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Pubbl. Mer, 6 Feb 2019

Niente tenuità per chi, ubriaco, si mette alla guida di un SUV su una strada trafficata

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Giovanna Marzillo


E´ applicabile l´istituto della particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.) al soggetto che, ubriaco, si metta alla guida di un SUV?


Sommario: 1. La particolare tenuità del fatto come causa di non punibilità. Il caso giurisprudenziale; 2. Questioni sostanziali: soglie di punibilità e particolare tenuità dell'offesa; 3. Conclusioni: l'approdo giurisprudenziale sull'applicabilità dell'art. 131 bis c.p. 

1. La particolare tenuità del fatto come causa di non punibilità. Il caso giurisprudenziale

La Cassazione Penale, Sez. IV, n. 51304/2018 si è pronunciata in merito all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto nel caso di un soggetto ubriaco che si mette alla guida del suo SUV su una strada trafficata.  

Il campo di applicazione di tale causa di non punibilità risulta essere ancora oggi molto incerto in virtù della recente introduzione nel codice penale avvenuta con decreto legislativo n. 28 del 2015. La novità legislativa ha previsto all'art. 131 bis c.p. che quando l'offesa è particolarmente tenue e il comportamento non è abituale, il giudice dell'udienza preliminare pronuncia il non luogo a procedere " perché il fatto non è punibile". 

Essa costituisce soltanto una delle tante ipotesi abilitanti in cui il giudice dell'udienza preliminare si pronuncia con sentenza di non luogo a procedere.  Infatti, quest'ultima può essere emessa anche quando gli elementi di prova a carico, pur esistenti, sono "insufficienti", cioè tale da far ritenere allo stato degli atti che non possano essere integrati dalla attività istruttoria tipica del dibattimento, ovvero siano "contraddittori", ciò avviene quando vi sia, tra le prove raccolte, un contrasto che probabilmente non potrà essere superato dallo svolgimento del dibattimento. 

Ebbene, la tenuità del fatto, quale causa di non punibilità del soggetto, stante la sua innovativa portata ha reso necessario l'intervento chiarificatore cd "nomofilattico" della Cassazione, la quale è stata adita dal ricorrente che lamentava la violazione della legge penale per mancata applicazione dell'art. 131 bis codice penale al caso concreto. 

Nel caso in esame, la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano che condannava il ricorrente per il reato ex art. 186 co 2) lett. b) e co 2 sexies del Codice della strada, per avere circolato in ora notturna, alla guida di un SUV.  Nel caso di specie si trattava di una Range Rover Defender che circolava lungo un'arteria stradale ad alto scorrimento con un tasso alcolemico accertato pari a 1,03 gr/l. 

Premesso ciò, il ricorrente presentava ricorso per Cassazione adducendo due motivazioni; in una si doleva del vizio di motivazione per illogicità e travisamento della prova, nell'altra evidenziava una violazione di legge penale per mancata applicazione dell'art. 131 bis c.p.

Riguardo al primo motivo di doglianza, il ricorrente lamentava che le condizioni psicofisiche accertate dalla polizia stradale in occasione del controllo - tra cui figurava unicamente " alito vinoso" e "occhi lucidi" - non consentivano il configurarsi di un effettivo stato di alterazione delle condizioni psico fisiche, né difficoltà di espressione verbale, né equilibrio precario, sicché se l’ alterazione vi fosse stata, sarebbe stata comunque lieve o lievissima e quindi avrebbe potuto consentire l'applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto. Contestava inoltre, la valutazione effettuata dalla Corte Milanese circa la tipologia del veicolo condotto.

In particolare, i giudici milanesi avevano considerato la guida di un SUV un fattore di moltiplicazione del rischio, circostanza energicamente smentita dal ricorrente, il quale riteneva l'auto da lui condotta non dissimile in fatto di prestazioni e di dimensioni a un'automobile familiare.

Riguardo al secondo motivo, il ricorrente lamentava la violazione della legge penale per la mancata applicazione dell'art. 131 bis codice penale, non ostandovi il titolo del reato, né il fatto che la punibilità della guida in stato di abbrezza sia legata ad una soglia al di sopra della quale la condotta assume rilevanza penale, dovendosi ritenere applicabile la causa di non punibilità a qualunque reato.  

La Cassazione dichiarava il ricorso manifestamente infondato.

Gli Ermellini in merito ai presupposti di applicabilità della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. dichiaravano che "ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall' art. 131 bis c.p. il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133 c.p. delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo". Pertanto, nel caso di specie la mancata applicazione della causa di non punibilità, oggetto di doglianza, doveva essere valutata alla luce dei criteri di cui all'art. 133 bis c.p. 

Sul punto, gli Ermellini effettuavano una analisi precisa delle circostanze in cui il soggetto veniva ritrovato alla guida dell'auto in stato di ebbrezza. Sul piano temporale, pur ritenendo l'ora notturna non astrattamente incompatibile con il riconoscimento della particolare tenuità del fatto, la Suprema Corte riteneva che la scarsa visibilità notturna unitamente alle caratteristiche del luogo - zona di traffico particolarmente intenso e veloce, prossimo a snodi stradali - determinavano un aumento verosimile del fattore di rischio cui la norma penale violata tende a scongiurare. 

Quanto all'elemento soggettivo, la Cassazione dava rilievo al momento in cui il ricorrente si era posto alla guida, frangente in cui si evidenziava la sua condotta dolosa, in quanto quest'ultimo era consapevole di avere assunto una quantità di alcool ben superiore a quella consentita, ciò nonostante non aveva affatto desistito dal mettersi alla guida del SUV. 

In relazione alla prima censura, la Cassazione non ravvisava nessun travisamento della prova; sosteneva, infatti, che la decisione, nell'escludere la tenuità del fatto, non ha ignorato alcun elemento probatorio, né ha alterato il contenuto, valutando le prove acquisite e l'incidenza sul pericolo del tipo di vettura condotta, pertanto, alla luce di quanto emerso, gli Ermellini dichiaravano inammissibile il ricorso e condannavano il ricorrente al pagamento delle spese processuali, cui si aggiungeva la somma di € 2000,00 in favore della cassa delle ammende. 

2. Questioni sostanziali: soglie di punibilità e particolare tenuità dell'offesa

Una questione giuridica energicamente affrontata in dottrina e in giurisprudenza è quella inerente all'applicabilità della particolare tenuità del fatto alle fattispecie di reato che prevedono determinate soglie di punibilità.

Simili tipologie di reato sono largamente diffuse nel diritto penale ambientale, tributario e nei reati previsti e puniti dal codice della strada. 

Per tali tipologie di reati - come nel caso de quo - la previsione di soglie di punibilità da parte del legislatore evidenzia una valutazione ex ante del disvalore della condotta del reo operata in fase di tipizzazione della fattispecie di reato.  Pertanto, solo nel caso in cui il reo superi la soglia di offesa predeterminata dal legislatore è perseguito penalmente configurandosi un illecito penale.  

Orbene, la domanda a cui si è interrogata la dottrina e la giurisprudenza è la seguente: come conciliare il nuovo istituto di cui all'art. 131 bis e la predeterminazione da parte del legislatore delle soglie di offesa necessarie per la punibilità del fatto?

A una prima analisi della questione, non pare ragionevole escludere l'applicabilità della particolare tenuità del fatto a simili fattispecie. Infatti, una parte della dottrina ha affermato in via generale la compatibilità dell'istituto in oggetto con le soglie di punibilità previste dal legislatore sulla scorta di fatto che nulla preclude che un fatto che superi di pochissimo la soglia possa essere considerato di particolare tenuità. Tuttavia, non mancano le opinioni di quella parte della dottrina che, contrariamente, ha rinvenuto nella presenza delle soglie la funzione di predeterminare ex ante la gravita dell'offesa al bene giuridico protetto. Invero, alcuna incompatibilità sorgerebbe, come sostiene un orientamento dottrinario minoritario, laddove le soglie di punibilità integrassero mere condizioni di punibilità, lasciando spazio all'operatività dell'art. 131 bis c.p. nei casi di particolare tenuità dell'offesa.

Altre questioni problematiche sono sorte in merito al rapporto tra l'istituto de quo e gli illeciti amministrativi aventi ad oggetto i fatti che si collocano al di sotto della soglia penalmente rilevante, come avviene proprio nel reato di guida in stato di ebbrezza. 

Difatti, come emerso dagli orientamenti giurisprudenziali maggioritari, l'applicazione generale dell'art. 131 bis c.p. condurrebbe a risultati irragionevoli, posto che si assicurerebbe una sanzione amministrativa a casi lievi al di sotto del limite della rilevanza penale - come avviene nel reato di guida in stato di ebbrezza, ove venga rilevato un tasso alcolemico  superiore a 0,5 ma inferiore a 0,8g/l - lasciando impunite condotte che pur superando la soglia di punibilità penale, sono di particolare tenuità (tasso alcolemico di poco superiore a 8 g/l).

Sul punto si registrano diverse soluzioni. Se da un lato, parte della dottrina, ritiene che l'applicazione dell'art. 131bis c.p. consenta un'eccessiva espansione dell'illecito amministrativo che determinerebbe una violazione del principio di legalità dell'illecito stesso, viceversa altra parte della dottrina auspica l'introduzione di una fattispecie analoga a quella di cui all'art. 75 co. 14. d.p.r. n. 309/1990 che escluda anche la sanzione amministrativa, in presenza di fatti che non costituiscono reati.

3. Conclusioni: l'approdo giurisprudenziale sull'applicabilità dell'art. 131 bis c.p. 

L'intervento della Suprema Corte segna un momento di svolta nel turbolento dibattito dottrinale e giurisprudenziale circa la compatibilità del reato di guida in stato di ebbrezza e la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p. 

La Cassazione, pur ritenendo indiscutibili le soglie di offesa predeterminate dal legislatore, quale discrimen tra condotta penalmente rilevante e mero illecito amministrativo compie un passo in avanti , superando quella soluzione che obbligava  il giudice ad attenersi al mero dato quantitativo del tasso alcolemico rilevato nell'autore del fatto, e aderendo a quel filone dottrinario secondo cui il  giudizio sulla particolare tenuità vada effettuato tenuto conto della realtà empirica nella quale il fatto si è verificato. 

Difatti, mentre le soglie di offesa necessarie per la punibilità sono espressione di una valutazione che opera sul piano astratto, il giudizio relativo alla particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131 bis c.p. presuppone la verifica in concreto dell'offesa e la sua graduazione. 

Alla luce di quanto esposto, la Cassazione nella sentenza n. 51304/2018 conferma la sentenza di condanna emessa dalla Corte di Appello di Milano dichiarando che "emerge un dato di cruciale rilievo, che deve essere con forza rimarcato: l'esiguità del disvalore è frutto di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno e alla consapevolezza". 

Secondo tale impostazione, non vi è alcuno ostacolo ad applicare l'istituto in esame anche ai reati di pericolo astratto o presunto. La previsione di un valore - soglia per la configurazione del reato, come accade nel reato di guida in stato di ebbrezza, svolge la sua funzione sul piano della selezione categoriale, mentre la particolare tenuità richiede un vaglio della dimensione effettuale.

Conseguentemente l'istituto è applicabile anche in relazione alla più grave fattispecie di guida in stato di ebbrezza, dovendosi considerare non solo l'entità dello stato ebbrezza ma anche le modalità della condotta e l'entità del pericolo o del danno cagionato.

Al tempo stesso, secondo gli Ermellini, nessuna conclusione può trarsi in astratto, ma risulta necessario valutare il caso concreto, tendendo in considerazione l'ambito applicativo dell'istituto fondato non solo sulla gravità del reato desunta dalla pena edittale, ma sull'elemento soggettivo afferente alla non abitualità del comportamento.