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Pubbl. Dom, 23 Set 2018

La violenza sessuale: aspetti giuridici e medico-legali

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Roberta Fontanieri


La violenza sessuale, il referto medico e gli obblighi dei sanitari.


Sommario: 1. Stuprum e adulterium ; 2. Art. 609-bis violenza sessuale; 3. Referto e denuncia del reato ; 4 indagini medico-legali. 

1. Stuprum e adulterium

Stuprum e adulterium sono termini usati nella Lex Iulia in modo promiscuo ed indifferenziato per indicare qualsiasi relazione extra-coniugale illecita, come si evince però da una nota definizione di Modestino, rappresentavano dunque due reati ben distinti.

Il primo stuprum, consisteva nell'unione sessuale con donna vergine o vedova di onorevole condizione sociale oppure con fanciulli. Il secondo adulterium, nel rapporto sessuale con donne unite in iustaenuptiae con altri.

Il motivo per cui veniva considerato adulterio soltanto il rapporto extra-coniugale della donna unità in matrimonio e non anche quello dell'uomo sposato, lo si comprende dall'etimologia stessa del termine adulterium che, come scrive Papiniano, suggerisce le conseguenze che possono derivare dalla relazione extra-coniugale e, cioè il parto di un figlio illegittimo. Da questi reati erano quindi escluse le concubine e, allo stesso modo, appartenevano alla categoria delle donne in quanto stuprum non committitur le schiave le donne di condizioni vile, quali meretrices, scenicae e Dominaecauponae, non che le stesse donne condannate per adulterio annoverate tra le femminaeprobosae. Alla progressiva separazione del reato di stupro da quello di adulterio contribuì la procedura di accusatio a cui, nel primo caso, erano ammesse anche persone estranee alla famiglia che avevano 5 anni di tempo per denunciare lo stupro. Nel secondo caso, adulterium, erano ammessi iure mariti velpatris solo parenti ed affini che avevano detto che dovevano denunciare il fatto entro 60 giorni. Per quanto riguarda le pene, in base alla letteratura consultata sembrerebbe che per il reato di adulterio fossero previste sanzioni non solo per l'adultero ma anche per la donna, che consistevano nella confisca di metà della dose e di un terzo dei beni e nella regolatio in insulam, oltre al la già menzionata coniugazione tra le cosiddette feminae probrosae le quali non potevano più contrarre matrimonio. Con tutta probabilità lo stupro ma era punito con le stesse pene previste per l'adulterio, anche se gli storici ritenevano che non vi fosse una pena personale in aggiunta a quella patrimoniale.

I reati finora realizzati riguardano i rapporti sessuali avvenuti consensualmente da cui era esclusa qualsiasi forma di costrizione. Differente dalle figure di stuprum e adulterium, contemplate nella Lex Iulia de adulteriiscoercendis, deve essere considerato lo stupro violento che, secondo quanto riportato in due brani del Digesto, rientrava invece nell'ambito normativo della Lex Iulia de vi publica. In tale contesto giuridico veniva punito extra ordinem, Probabilmente con la pena di morte in un luogo della tradizionale aqua et igniinterdictio, il colpevole di stupro violento perpetrato su chiunque senza alcuna distinzione riguardo al sesso al di là delle qualità della vittima né al fatto che il rapporto sessuale avvenisse o meno contro natura. Strettamente legato allo stupro, è il raptus ac stupra, era il delitto di ratto. Le leggi che caratterizzano il periodo storico successivo, anche a motivo dell'avvento del diritto canonico e delle influenze del diritto germanico, furono piuttosto severi nei riguardi dei diritti che offende vano il "pubblico buon costume". Prova ne è che durante il periodo medievale con il termine stuprum si indicava un rapporto sessuale illecito con donna vergine consenziente del quale erano colpevoli sia il soggetto attivo che quello passivo. In particolare il contenuto di questo delitto era punito dagli editti Longobardi con una multa in favore di chi avesse avuto l'autorità sulla donna mentre la donna, se schiava, veniva punita dal padrone, se invece libera, dai propri parenti, che potevano vendicarsi su di lei come meglio credevano. Dal punto di vista dell'adulterio, sia per le leggi longobarde che per il diritto canonico, colpevole del reato poteva essere tanto la moglie quanto il marito, diversamente quindi dall'antico concerto romano. I Longobardi consideravano Inoltre adulterio anche l'infedeltà della promessa sposa. Con il tempo le leggi divennero meno severe nei confronti di questo reato già Federico II commuta la pena di morte per l'adulterio nella confisca dei beni. Parimetri, molti Statuti ridussero la pena ad una sanzione pecuniaria, spesso molto lieve o ad una pena irrisoria, quale poteva essere l'obbligo, per i colpevoli, di correre nudi per la città sotto le sferzate. Continuando le excursus storico verso l'attuale sistema normativo, occorre prendere in esame la tipologia dei reati sessuali nell'ambito di codici preunitari. Già ad una prima analisi emerge che la scomparsa del reato di stupro semplice si completò definitivamente nel XIX secolo, anche tra i codici ottocenteschi lo troviamo ancora sanzionato dal Regolamento Pontificio" con l'opera pubblica di 3 anni, quando il reo o non doti, o non sposi l'ha stuprata", dal codice modenese per gli Stati Estensi "con la pena di 25 scudi d'oro il carcere o la relazione, è l'obbligo di sposare o dotare la donna", nonché dal codice toscano con la pena di carcere da tre mesi a due anni in caso di fanciulla infra-sedicenne. Il Codice Penale del 1888, Zanardelli, fu elaborato sulla base soprattutto del codice sardo-italiano del 1859 e di quello toscano del 1853. Come è stato anticipato, il reato di stupro semplice era già scomparso in molti dei codici preunitari e non trova alcun riferimento nel codice Zanardelli, che invece colloca quello violento nel titolo VIII del libro II, dedicato ai delitti contro il buon costume l'ordine delle famiglie. Tale collocazione sistematica rivela il peso di antichi retaggi culturali e morali, ancora una volta, la libertà e la dignità della persona venivano sacrificati in nome di categoria astratte come l'onore e il pudore soprattutto l'ordine della famiglia, nonostante il legislatore già si preoccupasse di non fondere il diritto con la morale. Dagli articoli 280, 281 e 282 del Codice Penale toscano del 1853 provenivano dunque le norme contro la violenza carnale contemplate nel codice Zanardelli. In particolare, perché se avesse stupro violento era richiesta la congiunzione carnale più o meno perfetta dei due sessi.

Nell'articolo 519 c.p. era previsto il reato di violenza carnale che fino ai codici preunitari era stato definito stupro violento. Lo stesso reato trova riscontro nel codice penale del 1889 agli articoli 331, 332 e prima ancora, in quello Toscano agli articoli 280, 281 e 283. Più in dettaglio, il primo comma dell'articolo 519 stabiliva che chiunque con violenza o minaccia, costringe taluno a congiunzione carnale, e punito con la reclusione da tre a dieci anni. Si è molto discusso in dottrina su cosa dovesse intendersi per congiunzione carnale nel quadro della fattispecie di congiunzione carnale violenta, abusiva e fraudolenta. Questi ultimi erano rappresentati dal fatto che la congiunzione stessa dovesse consistere nel unione di due corpi umani. Inoltre rilevato che è una congiunzione carnale avvenuta con il semplice dissenso del soggetto passivo non realizza il reato, per il quale la volontà della vittima, se pure non completamente annullata, doveva essere guardata mediante i requisiti, quali la violenza fisica o la minaccia, tale da limitare la libera determinazione. Sono di ausilio alcune sentenze della corte suprema delle quali si riportano di seguito integralmente le rispettive massime "in tema di violenza carnale, il giudice, nel valutare le risultanze di causa, non può escludere la sussistenza della coartazione tutte le volte in cui non ravvisi nel comportamento dell'agente la vis atrox, ma egli, invece, deve stabilire se la violenza o minaccia o siano state idonea vincere, in relazione alle circostanze concrete di fatto, la resistenza di chimica oggetto. Pertanto il giudice, medesimo, dovrà valutare non solo l'entità della coartazione e le modalità della stessa, ma anche le particolari con particolari condizioni soggettive della vittima". Ed ancora "ai fini della configurabilità del delitto di violenza carnale, è irrilevante che il rapporto sessuale non sia stato preceduto da percosse e minacce poiché la violenza è ravvisabile anche al di fuori dell'esistenza della vis atrox nel comportamento dell'agente". Il delitto di violenza carnale sussiste non solo quando vi sia stata una lotta strenua capace di lasciare segni sulla vittima, ma anche quando questa si sia concessa solo per porre termine ad una situazione per lei è angosciosa ed insopportabile, poiché tale tipo di consenso non è libero consenso, bensì consenso coatto, che ricade sotto la nozione di violenza di cui articolo 519 c.p.

2. L'articolo 609 bis: violenza sessuale 

L'articolo 3 della legge 66/96 inserisce, dopo l'articolo 609 Codice Penale il nuovo delitto di violenza sessuale, previsto dall'articolo 609 bis c.p. che risulta così formulato:

Articolo 609 bis violenza sessuale; chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali e punito con la reclusione da 5 a 10 anni. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
a. abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
b. traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito da altra persona.

Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi la previsione del reato di violenza sessuale, considerato da molti come architrave o fattispecie base dell'intera normativa, Elimina la tradizionale distinzione tra violenza carnale e atti di libidine violenti. Secondo il parere di molti giuristi, la suddetta unificazione rappresenta una diretta conseguenza dal trasferimento dei delitti sessuali del titolo IX al titolo XII. Infatti, entrambi I reati violano la libertà sessuale, è una volta inseriti nell'ambito della Libertà personale non ha più rilievo la diversa in modalità di essi, cosa che aveva invece un peso ben diverso allorché la libertà sessuale, nel l'impianto originario del codice era protetta solo nel quadro della più grande tutela della moralità pubblica e buon costume. (Cadoppi 1996-1999).

Per Beltrani (1996) Inoltre l'unificazione delle due fattispecie assume una rilevante significato dogmatico, inserendosi nella tendenza alla semplificazione della formulazione delle norme penali. Altri giuristi hanno invece accolto tale modifica in termini meno entusiasti. Pecoraro Albani 1997, ad esempio, considera l'accorpamento dei due reati una deliberata, irragionevole eliminazione della secolare diversità e distinzione tra il delitto di violenza carnale e quello di atti di libidine, riconosciuta tutti i codici penali europei.

Con l'unificazione dei delitti di violenza carnale di atti di libidine violenti, ed il venir meno della metà distinzione tra congiunzione carnale e atti di libidine e delle relative dispute dottrinali, Volte a tracciare un preciso confine tra le due diverse ipotesi, il legislatore ha dovuto anche, necessariamente, ridefinire il comportamento vietato. Ciò è stato fatto ricorrendo alla generica locuzione "atti sessuali" che la vittima è "costretta a compiere o subire". Non si rinvengono precedenti specifici dottrinali sulla nozione di "atti sessuali", così da rendere inevitabile il dibattito per stabilire cosa debba intendersi con la nuova categoria è introdotto dalla legge e, in particolare, per accertare se in essa possono essere automaticamente ricompresi la congiunzione carnale e gli atti di libidine violenta, oppure se la locuzione "atti sessuali" contenga in sé significati e contenuti diversi, eventualmente più ampi o viceversa ristretti rispetto all'ipotesi del passato Se da un lato non vi possono essere dubbi circa la natura sessuale dell'atto del congiungersi carnalmente con una persona, le incertezze esistono, invece, riguardo agli atti di libidine e, quindi al contenuto dell'articolo 521 c.p. abrogato. Si tratta, in sostanza, di stabilire la soglia minima, al di sotto della quale un atto non può più essere considerato come sessuale, di individuare cioè quali, tra i casi più lievi, possono rientrare o meno nelle ipotesi di violenza sessuale Viene sostenuto da Ambrosini 1997 che gli atti sessuali diversi della congiunzione carnale "devono essere valutati in relazione al contesto in cui vengono posti in essere", affermazione quest'ultima che sembra essere in linea con la recente concezione dottrinale secondo cui il bene tutelato nell'ambito dei delitti sessuali sarebbe rappresentato dal rapporto interpersonale libero e corretto nel campo sessuale, l'atto sessuale cioè assumerebbe la sua tipicità e rilevanza nell'ambito del rapporto tra due persone coinvolte nel fatto. A tale riguardo è interessante segnalare una recente sentenza della Cassazione la quale ha stabilito che, nella definizione di atto sessuale, "rientra ogni comportamento che, nell'ambito di un rapporto fisico interpersonale, sia manifestazione del l'intento di dare soddisfacimento all'istinto, collegato con i caratteri anatomico genitali dell'individuo." (Cassazione Penale sezione III sentenza del 11 novembre 1996, Rotella).

 

3. Il referto e la denuncia di reato.

Un primo importante obbligo che grava su ciascun esercente di una professione sanitaria, nei casi in cui è prevista la procedibilità d'ufficio di un reato, è quella della sua tempestiva segnalazione all'autorità giudiziaria. Tale obbligo (referto) espressamente previsto dall'articolo 334 c.p.p. è penalmente sanzionato, in caso di omissione, dell'articolo 365 c.p. nei seguenti termini "chiunque, avendo nell'esercizio di una professione sanitaria ha prestato la propria assistenza o d'opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto procedibile d'ufficio omette o ritarda di riferirne all'autorità indicata dall'articolo 361 c.p.p è punito". Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale. Lo stesso articolo 334 c.p.p. anche per esigenze di tipo investigativo, stabilisce relativamente al contenuto del referto che è necessario che siano indicate le generalità della persona, cui è stata prestata opera o assistenza, il luogo dove essa si trovava, ogni altro dato utile per identificare la parte offesa. In tal senso il referto rappresenta una "relazione tecnica di natura diagnostica e prognostica" circa le lesioni, le cause, i mezzi e le conseguenze che ne possono derivare, obbligatoria anche quando sussiste il solo sospetto di un delitto perseguibile d'ufficio in quanto compete esclusivamente al magistrato di indagare sul fatto e non al sanitario. Vi sono Tuttavia due circostanze in cui il non aver redatto il referto non costituisce reato:

1) se esso espone la persona assistita a procedimento penale;

2) in ragione alla necessità del sanitario di salvare se medesimo o un prossimo congiunto da un grave ed inevitabile nocumento alla libertà e all'onore.

Perché la prima evenienza sia giuridicamente una valida causa di giustificazione è necessario che tra il referto e la sottoposizione della persona a procedimento penale sussista un rapporto di causa ed effetto, nel senso che solo a seguito del referto del sanitario il procedimento penale verrebbe effettivamente aperto. Se il medico esercita una funzione pubblica a pubblico ufficiale oppure incaricato di pubblico servizio altresì l'obbligo di segnalare all'autorità giudiziaria, mediante denuncia qualunque reato perseguibile d'ufficio, qualora ne sia venuto a conoscenza nell'esercizio a causa della propria attività d'ufficio il contenuto della denuncia di reato Si differenzia Tuttavia da quello del referto in quanto, trattandosi di una segnalazione inerente a "ciò di cui si è avuto notizia" sarà caratterizzato non tanto da un giudizio tecnico quanto piuttosto dagli elementi essenziali del fatto.

4. Indagini medico-legali natura e complessità dell'indagine medico legale.

Indagine medico legale in materia di violenza sessuale si muove entro le coordinate ben definite della ricerca clinica e di laboratorio e, nonostante le importanti innovazioni apportate dalla legge 66/96, di fatto non ha subito sensibili trasformazioni rispetto a quanto gli obiettivi erano indicati dal contenuto degli articoli del codice Rocco. Questo perché compete comunque al magistrato indagare sulla fondatezza giuridica dell'evento e non al sanitario, che deve invece limitarsi a raccogliere e da documentare tutti gli elementi che ritiene utili dal

punto di vista diagnostico terapeutico, analogamente a quanto già faceva, in ottemperanza della normativa previgente. La verifica della sussistenza del reato di violenza sessuale di competenza del giudice, non rientra tra le diagnosi cliniche, mentre spetta al sanitario la ricerca e la documentazione dei segni e dei sintomi che mostrano che il/la paziente ha patito atti sessuali contro la propria volontà oppure in ragione del fatto che la/o steso era in condizioni di inferiorità psicofisica. L'intervento del sanitario può essere altresì rivolto a verificare se dall'aggressione sessuale sia derivato alla vittima un qualsiasi altro tipo di lesione personale.

 

Note

1. La violenza sessuale: aspetti giuridici e medico legali. Daniela Marchetti e Antonio Di Tillio, Giuffré Editore.
2. Art. 609 bis c.p.
3. Art. 334 c.p.p.
4. Art. 365 c.p.p.