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Pubbl. Lun, 6 Ago 2018
Sottoposto a PEER REVIEW

La fusione transfrontaliera di società di capitali

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Ilaria Mola


In attesa del recepimento della direttiva 2017-1132-UE, che consolida la disciplina sulle fusioni e traspone la direttiva 2005-56-CE in materia di cross-border merger, il contributo analizza l’attuale normativa italiana di settore.


Sommario: 1. Inquadramento giuridico della fattispecie; 2. La fusione transfrontaliera comunitaria nel d. lgs. n. 108/2008; 3. Il procedimento; 4. Effetti ed invalidità dell’operazione; 5. L’exit e la voice delle minoranze; 6. La tutela dei creditori sociali.

1. Inquadramento giuridico della fattispecie

Le operazioni di fusione transfrontaliera rispondono alla esigenza di mobilità delle iniziative economiche nel mercato globalizzato, consentendo al contempo la continuità dell’impresa. Attraverso la fusione transfrontaliera può quindi essere esercitata la libertà di stabilimento riconosciuta dall’art. 49 TFUE [i], di fatto selezionando l’ordinamento giuridico ritenuto più favorevole e, cioè, meno restrittivo per l’esercizio dell’impresa [ii].

Effetto della concentrazione giuridica derivante dalla fusione è senz’altro l’espansione dell’attività industriale, che può essere consolidata a livello internazionale anche mediante il raggiungimento di posizioni dominanti [iii], ovviamente nei limiti della disciplina antimonopolistica nazionale e comunitaria.

Ma la fusione è, soprattutto, tipico strumento di riorganizzazione delle imprese in crisi. Ai sensi degli artt. 124, comma 2, lett. c e 160 l. fall., la proposta di concordato fallimentare o preventivo può invero prevedere la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori attraverso qualsiasi forma, anche con una fusione, in questo caso definita concordataria [iv]. E proprio per favorire la scelta dell’operazione straordinaria nella gestione e superamento della crisi d’impresa, la pendente riforma delle procedure concorsuali (c.d. Riforma Rordorf) prevede che “in caso di operazioni di trasformazione, fusione o scissione poste in essere nel corso della procedura: 1) l’opposizione dei creditori possa essere proposta solo in sede di controllo giudiziale sulla legittimità della domanda concordataria; 2) gli effetti delle operazioni siano irreversibili, anche in caso di risoluzione o di annullamento del concordato, salvo il diritto al risarcimento dei soci o dei terzi danneggiati, ai sensi degli articoli 2500-bis e 2504-quater del codice civile; 3) non spetti ai soci il diritto di recesso in conseguenza di operazioni incidenti sull’organizzazione o sulla struttura finanziaria della società” (art. 6, comma 2, lett. c, l. n. 155/2017) [v].

Affinché possa effettuarsi una fusione transfrontaliera, il diritto societario interno di ciascuno Stato coinvolto deve, però, consentire la cross-border merger, altrimenti l’operazione sarebbe inammissibile o comunque inefficace [vi]. Con specifico riferimento agli aspetti regolatori, l’art. 25, comma 3, l. n. 218/1995 dispone infatti che i trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati, fissando “una regola ad hoc in tema di trasferimenti di sede e di fusioni internazionali, (…) precisamente stabilendo un requisito che tali vicende societarie devono comunque soddisfare per poter essere riconosciute come efficaci all’interno dell’ordinamento italiano” [vii].

Supponendo che tutti gli Stati coinvolti consentano l’operazione, nonostante l’armonizzazione del diritto societario possono nondimeno emergere profili problematici in relazione al processo decisionale, quando il diritto straniero ad esempio non richieda la stipula dell’atto di fusione (bastando il progetto approvato dall’assemblea, al contrario di quanto disposto dal codice civile italiano) oppure imponga un termine perentorio per la conclusione del procedimento (ma il TUB impone necessarie lungaggini per le fusioni tra banche, che devono essere autorizzate dall’autorità di vigilanza [viii]) o non preveda l’effetto dell’automatica successione nei contratti e nelle obbligazioni (com’è, invece, per la legislazione italiana) o preveda misure insufficienti per la tutela dei creditori sociali, dei dipendenti e dei soci dissenzienti (si pensi alle operazioni di merger leveraged buy-out [ix], caratterizzate dall’elevato rischio di conflitti di interesse o abusi, per le quali l’art. 2501 bis c.c. prescrive determinati obblighi di trasparenza [x], esclusi soltanto in caso di società target estera [xi]) [xii].

L’incompatibilità è risolvibile ricorrendo al diritto internazionale privato, non senza difficoltà operative determinate dalla difformità tra le regole di conflitto nazionali [xiii]. Tuttavia, un ‹‹vero›› conflitto di leggi andrà escluso quando rispetto ad uno stesso atto le leggi in concorso pongano requisiti diversi ma ‹‹omogenei››, e quindi ‹‹graduabili››, giacché in questo caso l’applicazione della legge più rigorosa dovrà ritenersi, sia pure indirettamente, soddisfare il disposto dell’altra legge: così, prevarrà la disposizione che richiede la forma solenne per l’atto di fusione (rispetto a quella che consente che lo stesso venga concluso in forma di scrittura privata) [xiv]. Si può pertanto concludere che, nell’ipotesi che il diritto straniero vieti espressamente la stipula di un atto di fusione, la fusione internazionale dovrebbe ritenersi inammissibile [xv].

Per facilitare le operazioni di fusione transfrontaliera tra società di capitali costituite in conformità delle legislazioni di Stati comunitari diversi, evitando pericolose elusioni delle normative interne più rigorose, è stata emanata la direttiva di armonizzazione 2005/56/CE (c.d. Decima direttiva in materia societaria) [xvi], notoriamente recepita in Italia con il d. lgs. n. 108/2008. In particolare, ai sensi dell’art. 4 della direttiva comunitaria citata poc’anzi, una società che partecipa ad una fusione transfrontaliera rispetta le disposizioni e le formalità della legislazione nazionale cui è soggetta”, se non è diversamente disposto [xvii].

È utile segnalare che, nel tentativo di costruire un vero diritto societario europeo, che assicuri tutele completamente uniformi in tutti gli Stati membri, è recentemente intervenuta la direttiva di consolidamento 2017/1132/UE del 14 giugno 2017 [xviii], che tra l’altro traspone negli artt. 118 – 134 la disciplina in materia di fusioni transfrontaliere di cui alla Decima direttiva.

2. La fusione transfrontaliera comunitaria nel d. lgs. n. 108/2008

In attuazione della direttiva 2005/56/CE sulle fusioni transfrontaliere tra società di capitali costituite in Stati membri diversi (adesso, come detto, confluita nella direttiva 2017/1132/UE), il d. lgs. n. 108/2008 ha previsto per le fusioni transfrontaliere comunitarie un procedimento speciale, in parte integrato dalle regole domestiche, applicabile alle fusioni tra una o più società costituite in conformità della legge italiana (…) e una o più società costituite in conformità della legge di altro Stato membro (…) dalle quali risultino una società italiana o di altro Stato membro [xix].

L’applicazione è estesa alle fusioni transfrontaliere alle quali partecipino o dalle quali risultino società diverse dalle società di capitali o società di capitali che non abbiano nella Comunità europea né la sede statutaria, né l’amministrazione centrale, né il centro di attività principale, purché l’applicazione della disciplina di recepimento della direttiva 2005/56/CE a tali fusioni transfrontaliere sia parimenti prevista dalla legge applicabile a ciascuna delle società di altro Stato membro partecipanti alla fusione medesima(art. 2, comma 2, del decreto).

Inoltre, le disposizioni del c.d. nucleo duro del testo normativo (ossia, l’art. 3, commi 1 e 3, e gli artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9, 18) si applicano anche oltre i casi prima enunciati (art. 2, comma 3, del decreto). Ed è certamente possibile l’applicazione in via analogica, con prevalenza delle norme del decreto su quelle straniere eventualmente diverse, quando lo Stato terzo (o lo Stato membro, con riferimento a società di capitali non beneficiarie della libertà di stabilimento) si è dotato di norme sulle fusioni transfrontaliere del tutto compatibili con le norme del Decreto che non rientrano nel (…) ‹‹nucleo duro›› (…) e la cui disapplicazione potrebbe dare origine ad una disparità di trattamento tra fattispecie simili di difficile giustificazione [xx].

Quanto alla disciplina, salvo sia diversamente disposto, la società italiana partecipante all’operazione intracomunitaria resta assoggettata alle disposizioni codicistiche in materia di fusioni [xxi] e, nel caso di conflitto con le norme applicabili alle società estere, prevale la legge che si applicherebbe secondo il diritto della società risultante (art. 4, commi 1 e 2, d. lgs. n. 108/2008).

Ad ogni modo, per espressa previsione dell’art. 3 del decreto legislativo, la fusione transfrontaliera non può essere attuata in elusione di divieti o vincoli derivanti dalla legislazione interna. Si pensi all’art. 2501, comma 2, c.c., che non consente la fusione alle società per azioni in liquidazione che abbiano già iniziato la distribuzione dell’attivo; anche se, ai sensi dell’art. 2487 ter c.c., la società può revocare in ogni momento, e quindi anche dopo l’inizio della distribuzione dell’attivo, lo stato di liquidazione, previa eliminazione della causa di scioglimento e con deliberazione dell’assemblea alle maggioranze richieste per le modificazioni dell’atto costitutivo e dello statuto, nel rispetto dell’art. 2436 c.c. e salva l’opposizione dei creditori entro sessanta giorni dall’iscrizione della delibera nel registro delle imprese [xxii].

3. Il procedimento

Punto di partenza è la redazione del progetto di fusione ex art. 2501 ter, comma 1, c.c. che, nel caso di fusione transfrontaliera, deve essere integrato con l’indicazione di elementi ulteriori, quali: forma, denominazione e sede statutaria della società costituita per effetto della fusione; legge regolatrice della società risultante e di ciascuna delle società coinvolte; modalità di partecipazione agli utili; eventuali vantaggi a favore degli esperti che esaminano il progetto e dei membri degli organi di controllo delle società partecipanti all’operazione; informazioni sulle eventuali procedure di coinvolgimento dei lavoratori e sulle probabili ripercussioni della fusione sull’occupazione; criteri di valutazione degli elementi patrimoniali attivi e passivi trasferiti alla società incorporante; data di riferimento della situazione patrimoniale di ciascuna società; altre informazioni richieste dalla legge applicabile; data di efficacia dell’operazione o criteri per determinarla (art. 6 d. lgs. n. 108/2008).

Occorre osservare a tal proposito che nella direttiva del 2017 si precisa che, “se la fusione non deve essere approvata dalle assemblee generali di tutte le società partecipanti alla fusione, il progetto di fusione deve farsi per atto pubblico” e “il notaio o l’autorità competente a redigere l’atto pubblico verificano e certificano l’esistenza e la legittimità degli atti e delle formalità che devono essere compiuti dalla società per la quale esplicano la propria funzione di notaio o autorità competente, nonché del progetto di fusione(art. 102, commi 1 e 2, della direttiva 2017/1132/UE).

Ai sensi degli artt. 2501 ter, comma 3, c.c. e 7 del decreto, almeno trenta giorni prima della data fissata per l’assemblea generale di approvazione il progetto comune di fusione così redatto è depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede le società partecipanti (o, in alternativa, è pubblicato nel sito internet) e, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, indicando per ogni società: tipo, denominazione e sede statutaria; legge regolatrice; registro delle imprese e numero di iscrizione; modalità di esercizio dei diritti di creditori e soci di minoranza; modalità per ottenere gratuitamente dalla società tali informazioni.

Come chiarito dal Consiglio Notarile di Milano, il termine di trenta giorni per la pubblicazione dell’avviso di fusione transfrontaliera in Gazzetta Ufficiale è derogabile con il consenso di tutti i creditori anteriori e la pubblicazione delle informazioni può senz’altro anticipare la redazione definitiva del progetto di fusione [xxiii].

Il progetto comune di fusione deve poi essere approvato dall’assemblea generale di ciascuna delle società interessate, con le maggioranze previste dall’art. 2502 c.c. Ai sensi del comma 2 di tale articolo, espressamente richiamato dall’art. 10 d. lgs. n. 108/2008, con la decisione di fusione l’assemblea può correggere il progetto, purché le modifiche non incidano sui diritti dei soci o dei terzi.

Sul punto, il Consiglio Notarile di Milano ha precisato che “se è straniera la società risultante da una fusione transfrontaliera a cui partecipa una s.p.a. con capitale suddiviso in diverse categorie di azioni, la delibera dell’assemblea generale di approvazione del progetto comune di fusione deve essere approvata dall’assemblea speciale degli appartenenti alla o alle categorie interessate ove dalla fusione derivi a questi ultimi un pregiudizio che – per il combinato disposto degli artt. 2376 c.c. e 6 d. lgs. 108/2008 – deve essere diverso dal mero assoggettamento ad altra legge dei diritti di categoria riconosciuti dalla società risultante” [xxiv].

L’art. 11 d. lgs. n. 108/2008 dispone che, una volta approvata l’operazione, a richiesta di ciascuna società partecipante il notaio (o l’autorità competente) rilascia il certificato preliminare alla fusione, attestante il regolare e legittimo adempimento di tutte le formalità necessarie e l’inesistenza di impedimenti alla realizzazione della fusione transfrontaliera. Entro sei mesi dal rilascio, il certificato e il progetto di fusione devono essere trasmessi all’organo di cui all’art. 13, cioè il notaio se la società risultante dalla fusione è italiana o altrimenti l’autorità competente.

Una volta assolte tutte le formalità necessarie, l’ordinamento italiano richiede che la fusione transfrontaliera sia effettuata con atto pubblico che, se l’incorporante o risultante è italiana, deve essere depositato (unitamente ai certificati preliminari e all’attestazione di legittimità rilasciata dall’organo di controllo ex art. 13) per l’iscrizione nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede le società italiane partecipanti e la società italiana risultante, entro trenta giorni dalla data del certificato definitivo (art. 12, commi 1 e 2, d. lgs. n. 108/2008 e art. 2504 c.c.).

Nell’ipotesi che la società incorporante o risultante sia estera, l’atto di fusione è redatto dall’autorità competente per il controllo e depositato in copia presso un notaio italiano per l’iscrizione nel registro delle imprese ex art. 14, comma 2, del decreto. E anche qualora il diritto straniero applicabile all’incorporante o risultante estera non preveda alcun atto di fusione, ai fini del perfezionamento dell’operazione l’atto deve comunque essere redatto da un notaio italiano (art. 12, comma 3, d. lgs. n. 108/2008).

In effetti, come precisato dal Consiglio Notarile di Milano, “la fusione per incorporazione in una società soggetta a legge diversa da quella italiana, ancorché soggetta alla legge di uno Stato non membro dell’Unione europea, la quale non richieda l’atto di fusione, si perfeziona e ha effetti per l’ordinamento italiano solo in forza di un atto di fusione avente i requisiti di cui agli artt. 2504 c.c. e 12 d. lgs. n. 108/2008” [xxv]. L’orientamento appare preferibile rispetto alla diversa impostazione espressa, in merito a una fusione extracomunitaria, dal Consiglio Nazionale del Notariato, secondo cui invece “non occorre la redazione di un apposito atto di fusione in forma pubblica, in quanto la fusione diviene efficace ed è resa pubblica attraverso la compilazione del certificate of incorporation da parte del Secretary of State[xxvi].

Peraltro, sotto questo profilo, si fa presente che l’art. 102, comma 1, della direttiva del 2017 stabilisce che “se la legislazione di uno Stato membro non prevede per le fusioni un controllo preventivo di legittimità, giudiziario o amministrativo, ovvero se tale controllo non verte su tutti gli atti necessari alla fusione, i verbali delle assemblee generali che deliberano la fusione e, se del caso, il contratto di fusione posteriore alle assemblee generali devono farsi per atto pubblico”.

4. Effetti ed invalidità dell’operazione

La fusione transfrontaliera è definita dall’art. 2, par. 2, della direttiva comunitaria del 2005 come l’operazione mediante la quale: a) una o più società trasferiscono, a causa e all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del loro patrimonio attivo e passivo ad altra società preesistente – la società incorporante – mediante l’assegnazione ai loro soci di titoli o quote rappresentativi del capitale sociale della società incorporante ed eventualmente di un conguaglio in contanti non superiore al 10% del valore nominale di tali titoli o di tali quote o, in mancanza di valore nominale, della loro parità contabile; o b) due o più società trasferiscono, all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del loro patrimonio attivo e passivo ad una società da loro costituita – la nuova società – mediante l’assegnazione ai propri soci di titoli o quote rappresentativi del capitale sociale della nuova società ed eventualmente di un conguaglio in contanti non superiore al 10% del valore nominale di tali titoli o quote o, in mancanza di valore nominale, della loro parità contabile; o c) una società trasferisce, a causa e all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del proprio patrimonio attivo e passivo alla società che detiene la totalità delle quote o dei titoli rappresentativi del suo capitale sociale”.

Dunque, la fusione transfrontaliera (per incorporazione e in senso stretto) comporta, dalla data stabilita dalla legislazione di ciascuno degli Stati membri interessati (ma comunque posteriore all’esecuzione dei controlli di cui all’art. 11), che: a) l’intero patrimonio attivo e passivo della società incorporata è trasferito all’incorporante; b) i soci della società assorbita diventano soci dell’incorporante; c) la società incorporata si estingue (art. 14, par. 1 e 2, della direttiva del 2005 e attuali artt. 129 e 131 della direttiva del 2017).

Quanto agli effetti, l’art. 17 d. lgs. n. 108/2008 richiama la disciplina domestica: così come previsto dall’art. 2504 bis, comma 1, c.c., in seguito all’operazione si verifica la continuazione di tutti i rapporti (anche processuali) anteriori alla fusione, per cui la società risultante o l’incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti [xxvii].

Sul piano strettamente processuale, ciò significa che le notifiche effettuate nei confronti della incorporata sono valide [xxviii], non si verifica l’interruzione del processo ex art. 300 c.p.c. [xxix] e l’incorporante può impugnare un’eventuale sentenza di primo grado emessa nei confronti della società incorporata [xxx].

Ai sensi dell’art. 2504 bis, comma 2, c.c., la fusione ha effetto a partire dall’iscrizione dell’ultimo atto di fusione nell’ufficio del registro delle imprese a norma dell’art. 2504 c.c., ma una data successiva può essere stabilita per la decorrenza degli effetti della fusione per incorporazione.

Una volta eseguita l’iscrizione dell’ultimo atto di fusione nel registro delle imprese, l’invalidità dell’atto non può più essere pronunciata ed il socio o il terzo potranno soltanto invocare la tutela obbligatoria ex art. 2504 quater, comma 2, c.c., provando di aver subito un danno attuale e non soltanto potenziale [xxxi].

5. L’exit e la voice delle minoranze

Nell’ipotesi di fusione con incorporante o risultante estera, i soci che non hanno consentito all’operazione possono esercitare il loro diritto di exit, secondo le regole codicistiche applicabili alla società di appartenenza (art. 5 d. lgs. n. 108/2008).

Con riguardo alle società per azioni, vale la pena ricordare che hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle azioni possedute, i soci che non abbiano concorso alle deliberazioni riguardanti tra l’altro il trasferimento della sede sociale all’estero (art. 2437, comma 1, lett. c, c.c.), le quali possono comportare un cambiamento nelle condizioni di rischio dell’investimento.

Nelle società a responsabilità limitata, l’art. 2473 c.c. espressamente riconosce il diritto di recesso ai soci che non abbiano consentito alla fusione della società o al trasferimento della sede all’estero o, in generale, al compimento di operazioni che modifichino in maniera rilevante i diritti attribuiti ai soci.

Ai sensi dell’art. 2437 bis c.c., il diritto di recesso è esercitato a mezzo lettera raccomandata entro quindici giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese della delibera che lo legittima, ovvero entro trenta giorni dalla conoscenza da parte del socio del fatto diverso da una deliberazione [xxxii].

Alla liquidazione delle azioni e al rimborso delle partecipazioni per le quali il socio esercita il recesso si applicano, rispettivamente, gli artt. 2437 ss. c.c. e l’art. 2473, commi 3 e 4, c.c.

L’art. 2503 bis, comma 1, c.c. prevede poi che gli obbligazionisti e i possessori di strumenti finanziari partecipativi delle società interessate possono presentare opposizione ex art. 2503 c.c., salvo che l’operazione sia stata approvata dall’assemblea speciale degli appartenenti alla categoria.

Inoltre, il comma 2 dell’art. 2503 bis c.c. specifica che ai possessori di obbligazioni convertibili deve essere data facoltà, mediante avviso in Gazzetta Ufficiale almeno novanta giorni prima dell’iscrizione del progetto di fusione nel registro delle imprese, di esercitare il diritto di conversione entro trenta giorni dalla pubblicazione del predetto avviso. Ai sensi dell’ultimo comma della disposizione, ai possessori di obbligazioni convertibili che non abbiano esercitato tale facoltà devono essere assicurati diritti equivalenti a quelli loro spettanti prima della fusione, salvo che detta modifica sia stata approvata dall’assemblea degli obbligazionisti.

6. La tutela dei creditori sociali

In assenza di disposizioni specifiche a protezione dei creditori delle società coinvolte nell’operazione di fusione transfrontaliera, si applica la disciplina dell’opposizione prevista dall’art. 2503 c.c.

Ai sensi dell’articolo appena menzionato, la fusione può essere attuata solo dopo sessanta giorni dall’iscrizione dell’ultima decisione di fusione; il termine è ridotto a trenta giorni per la fusione tra società non azionarie. Entro questo termine, i creditori anteriori all’iscrizione o alla pubblicazione del progetto di fusione possono depositare opposizione, che può essere motivata anche soltanto sulla base del mutamento della lex societatis della società debitrice [xxxiii], senza alcuna particolare formalità e mediante semplice dichiarazione alla società debitrice [xxxiv].

L’opposizione è finalizzata ad accertare l’insufficienza del patrimonio della società risultante dalla fusione o incorporante, con diminuzione della garanzia patrimoniale e conseguente pregiudizio per i creditori, soprattutto se – come di frequente accade – sono coinvolte società in difficoltà finanziarie.

Per effetto dell’opposizione, volta ad invalidare l’operazione sulla base di un serio timore di concreto pregiudizio a proprie ragioni creditorie [xxxv], il procedimento di fusione è dunque sospeso fino alla decisione del tribunale sulla sussistenza o meno del pregiudizio lamentato. Ai sensi dell’art. 2445, ult. co., c.c. (in tema di riduzione del capitale sociale, ma espressamente richiamato dall’art. 2503 c.c.), il tribunale può tuttavia disporre che l’operazione sia attuata nonostante l’opposizione, qualora si escluda il pericolo di pregiudizio oppure qualora la società produca idonea garanzia patrimoniale.

Per esigenze di celerità dell’operazione, poi, la fusione può essere anticipata e quindi eseguita immediatamente, senza attendere la decorrenza dei sessanta giorni per l’opposizione, se vi consentono tutti i creditori che avrebbero facoltà di opposizione, si procede al pagamento dei creditori non consenzienti e le somme corrispondenti sono depositate presso una banca [xxxvi]; oppure, in alternativa, se la relazione degli esperti, per tutte le società interessate, è affidata ad un’unica società di revisione che asseveri la solidità della situazione patrimoniale e finanziaria delle società partecipanti [xxxvii] (art. 2503, comma 1, c.c.).

Si tenga presente che il notaio può ricevere e stipulare l’atto di fusione anticipata a condizione che gli organi amministrativi dichiarino, sotto la propria responsabilità, che non esistono creditori legittimati ad opporsi [xxxviii]. Invero, l’iscrizione anticipata dell’atto di fusione in violazione delle regole a tutela dei creditori comporterebbe l’inefficacia erga omnes dell’operazione [xxxix] e per di più, ai sensi dell’art. 2629 c.c., gli amministratori che hanno effettuato l’operazione pregiudizievole sarebbero penalmente responsabili per il danno cagionato ai creditori [xl].

Per concludere, va precisato che qualora la società incorporante o risultante dalla fusione sia una società di capitali i soci non sono in ogni caso liberati dall’eventuale responsabilità illimitata per le obbligazioni delle rispettive società partecipanti alla fusione sorte prima dell’ultima iscrizione, salvo il consenso dei creditori, che si presume come dato se non espressamente negato entro i sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione della delibera di fusione (artt. 2504 bis, comma 5, e 2500 quinquies, comma 2, c.c.) [xli].

 

Note e riferimenti bibliografici

[i] Così, CdG UE, 13/12/2005, Sevic Systems, (C-411/2003), in Giur. comm., 2, 2006, p. 417, con nota di F.M. Mucciarelli, Fusioni transfrontaliere e libertà di stabilimento delle società nell’Unione Europea: il caso “Sevic”. In argomento, P. Kindler, Le fusioni nel diritto tedesco: la sentenza Sevic della Corte di Giustizia e l’attuazione della direttiva 2005/56/CE in Germania, in Banca, borsa e tit. cred., 4, 2006, p. 479 ss. Altresì, la più recente CdG UE, 8/3/2017, Euro Park Service, (C-14/2016).
[ii] Sulla libertà di stabilimento, si rinvia ai ben noti casi Centros (CdG UE, 9/3/1999, C-212/1997), Überseering (CdG UE, 5/11/2002, C-208/2000), Inspire Art (CdG UE, 30/9/2003, C-167/2001). Per la dottrina, G.B. Portale, La riforma delle società di capitali tra diritto comunitario e diritto internazionale privato, in Eur. dir. priv., 2005, p. 125 ss.; S. Lombardo, La libertà di stabilimento delle società dopo il caso Überseering: tra armonizzazione e concorrenza fra ordinamenti, in Banca, borsa, tit. cred., 4, 2003, p. 456 ss.; F.M. Mucciarelli, Società di capitali, trasferimento all’estero della sede sociale e arbitraggi normativi, Milano, 2010, 1 ss. e 91 ss.; M.V. Benedettelli, Libertà comunitarie di circolazione e diritto internazionale privato delle società, in Riv. dir. int. priv. proc., 2001, p. 578 ss.; Id., “Mercato” comunitario delle regole e riforma del diritto societario italiano, in Riv. soc., 4, 2003, p. 701 ss.; T. Ballarino, Sulla mobilità delle società nella Comunità europea. Da Daily Mail a Überseering: norme imperative, norme di conflitto e libertà comunitarie, in Riv. soc., 2003, p. 669 ss.; infine, Aa. Vv., La concorrenza tra ordinamenti giuridici, a cura di A. Zoppini, Bari, 2004.
[iii] La fusione transfrontaliera risponde appunto alla "necessità di cooperazione e raggruppamento" tra le imprese societarie secondo G.A. Rescio, Dalla libertà di stabilimento alla libertà di concentrazione: riflessioni sulla direttiva 2005/56/CE in materia di fusione transfrontaliera, in Riv. dir. soc., 2007, p. 41.
[iv] Oppure attraverso una delle altre operazioni straordinarie (quali trasformazione, scissione, conferimento e cessione d’azienda), che comunque, per comprensibili ragioni di tutela dei creditori sociali, potrà essere attuata soltanto dopo l’omologazione del concordato. Come precisato da Cons. Not. riuniti Firenze, Pistoia e Prato, massima n. 50, una volta omologato il concordato il procedimento è di competenza esclusiva dell’organo amministrativo, che opera sotto la vigilanza del commissario giudiziale, anche qualora sia nominato un liquidatore del patrimonio sociale.
[v] Legge 19/10/2017, n. 155, Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in GU Serie Generale n. 254 del 30/10/2017.
[vi] Nel già citato caso Sevic, ad esempio, l’incorporazione di una società per azioni lussemburghese in una società per azioni tedesca era stata ritenuta inammissibile, perché non disciplinata dal diritto societario tedesco.
[vii] M.V. Benedettelli, La legge regolatrice delle persone giuridiche dopo la riforma del diritto internazionale privato, in Riv. soc., 1997, p. 96.
[viii] Le disposizioni del TUB non sono derogabili, ai sensi dell’art. 4, comma 5, d. lgs. n. 108/2008.
[ix] O fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, attraverso la quale una delle società coinvolte, per ottenere il controllo di una società target, costituisce una società azionaria ad hoc all’unico fine di contrarre debiti con una banca, che saranno poi rimborsati con gli utili della società incorporata, il cui patrimonio funge in altri termini da garanzia per il finanziamento.
[x] Le operazioni non rispettose degli obblighi informativi sarebbero censurabili ex art. 2358 c.c. secondo P. Montalenti, Il leveraged buy-out nel nuovo diritto penale commerciale e nella riforma del diritto societario, in Giur. comm., 1, 2004, p. 799 ss.; contra, però, M.S. Spolidoro, Fusioni pericolose (Merger leveraged buy out), in Riv. soc., 2-3, 2004, p. 251 ss. Sui vizi dell’operazione, anche A. Vicari, L’assistenza finanziaria per l’acquisto del controllo di società di capitali, Milano, 2006, p. 129 ss. Nell’esperienza pratica, Trib. Milano, 27/11/2008; Trib. Milano, 9/10/2002; Trib. Milano, 25/1/2001; Trib. Milano, 13/5/1999.
[xi] Ai sensi dell’art. 4, comma 3, d. lgs. n. 108/2008. Per Cons. Not. Milano, massima n. 111, infatti, “nella fusione con indebitamento l’art. 2501 bis c.c. deve essere osservato da tutte le società, di diritto sia italiano sia straniero, partecipanti ad una fusione transfrontaliera se è italiana la società il cui controllo è stato acquisito con indebitamento", mentre "se è straniera la società il cui controllo è stato acquisito con indebitamento, il notaio deve verificare che la normativa applicabile in base all’ordinamento cui tale società è soggetta venga rispettata nel procedimento seguito dalla società italiana partecipante alla fusione in relazione alle eventuali previsioni da tale normativa direttamente indirizzate a tutte le società, e ai rispettivi organi, coinvolte nella fusione con indebitamento”.
[xii] Sulle problematiche di difformità tra le varie legislazioni, ampiamente, M.V. Benedettelli, Le fusioni transfrontaliere, in Aa. Vv., Il nuovo diritto delle società. Liber Amicorum Campobasso, a cura di P. Abbadessa e G.B. Portale, Torino, 2007, vol. IV, p. 367 ss.
[xiii] In proposito, T. Ballarino, Problemi di diritto internazionale privato dopo la riforma, in Aa. Vv., Il nuovo diritto delle società, cit., p. 147 ss. e P. Marchetti, Le fusioni transfrontaliere del gruppo Fiat-Chrysler, in Riv. soc., 2, 2014, p. 1124 ss.
[xiv] Ancora una volta, M.V. Benedettelli, Le fusioni transfrontaliere, cit., p. 372 ss.
[xv] Così, M.V. Benedettelli, Profili di diritto internazionale privato ed europeo delle società, in Riv. dir. soc., 1, 2015, p. 35 ss.
[xvi] Per un commento, di nuovo, G.A. Rescio, Dalla libertà di stabilimento alla libertà di concentrazione, cit., p. 41 ss., nonché A. Carducci Artenisio, Dall’armonizzazione minimale alla denazionalizzazione: la direttiva 2005/56/CE in materia di fusioni transfrontaliere, in Giur. comm., 6, 2008, p. 1194 ss.
[xvii] Recita il Considerando 3: “per facilitare le operazioni di fusione transfrontaliera, è opportuno prevedere che, se la presente direttiva non dispone altrimenti, ogni società partecipante ad una fusione transfrontaliera ed ogni terzo interessato restino soggetti alle disposizioni e alle formalità della legislazione nazionale che sarebbe applicabile in caso di fusione nazionale”.
[xviii] Pubblicata in GU Unione Europea del 30/6/2017 e in vigore dal 20/7/2017.
[xix] Così, P. Bertoli, Le fusioni transfrontaliere alla luce del recepimento italiano della decima direttiva societaria, in Riv. dir. int., 2010, p. 39 ss.
[xx] M.V. Benedettelli – G.A. Rescio, Il Decreto Legislativo n. 108/2008 sulle fusioni transfrontaliere (alla luce dello Schema di legge di recepimento della Decima Direttiva elaborato per conto del Consiglio Nazionale del Notariato e delle massime del Consiglio Notarile di Milano), in Riv. dir. soc., 2009, p. 745.
[xxi] L’ordinamento italiano disciplina il procedimento di fusione tra società azionarie agli artt. 2501 – 2505 ter c.c., applicabili alle operazioni che coinvolgono almeno una società per azioni e, per espressa previsione dell’art. 2545 novies, comma 2, c.c., alle cooperative. Regole speciali sono previste per le operazioni (semplificate, in quanto non assoggettate a vincoli comunitari) tra società non azionarie (art. 2505 quater c.c.), applicabili anche alle società cooperative a responsabilità limitata (art. 2519, comma 2, c.c.), nonché per le fusioni tra banche (artt. 31, 36 e 57 TUB), tra imprese di assicurazione (art. 1902 c.c., artt. 201 e 202 c. ass.), tra SICAV (art. 49 TUF) e tra società di gestione del risparmio (art. 34, comma 4, TUF).
[xxii] Sul punto, M.S. Spolidoro, Fusione di società in liquidazione, in A. Serra – M.S. Spolidoro, Fusioni e scissioni di società (Commento al d. lgs. 16 gennaio 1991, n. 22), Torino, 1994, p. 17 ss.; C. Santagata, Le fusioni, in Aa. Vv., Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, Torino, 2004, vol. VII, p. 31 ss.; R. Santagata, Le fusioni, in AA. VV., Diritto commerciale, a cura di M. Cian, Torino, 2017, vol. III, p. 867; ma si veda anche P. Marchetti, Appunti sulla nuova disciplina delle fusioni, in Riv. not., 1991, p. 19. Volendo approfondire ulteriormente, A. Paciello, Scioglimento della società per azioni e revoca della liquidazione, Napoli, 1999, p. 59; C. Santagata, Lineamenti generali dell’istituto della fusione: natura giuridica e procedimento, in Aa. Vv., Fusioni e scissioni di società.  Profili civili e fiscali, Milano, 1993, p. 211; G. Romano Pavoni, Le deliberazioni delle assemblee delle società, Milano, 1951, p. 76. In giurisprudenza, tra le tante, Trib. Milano, 22/9/1995.
[xxiii] Cons. Not. Milano, massima n. 109.
[xxiv] Cons. Not. Milano, massima n. 110.
[xxv] Cons. Not. Milano, massima n. 140.
[xxvi] Cons. Naz. Not., quesito d’impresa n. 266/2012/I del 17/12/2012, concernente l’incorporazione di una società italiana in una società del Delaware.
[xxvii] È ormai da ritenersi superata la tradizionale configurazione della fusione in termini di successione universale tra persone giuridiche: ex plurimis, Trib. Napoli, 3/6/1994. Tuttavia, questo non vale per le fusioni anteriori all’entrata in vigore della normativa: Cass., 11/4/2014, n. 8600; Cass., Sez. Un., 14/9/2010, n. 19509; Cass., Sez. Un., 17/9/2010, n. 19698; Cass., 10/12/2008, n. 28969; Cass., Sez. Un., 28/12/2007, n. 27183; Cass., 22/8/2007, n. 17855.
[xxviii] Cass., 11/7/2011, n. 15180; Cass., 14/10/2010, n. 21253.
[xxix] Cass., Sez. Un., 17/9/2010, n. 19698 e Cass., 3/5/2010, n. 10653.
[xxx] Cass., 11/12/2013, n. 27762.
[xxxi] Si vedano Cass., 21/7/2016, n. 15025; Cass., n. 26020/2011; Cass., n. 11967/2010; Trib. Prato, 4/5/2011; Trib. Milano, 8/9/2003. In dottrina, A. Genovese, La tutela risarcitoria dell’azionista pregiudicato dalla fusione, in Riv. dir. soc., 2007, p. 63 ss.; Id., L’invalidità dell’atto di fusione, Torino, 1997, p. 147, 161 e 204 ss.; P. Beltrami, La responsabilità per danni da fusione, Torino, 2009, p. 21; R. Santagata, Le fusioni, cit. p. 881; C. Santagata, Le fusioni, cit., p. 508 ss., 607, 614 ss. e 638 ss. 
[xxxii] Devono essere ovviamente indicate le generalità del recedente, il domicilio per le comunicazioni, il numero e la categoria delle azioni per le quali si recede (art. 2437 bis, comma 1, c.c.). Le azioni per le quali il diritto di recesso è esercitato non possono essere cedute e devono essere depositate presso la sede sociale (art. 2437 bis, comma 2, c.c.).
[xxxiii] Secondo F.M. Mucciarelli, Società di capitali, trasferimento all’estero della sede sociale e arbitraggi normativi, Milano, 2010, p. 192. Contra, Trib. Milano, 19/8/2015.
[xxxiv] Esclude che l’opposizione debba presentarsi in forma giudiziale R. Oriani, L’opposizione dei creditori della società alla fusione nel quadro dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, Milano, 2011, p. 35 ss. e l’opinione risulta condivisa da Trib. Milano, 10/3/2005. In senso opposto, G. Mucciarone, L’opposizione alla fusione di società. Interesse sociale, ragioni dei creditori, sana e prudente gestione della banca, Milano, 2014, p. 152 ss. e, in giurisprudenza, Trib. Milano, 14/11/2011 e Trib. Roma, 18/12/2008.
[xxxv] Trib. Milano, 26/10/2016, n. 11747.
[xxxvi] Si rinvia, per approfondimenti, a G. Mucciarone, L’opposizione alla fusione, cit., p. 189 ss. Sul deposito delle somme in caso di fusione anticipata, Cons. Not. Milano, massima n. 57.
[xxxvii] La natura di garanzia dell’asseverazione della società di revisione è, però, negata da C. Santagata, Le fusioni, cit., p. 501 ss. e 678. Sul punto, Cons. Not. Milano, massima n. 60.
[xxxviii] Cons. Not. Reg. Campania, massima n. 10.
[xxxix] Cass., 5/3/1976, n. 726 e Cass., 16/3/1993, n. 3121; Trib. Velletri, 10/8/1994. Nello stesso senso, anche Trib. Brindisi, 17/7/1998, che però ritiene l’atto di fusione valido ed efficace nei confronti dei creditori opponenti.
[xl] Il reato, procedibile a querela, è estinto se il danno è risarcito prima del giudizio.
[xli] C. Santagata, Le fusioni, cit. p. 516 ss.