ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Mer, 16 Gen 2019
Sottoposto a PEER REVIEW

Che cos´è il reato di favoreggiamento dell´immigrazione clandestina?

Mariangela Miceli
AvvocatoUniversità degli Studi di Palermo


Il sindaco di Riace, Domenico Lucano, è stato arrestato il 2 ottobre 2018 con l´accusa di favoreggiamento dell´immigrazione clandestina. Intanto la Corte di Cassazione a Sezione Unite con la sentenza n. 40982 del 24/09/2018 chiarisce il contenuto della fattispecie prevista dall’art. 12, comma 3, del d. lgs. N. 286 del 1998.


Sommario: Premessa; 1. I Reati in materia lotta all’immigrazione clandestina; 2.La compatibilità del diritto penale dell’immigrazione con la direttiva rimpatri; 3. Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; 4. Le Sezioni Unite sulle fattispecie previste nell’art.12, comma 3, d.lgs n. 286 del 1998, 5 “Favorire l’ingresso/procurare l’ingresso”: la differenza; 6. Conclusioni.

Sommario: Premessa; 1. I Reati in materia lotta all’immigrazione clandestina; 2.La compatibilità del diritto penale dell’immigrazione con la direttiva rimpatri; 3. Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; 4. Le Sezioni Unite sulle fattispecie previste nell’art.12, comma 3, d.lgs n. 286 del 1998, 5 “Favorire l’ingresso/procurare l’ingresso”: la differenza; 6. Conclusioni.

Premessa.

Con la legge delega n. 67 del 2014, all’art. 2, comma 3, lettera b), il Parlamento ebbe modo di delegare il Governo ad abrogare e trasformare in illecito amministrativo il reato di “Ingresso e soggiorno irregolare nel territorio dello Stato”, più comunemente conosciuto come reato di ‘clandestinità’, in altre parole in base a quanto stabilito dalla legge delega n.67/2014 sopra ricordata, si sarebbe dovuta avere l’abrogazione e la trasformazione della fattispecie in illecito amministrativo. L’esecutivo, però, facendo leva sul “carattere particolarmente sensibile degli interessi coinvolti” non esercitò  la delega rispetto a tale contravvenzione, mantenendo il fatto di reato all’interno della normativa italiana.

Il recente arresto della Suprema Corte a Sezione Unite ha altresì chiarito il contenuto dell’art.12, comma 3, del d. lgs. N.286/1998 in tema di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.[1]

1. I Reati in materia lotta all’immigrazione clandestina

Sul tema di una ritenuta connessione tra immigrazione e delitto, l’ordinamento italiano sta dimostrando di privilegiare , quale strumento di contrasto, la risposta penale, indirizzata contro l’immigrato che per il solo fatto di aver violato le regole che disciplinano l’ingresso e la permanenza in Italia.[2]

Tra le previsioni normative che confermano questa tendenza possiamo ricordare:

  • La legge n.125 del 2008 che ha introdotto la nuova circostanza aggravante comune (c.d. circostanza di clandestinità) tramite l’inserimento all’interno dell’art. 61 c.p. di un nuovo comma n.11 bis, fondata sulla commissione del fatto da parte di un soggetto “si trovi illegalmente sul territorio nazionale”, in seguito dichiarata incostituzionale con la sentenza n.249/2010.[3]
  • L’introduzione con la l. n.94 del 2009 dell’art. 10 bis d. lgs. 286/1990, che prevede la nuova fattispecie del reato di clandestinità, ossia l’ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato in violazione dell’art.1 della l. 68/2007.[4]
  • Il reato d’inottemperanza all’ordine di allontanamento di cui all’art. 14, comma 5 ter, T.U. immigrazione , che incrimina lo straniero che entro cinque giorni non ottemperi, senza giustificato motivo, all’ordine del questore.
  • Le rilevanti innovazioni apportate dal d.l. n.13 del 2017, recante “disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica”,[5] con  l’istituzione di sezioni specializzate in materia d’immigrazione, protezione internazionale e di libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea.

Da un primo punto di vista è stato introdotto nel T.U. sull’immigrazione, un nuovo articolo 12 ter, in materia di “disposizioni per l’identificazione dei cittadini rintracciati in posizione di irregolarità sul territorio nazionale o soccorsi nel corso di operazioni in mare”.

Vale la pena evidenziare, in questa sede e per la tematica oggetto di odierna disamina, come il decreto legge sia intervenuto ad annoverare tra i delitti contemplati dall’art. 51, co.3 bis, c.p.p., l’associazione a delinquere e l’ art. “416 realizzato a scopo di commettere taluno dei delitti di cui all’art. 12, comma 3 e 3 ter” del d.lgs. n.286/1998.

In particolare la norma de quo prevede che: “Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, chiunque compie attivita' dirette a favorire l'ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico e' punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire trenta milioni.

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attivita' di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.

3. Se il fatto di cui al comma 1 e' commesso a fine di lucro o da tre o piu' persone in concorso tra loro, ovvero riguarda l'ingresso di cinque o piu' persone, e nei casi in cui il fatto e' commesso mediante l'utilizzazione di servizi di trasporto internazionale o di documenti contraffatti, la pena e' della reclusione da quattro a dodici anni e della multa di lire trenta milioni per ogni straniero di cui e' stato favorito l'ingresso in violazione del presente testo unico. Se il fatto e' commesso al fine di reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione ovvero riguarda l'ingresso di minori da impiegare in attivita' illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, la pena e' della reclusione da cinque a quindici anni e della multa di lire cinquanta milioni per ogni straniero di cui e' stato favorito l'ingresso in violazione del presente testo unico.

4. Nei casi previsti dai commi 1 e 3, e' sempre consentito l'arresto in flagranza ed e' disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per i medesimi reati, salvo che si tratti di mezzo destinato a pubblico servizio di linea o appartenente a persona estranea al reato. Nei medesimi casi si procede comunque con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini.” […][6]

2. La compatibilità del diritto penale dell’immigrazione con la direttiva rimpatri

Con la sentenza C-61/11 PPu, Hassan El Dridi, la Corte di Giustizia dell’Unione europea è intervenuta sulla compatibilità del diritto penale dell’immigrazione con la direttiva rimpatri,in risposta a un quesito pregiudiziale di interpretazione sottopostole dalla Corte d’Appello di Trento, affermando che “la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, in particolare i suoi artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo”.[7]

La Corte, dopo avere dato conto della normativa europea e interna di riferimento ha osservato che la direttiva rimpatri nel suo complesso, come evidenziato dal suo secondo considerando introduttivo, “persegue l’attuazione di un’efficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni affinché le persone interessate siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità”, fissando in proposito regole che lo Stato membro può derogare soltanto in senso più favorevole per lo straniero.[8]

La Corte di Cassazione sulla suddetta materia, ha precisato altresì che la richiamata sentenza della Corte di Giustizia la portata abolitrice della norma incriminatrice, poiché il fatto disciplianato dall’art. 14, co.5 ter, non è più previsto dalla legge come reato[9]. Ne discende che i giudici italiani debbano disapplicare la norma incriminatrice di cui predetto art. 14, co.5 ter, del d. lgs. 286/1998, in ragione del suo rilevato contrasto con il diritto europeo.

3. Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

Come abbiamo appreso dalle cronache nazionali, lo scorso ottobre, il sindaco di Riace Domenico Lucano è stato accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il favoreggiamento personale è regolato dal nostro codice di rito all’articolo 378 c.p. e si configura quando un soggetto aiuta un altro soggetto, reo di un qualsiasi reato, favorendo che si sottragga alla giustizia, nascondendo o inquinando le prove.

Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, come già sopra accennato, è punito ai sensi dell’articolo 12 del T.U. sull’immigrazione, così come modificato dalla legge Bossi – Fini. La norma quindi punisce lo straniero che fa ingresso o si trattiene nel territorio dello Stato, violando le disposizioni di legge, e lo punisce con una ammenda da 5mila a 10mila euro.[10]

Il reato apre a un processo, anche se vige comunque la possibilità di espulsione immediata, molto spesso intimata formalmente, ma scarsamente applicata a causa del costo elevato della sua esecuzione e della scarsità delle relative risorse a disposizione.[11]

Per quanto concerne, invece, le ipotesi aggravate del delitto di favoreggiamento dell’ingresso clandestino, accanto all’ipotesi contemplata dall’art. 12 comma 3, la L. 189/2002 ne aggiunge delle altre, rispettivamente con i commi 3-bis, 3-ter, 3-quter e 3-quinquies, la tabella A, infatti, prevede:

Reclusione fino a 3 anni e multa fino a 15.000 euro

Atti diretti a provocare l'ingresso illegale in Italia o in altro Stato di chi non è cittadino o non ne ha la residenza (art. 12, comma 1)

Reclusione da 5 a 15 anni e multa di 25.000 euro per ogni persona

Atti diretti a procurare l'ingresso illegale in o in altro Stato di chi non è cittadino o non ne ha la residenza, al fine di destinarlo alla prostituzione o allo sfruttamento sessuale o impiegare minori in attività illecite favorendone lo sfruttamento (art.12, comma 3 ter)

Reclusione da 4 a 12 anni e multa di 15.000 euro per ogni persona 

Atti diretti a provocare l'ingresso illegale in Italia o in altro Stato di chi non è cittadino o non ne ha la residenza al fine di trarne profitto, anche indiretto, o se il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi di trasporto o documenti contraffatti o comunque illegalmente ottenuti (art. 12, comma 3)

Circostanze aggravanti dei reati previsti dall' art.12, 3comma

Se il fatto è commesso per procurare la permanenza illegale in Italia:
- di cinque o più persone;
- esponendo la persona al pericolo per la sua vita o per la sua incolumità;
- sottoponendo la persona a trattamento inumano o degradante (art.12, 3comma bis)
Circostanze attenuanti dei reati previsti dall'art. 12 commi da 1, 3, 3bis, 3 ter

Se l'imputato si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l'autorità di polizia o quella giudiziaria nella raccolta di prove decisivi per la ricostruzione di fatti, per l'individuazione o la cattura degli autori del reato e per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti (art.12, 3comma quinquies)

Reclusione fino a 4 anni e multa fino a 30 milioni di lire (euro 15.493,71)

Atti diretti a trarre un ingiusto profitto favorendo la permanenza in Italia dello straniero in condizione di illegalità o nell'ambito delle attività punite dall'art.12 (art.12, 5comma)

Pagamento di una somma da lire 1 milione (euro 516,46) a lire 5 Milioni (euro 2.582,28) per ciascuno straniero trasportato

Nel caso in cui il vettore aereo, marino o terrestre:
- non accerti che lo straniero sia in possesso dei documenti richiesti per l'ingresso in Italia
- non adempia l'obbligo di riferire alla polizia di frontiera della presenza a bordo di mezzi di trasporto stranieri in posizione irregolare (art.12, 5comma)

Sospensione da 1 a 12 mesi o revoca della licenza, autorizzazione o concessione inerente l'attività professionale e il mezzo di trasporto

Vale la pena evidenziare, invece, come il reato d’immigrazione clandestina consista nell’ingresso illegale nel territorio dello Stato, per esso non è prevista la reclusione ma solo un’ammenda. Ben più grave, invece, è il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che consiste nella condotta di chi promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero anche di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente. La pena prevista è la reclusione da uno a cinque anni e la multa di quindicimila euro per ogni persona fatta entrare illegalmente nel territorio dello Stato[12].

Appare evidente come il legislatore in un’ottica repressiva, abbia voluto punire in modo più aspro coloro che approfittano dello stato di bisogno degli immigrati per trasportarli in Italia senza il rispetto delle procedure stabilite dall’ordinamento.

Di fatto come può avvenire il “Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”?

Qualunque persona può commettere il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, poiché reato comune, che può essere realizzato da “chiunque”, italiano o straniero che sia. Il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina presuppone il dolo dell’agente, cioè la consapevolezza di favorire l’ingresso illegale nel territorio italiano di stranieri che non ne hanno i requisiti. Se mancasse questa coscienza (ad esempio nel caso del sindaco di Riace), allora non si integrerebbe nessuna condotta illecita.

A questo punto, però la norma appare lacunosa, poiché non prevede nessuna specifica in merito alla forma con la quale debba essere preparato o realizzato l’ingresso. Sul piano dello stretto diritto e della condotta causale, non vi è alcuna distinzione tra una previa condotta e un successivo evento finale naturalisticamente distinto dalla prima: il focus della norma incriminatrice è rivolto esclusivamente alla condotta, istantanea, consistente nel “fare ingresso nel territorio dello Stato”. Indipendentemente dalle modalità con cui questo ingresso viene effettuato.[13]

L’unica specifica che il legislatore attribuisce all’ “ingresso” è rappresentata dall’elemento normativo della sua illiceità, ovvero, come contrarietà alle disposizioni che regolano l’ingresso regolare: pertanto, l’ingresso è “illegale” ogni qual volta non è “legale”, ovvero non si conforma alle disposizioni delle norme del T.U. imm. o della L. 68/2007.[14]

Per tale ragione, in riferimento all’art. 12 T.U. imm., in questa sede, appare utile evidenziare come vi sia l’esigenza di fornire una determinata configurazione dogmatica alla fattispecie di favoreggiamento dell’ingresso irregolare, mediante un costruito soccorso o ingresso nel territorio dello Stato italiano, che dovrebbe derivare dalla particolare struttura a consumazione anticipata propria del delitto di favoreggiamento, tutta da dimostrare. [15]

4. Le Sezioni Unite sulle fattispecie previste nell’art. 12, comma 3, d.lgs n. 286 del 1998.

La Suprema Corte a Sezioni Unite è espressa in tema di immigrazione clandestina e più di specifico sulla fattispecie previste dall’art. 12, comma3, d lgs. 286 del 1998, configurando quest’ultime delle circostanze aggravanti del reato di pericolo di cui al comma 1 del predetto articolo.

Il caso: La Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Mantova che aveva dichiarato M.R. colpevole del delitto di cui agli artt. 81 e 110 cod. pen. e 12, comma 3, lett. d), d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e, previa concessione delle attenuanti generiche e con la diminuente del rito abbreviato, lo aveva condannato alla pena di anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 100.000 di multa, derubricata la condotta contestata nel reato di cui all’art. 12, comma 1, T.U. imm., rideterminava la pena in anni uno di reclusione ed Euro 20.000 di multa, concedendo all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena. Secondo l’imputazione, M. , in concorso con altri soggetti, aveva compiuto una pluralità di atti diretti a procurare l’ingresso nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del predetto testo unico, di 131 cittadini stranieri, ottenendo fraudolentemente il rilascio di nulla osta al lavoro e visti di ingresso mediante presentazione di domande false e deposito di documentazione fittizia. La Corte territoriale, dopo aver respinto i motivi di appello relativi alla responsabilità dell’imputato (che in questa sede non è in discussione), aderiva all’interpretazione secondo cui la fattispecie dell’art. 12, comma 3, T.U. imm. richiede l’effettivo ingresso illegale degli stranieri nel territorio dello Stato, cosicché, se esso non avviene, come nel caso di specie, gli atti diretti a provocarlo sono puniti in forza del primo comma del medesimo articolo. Ricorreva per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Brescia.

Il tema riguarda le fattispecie disciplinate dall’art. 12, comma 3, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 se quest’ultime costituiscano circostanze aggravanti del delitto di cui all’art. 12, comma 1, del medesimo decreto legislativo ovvero figure autonome di reato; se, in quest’ultimo caso, tali figure integrino un reato di pericolo ovvero a consumazione anticipata, che si perfeziona per il solo fatto di compiere atti diretti a procurare l’ingresso dello straniero nel territorio dello Stato, in violazione della disciplina di settore, non richiedendo l’effettivo ingresso illegale dell’immigrato nello Stato.

Il testo originario dell’art. 10 legge 6 marzo 1998, n. 40, trasfuso nell’art. 12 del d. Igs. 25 luglio 1998, n. 286, puniva al primo comma “chiunque compia attività dirette a favorire l’ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni della presente legge” e, al terzo comma, contemplava alcune ipotesi sanzionate più severamente e cioè il fine di lucro, il concorso di tre o più persone, l’ingresso di cinque o più persone, l’utilizzazione di servizi di trasporto internazionale o di documenti contraffatti, la finalità di reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione, l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento.

Più volte in giurisprudenza e in dottrina si era ripetutamente affermato che le ipotesi previste dall’art. 12, comma 3 T.U. imm. non configuravano ipotesi autonome di reato ma circostanze aggravanti ad effetto speciale rispetto all’ipotesi semplice del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina delineata nel primo comma.  Analoga definizion era stata, in precedenza, attribuita all’art. 3, comma 8 decreto legge 30 dicembre 1989, n. 416, conv., con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, che costituiva l’antecedente storico dell’art. 12 T.U. imm. e che era costruito in maniera analoga: si erano qualificate entrambe le ipotesi citate nella seconda parte della disposizione (fatto commesso a fine di lucro ovvero da tre o più persone in concorso tra di loro) come circostanze aggravanti ad effetto speciale e non titoli autonomi di reato.

La legge 30 luglio 2002, n. 189, aveva apportato modifiche sia al primo che al terzo comma dell’art. 12 T.U. imm.: la condotta del primo comma veniva descritta come 'atti diretti a procurare l’ingresso (...)', con la sostituzione del verbo “favorire” con “procurare”.

In altre parole, alcune ipotesi aggravate venivano separate dalle altre e quella relativa alla finalità di “lucro” veniva specificata ed ampliata. La novella legislativa era stata interpretata nel senso di attribuire natura di reato autonomo e non di mera circostanza aggravante al delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina caratterizzato dal fine di profitto.  La Corte di Cassazione ha ritenuto “infelice”  la tecnica normativa di riproporre la descrizione di una condotta base analoga a quella del primo comma, ma sostiene che la qualificazione come fattispecie autonoma e l’attribuzione al delitto della natura di reato di evento “consente il recupero di ragionevolezza sistematica (...) anche in chiave di interpretazione costituzionalmente orientata”. [16]

La Corte nella sentenza in commento ha evidenziato la natura di fattispecie autonoma di reato della previsione dell’art. 12, comma 3, T.U. imm., secondo cui, tuttavia, “si tratta di un reato di pericolo o 'a consumazione anticipata', che si perfeziona per il solo fatto di compiere atti diretti a procurare l’ingresso dello straniero nel territorio dello Stato in violazione della disciplina di settore, non richiedendo l’effettivo ingresso illegale dell’immigrato in detto territorio.”

Il Supremo Collegio evidenzia anche come la riforma operata dalla legge n. 94 del 2009 non abbia radicalmente mutato la natura autonoma del reato ma avrebbe piuttosto previsto “una gamma di situazioni che in precedenza configuravano circostanze aggravanti”.

Secondo gli ermellini le nuove aggravanti, di cui ai commi 3-bis e 3-ter non ostacolano l’interpretazione adottata, corrispondendo  una tecnica già utilizzata, per esempio, per l’art. 416-bis cod. pen.

Hanno, altresì, ribadito che il criterio principale (anche se non unico) è quello strutturale, attenendo alla struttura del precetto o della sanzione: “ il modo in cui la norma descrive gli elementi costitutivi della fattispecie o determina la pena è indicativo della volontà di qualificare gli elementi come circostanza o come reato autonomo; ciò, del resto, è coerente con la discrezionalità del legislatore oggetto della premessa.

A ciò si aggiunga una doverosa precisazione imposta dagli stessi giudici di Piazza Cavour che hanno bel precisato il fatto che  l’interpretazione del delitto di cui all’art. 12, comma 1 T.U. imm. come reato di pericolo è pacifica ed è stata affermata costantemente dalla giurisprudenza trattandosi di reato a condotta libera ed a consumazione anticipata, posizione ribadita ripetutamente. 

5. “Favorire l’ingresso/procurare l’ingresso”: la differenza.

Una volta chiarite le linee generali della legislazione italiana in materia d’immigrazione, è più agevole la comprensione tra “favorire l’ingresso e procurare l’ingresso” nel territorio dello Stato italiano.

Con la modifica apportata dalla L. 2002, n. 189 all’art. 12, comma 3, d. lgs. 1998, n. 286, che ha sostituito al termine “favorire l’ingresso” il termine “procurare l’ingresso” , vi è stata, infatti, una abrogazione per incompatibilità, ma questa ha riguardato solo le norme precedenti incompatibili con le nuove disposizioni,  pertanto solo quelle norme che prevedevano come reato anche il comportamento consistente nel semplice favorire l'ingresso nello Stato, ma che non integri anche il procurare l'ingresso nello Stato.

Il termine favorire ha un ambito di applicazione più esteso del procurare, poiché il primo comprende anche il secondo, ma non viceversa. In altre parole, come già affermato dalla Corte di Cassazione in tema di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ciò che vulnera i valori costituzionali non è la presunzione in sé, ma il suo carattere assoluto, che implica una indiscriminata e totale negazione di rilievo al principio del “minore sacrificio necessario”[17].

6. Conclusioni 

Da quanto sopra esposto, appare evidente come la norma in esame abbia più volte fatto sorgere dubbi interpretativi in ragione della delicatezza della materia, nella quale convergono interessi pregevoli di tutela finalizzati a un’interpretazione teleologica dei principi costituzionali fondamentali.

Tali considerazioni, insieme alle precedenti valutazioni fanno insorgere il dubbio sul perché la legislazione italiana in materia d’immigrazione proceda ancora su un carattere repressivo e sanzionatorio, non essendosi uniformata a quanto disposto in materia europea sul reato d’immigrazione clandestina, non avendo provveduto alla depenalizzazione del reato medesimo. [18]

A tal fine, sembra a opinione dello scrivente, che il legislatore abbia da una parte portato avanti un’ampia opera di riforma legislativa ma che quest’ultima sia stata ad oggi fallimentare, in ragione dei risultati e delle politiche proibizionistiche e restrittive. In virtù della legislazione europea di riferimento, appare evidente come si renda necessaria una riforma alternativa orientata su percorsi di integrazione e inclusione sociale.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1]Il d. lgs. n. 7 reca "Disposizioni in materia di abrogazioni di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma dell'art. 2, co. 3, l. 28 aprile 2014, n. 67". Il d. lgs. n. 8, invece, è rubricato "Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell'art. 2, comma 2 della l. 28 aprile 2014, n. 67", entrambi in G.U. n. 17 del 22 gennaio 2016.
[2] P. Morozzo della Rocca, Manuale breve di diritto dell'immigrazione, ed. Maggioli, 2013, p.261. 
[3]R. Garofoli, Manuale di diritto penale, ed.neldiritto 2018, p. 159 e p. 751.
In particolare la Corte costituzionale ha riconosciuto la relativa norma in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., sia con il principio di offensività (ricondotto all’art. 25, secondo comma, Cost.), ritenuti incompatibili con una “presunzione generale ed assoluta di maggiore pericolosità dell'immigrato irregolare, a prescindere da ogni circostanza individuale oggettiva e soggettiva. Secondo  la Corte, dunque, la qualità di immigrato “irregolare” diveniva con la norma del "decreto sicurezza" una sorta di "stigma", presupposto per un trattamento penalistico differenziato del soggetto contrario al principio di eguaglianza, al sistema internazionale dei diritti dell'Uomo e al principio di non-discriminazione.”
[4]La Corte costituzionale ha salvato dall’incostituzionalità la fattispecie in questione con sent. n.250/2010.
[5] Link
[6]Testo completo dell’articolo in questo link.
[7]SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione) 28 aprile 2011*, «Spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia – Direttiva 2008/115/CE – Rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Artt. 15 e 16 – Normativa nazionale che prevede la reclusione per i cittadini di paesi terzi in soggiorno irregolare in caso di inottemperanza all’ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro – Compatibilità»; in dpc 29 aprile 2011 | Francesco Viganò.
[8]O. Lupo, Il controllo di polizia sugli stranieri. Manuale pratico in materia di immigrazione, ed. Maggioli, 2011, p.219
[9]Cass. Pen., n.22105/2011
[10]E. Bassoli, L'immigrazione dopo il nuovo pacchetto sicurezza, ed. Maggioli, 2009, p.11
[11]Codice Penale, ed. neldiritto, 2018, p. 2658
[12]Ibidem
[13]Favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e soccorso in acque internazionali: il problema della veste processuale da attribuire ai migranti trasportati; in Dpc, 10 marzo 2017 | Andrea Giliberto
[14]S. MOCCIA, La perenne emergenza. Tendenze autoritarie nel sistema penale, Napoli, 2011, p. 1 ss. 19 Esemplare appare, in proposito, il modello di integrazione sociale realizzato nella cittadina calabrese di Riace, in cui l’attuazione di politiche di inclusione sociale in favore dei migranti ha portato alla ripopolazione di questo piccolo paesino della Locride. In tal senso cfr. A. SARLO - M. IMPERIO - F. MARTINELLI, Immigrazione e politiche di inclusione in Calabria, Venezia, 2014, p. 39 ss.
[15]cfr. Masera, Art. 10 bis D.lgs. 286/1998, in Cod. pen. comm., a cura di Dolcini, Gatta, Giuffré, 2015, pp. 2637 ss., in particolare pp. 2656 ss.
[16]G.L. GATTA, La criminalizzazione della clandestinità fra scelte nazionali e contesto europeo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 1, p. 189 ss.
[17]CORTE COSTITUZIONALE - SENTENZA 16 dicembre 2011, n.331
[18]S. Mordeglia, Immigrazione e diritti umani nel quadro legislativo attuale, ed. Giuffrè, 2013, p.149