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Pubbl. Lun, 16 Feb 2015

Riforma costituzionale: ecco cosa cambia.

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Eva Aurilia


La Riforma Costituzionale ha superato positivamente la seconda lettura alla Camera. Per l´ok definitivo si attendono i primi di marzo. Qui le novità più significative.


La Camera dei Deputati ha concluso la scorsa notte l´esame del DDL n. 1429, presentato dall´attuale Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, e dal Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi.

La "maratona notturna" ha visto protagonisti numerosi emendamenti che cambierebbero, qualora divenissero definitivi, il volto della Carta Costituzionale. Tra l´assenza di alcuni e l´indignazione dei molti si è, comunque, giunti al voto favorevole della Camera dei Deputati sulla seconda lettura della riforma Costituzionale.

Il Governo sottopone all’esame del Parlamento il presente disegno di legge costituzionale, nell’auspicio che l’architettura istituzionale in esso delineata possa consentire al Paese di superare definitivamente i principali ostacoli che hanno sinora impedito il pieno dispiegarsi delle sue straordinarie potenzialità”, così nella relazione che accompagna il disegno di legge e che esplica le ragioni della riforma.

Vediamo le principali novità.

FINE DEL BICAMERALISMO PERFETTO.
Quella che per lungo tempo è stata considerata una  delle maggiori garanzie poste a presidio dell´ iter che conduce all´adozione delle Leggi nel nostro Paese, e che vede Camera e Senato deputate a concedere e revocare la fiducia al Governo, in linea con la scelta di parità di poteri e funzioni, cessa di esistere. Certamente, troppo spesso, il bicameralismo ha determinato un "appesantimento" dell´iter decisionale del Parlamento e troppe volte ha occasionato ostruzionismi da parte dei gruppi che, in quanto sostenitori di interessi sezionali, miravano ad ottenere modifiche a proprio vantaggio.                                     

Il Parlamento sarà composto dalla Camera dei Deputati e dal Senato delle Autonomie. Per la prima le previsioni costituzionali restano invariate ed infatti il nuovo art. 55 Cost. dispone che essa sarà "titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo". Laddove, invece, il Senato delle Autonomie "rappresenta le istituzioni territoriali. Concorre, secondo modalità stabilite dalla Costituzione, alla funzione legislativa ed esercita la funzione di raccordo tra lo Stato e le Regioni, le Città metropolitane e i Comuni".
La scelta operata dal disegno di legge è quella di superare l’attuale bicameralismo paritario, che non ha eguali nel panorama internazionale, mediante la definizione di un nuovo assetto bicamerale differenziato

RIDUZIONE NUMERO SENATORI.
Il "nuovo" Senato sarà composto da 100 membri a fronte dei 315 attuali. Se questo può significare riduzione dei costi della politica, il risvolto della medaglia ci lascia "scoprire" che non saranno più gli Italiani ad eleggere il Senato, almeno non in maniera diretta. Così dispone, infatti, il nuovo articolo 57 Cost.: "Il Senato delle Autonomie è composto dai Presidenti delle Giunte regionali, dai Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano, dai sindaci dei Co-muni capoluogo di Regione e di Provincia autonoma, nonché, per ciascuna Regione, da due membri eletti, con voto limitato, dal Consiglio regionale tra i propri componenti e da due sindaci eletti, con voto limi-tato, da un collegio elettorale costituito dai sindaci della Regione. La durata del mandato dei  senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali nelle quali sono stati eletti".

Come evidenziato nella stessa relazione al disegno di legge, si tratta di una “elezione che, inevitabilmente, potrebbe trascinare con sé il rischio che i senatori si facciano portatori di istanze legate più alle forze politiche che alle istituzioni di appartenenza, ovvero di esigenze particolari circoscritte esclusivamente al proprio territorio, e che la loro legittimazione diretta da parte dei cittadini possa, inoltre, indurli a voler incidere anche sulle scelte di indirizzo politico che coinvolgono il rapporto fiduciario, riservate in via esclusiva alla Camera dei Deputati, in tal modo contraddicendo le linee portanti cui è ispirato il disegno di riforma”.

DEMOCREZIA DIRETTA E REFERENDUM.
In luogo delle 50.000 firme richieste ai fini delle "proposte legislative popolari", ne occorreranno ora 150.000. Si prevede invece l´introduzione del referendum popolare propositivo.

SOPPRESSIONE CNEL.
Viene proposta l´abolizione dell´art. 99 Cost. che descrive il Consiglio Nazionale della Economia e del Lavoro e che lo vede titolare del potere di iniziativa legislativa. Viene prevista la nomina di un commissario straordinario cui affidare la gestione della liquidazione dell´organo e la riallocazione del personale presso la Corte dei Conti. Così la relazione motiva la scelta: “Tale organo ha  prodotto un numero ridotto di iniziative parlamentari e non appare oggi più rispondente alle esigenze di raccordo con le categorie economiche e sociali che in origine ne avevano giustificato l’istituzione”.

ABOLIZIONE DELLE PROVINCE.
Si ridisegna il decentramento, prevedendosi la soppressione delle province, già ormai svuotate di funzioni. Scompare quindi il riferimento alle province nella Carta Costituzionale, con una conseguente redistribuzione di funzioni tra gli enti.

La modifica del Titolo V della Costituzione vede una redistribuzione delle materie tra quelle a competenza legislativa esclusiva statale e quelle a competenza regionale. Viene introdotta, altresì, una “clausola di supremazia” che permette alla legge dello Stato, su proposta dell’esecutivo, di intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando ciò sia necessario per la tutela dell’interesse nazionale o dell’unità giuridica ed economica della Repubblica.

Viene infine soppressa la commissione parlamentare per le questioni regionali.

 

In allegato il disegno di legge costituzionale n. 1429.