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Pubbl. Sab, 25 Ago 2018

Salvini e il caso ”Diciotti”. Può un Ministro essere perseguito penalmente?

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Saverio Setti
Dirigente della P.A.Ministero della Difesa


Molto risalto hanno dato gli organi di stampa alla notizia che alcune procure della Repubblica siciliane starebbero valutando di procedere penalmente nei confronti del Ministro dell’Interno, perché ha ordinato all'equipaggio di nave Diciotti di impedire ad alcuni migranti a bordo di lasciare l’imbarcazione.


È possibile perseguire penalmente un Ministro della Repubblica per un reato commesso nell’esercizio delle sue funzioni?

Il pattugliatore d’altura di classe Dattilo, nave Diciotti, è giunta nel porto di Catania alle 23.31 del 20 agosto, recando a bordo 177 migranti soccorsi nella SAR (cioè nella search and rescue zone) a sud di Lampedusa ma di competenza maltese.

In virtù del suo ruolo di Autorità nazionale di pubblica sicurezza, il Ministro dell’Interno ha ordinato, il 22 agosto, lo sbarco dei minori non accompagnati e il trattenimento dei restanti 177 adulti sulla nave, al fine di avviare un piano di redistribuzione dei migranti negli altri Paesi europei.

Questo trattenimento, che si sta protraendo, ha creato indignazione in alcune componenti della politica e della società civile e ha spinto, come abbiamo detto, alcune procure ad ipotizzare delle condotte illecite: si va dall’arresto illegale al sequestro di persona.

Iniziamo col dire che, sul punto, nulla rischiano i marinai della Guardia Costiera, perché hanno eseguito un ordine non manifestamente reato ed i militari non hanno sindacato di legittimità sull’ordine superiore. Dell’eventuale ordine-reato risponde chi lo ha emesso.

Quindi qual è la procedura per porre in stato di accusa un Ministro?

La nostra Costituzione, all’art. 96, dispone che il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri sono sottoposti alla giurisdizione ordinaria per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni.

Tuttavia, secondo le leggi che disciplinano la materia, la competenza è del cosiddetto tribunale dei ministri, una sezione specializzata del tribunale ordinario. Questa corte è composta da tre giudici estratti a sorte aventi da almeno cinque anni la qualifica di magistrato di tribunale e si forma presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello competente per territorio dove il reato ministeriale è stato commesso. Quindi, nel nostro caso, il tribunale dei ministri si formerebbe a Catania, che è capoluogo del distretto di corte d’appello. Da qui il collegio entro 90 giorni, compiute le indagini preliminari e sentito il pm, può emettere due decisioni. 

Può archiviare perché non ritiene che vi siano fatti di reato e il decreto di archiviazione non è impugnabile. Il pm può solo proporre istanza per la ulteriore prosecuzione delle indagini preliminari, che possono essere estese fino a 60 giorni. È da sottolineare che, nel corso delle indagini, il Ministro non può essere sottoposto a misure restrittive della libertà personale, né a intercettazioni, perquisizioni, o violazione di corrispondenza, salvo il nulla osta del Senato, perché, in questo caso, il Ministro dell’Interno è anche un senatore.

Se invece il tribunale dei ministri ritiene che possa esservi reato trasmette gli atti al pm unitamente ad una motivata relazione affinché questi eserciti l’azione penale.

Il procuratore della repubblica, però, ha bisogno di un via libera, che tecnicamente si chiama condizione di procedibilità. Una autorizzazione a procedere che dovrebbe essere rilasciata dal Senato della Repubblica. 

Il fascicolo, allora, è girato alla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, che istruisce la pratica per la discussione in aula. La giunta può sentire testimoni, estrarre documenti così come il medesimo diritto è concesso al Ministro incolpato. Terminata l’istruttoria, la giunta invia all’ufficio di presidenza del Senato una relazione dettagliata. Poi i senatori votano a maggioranza assoluta e, a meno di specifica diversa richiesta, a voto segreto. 

Due possono essere le decisioni:

  1. Il senato può negare l’autorizzazione se ritiene che il Ministro abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di governo. Ovviamente si tratta di un provvedimento non impugnabile.
     
  2. Il Senato autorizza a procedere il giudizio penale in primo grado si avvia non avanti al tribunale dei ministri, ma al tribunale ordinario del capoluogo del distretto di corte d'appello competente per territorio. I giudici del tribunale dei ministri, avendo svolto un ruolo attivo divengono incompatibili con il giudizio successivo e, in materia di impugnazioni, si applicano le norme del codice di rito penale.

Insomma, la soluzione alla questione non pare possa giungere dalla messa in stato di accusa del Ministro, anche perché questi è membro di un governo che ha la maggioranza al Senato; piuttosto una soluzione va cercata in una azione di leale collaborazione tra le istituzioni nazionali, gli Stati partner e la Commissione europea, per porre il prima possibile termine a questa situazione di incertezza.