai sensi del primo e secondo comma del predetto articolo tutte “le attività di accompagnamento coattivo, da un luogo ad un altro, di soggetti detenuti, internati, fermati, arrestati o comunque in condizione di restrizione della libertà personale. Le traduzioni dei detenuti e degli internati adulti sono eseguite, nel tempo più breve possibile, dal corpo di polizia penitenziaria, con le modalità stabilite dalle leggi e dai regolamenti e, se trattasi di donne, con l'assistenza di personale femminile…”.

Di particolare interesse appare il quarto comma, nel quale si legge che “Nelle traduzioni sono adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità, nonché per evitare ad essi inutili disagi. L'inosservanza della presente disposizione costituisce comportamento valutabile ai fini disciplinari.

Cosa è accaduto, invece, nel caso dell’arrivo di Cesare Battisti.

Come già sopra accennato la  polizia ha  diffuso sulla pagina Facebook ufficiale il video della sua presa in consegna, [1]a questo punto, d’indubbio valore garantistico appare,  la disposizione soprattutto nel comma quarto dell’art. 42 bis, finalizzata a colpire non solo ogni indebita pubblicità alle traduzioni, ma anche ogni forma degradante di “Giustizia spettacolo”.

L’attuale norma, seppure modellata sull’ultimo comma dell’abrogato art. 42 ord. penit. nell’imporre “opportune cautele” per proteggere i detenuti tradotti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità, introduce garanzie più pregnanti nel ribadire l’obbligo di assumere cautele non più soltanto per ridurre, ma per evitare inutili disagi e nel sanzionare disciplinarmente l’inosservanza .

Vale la pena evidenziare, che in questo caso si è privilegiato la valorizzazione della protezione della dignità umana che da’ concreta attuazione non solo al diritto alla riservatezza “ma  più in generale alla tutela della persona nei confronti del sistema”.[2]

Tuttavia, va precisato, che le tutele previste dall’ordinamento si sono dimostrate insufficienti a scongiurare definitivamente indebite pubblicazioni di immagini degradanti della dignità dei tradotti o arrestati.

2. L’articolo 114, co. 6 bis,  del codice di procedura penale

Per quanto riguarda , invece, le disposizioni del codice di procedura penale, per quanto attiene il tema del presente articolo, deve essere chiamata la norma di cui all’articolo 114, co. 6 bis,  che  vieta  “la pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica[3], ciò consente però l’esercizio del diritto di cronaca, anche quando la notizia riguardi soggetti minorenni, purché però siano rispettati i limiti dell’interesse pubblico, della verità e della continenza. [4]

Un dato normativo da non trascurare è che il predetto articolo, al sesto comma, debba essere sotto altro profilo messo in correlazione con il d. lg. n. 196 del 2003 nell’ambito delle disposizioni relative al trattamento dei dati personali nell’attività di informazione giornalistica e nel relativo codice deontologico: “Salva l'essenzialità dell'informazione, il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona, né si sofferma su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza socialedella notizia o dell'immagine.

2. Salvo rilevanti motividi interesse pubblico o comprovati fini di giustizia e di polizia,il giornalista non riprende né produce immagini e fotodi persone in stato di detenzione senza il consenso dell'interessato.

3. Le persone non possonoessere presentate con ferri o manette ai polsi, salvo che ciòsia necessario per segnalare abusi.”

Pertanto la norma di cui sopra, vieta la pubblicazione d’immagini e foto di persone soggette a misure di restrizione della loro libertà personale all’evidente ed esplicito fine di tutelare la dignità del soggetto.

Vale la pena ricordare che la nostra Costituzione all’art. 2, positivizza all’interno della norma quelli che potremmo definire i diritti naturali della persona, delineando uno spettro normativo che interessa la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, la legge sulla stampa, il Testo unico o Codice della Privacy e la legge sulla professione giornalistica , forma un ampio reticolo di norme che rendono intangibile la tutela della vita privata e dell’onore dei cittadini.[5]

Il “rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali” è il valore sommo che la legislazione sulla riservatezza personale.[6]

Peraltro secondo la stessa Corte Costituzionale l’onore, comprensivo del decoro e della reputazione, è tra i beni garantiti dalla carta fondamentale, “in particolare tra quelli inviolabili, in quanto essenzialmente connessi con la perso umana”,  ciò è avvalorato dallo stesso Supremo Collegio che ha precisato  - in tema di  diritti sulla personalità umana con una sentenza limpida e di altissimo valore umano - che: “in tema di diritti della personalità umana, esiste un vero e proprio diritto soggettivo perfetto alla reputazione personale anche al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge ordinaria, che va inquadrato nel sistema di tutela costituzionale della persona umana, traendo nella Costituzione il suo fondamento normativo, in particolare nell’art.2 […] L’espresso riferimento alla persona come singolo rappresenta certamente valido fondamento normativo per dare consistenza alla reputazione del soggetto […]Infatti, nell’ambito dei diritti della personalità umana, con fondamento costituzionale, il diritto all’immagine, al nome […] non sono che singoli aspetti della rilevanza costituzionale che la persona, nella sua unitarietà, ha acquistato nel sistema della Costituzione. Trattasi quindi di diritti omogenei essendo unico il bene protetto”.[7]

Proprio in tal senso la sopra citata disciplina di cui all’art. 114, sesto comma bis, del codice di rito, con l’avvento del giudice unico è intervenuta sul divieto di pubblicare foto di persone colpite da misure restrittive. In altra parole, i media (social compresi) non possono corredare i loro servizi con fotografie e riprese televisive di persone arrestate, in ossequio, al della privacy e più in generale del principio della tutela della dignità della persona.

Lo stesso art.8 del codice di deontologia sulla privacy in ambito della “tutela della dignità delle persone” ,all ’art. 114 del c.p.p., congiuntamente al codice di deontologia, garantisce una tutela complessiva della persona, non limitandosi a vietare soltanto la rappresentazione in manette o con i ferri ai polsi ma estendendo il disposto anche all’immagine di persona sottoposta ad altro mezzo di coercizione fisica.

Conclusioni

Al di là di ogni buonismo ideologico è d’obbligo ricordare che il sistema penale, nel bene e nel male, è uno strumento di controllo sociale in cui anche lo Stato non fa quello che pensa gli convenga ma quello che le norme di diritto gli impongono di fare, ovvero: che funzioni meglio in rapporto ai suoi obbiettivi di tutela giurisdizionale. L'esecuzione della condanna è molto secondariamente un simbolo di restaurata supremazia e di per sé non tutela comunque le vittime.

In uno Stato, il diritto deve rimanere la pietra angolare della società, non solo la mano che stringe una forca assetata di sangue e vendetta: accanimenti su chi è stato catturato rendono l’idea di come la gente, un tempo  partecipava alle esecuzioni del boia.

Ma esattamente dove finisce la giustizia e dove finisce la legge?

 

Note e riferimenti bibliografici

[1]Ordinamento penitenziario art. 42 bis
[2]C. Sarzotti, G. Siniscalchi, Il carcere e la dis-misura della pena. Una ricerca sulle locandine cinematografiche dei prison movies, in A. C. Amato Mangiameli, C. Faralli, M. P. Mittica (a cura di), Arte e limite. La misura del diritto, Roma, Aracne ed., 2012, pp. 341-367;
[3]Codice d diritto processuale penale, ed. nel diritto 2017. Art. 114
[4]Cass. civile, sez. III, 07.07.2006, n. 15510. Vedi anche: G. Conso, Libertà di stampa e cronaca giudiziaria, in Rivista Penale, Vol. I, 1968, p. 667 e ss.; L. Fanti, La diffamazione a mezzo stampa tra cronaca giudiziaria e divieto di pubblicazione di atti, in Diritto informazione e informatica, 2001, p. 743 e ss.; A. Liguoro, Non è diffamazione riferire quanto risulta dagli atti, in Diritto e giustizia, 2003, 35, p. 93.
[5]V. Crisafulli, In tema di limiti di cronaca giudiziaria, in Giurisprudenza Costituzionale, 1965, p. 244 e ss.;
[6]Ibidem
[7]Cass. 6507/2001