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Pubbl. Mer, 17 Gen 2018

Notifica ad indirizzo diverso da quello del registro del Ministero della Giustizia: il ricorso è inammissibile

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Simona Rossi


Il TAR per il Lazio - Roma, con la sentenza n. 12045 del 6 dicembre 2017, conforme alla giurisprudenza sul punto, ha affermato che la notifica telematica di un atto processuale a una Pubblica Amministrazione va fatta esclusivamente all’indirizzo p.e.c. inserito nel registro del Ministero della Giustizia (ReGIndE), a pena di nullità.


La società V. s.r.l. impugnava gli atti di aggiudicazione di taluni lotti della gara bandita dall’ A.s.l. di Viterbo per violazione di legge ed eccesso di potere.
La controinteressata K. s.r.l., la sola a costituirsi nel giudizio, si difendeva deducendo l’infondatezza nel merito della domanda avversa nonché eccependo pregiudizialmente l’inammissibilità dell’impugnazione in quanto il ricorso introduttivo era stato notificato ad un indirizzo p.e.c. dell’A.s.l. di Viterbo e della Regione Lazio diverso da quello estratto dal cd. ReGindE (registro generale degli indirizzi elettronici) tenuti dal Ministero della Giustizia.

Il giudice amministrativo ha chiarito che - stante la previsione di cui all’art. 14 del d.m. n. 40 del 16 febbraio 2016 (che reca le regole operanti per l’attuazione del processo amministrativo telematico e) che prevede che le notificazioni alle amministrazioni non costituite in giudizio siano eseguite a mezzo p.e.c. nonché la circostanza per cui, in virtù dell’attuale quadro normativo - bisogna far riferimento esclusivamente all’indirizzo p.e.c. inserito nell’apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia.

Difatti l’art. 16-ter del d.l. n. 179/2012 prevede che «a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto; dall'articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dall'articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia» (comma 1) e che «le disposizioni del comma 1 si applicano anche alla giustizia amministrativa» (comma 1-bis).

Si può osservare come l’art. 16, comma 8, delle legge n. 2/2009 prevedeva che tutte le amministrazioni pubbliche istituissero una casella di posta elettronica certificata e ne dessero comunicazione al Centro Nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che ne avrebbe curato la pubblicazione in un elenco consultabile per via telematica.
Va però evidenziato che il c.d. elenco IPA, dapprima equiparato agli elenchi pubblici dai quali poter acquisire gli indirizzi p.e.c. validi per le notifiche telematiche dall’art. 16-ter del d.l. n. 179/2012, è stato poi espunto dall’elenco recato da quest’ultima norma ad opera dell'art. 45-bis, comma 2, lettera a), numero 1), del d.l. n. 90/2014, cosicché oggi l’elenco IPA non è più richiamato dall’art. 16-bis (se non limitatamente all’art. 16 comma 6 della legge n. 2/2009 relativo al registro delle imprese).
Pertanto chiarisce il T.A.R. per il Lazio – Roma che “dal quadro normativo così delineato emerge che, ai fini della notifica telematica di un atto processuale a una amministrazione pubblica, è possibile utilizzare esclusivamente l’indirizzo di posta elettronica certificata inserito nell’apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia, a seguito della comunicazione effettuata dagli enti entro il 30 novembre 2014”.

Qualora la notifica dell’atto introduttivo sia effettuata ad un indirizzo p.e.c. diverso da quello risultante dal registro ReGindE, la notifica è considerata nulla e può essere sanata soltanto dalla costituzione in giudizio della parte interessata. Infatti se si pone l’esempio del caso di notifica presso un indirizzo ricavato dall’IPA, la notificazione deve considerarsi nulla ai sensi dell’art. 11 l. 53/1994 tuttavia tale nullità viene sanata se la P.A. si costituisce, operando in tal caso la sanatoria ex art. 156 c.p.c. (che prevede che la nullità sia sanabile dal raggiungimento dello scopo).

Poiché nel caso de quo, il ricorso è stato notificato non all’indirizzo p.e.c. risultante dal registro tenuto dal Ministero della Giustizia bensì quello risultante dal sito internet della Regione Lazio e dell’A.s.l. di Viterbo e, considerato che nessuno di questi due enti si è costituito in giudizio, la notifica va considerata nulla e, conseguentemente, il ricorso risulta essere inammissibile.

Inoltre, il giudice amministrativo ha precisato come nel caso di specie non vi fossero neanche i presupposti per la concessione dei termini per la riassunzione così come previsti dall’art. 37 del c.p.a. che prevede la facoltà del giudice di disporre, anche d'ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto. Difatti, il giudice amministrativo ha ritenuto che il quadro normativo fosse chiaro sul punto nonché supportato da una concorde giurisprudenza.

Alla luce di tutto ciò, il T.a.r. per il Lazio – Roma ha stabilito che il ricorso fosse inammissibile, uniformandosi alla giurisprudenza sul punto che appare unanime nel ritenere che la notifica ad un indirizzo diverso da quello previsto dal registro del Ministero della Giustizia vada considerato nulla (cfr. sul punto Tar Sicilia, Palermo, III, 13 luglio 2017, n. 1842, Tar Basilicata, I, 21 settembre 2017, n. 607, Tar Sicilia Catania, III, 13 ottobre 2017, n. 2401).