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Pubbl. Mer, 11 Ott 2017

Il controllo delle email aziendali viola i diritti dei lavoratori

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Alessandra Inchingolo


Il controllo delle mail dei dipendenti da parte del datore di lavoro costituisce violazione alla privacy, ai sensi dell´art. 8 della Convenzione europea sui diritti dell´uomo, lo ha stabilito la Grande Camera della Corte europea di Strasburgo.


Con la sentenza odierna, la Corte fissa dei paletti alla possibilità indiscriminata del datore di lavoro di ingerire nella corrispondenza dei propri lavoratori, stabilendo quando si ha violazione della privacy ovvero dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che, a sua volta, regola il diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza.

Dunque, il diritto al rispetto per la vita privata e la privacy della corrispondenza continua a esistere, anche se sono previste delle restrizioni sul posto di lavoro.

La sentenza prende le mosse dal caso di Bogdan Mihai Barbulescu, ingegnere rumeno, impiegato in una azienda privata. L’uomo, su espressa richiesta del suo datore di lavoro,  aveva creato un account Yahoo Messenger per rispondere alle richieste dei clienti.

Il 3 luglio del 2007, l'impresa aveva fatto circolare un avviso tra gli impiegati comunicando che l'uso di internet, telefono e fotocopiatrice per ragioni private poteva costituire una causa di licenziamento per motivi disciplinari.

Dieci giorni dopo il signor Barbulescu è stato convocato dal suo datore di lavoro, con l’accusa di aver usato Yahoo Messenger per ragioni personali (comunicazioni con il fratello e la fidanzata) e per tale motivo, successivamente veniva licenziato.

Il licenziamento era stato impugnato da Barbulescu ma, a dicembre 2007, il tribunale di Bucarest aveva respinto il suo ricorso, con sentenza definitiva della Corte d'Appello del 17 giugno 2008.

A seguito di ciò l’uomo si rivolgeva alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo a Strasburgo, appellandosi all'articolo 8 della Convenzione, tuttavia  il suo ricorso veniva nuovamente  respinto con sentenza del 12 gennaio 2016. Invece la Grande Camera della Corte Europea di Strasburgo ha poi ribaltato la sentenza, sancendo la violazione dell'articolo 8. Infatti, secondo la Corte di Strasburgo, le comunicazioni sul posto di lavoro rientrano nel concetto di "vita privata" e "corrispondenza" la cui tutela è affidata all'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani. I giudici hanno stabilito che “un datore di lavoro non possa ridurre a zero la vita sociale privata di un impiegato", secondo la nota della Corte"il diritto al rispetto per la vita privata e la privacy della corrispondenza continua a esistere, anche se sono previste delle restrizioni sul posto di lavoro"

A tal proposito, la Corte ha condannato la Romania per non aver sufficientemente difeso i diritti del lavoratore licenziato, in primis perché la privacy del lavoratore avrebbe dovuto essere tutelata  da eventuali abusi da parte datoriale sia sotto il profilo dell’informazione preventiva al lavoratore per quel che concerne i controlli, sia sotto il profilo delle modalità dei controlli, che avrebbero dovuto essere meno intrusive e inoltre avrebbe dovuto esservi l’avviso ai lavoratori che l’accesso ai contenuti della corrispondenza sarebbe stato possibile a sua insaputa.