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Pubbl. Lun, 3 Dic 2018

Il prestanome nei delitti omissivi propri e commissivi mediante omissione: dalla frode fiscale alla bancarotta fraudolenta

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Ivano Ragnacci


Il contributo in narrativa si propone di illustrare un quadro sintetico delle diverse modalità d’interpretazione della posizione dell’amministratore c.d. di diritto o formale in seno alle figure delittuose ove maggiormente ricorre tale figura, dalla bancarotta fraudolenta, alla frode fiscale, alla falsa fatturazione et sim.


Sommario: 1. Premessa; 2. l’Errore incolpevole; 3. l’amministratore di fatto e quello di diritto: un endiadi infrequente nella prassi; 4. Esempio conclusivo: l’art. 9 D.lgs n. 74/2000.

1. Premessa.

Partendo dalla nota clausola di equivalenza di cui all’art. 40 del c.p., per cui non impedire un evento che si ha l’obbligo di evitare, equivale a cagionarlo, parrebbe superfluo, ad una lettura approssimativa, l’approfondimento del tema oggetto di analisi.

Tuttavia, in diverse ipotesi delittuose, omissive proprie od improprie, tra le quali, i reati di bancarotta fraudolenta[1], ovvero le ipotesi previste dalla Legge sui reati tributari[2], dalla emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ex art. 8 D.lgs citato, a tutti i delitti del Capo I, titolo II della medesima legge, in materia di dichiarazione dei redditi, il leitmotiv che dovrà condurre l’interprete, nell’accertamento delle responsabilità penali per i fatti di reato di volta in volta riconducibili allo schema legale della norma violata, è certamente la natura dell’amministrazione della compagine societaria, ovvero se meramente formale e quindi asimmetrica rispetto al soggetto sostanzialmente gerente, che non perfettamente aderente alla realtà legale, essendo del resto statisticamente dimostrato, come nei reati in questione, il primo dei due modelli citati sia nettamente prevalente nel riscontro concreto del caso.

2. L'errore incolpevole.

E così, soffermando l’attenzione sulle ipotesi poc’anzi introdotte, quelle, si ribadisce, ove la persona dell’amministratore di fatto non coincide affatto con l’amministratore di diritto, gli occorsi potrebbero leggersi nella prospettiva dell’istituto di cui all’art. 47 c.p. letto in combinato all’art. 48 c.p., ove si accerti che l’amministratore legale venga “messo lì” apposta – quale prestanome involontario - per non sapere,  proprio dall’amministratore sostanziale che millantando un aliud pro alio riesce a carpire la fiducia dell’ignara “testa di legno”.

Sul tema dell’elemento psicologico che deve presiedere i reati in discussione, in effetti, non può omettersi di osservarsi, quanto è evidente alla lettera della incontestata giurisprudenza di legittimità[3], ovvero che, per l'integrazione del dolo è necessario che la rappresentazione e la volizione abbiano ad oggetto tutti gli elementi costitutivi della fattispecie tipica, pertanto condotta, evento e causalità materiale, e non il solo evento causalmente dipendente dalla condotta medesima.

Quanto premesso per dire, che nell’ipotesi di un ignaro soggetto, la cui unica consapevolezza sia solo quella di rivestire formalmente la carica di amministratore, in una gestione d’azienda sostanzialmente e materialmente riconducibile ad altri, che sono gli stessi ad averlo investito formalmente, senza poter svolgere alcun controllo, né partecipare ad alcuna assemblea societaria o disporre della documentazione contabile e/o gestionale, bisognerà concludere per la sua estraneità all’ipotesi delittuosa eventualmente perpetrata da altri, quantomeno poiché il fatto non costituisce reato.

3. L’amministratore di fatto e quello di diritto: un endiadi infrequente nella prassi.

Pertanto, non v’è dubbio che l’amministratore sostanziale ergo reale delle società coinvolte, ad esempio, in una frode fiscale ex art. 2 D.Lgs n. 74/2000, dovrà rispondere, giusto il disposto dell’art. 2639 c.c.[4], poiché la responsabilità penale e personale di alcunchì non può, per evidenti ragioni dommatiche, astrattamente ricondursi alla sola carica formalmente ricoperta[5], pena l’ammissibilità nel sistema giuridico nazionale di un modello legale fondato sulla responsabilità oggettiva evidentemente contrastante, innanzitutto, con i presidi ed i corollari costituzionali derivanti dall’art. 27 della Costituzione.

Inoltre, da altro angolo visuale, si potrà accertare se la condotta omissiva impropria ex art. 40 comma 2 c.p., per non avere evitato un evento che si avrebbe avuto certamente l’obbligo di evitare, si possa coniugare con una effettiva violazione dei doveri di vigilanza e di controllo dettati dall’art. 2392 c.c.[6], proprio perché la carenza della consapevolezza, da parte dell’amministratore di diritto, delle condotte tipiche di reato perpetrate dall’amministratore di fatto, esclude l’integrazione delle norme incriminatrici in esame[7].

Ancora, merita ulteriormente precisarsi, che, come nel caso di reato per bancarotta patrimoniale o per distrazione, anche per le altre ipotesi delittuose in premessa accennate “…la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto …[8].

In altre parole, in casi come quelli da ultimo rappresentati dalla nota trasmissione di giornalismo d’inchiesta denominata “Report”, nella puntata del 19 novembre 2018, ove si è trattato il caso di società fittiziamente intestate ad ignari prestanome di associazioni di chiaro stampo criminale il cui precipuo interesse è quello di riciclare ingenti capitali di provenienza illecita, nella fattispecie attraverso l’acquisto e la rivendita di carburante, gli amministratori formali di tali compagini societarie, retribuiti al sol fine di rappresentare “sulla carta” l’impresa, senza evidentemente alcun potere effettivo di gerenza o controllo, sistematicamente tenuti allo scuro degli scopi sociali, certamente non potranno, né a titolo di concorso morale, né men che mai materiale, per condotte omissive improprie o proprie, essere ritenuti conniventi degli autori occulti dei reati, unici destinatari meritevoli della sanzione penale.

4. Un esempio in conclusione: l’art. 9 D.lgs n. 74/2000.

In conclusione, volgendo succintamente l’attenzione alla fattispecie delittuosa di cui all’art. 8 D.lgs n. 74 del 2000, la quale punisce ogni comportamento omissivo e/o commissivo volto e finalizzato a costituire una “… divergenza tra la realtà commerciale e l’espressione documentale di essa e non soltanto la mancanza assoluta dell’operazione …”[9], preme specificare che l’elemento soggettivo richiesto in capo all’autore dell’azione delittuosa punibile astrattamente, da tradursi nella cosciente e volontaria emissione di false fatture, con l’ulteriore ed irrinunciabile finalità di agevolare con ciò l’evasione fiscale di soggetti terzi, già da se non consentirebbe di inquadrare il prestanome inconsapevole in una siffatta responsabilità penale.

Tanto è vero, evidentemente, in quanto, sia possibile dimostrare la carenza di consapevolezza, per un verso, in capo all’amministratore di diritto circa le azioni od omissioni penalmente rilevanti, nella misura in cui tali comportamenti attivi od omissivi siano complessivamente posti in essere da un amministratore sostanziale, deus ex machina di ogni operazione di gerenza in seno alla compagine societaria.

Anche perché, è bene ricordare, che in deroga all’art. 110 del codice penale ex art. 9 D.lgs supra indicato, l’emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 2 (frode fiscale) come chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 8 (emissione di false fatturazioni).

Tale clausola di esclusione della punibilità ciò che “…  intende evitare non è, in sé, la doppia punibilità della medesima persona fisica per la gestione delle medesime fatture, ma la punibilità della medesima persona una volta a titolo diretto per la propria condotta di utilizzazione delle f.o.i. e una seconda volta per concorso morale nella diversa e autonoma condotta posta in essere dall’emittente con cui ha preso accordi …”[10], proprio sulla scorta del medesimo principio di diritto per cui non si potrà punire l’amministratore di diritto, prestanome, quando vi sia un amministratore sostanziale, il quale senza alcun contributo causale morale e/o materiale della “testa di legno”, perpetri l’una, l’altra od ambedue delle condotte delittuose poc’anzi accennate.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] Legge fallimentare (Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267) e succ. mod. D.Lgs. 18 maggio 2018, n. 54 e dalla L. 27 dicembre 2017, n. 205, al Titolo VI - Disposizioni penali (Artt. 216-241). Per un maggiore approfondimenta in Dottrina, si veda: G. FLORA, Verso un nuova stagione del Diritto penale fallimentare ?, Riv. trim. dir. Pen. Ec., 2012, p. 891 seg.; F. MUCCIARELLI, Sentenza dichiarativa di fallimento e bancarotta: davvero incolmabile il divario tra teoria e prassi?, www.pealecontemporaneo.it, 22 Febbraio 2015; C. PEDRAZZI, Commentario Scialoja-Branca alla legge fallimentare, i Reati commessi dal fallito, sub.art. 216, Zanichelli, Bologna, p. 11 segg.; M. ZANCHETTI, Incostituzionali le fattispecie di bancarotta? Vecchi quesiti e nuove risposte ( o magari viceversa ), alla luce della giurisprudenza dilegittimità sul ruolo del fallimento nella bancarotta fraudolenta pre fallimentare, Riv. Trim. dir. Pen. Ec., 2014, p. 111 seg.; M. ZANCHETTI, Diritto penale fallimentare, in PULITANò ( a cura di ) Diritto penale, p. Spec, vol. I, Tutela penale del patrimonio,Giappichelli, Torino, 2013, p. 355 segg.; Cass., sez. V, 24/09/2012, n. 47502; Cass., sez. V, 5.12.2015, n. 15613.
[2] Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74 sui reati tributari, aggiornato al Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 158.
[3] Cfr. Cass. pen., sez. I, 17-01-2012, n. 5096. Conf. : N. 10535 del 1988 Rv. 179560,  N. 16976 del 2003 Rv. 224153,  N. 631 del 2007 Rv. 236560. Su Foro. It.
[4] In tema, cfr. Cass. pen., sez. V, 16-03-2018, n. 32398. Secondo cui “ … la prova della posizione di amministratore di fatto di una società «schermo di una reale autonomia e costituita per essere utilizzata in un meccanismo fraudolento finalizzato a sgravare la società capofila dai debiti contributivi, il cui pagamento venne poi omesso, nonchè ottenere indebiti rimborsi iva e compensazioni - si traduce in quella del ruolo di dominus ed ideatore del suddetto sistema fraudolento, atteso che non è ipotizzabile l'accertamento di elementi sintomatici di un inserimento organico (quali quelli attinenti ai rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale) all'interno di un ente esistente solo da un punto di vista giuridico …” Conf. Vedi:  N. 22108 del 2015 Rv. 264009,  N. 41793 del 2016 Rv. 268273,  N. 8479 del 2017 Rv. 269101. Su Foro It.
[5] A tal riguardo si segnalano le pronunce della Corte Di Cassazione; sezione III penale; sentenza, 05-07-2012, n. 33385 (data deposito 29-08-2012) Corte Di Cassazione; sezione V penale; sentenza, 20-06-2012, n. 39535 (data deposito 08-10-2012), relativamente al punto in cui chiariscono e specificano come in differenti ambiti operativi, la rilevanza del dato sostanziale nella gestione delle attività societarie, prevale quale criterio di imputazione della responsabilità penale pur in presenza di altri soggetti che, formalmente, ricoprano le cariche sociali da cui discendono i poteri di gestione ed amministrazione delle persone giuridiche, di talché deve ritenersi escluso il concorso di persona nel reato, di quel soggetto che suo malgrado sia stato indotto a rappresentare formalmente la società. Inoltre, nello stesso senso, si veda  , Cass. 28 aprile 2011, Ceravolo, Foro it., Rep. 2012, voce Tributi in genere, n. 1626 (con la precisazione che la responsabilità è condizionata all’accertamento della qualità di prestanome del legale rappresentante dell’azienda).
[6] Sul punto, si veda Cass. pen., sez. III, 14-05-2015, n. 38780, in massima “Del reato di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette o iva, l'amministratore di fatto risponde quale autore principale, in quanto titolare effettivo della gestione sociale e, pertanto, nelle condizioni di poter compiere l'azione dovuta, mentre l'amministratore di diritto, quale mero prestanome, è responsabile a titolo di concorso per omesso impedimento dell'evento (art. 40, 2º comma, c.p. e 2932 c.c.), a condizione che ricorra l'elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice”. Conf.: Vedi:  N. 23425 del 2011 Rv. 250962,  N. 24650 del 2015 Rv. 263728.
[7]Per l’affermazione dei principî ora ricordati, cfr. Cass. 9 febbraio 2010, Mortillaro, id., Rep. 2011, voce cit., n. 48; 23 febbraio 2010, P.P., id., Rep. 2010, voce cit., n. 58; 19 giugno 2008, Prandelli, id., Rep. 2009, voce cit., n. 24; 16 febbraio 2010, A., id., Rep. 2010, voce cit., n. 56 (relativa all’ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale, ove si richiede la consapevolezza, anche generica, della tenuta delle scritture contabili in guisa da rendere impossibile la ricostruzione di affari o da indirizzare le falsificazioni operate al fine di ottenere indebiti vantaggi o pregiudizio per i creditori); 8 marzo 2007, Gitta, id., Rep. 2007, voce cit., n. 41; 26 gennaio 2006, Filippi, id., Rep. 2008, voce cit., n. 36; 12 dicembre 2005, Procacci, id., Rep. 2006, voce cit., n. 21; 3 giugno 2005, Ambrosini, ibid., n. 19 (l’esclusione della responsabilità dell’amministratore di diritto discenderà se risulti che l’amministratore sia rimasto estraneo alle vicende societarie, di fatto gestite da altri ovvero se lo stesso dimostri la totale dissociazione dall’operato degli stessi gestori; per la stessa posizione nella giurisprudenza di merito, v. App. Milano 27 gennaio 2009, id., Rep. 2010, voce cit., n. 59).
[8]Così Cass. 19 febbraio 2010, S., ibid., n. 57; nello stesso senso, Cass. 4 giugno 2004, Squillante, id., Rep. 2004, voce cit., n. 25, e, nella giurisprudenza di merito, Trib. Pescara 29 giugno 2007, id., Rep. 2009, voce cit., n. 53 .
[9] Così in Cass. Pen., Sent. n. 5804 del 12 febbraio 2004, in Riv n. 227842.
[10] Cass., sez. III, 8 marzo 2012, n. 19247