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Pubbl. Sab, 1 Set 2018

Perù-Italia: condizioni carcerarie a confronto

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Ludovica Di Masi


Nonostante la distanza geografica, è possibile cogliere alcune similitudini tra il sistema penitenziario peruviano e quello italiano. In ogni caso, è sempre costruttivo affacciarsi alle altre realtà per trovare spunti e, perché no, soluzioni ai problemi. Intervista al prof. Avv. Alan Berrospi Acosta


Alan Berrospi Acosta è docente presso l'Università di Huanuco e iscritto al Collegio degli avvocati di Lima; candidato alla magistratura presso la stessa Università; professore, arbitro e conciliatore; socio fondatore dello studio Berrospia & Asociados Abogados.

LDM: Prima di tutto, è mio dovere ringraziarla per la sua disponibilità.

A mio avviso, non c'è cosa più utile del confronto quale fonte di pensieri, condicio sine qua non al cambiamento positivo.

Il tema delle condizioni carcerarie in Italia negli ultimi tempi ha attirato molto l'attenzione dei media. Il problema principale è senza dubbio il sovraffollamento carcerario, più volte sanzionato a livello europeo e al quale sono state trovate delle soluzioni che spesso hanno tutta la sostanza di palliativi (indulti, decreti svuotacarceri et simili).

Quali sono le condizioni delle carceri peruviane? E' presente il fenomeno del sovraffollamento?

ABA: Le carceri peruviane sono gestite dall'INPE (National Penitentiary Institute), un'agenzia governativa facente parte del Ministero della Giustizia.

A proposito della popolazione carceraria, il Comitato europeo per i problemi penali afferma che quando la popolazione supera il 20% delle sue capacità, vi è un grave sovraffollamento.

Secondo le statistiche e le informazioni giornalistiche, la popolazione carceraria peruviana nella maggioranza, se non in tutti i casi, supera più del 100% la capacità carceraria. Le cause, oltre alle politiche criminali, sono diverse. Una di queste è che ad essere ristrette sono anche le persone in attesa di giudizio, cioè coloro che sono sottoposti alla detenzione preventiva.

LDM: Nelle carceri italiane è risaputo che, specialmente durante la stagione calda, alcuni detenuti, in preda alla disperazione, decidono di togliersi la vita. Dal 2000 al 2018 (aggiornamento al 19 agosto 2018) si registrano 1023 suicidi, di cui 37 relativi all'anno 2018. (1) Qual è la situazione in Perù? E' alto il numero di suicidi?

ABA: Non è stato segnalato un numero elevato di suicidi. In ogni caso, il metodo più utilizzato è l'impiccagione tramite corde. Più raramente i detenuti ingoiano spilli o aghi.

LDM: Alcuni giorni fa mi è capitato sott'occhio un articolo molto interessante e a tratti sconvolgente. Il reporter Andrea Rosario Fusco, si è recato in Perù per realizzare un reportage sulle carceri peruviane, all'interno degli istituti di Lurigancho e Castro Castro (Lima-Perù). Tutte le trasmissioni televisive italiane a cui l’autore ha presentato questo lavoro si sono rifiutate di mandarlo in onda in quanto ritenuto troppo crudo. L'episodio senza dubbio più cruento che viene raccontato è l'omicidio di una donna in carcere, durante gli orari di visita. L'assassino, marito della donna, aveva nascosto per ben tre mesi il corpo della moglie sotto il letto della cella e solo l'odore pestilenziale aveva svelato il macabro episodio. (2) E' davvero così biasimevole la situazione?

ABA: Quello che ha letto è vero, la situazione è molto cruda e deplorevole. Ci sono molti problemi da risolvere. C'è da precisare, però, che quelle di Lurigancho e Castro Castro non sono le uniche tra le prigioni più pericolose al mondo.

LDM: Quali sono, secondo lei, le prigioni più pericolose?

ABA: A mio parere, sono quelle di Lirigancho, Castro Castro, Piedras Gordas e la prigione femminile di Santa Monica.

LDM: Cosa succede in queste carceri?

ABA: In primis non c'è molto controllo sui detenuti. Infatti, nella maggior parte dei casi le comunicazioni che i detenuti hanno con l'esterno attraverso i telefoni cellulari non sono controllate. Inoltre, molto spesso si creano disordini che hanno come conseguenza feriti o morti.

Per di più, sempre in base ai resoconti dei giornali è noto che all'interno delle prigioni esistono dei veri e propri paradisi con molti comfort: le cosiddette “celle d'oro”.

LDM: Quali sono questi comfort?

ABA: Mi riferisco a servizi quali: letto a due piazze con trapunte, frigoriferi, computer, televisori con canali stranieri, telefoni cellulari e persino bevande alcoliche.

Bisogna precisare, però, che le bevande alcoliche in genere non sono presenti solo nelle celle d’oro ma in tutte le celle.

LDM: E chi vive in queste celle d'oro?

ABA: I detenuti che hanno un’ottima possibilità economica perché di sicuro questi servizi devono costare molto!

LDM: Ma tutto ciò è permesso?

ABA: Ovviamente non è permesso, ecco perché a volte la stampa porta alla luce nuovi casi.

LDM: In queste celle d'oro vivono anche i politici?

ABA: Non c'è nulla di provato, ma a volte i giornalisti dicono di si.

In ogni caso i politici vengono ristretti in altre prigioni, dove le condizioni non sono disumane.

LDM: In genere quanto è grande una cella?

ABA: Normalmente misurarono circa due metri di larghezza e tre di lunghezza. Le celle in Perù sono costruite in cemento e non sono molto grandi. Come può immaginare, sono deprimenti e cupe.

LDM: Cosa significa che le celle sono in cemento?

ABA: Significa che anche il letto è costruito in cemento.

Il problema è che non c'è spazio, e a causa del sovraffollamento i detenuti devono dormire molto vicini o nei corridoi.

LDM: Generalmente quante persone ci sono in una cella?

ABA: In alcune celle ci sono fino a 20 persone (o più!). In poche parole, domina la legge del più forte: ci sono celle di diversa misura e ognuno dorme nella cella in cui riesce ad entrare, altrimenti non resta altra chance che il corridoio. Le celle d'oro, invece, sono grandi come una stanza normale.

LDM: In Italia la situazione è migliore. Ad ogni detenuto spettano 3 metri quadrati di spazio. Se si scende sotto questa soglia, che è la soglia minima stabilita della Corte Europea del Diritti dell'Uomo, si ha una presunzione forte di trattamento inumano e degradante (violazione art. 3 CEDU). In tal caso il detenuto può usufruire del rimedio di cui all'art. 35 ter O.P. In particolare, coloro che hanno subito un trattamento non conforme ai criteri stabiliti dalla Convenzione per un periodo di tempo non inferiore a quindici giorni possono ottenere, a titolo di risarcimento del danno, la riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari ad un giorno per ogni dieci durante i quali vi è stato il “maltrattamento”. I soggetti che hanno espiato una pena inferiore ai quindici giorni e coloro che non si trovano più in stato di detenzione, invece, hanno diritto ad un risarcimento pari ad 8,00 euro per ciascun giorno di detenzione vissuta in condizioni disumane. (3)

LDM: Qual è la giornata-tipo di un detenuto in Perù?

ABA: All'interno delle prigioni i detenuti possono svolgere molte attività come il ballo, il teatro, lo sport. Possono anche studiare. Queste attività valgono come benefici e sono utili alla liberazione anticipata (ad esclusione dei casi di ergastolo o di alcuni crimini gravi per i quali i benefici penitenziari non sussistono).

Inoltre, svolgono lavori manuali, producono e/o vendono prodotti (ad esempio portafogli, ornamenti, vestiti).

LDM: Che attenzione rivolgono i media ai problemi della vita intramuraria? Se ne parla? 

ABA: I media prestano attenzione solo alle cose più rilevanti e che attirano i lettori o aumentano l'audience. Ogni tanto le notizie parlano di sovraffollamento ma in genere i problemi di base non vengono affrontati come dovrebbero.

LDM: Quali soluzioni si prospettano ai problemi della vita carceraria?

ABA: Sono state avanzate molte proposte. Si è pensato di costruire più prigioni per evitare il sovraffollamento ma, a mio avviso, questa soluzione non risolverebbe il problema. L'ideale sarebbe: educare le persone in modo tale da evitare la commissione di reati; concludere i procedimenti penali in tempi ragionevoli ed evitare le detenzioni preventive inutili.

LDM: In effetti sono le stesse soluzioni prospettate anche in Italia. Nello specifico, si è cercato di porre rimedio al problema dell'irragionevole durata del processo con l'introduzione di riti alternativi a quello ordinario (ma anche istituti premiali) e per quanto concerne la carcerazione ante iudicium, con la L. 67/2014 è stato introdotto il criterio dell'attualità delle esigenze cautelari, quale esplicazione del più ampio criterio del carcere come extrema ratio.

Devo dire che, nonostante le notevoli differenze, resta sempre valido il proverbio “ogni mondo è paese” !

Ringraziandola nuovamente per la cordialità, mi auguro che ci siano altre occasioni di confronto per riflettere insieme sui temi della giustizia.