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Pubbl. Lun, 15 Gen 2018

Le modalità di uso della documentazione difensiva nelle indagini preliminari e nel dibattimento.

Salvatore Davì


L´Avvocato-Investigatore. L’utilizzabilità degli atti investigativi del Difensore nella fucina del contraddittorio dibattimentale e durante le investigazioni ai sensi degli articoli 391-bis e successivi del c.p.p.


Sommario: 1. Le disposizioni di cui  all’articolo 391-octies c.p.p in materia di utilizzo della documentazione difensiva. -  2. l’utilizzabilità degli atti investigativi in seno ai procedimenti speciali. - 3. L’ingresso degli atti difensivi di parte privata nella fucina del contraddittorio dibattimentale.

Sommario: 1. Le disposizioni di cui  all’articolo 391-octies c.p.p in materia di utilizzo della documentazione difensiva. -  2. l’utilizzabilità degli atti investigativi in seno ai procedimenti speciali. - 3. L’ingresso degli atti difensivi di parte privata nella fucina del contraddittorio dibattimentale.

1. Le disposizioni di cui  all’articolo 391-octies c.p.p in materia di utilizzo della documentazione difensiva.

Il dettato normativo di cui all’articolo 391-octies c.p.p., oltre a delineare il contenuto del fascicolo del difensore, regola, il “modus utendi” della documentazione, frutto delle investigazioni difensive. È possibile infatti rintracciare, all’interno dell’articolo succitato, una particolarizzazione della disciplina di tipo temporale, con riferimento alla fase delle indagini preliminari e le fasi processuali successive[i], ed una distinzione di tipo soggettivo e modale, che definisce il campo di utilizzazione delle risultanze probatorie. È possibile, infatti, optare per la presentazione diretta al giudice delle indagini preliminari degli elementi di prova a favore del proprio assistito in due diverse circostanze:

a) nel caso in cui il giudice debba adottare una decisione con l'intervento della parte privata;
b) allorquando si necessiti che il giudice ne tenga conto anche nel caso in cui debba adottare una decisione per la quale non è previsto l'intervento della parte assistita[ii].

La norma oggetto di analisi si occupa, in prima battuta, di disciplinare quei casi in cui risulti necessaria l’adozione di una decisione del giudice, ma in cui il difensore della parte privata abbia il diritto di parteciparvi[iii]. La disciplina contenuta all’interno della disposizione è rivolta, inoltre, a consentire il più ampio esercizio del diritto del difensore all’ostensione della documentazione dell’indagine difensiva, anche al di fuori dell’ipotesi appena esaminata. Infatti l’art. 391-octies, al suo secondo comma, statuisce che: “nel corso delle indagini preliminari il difensore che abbia conoscenza di un procedimento penale può presentare gli elementi difensivi di cui al comma 1 direttamente al giudice, perché ne tenga conto anche nel caso in cui debba adottare una decisione per la quale non è previsto l'intervento della parte assistita. Si dispone, inoltre, al terzo comma che "la documentazione di cui ai commi 1 e 2, in originale o, se il difensore ne richiede la restituzione, in copia, è inserita nel fascicolo del difensore, che è formato e conservato presso l’ufficio del giudice per le indagini preliminari."

In alternativa a quanto sopra esposto, il difensore ha la facoltà di presentare gli elementi di prova al pubblico ministero; il comma 4 dell’art. 391-octies dispone, infatti, che "il difensore può, in ogni caso, presentare al pubblico ministero gli elementi di prova a favore del proprio assistito". Tale istituto non costituisce una vera e propria novità, infatti, ai sensi dell’articolo 367 c.p.p., il difensore può presentare memorie e richieste scritte al pubblico ministero già nel corso delle indagini preliminari; ai sensi dell’articolo 415-bis l’indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Diversamente da quanto accade, quindi, nel caso della presentazione diretta al giudice, con la conseguente facoltà per il pubblico ministero di visionare ed estrarre copia del fascicolo difensivo, nell’ipotesi disciplinata dal quarto comma dell’articolo 391-octies, gli atti verranno inseriti direttamente all’interno del fascicolo dell’accusa.

Risulta evidente che, avendo il difensore la possibilità di presentare direttamente al g.i.p. le proprie risultanze probatorie, la sottoposizione delle stesse, direttamente al pubblico ministero sarà concentrata alle ipotesi in cui si intendano influenzare le scelte dell’organo pubblico a vantaggio del proprio assistito[iv].

2. L’utilizzabilità degli atti investigativi in seno ai procedimenti speciali.

Per concludere sull’argomento, è necessario trattare circa l’utilizzabilità degli atti investigativi in seno ai procedimenti speciali, con riferimento, in particolare, al giudizio abbreviato e al patteggiamento. In tali ipotesi, infatti, l’utilizzazione delle risultanze probatorie delle indagini difensive è limitata, soltanto, a quegli elementi che siano già inseriti all’interno del fascicolo, poiché l’ulteriore produzione probatoria dovrà seguire e rispettare i limiti previsti per codesti riti speciali.

Avendo riguardo al giudizio abbreviato pare opportuno rammentare, inoltre, quanto sia ad oggi possibile, ai sensi dell’articolo 438 c.p.p.[v], lo svolgimento di un’istruttoria, nel cui corso è possibile il compimento di atti di indagine difensiva, le cui risultanze potranno addirittura condizionare l’opzione per tale rito speciale.

Diversamente, ai sensi dell’articolo 459 c.p.p., che disciplina il procedimento per decreto, si dispone che il pubblico ministero può presentare al giudice per le indagini preliminari, entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato e previa trasmissione del fascicolo, richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna. Il fascicolo cui la norma citata fa riferimento è quello contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate  e  i  verbali  degli  atti  compiuti  davanti  al giudice per le  indagini preliminari, manca, pertanto, qualsiasi riferimento al fascicolo del difensore. La lacuna viene colmata a mezzo di un’interpretazione estensiva dell’art. 391- octies, che consente, a seguito della chiusura delle indagini preliminari, di riunire tutti i fascicoli all’interno di quello pertinente al pubblico ministero e conseguentemente, di utilizzare gli stessi fascicoli ed il loro contenuto nei differenti riti processuali[vi].

Anche nell’ipotesi della presentazione della documentazione difensiva al giudice dell’impugnazione cautelare è necessaria un’interpretazione estensiva del tessuto normativo. In particolare l’articolo 309 comma 5, statuisce che il presidente cura che sia dato immediato avviso all’autorità giudiziaria procedente la quale trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell'articolo 291, comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini. Il riferimento agli “elementi sopravvenuti” costituirebbe la breccia attraverso cui fanno ingresso, in tale fase processuale, “gli elementi” raccolti durante le investigazioni difensive e sottoposti da parte del difensore, al giudice o al pubblico ministero, conseguenzialmente alla comminazione della misura cautelare[vii].

Da una “rilettura” del comma primo dell’ art. 391-octies[viii]  discende, infine,     la  possibilità  di  presentazione  della  documentazione  difensiva   a qualsiasi giudice che operi nell’ambito delle indagini preliminari e dell’udienza preliminare, ivi compreso il giudice competente a conoscere dell’impugnazione cautelare. La genericità, che connota il testo normativo dell’articolo in esame, consentirebbe, pertanto, al difensore di sottoporre la documentazione difensiva al collegio innanzi al quale è pendente il procedimento di riesame o l’appello cautelare[ix]. L’esercizio di detta facoltà risulta circoscritto alle parti legittimate a partecipare al procedimento, ossia all’indagato e al suo difensore. Si tratta di quei soggetti che, avendo il diritto di proporre il riesame, potranno, pertanto, fornire nuovi elementi di prova. Medesima circostanza si verifica per l’appello cautelare, dovendosi, infatti, allegare la documentazione all’atto d’impugnazione e dovendo la stessa pertenere i motivi di gravame[x].

3. L’ingresso degli atti difensivi di parte privata nella fucina del contraddittorio dibattimentale.

Circa l’utilizzazione degli atti di investigazione difensiva, essi, per mezzo della loro stessa documentazione, sono destinati ad entrare “nella fucina del contraddittorio dibattimentale[xi]. Ai sensi dell’articolo 391-decies, infatti, si dispone che delle dichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore le parti possono servirsi a norma degli articoli 500, 512 e 513[xii]; tale disposizione costituisce il precipitato logico-giuridico dell’articolo 391-octies costituendo la “regola-ponte” tra le  investigazioni difensive ed il contraddittorio dibattimentale.

A ben vedere, nei prodromici progetto di legge n. 850/1996 e disegno di legge 2774/1996 era delineata la possibilità di utilizzare i documenti, relativi alle indagini difensive, per procedere alle contestazioni dibattimentali; tuttavia a ciò si giungeva per mezzo dell’inserimento della documentazione stessa all’interno del fascicolo del p.m., che successivamente sarebbe confluito nel fascicolo del dibattimento. Veniva, financo, sancito il potere del giudice di controllare le dichiarazioni rilasciate all’avvocato da parte delle persone informate allo scopo di verificare la genuinità e l’attendibilità del materiale prodotto dal difensore. La legge 397/2000 elimina tale disposizione, fugando il pericolo di un’attribuzione al giudice di un potere di controllo discrezionale e realizzando una formale parità circa la dignità probatoria delle risultanze delle indagini dell’accusa e della difesa.

Nel testo attuale l’articolo 391-decies fa riferimento all’utilizzabilità in giudizio di alcuni atti, nello specifico: le dichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore; i documenti di cui all’art. 234; la documentazione di atti e accertamenti tecnici irripetibili.

Circa l’utilizzabilità in dibattimento delle dichiarazioni richiamate dal primo comma dell’articolo 391-decies, preme precisare quanto le stesse possano essere utilizzate da tutte le parti del giudizio. A tale conclusione si addiviene a seguito di un’interpretazione della disposizione in esame che sia funzionale alla piena garanzia del contraddittorio nella fase dibattimentale[xiii].

Il richiamo operato dall’articolo 391-decies all’articolo 500 c.p.p. comporta che “fermi i divieti di lettura e di allegazione, le parti, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione, possono servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà può essere esercitata solo se sui fatti o sulle circostanze da contestare il testimone abbia già deposto”. L’avvocato, pertanto, potrà utilizzare per le contestazioni dell’esame testimoniale tutte le dichiarazioni rese dal testimone che siano state documentate; dovrà trattarsi, tuttavia, di circostanze riguardo alle quali il testimone sia già stato escusso.

Emerge una differente valenza probatoria circa quelle dichiarazioni di cui non sia stata effettuata lettura; esse, infatti, potranno rilevare per contestare la credibilità del teste, così come previsto dal secondo comma dell’articolo 500. Inoltre, le stesse dichiarazioni, potranno essere oggetto di contestazione, rivolta alla parte cui si riferiscono, purché si tratti di una parte aliena rispetto a quella cui sono state rese[xiv]. Tuttavia l’articolo 500 dispone: “se il teste rifiuta di sottoporsi all'esame o al controesame di una delle parti, nei confronti di questa non possono essere utilizzate, senza il suo consenso, le dichiarazioni rese ad altra parte, salve restando le sanzioni penali eventualmente applicabili al dichiarante; inoltre, quando, anche per le circostanze emerse nel dibattimento, vi sono elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità, affinché non deponga ovvero deponga il falso, le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo  del  dibattimento  e  quelle  previste  dal  comma  3  possono  essere utilizzate. Sull’acquisizione di cui al comma 4 il giudice decide senza ritardo, svolgendo gli accertamenti che ritiene necessari, su richiesta della parte, che può fornire gli elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità; potranno essere, ancora, utilizzate, a richiesta di parte, le dichiarazioni assunte dal giudice nel corso dell’udienza preliminare, le quali sono acquisite al fascicolo del dibattimento e sono valutate ai fini della prova nei confronti delle parti che hanno partecipato alla loro assunzione, se sono state utilizzate per le contestazioni previste dal presente articolo. Per concludere, fuori dai casi di cui al comma 4, su accordo delle parti, le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento[xv].

Infine, per procedere alle contestazioni ai sensi dell’art. 500 c.p.p. è possibile sfruttare sia le sommarie informazioni oggetto di documentazione ai sensi degli artt. 391-bis comma 2 e 391-ter comma 3, sia le dichiarazioni rilasciate dalle persone informate dei fatti. Sussiste, d’altronde, identica dignità probatoria tra i distinti istituti, essendo ambo i due, instrumenta di documentazione. Avulsi rimangono, invece, i colloqui, l’informalità che li caratterizza non richiede la documentazione.

Resta da affrontare il tema inerente l’art. 512 c.p.p.; allo stesso si riferisce, infatti, l’art. 391-decies al suo primo comma, introducendo il tema della lettura degli atti irripetibili. La novella, introdotta con la legge 397 del 2000, ha riguardato anche l’articolo su cui ci soffermiamo, che nel suo testo attuale statuisce:

  • 1. Il giudice, a richiesta di parte, dispone che sia data lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice nel corso della udienza preliminare quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne è divenuta impossibile la ripetizione;
  • 1-bis. È sempre consentita la lettura dei verbali relativi all'acquisizione ed alle operazioni di distruzione degli atti di cui all'articolo 240[xvi].

L’intervento legislativo del 2000 introduce, al primo comma dell’articolo 512 c.p.p., l’inciso “dai difensori delle parti private”, riconoscendo eguale dignità probatoria agli atti di accusa e difesa, nell’eventualità in cui per fatti o circostanze imprevedibili divenga impossibile la ripetizione degli stessi in sede dibattimentale[xvii]. Prima della novella legislativa, le dichiarazioni rese al difensore dalle persone informate dei fatti, il cui esame fosse divenuto irripetibile per circostanze imprevedibili, non erano leggibili ai sensi    dell’art 512 c.p.p.[xviii], nonostante parte della dottrina già ipotizzasse l’applicabilità dell’istituto in esame anche ai verbali degli atti dell’indagine difensiva[xix]. Circa il concetto dell’irripetibilità, la cui sussistenza si ritiene debba essere vagliata dal giudice[xx], vi rientrano anche le dichiarazioni rese al difensore da persona che volontariamente si renda irreperibile, benché la contraria dottrina ritenga che «sul piano dell’attendibilità, tutto lascia supporre che in concreto il valore di simili dichiarazioni sia prossimo allo zero.[xxi]»

Il primo comma dell’articolo 391-decies, inoltre, rinvia all’art. 513 c.p.p., richiamando l’istituto della lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato, sia nel corso delle indagini preliminari sia nell’ambito dell'udienza preliminare. La versione aggiornata dell’esaminando articolo così statuisce:

  • 1. il giudice, se l’imputato è assente ovvero rifiuta di sottoporsi all’esame, dispone, a richiesta di parte, che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall’imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, ma tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso salvo che ricorrano i presupposti di cui all’articolo 500, comma 4;
  • 2. se le dichiarazioni sono state rese dalle persone indicate nell’articolo 210, comma 1, il giudice, a richiesta di parte, dispone, secondo i casi, l’accompagnamento coattivo del dichiarante o l’esame a domicilio o la rogatoria   internazionale ovvero l’esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contradditorio. Se non è possibile ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere all’esame in uno dei modi suddetti, si applica la disposizione dell’articolo 512 qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni. Qualora il dichiarante si avvalga della facoltà di non rispondere, il giudice dispone la lettura dei verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l’accordo delle parti;
  • 3. se le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono state assunte ai sensi dell’articolo 392, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 511.

Possiamo osservare, pertanto, che non potendo, il difensore, ottenere informazioni dal proprio patrocinato, la lettura cui si riferisce l’articolo 513 comma 1 c.p.p. pertiene le dichiarazioni rese dall’imputato al difensore delle altre parti private. Qualora, quindi, l’imputato sia assente o rifiuti di sottoporsi all’esame, le prodromiche dichiarazioni dallo stesso rese, potranno essere oggetto di lettura e utilizzo nei suoi confronti; non potranno, invece, essere utilizzate avverso altri in mancanza di loro consenso salvo che ricorrano i presupposti di cui all’articolo 500, comma 4.

Il secondo comma dell’articolo 513 c.p.p disciplina l’istituto della lettura delle dichiarazioni rese precedentemente dagli imputati nell’ambito di un procedimento che risulti connesso o collegato ai sensi dell’articolo 12 del codice di rito. Qualora risulti impossibile la presenza di tali soggetti in dibattimento, la lettura delle loro dichiarazioni precedenti potrà essere ammessa solo qualora l’impossibilità derivi da fatti o circostanze imprevedibili all’epoca in cui le dichiarazioni furono rese. È necessario, infine, l’accordo delle parti per procedere alla lettura delle dichiarazioni precedenti rese dalla persona che si avvalga della facoltà di non rispondere[xxii].

 

Note e riferimenti bibliografici
[i] G. Frigo, Le nuove indagini difensive dal punto di vista del difensore, in Aa.Vv., Le indagini difensive. Legge 7 dicembre 2000, n. 397,  Milano, 2001, 66.
[ii] Così come emerge dal dettato normative di cui all’art. 391-octies commi 1 e 2 c.p.p.
[iii] I.E. quando il g.i.p. decide sulla proroga del termine di durata delle indagini preliminari ex art. 406 comma 5 c.p.p., sulla convalida dell’arresto o del fermo ex art. 391 o sulla richiesta di archiviazione ex art 409 comma 2.
[iv] R. Bricchetti.- E. Randazzo, Manuale dell’avvocato-investigatore: la difesa muove e vince in 39 mosse, in Dir. e giust., 2000, p. 24.
[v] Che così recita:

  1. L'imputato può chiedere che il processo sia definito all'udienza preliminare allo stato degli atti, salve le disposizioni di cui al comma 5 del presente articolo e all'articolo 441, comma 5.
  2. La richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422.
  3. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall'articolo 583, comma 3.
  4. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato.
  5. L'imputato, ferma restando la utilizzabilità ai fini della prova degli atti indicati nell'articolo 442, comma 1-bis, può subordinare la richiesta ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. Il giudice dispone il giudizio abbreviato se l'integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili. In tal caso il pubblico ministero può chiedere l'ammissione di prova contraria. Resta salva l'applicabilità dell'articolo 423.
  6. In caso di rigetto ai sensi del comma 5, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dal comma 2”.

[vi] M. Gemelli., Le investigazioni difensive e il regime di utilizzabilità degli atti, in La Giustizia Penale, 2003, p.375.
[vii] A. Giannone, sub artt. 309-311, in Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da M. Chiavario, Terzo aggiornamento,  Torino, 1997,p. 401.
[viii] Comma 1: “Nel corso delle indagini preliminari e nell'udienza preliminare, quando il giudice deve adottare una decisione con l'intervento della parte privata, il difensore può presentargli direttamente gli elementi di prova a favore del proprio assistito”.
[ix] P. Ventura, Le indagini difensive. cit. p.166 ss.
[x] G. Conti, La «radiografia» della nuova normativa su misure cautelari e diritto di difesa, in Guida al diritto-Il sole 24ore, 26 agosto 1995, n. 33.
[xi] G. Di Chiara, Le risultanze dell’indagine difensiva nella fucina del contraddittorio dibattimentale: gli scenari della regola-ponte ex art. 391-decies, comma 1 c.p.p., in AA.VV., Processo penale, il nuovo ruolo del difensore, a cura di L. Filippi,Padova, 2001, p. 339.
[xii] Tali articoli sono stati oggetto di modifica ad opera degli art.. 16,17,18 della l. n. 63 del 2001, recante «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell’art 111 della Costituzione».
[xiii] P. Ventura, Le indagini difensive, cit.p. 168 ss.
[xiv] P. Ventura, Le indagini difensive, cit. p. 170.
[xv] V. art. 500 c.p.p.
[xvi] Tale comma è stato aggiunto dall'art. 2, del D.L. 22 settembre 2006, n. 259, convertito nella l. 20 novembre 2006, n. 281.
[xvii] P. Ventura, Le indagini difensive, cit., p.173 ss.
[xviii] F.M. Grifantini, Utilizzabilità in dibattimento degli atti provenienti dalle fasi anteriori, in, La prova nel dibattimento penale 4 ed.,  Torino, 2010, p. 167 ss
[xix] A. Pistochini, Natura ed utilizzabilità delle indagini difensive, in Cass. Pen., 1997, 3615.
[xx] P. Ventura, Le indagini difensive, cit., p.175.
[xxi] P. Ferrua, Una garanzia “finale” a tutela del contraddittorio: il nuovo art. 526 comma 1-bis c.p.p., in Giusto processo. Nuove norme sulla formazione e valutazione della prova (legge 1° marzo 2001 n.63) a cura di Tonini,  Padova, 2001, p.526.
[xxii] P. Ventura, Le indagini difensive, cit., p.175.