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Pubbl. Mar, 23 Ott 2018

La detenzione domiciliare per soggetti affetti da infermità psichica. Una questione costituzionale

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Viviana Castaldo


La detenzione domiciliare come modalità di esecuzione della pena nei confronti di soggetti imputabili affetti da patologia psichica.


Sommario: 1. La patologia psichica in generale e il trattamento del soggetto affetto da essa.  1.1 la detenzione domiciliare per il soggetto affetto da infermità psichica sopravvenuta 2. La vicenda processuale  3. La posizione del Tribunale di Sorveglianza e la necessaria rivalutazione in termini costituzionali 4. la questione di legittimità costituzionale  5. Ordinanza 6. Profili critici circa la necessità di intervento del Legislatore 7. Caso attinente a quello in commento.

1. La patologia psichica in generale e il trattamento del soggetto affetto da essa                                                       

La patologia psichica rappresenta una tematica di notevole importanza se considerata, oltre che come malattia, all’interno del processo di formazione della volontà di un soggetto, e in ambito più specifico, nel contesto rappresentato dal trattamento di chi ne è affetto.

ll vizio di mente può presentarsi come parziale o totale a seconda che incida sulla capacità di intendere e di volere di una persona, in tutto o in parte.

Anche dal punto di vista sociale, la tematica riveste una considerevole importanza; lo studio dei comportamenti e delle reazioni antisociali, rimarca la necessità di individuare la sussistenza di uno stato patologico alla base di dette condotte.

Nel contesto sociale sono innumerevoli i casi di soggetti affetti da patologie che comportano il venir meno della capacità di autocontrollo e di gestione dei propri impulsi. Questo contesto delinea una frattura nella società tra soggetti sani ed infermi con tutte le necessarie conseguenze dal punto di vista sociale, medico e giuridico.

Una volta individuata la sussistenza di uno stato patologico mentale, nei confronti di chi  si sia reso autore di una condotta antisociale, viene in rilievo la necessità di salvaguardare tale soggetto, in quanto non essendo la sua posizione equiparabile a quella di chi è pienamente capace di intendere e di volere, non può sottostare allo stesso trattamento.

Se da un lato il trattamento dell’ infermo di mente deve classificarsi come necessariamente differente da quello del soggetto sano di mente, dall’altro l’infermità psichica dovrebbe essere equiparata a quella fisica, in termini di parità di trattamento. In entrambi i casi infatti, si fa riferimento a situazioni riconducibili ad un concetto di infermità ad ampio spettro.

Sembra proprio seguire tale linea, l’orientamento della Corte di Cassazione che ha rilevato la necessità di assicurare lo stesso trattamento previsto per chi è affetto da patologia fisica, a chi è invece colpito da malattia mentale.

1.1 La detenzione domiciliare per il soggetto affetto da infermità psichica sopravvenuta

Il commento in questione ha cura di evidenziare una problematica sociale, prima ancora che giuridica.

Un uomo affetto da patologia psichica vede rifiutarsi la possibilità di scontare la sua pena in condizioni idonee al suo stato di salute mentale.

Il rifiuto viene argomentato sulla base di alcuni elementi che non considerano la necessità di assicurare un equo trattamento a chi è affetto da una malattia mentale; tali elementi fanno perno sulla distinzione tra infermità fisica, per cui è prevista la possibilità di scontare la pena in condizioni di detenzione domiciliare, e infermità psichica per la quale non è prevista tale possibilità.

Ciò che non viene considerato, però è la necessità di porre sullo stesso piano le due condizioni di infermità; in entrambi i casi infatti, bisognerebbe assicurare a chi è affetto da una patologia, la sussistenza delle cure, del contesto e delle condizioni idonee.

Sembra ovvio che scontare una pena in carcere, in condizioni di infermità mentale, è ben diverso dalla possibilità di scontarla in regime di detenzione domiciliare.

La Corte di Cassazione rileva la necessità di equiparare il trattamento  alla luce di importanti principi e valori a fondamento della persona umana; tali valori si collocano nel rispetto della persona, della sua dignità, nell’importanza di attuare un processo di rieducazione del condannato, e in ultimo, ma non per importanza, nei principi riconducibili alla salute umana che va rispettata come valore fondamentale della persona e indipendentemente dalla forma di manifestazione di essa (eventuale patologia fisica o psichica).

2. La vicenda processuale

L'istanza proposta dall’imputato al Tribunale di Sorveglianza di Roma, è volta ad ottenere il differimento della pena, per grave infermità, ai sensi dell'art. 147 c.p. Si premette che l'istante risulta ristretto in forza di titolo divenuto definitivo il 12 aprile del 2016 (sentenza di condanna per concorso in rapina aggravata) e che la pena residua da espiare è pari ad anni sei, mesi quattro e giorni ventuno di reclusione.

Il Tribunale di Sorveglianza di Roma respinge l’istanza di cui sopra, con la motivazione per cui l’art. 147 c.p. prevede la sola ipotesi di differimento nel caso di infermità fisica.

L'imputato ricorre per Cassazione affinchè sia fatta valere la sospensione/differimento della pena o la misura della detenzione domiciliare ex.art. 47 ter. Co. 1 ter Ord. Pen.

La Cassazione solleva questione di legittimità costituzionale per rilevata disparità di trattamento.

3. La posizione del Tribunale di Sorveglianza e la necessaria rivalutazione in termini costituzionali

Nell’Ottobre del 2016  il Tribunale di Sorveglianza di Roma respinge la richiesta dell’imputato di vedersi applicato un differimento di pena, essendo affetto da patologia psichica.  Il Tribunale di Sorveglianza motiva la decisione facendo riferimento al fatto che ai sensi dell’art. 147 c.p (“L'esecuzione di una pena può essere differita: 1. se è presentata domanda di grazia , e l'esecuzione della pena non deve esser differita a norma dell'articolo precedente; 2. se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica ; 3. se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita nei confronti di madre di prole di età inferiore a tre anni . Nel caso indicato nel n. 1, l'esecuzione della pena non può essere differita per un periodo superiore complessivamente a sei mesi, a decorrere dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile , anche se la domanda di grazia è successivamente rinnovata. Nel caso indicato nel numero 3) del primo comma il provvedimento è revocato, qualora la madre sia dichiarata decaduta dalla potestà sul figlio ai sensi dell'articolo 330 del codice civile, il figlio muoia, venga abbandonato ovvero affidato ad altri che alla madre. Il provvedimento di cui al primo comma non può essere adottato o, se adottato, è revocato se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti.”) il differimento della pena non è previsto in ipotesi di infermità psichica, ma solo fisica. La posizione del Tribunale è netta sul punto.

La Corte di Cassazione, investita del ricorso presentato dall’imputato, conferma la effettiva impossibilità di differimento ex art 147 c.p. nel caso di infermità psichica per silenzio del Legislatore in merito, afferma che ai sensi dell’art 148 c.p. (“Se, prima dell'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale o durante l'esecuzione, sopravviene al condannato una infermità psichica, il giudice, qualora ritenga che l'infermità sia tale da impedire l'esecuzione della pena, ordina che questa sia differita o sospesa e che il condannato sia ricoverato in un manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia. Il giudice può disporre che il condannato, invece che in un manicomio giudiziario, sia ricoverato in un manicomio comune, se la pena inflittagli sia inferiore a tre anni di reclusione o di arresto, e non si tratti di delinquente o contravventore abituale o professionale o di delinquente per tendenza  Il provvedimento di ricovero è revocato, e il condannato è sottoposto alla esecuzione della pena, quando sono venute meno le ragioni che hanno determinato tale provvedimento ” ). Non può esservi il ricovero in OPG cosi come previsto dalla norma in casi di infermità psichica sopravvenuta, per l’abrogazione ormai nota di tali istituti, né può esservi la collocazione dell’imputato nelle strutture previste appositamente per soggetti non imputabili e pericolosi sociali ( misure di sicurezza) anche esse previste dalla norma, in quanto nel caso di specie non si fa riferimento a misure di sicurezza ma a sanzione vera e propria.

Non è nemmeno applicabile la detenzione domiciliare al caso di specie, poiché tale possibilità  richiama i soli casi in cui il Codice Penale prevede una patologia di tipo fisico.

La Corte evidenzia la mera possibilità di mantenimento in istituto penitenziario del soggetto ricorrente, con il solo trasferimento nell’apposita articolazione per la tutela della salute mentale.

A differenza della netta posizione esposta dal Tribunale di Sorveglianza, la Corte di Cassazione, però, rileva la necessità di rimettere la questione alla Corte Costituzionale, in merito alla irragionevole disparità di trattamento tra soggetti affetti da patologia fisica e coloro che sono affetti da malattia di mente.

In merito la Corte di Cassazione pone in rilievo gli articoli 2, 3, 27, 32, 117 della Costituzione, rispettivamente per la tutela dei diritti fondamentali della persona, la necessità di garantire l’uguaglianza tra i soggetti, il riferimento al processo di rieducazione del condannato che non deve consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, richiama il valore del rispetto della salute umana e in ultimo espone il collegamento con i principi internazionali in materia.

Il soggetto che vede rifiutarsi la possibilità, perché in effetti non prevista dal Legislatore, di poter scontare la propria pena in condizione di detenzione domiciliare a differenza di ciò che è previsto per l’affetto da patologia fisica, è sottoposto ad una ingiusta disparità di trattamento, essendo per esso riservato unicamente il trattamento sanitario in apposita sezione interna all’istituto penitenziario. Tale situazione comporterebbe il mancato rispetto di valori umani, primo fra tutti quello alla salute. Le condizioni dell’ istituto penitenziario, infatti, non garantirebbero le adeguate cure e l’opportuno trattamento al soggetto affetto da una patologia, seppur psichica e non fisica.

4. La questione di legittimità costituzionale

La Corte di Cassazione, dunque, ritiene di sollevare di ufficio la questione di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 2, 3, 27, 32 e 117 della Costituzione, dell'art. 47 ter co.1-ter della legge  n.354/1975 (“Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, puo' disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che puo' essere prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare “), nella parte in cui detta norma non prevede la applicazione della detenzione domiciliare anche nelle ipotesi di grave infermità psichica sopravvenuta durante l'esecuzione della pena.

5. Ordinanza 

Nel corpo della disposizione ex art 47 co1ter ord.pen vengono richiamate esclusivamente le condizioni di infermità di cui agli articoli 146 e 147 del codice penale (infermità fisica) e non anche quelle evocate nel testo dell'art. 148 (infermità psichica sopravvenuta). L'attuale condizione del soggetto portatore di tale tipologìa di infermità è pertanto caratterizzata da aspetti di manifesto «regresso trattamentale», (…) Ciò determina la ricorrenza di contrasto  della disposizione dell'art. 47ter comma 1 ter ord. pen. con i parametri costituzionali rappresentati dai contenuti degli articoli 2, 3, 27, 32 e 117 Cost., nella parte in cui detta disposizione non include tra i presupposti della detenzione domiciliare 'in deroga' l'ipotesi della infermità psichica sopravvenuta” (Cass., Sez. I, ord. 23 Novembre 2017 (dep. 22 marzo 2018), n. 13382)

6. Profili critici circa la necessità di intervento del Legislatore

Il tema dei diritti fondamentali della persona ha da sempre abbracciato un ampio spettro di questioni; profili costituzionali, nazionali ed internazionali, infatti ,vengono in rilievo.

La necessità di intervenire in materia di detenzione domiciliare, e includere quest’ultima anche nel caso di soggetto affetto da infermità psichica, andrebbe ad incidere in particolar modo, oltre che sul rispetto dei valori fondamentali della persona, anche sull’art. 27 della Costituzione (“La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte”) nella parte in cui prevede la rieducazione del condannato ed il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità.

La finalità rieducativa della pena deve necessariamente confrontarsi con le condizioni in cui il soggetto sottoposto a pena si trova; nel caso di un infermo di mente, la rieducazione andrebbe improntata più che su un lato di “reinserimento sociale” su di un aspetto prettamente sanitario; l’infermo di mente non può attuare in piena consapevolezza un processo di risocializzazione proprio per la sua incapacità ad essere pienamente presente e cosciente in tale percorso.

Va quindi posta l’attenzione innanzitutto sull’aspetto della tutela della salute, valore garantito innanzitutto dalla nostra Carta Costituzionale, assicurando adeguate cure al malato di mente e assicurando al contempo la sua permanenza in un ambiente adatto alle proprie condizioni .

Intervenire nel rispetto della salute e dignità umana sarebbe necessario, dunque, non solo per motivi giuridici ma prima ancora, per ragioni connesse al rispetto dell’umanità.

Tale percorso va poi ad inserirsi perfettamente nel divieto di trattamenti disumani previsti dalla nostra Carta Costituzionale ex art. 27.

7. Caso attinente a quello in commento

In materia di esecuzione della pena ed infermità psichica (sopravvenuta), si segnala un caso attinente a quello in commento, in cui il Tribunale di Sorveglianza di Messina (28 febbraio 2018) imbocca la via dell’interpretazione conforme a Costituzione e applica la detenzione domiciliare.