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Pubbl. Lun, 15 Ott 2018

Amministratore S.r.l. revocato senza giusta causa: danno parametrato ai compensi non percepiti

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Stefano Marziali


In caso di revoca dell’amministratore di una s.r.l., l’assenza di giusta causa comporta il ristoro per la perdita dei compensi residui. È questo il principio affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 21233 depositata il 28 agosto 2018.


La domanda di pronuncia pregiudiziale si innesta nell’ambito di una controversia avente ad oggetto il ricorso presentato da una società a responsabilità limitata condannata al pagamento di una somma di denaro a favore dell’amministratore unico, a titolo di risarcimento del danno subito, derivante dalla revoca della carica senza giusta causa.

L’ordinanza in commento abbraccia una tematica di notevole rilievo nella dinamica dei rapporti tra amministratori e società di capitali che è da sempre oggetto di notevole contenzioso giudiziario sotto diversi profili.

Al riguardo, la ricorrente lamentava il fatto di non ritenere corretta l’applicabilità alle società a responsabilità limitata dell’art. 2383 c.c., dettato per la società per azioni, essendo viceversa la figura dell’amministratore di società a responsabilità limitata riconducibile al mandato.

Tuttavia la Suprema Corte ha rigettato il ricorso mettendo in evidenza il fatto che “una volta ammessa la possibilità di revoca è del tutto evidente che l’esito del giudizio, e dunque la condanna della società al pagamento, non è stata in nulla condizionata all’applicazione della disciplina del mandato in luogo di quella dell’art.2383 c.c., giacché tale somma è stata riconosciuta – indipendentemente dalle menzionate discipline – a titolo di danno, parametrato, in applicazione dell’art. 1223 c.c., all’ammontare dei compensi non percepiti in dipendenza dell’ingiustificata revoca”.

Difatti, le norme disposte in tema di società di capitali (art. 2383) e nella disciplina del mandato oneroso (art.1725), offrono entrambe, in qualunque circostanza, la possibilità di revocare l’amministratore purché si fosse in presenza di una giusta causa. Di converso, qualora la cessazione anticipata del rapporto non sia sostenuta da una giusta causa, la società è tenuta a risarcire il danno subito dall’amministratore in conseguenza della revoca.

Non essendo null'altro stabilito in merito, appare dunque necessario fare un opportuno rimando alle norme dettate in materia di risarcimento del danno contenute nell’art. 1223 c.c. In particolare, nel caso di specie il danno risarcibile è parametrato al guadagno che l’amministratore revocato avrebbe percepito fino alla naturale scadenza dell’incarico da considerare quale conseguenza immediata e diretta del danno arrecato.

Alla luce di quanto sopra espresso, la Corte non ha ritenuto di primaria importanza verificare se le disposizioni contenute nell’art. 2383 risultino applicabili o meno alle società a responsabilità limitata, in quanto l’elemento dirimente alla base della pronuncia statuita dal giudice di merito è stata fatta in applicazione delle disposizioni dettate in materia di risarcimento del danno sancite dall’art. 1223 del c.c.

In altri termini, la Corte di Cassazione, è andata oltre le norme “particolari” che regolano i rapporti tra amministratori e società, riconducendo all’interno della natura “contrattuale” il rapporto che lega amministratori e società. In particolare, è stato posto in rilievo l'esigenza di determinare e liquidare il c.d. danno-conseguenza, e cioè il pregiudizio in concreto subito dall'amministratore per effetto dell'evento lesivo subito, perchè è proprio questo a costuire oggetto dell'obbligazione risarcitoria.