Pubbl. Mer, 10 Dic 2025
Condotta antisindacale e vincolo associativo nelle conciliazioni di risoluzione del rapporto di lavoro
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Giuseppe Anfuso

La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l´ordinanza 12 novembre 2025, n. 29809, ritiene antisindacale, ai sensi dell´art. 28 St. lav., la condotta del datore che, nelle conciliazioni per l´accesso all´isospezione, impedisce ai lavoratori di farsi assistere dal sindacato di appartenenza indirizzandoli verso altre sigle. L´adesione all´associazione datoriale non esonera l´impresa, unico legittimato passivo, dalla responsabilità per l´illecito, che ha natura oggettiva e si valuta in base all´idoneità a ledere la libertà sindacale. Nelle conciliazioni i sindacati svolgono funzione di mera assistenza, sicché la validità degli accordi individuali resta distinta dalla tutela della libertà sindacale.
ENG
The Supreme Court, Labour Section, in order no. 29809 of 12 November 2025, classifies as anti-union conduct, under Article 28 of the Workers’ Statute, the employer’s behaviour which, in settlement procedures for access to early retirement, prevents employees from being assisted by their union of choice and directs them to other unions. Membership in an employers’ association does not exempt the company, as sole defendant, from liability for this objectively assessed infringement, which is measured by its suitability to prejudice trade-union freedom. In such settlements, unions merely provide assistance, so the validity of individual agreements remains distinct from the protection of trade-union freedom.Sommario: 1. Introduzione: neutralità datoriale e libertà sindacale. 2. La vicenda Telecom–Snater nelle conciliazioni per l’isopensione. 3. Vincolo associativo e responsabilità del datore di lavoro. 4. L’oggettività della condotta antisindacale. 5. Assistenza sindacale nelle conciliazioni e libertà di scelta del lavoratore. 6. Considerazioni conclusive.
1. Introduzione: neutralità datoriale e libertà sindacale
La pronuncia in commento (Cass. sez. lav., ord. 12 novembre 2025, n. 29809) si colloca nel solco della giurisprudenza di legittimità che, negli ultimi anni, ha precisato i confini della tutela approntata dall'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavorati) rispetto alle interferenze datoriali nell'attività sindacale. In questa prospettiva, il principio di neutralità del datore nelle relazioni sindacali è declinato alla luce delle dinamiche collettive che si sviluppano in seno alle associazioni di categoria e delle ricadute concrete sui diritti dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali1.
L'ordinanza n. 29809/2025 si inserisce in un filone che ha progressivamente valorizzato il carattere oggettivo della condotta antisindacale e l'esigenza di garantire l'effettività della libertà sindacale anche quando l'illecito si realizza attraverso scelte apparentemente meditate o filtrate da organismi associativi esterni all'impresa. Il caso esaminato dalla Corte presenta un interesse particolare, perché mette a fuoco il rapporto tra autonomia privata collettiva datoriale e diritti sindacali nella sede, delicata, delle conciliazioni di risoluzione del rapporto2.
2. La vicenda Telecom-Snater nelle conciliazioni per l'isospezione
La controversia origina dalla condotta tenuta da Telecom Italia S.p.A. in occasione di procedure conciliative, svolte presso l'associazione datoriale, finalizzate alla risoluzione del rapporto di lavoro e all'accesso all'isospezione, nell'ambito del quadro normativo delineato dall'art. 410 c.p.c. e dall'art. 4 della legge 28 giugno 2012, n. 92. In tali sedi, la società ha invitato i dipendenti iscritti al sindacato Snater Lazio a non farsi assistere dall'organizzazione di appartenenza, suggerendo il ricorso ad altre sigle sindacali3.
Secondo quanto accertato nei giudizi di merito e poi ribadito dalla Cassazione, alcuni lavoratori, per poter perfezionare gli accordi di conciliazione, hanno effettivamente cambiato iscrizione, abbandonando Snater e rivolgendosi a sindacati ritenuti "ammissibili" dall'associazione industriale presso cui si svolgevano le procedure. In questo modo, l'accesso alla conciliazione è stato di fatto condizionato alla rinuncia all'assistenza del sindacato scelto dal lavoratore, con un effetto oggettivo di compressione della libertà sindacale già evidenziato da significativi precedenti di merito4.
La Corte di Cassazione qualifica tale comportamento come lesivo della libertà sindacale sia del lavoratore, cui viene sottratta la possibilità di farsi assistere dalla propria organizzazione, sia del sindacato, cui viene impedito l'esercizio delle prerogative di assistenza ai propri iscritti. L'elemento decisivo, ai fini della configurazione della condotta antisindacale, è rappresentato dalla circostanza che la sottoscrizione degli accordi conciliativi è risultata, in concreto, subordinata all'adesione a un sindacato diverso da quello liberamente scelto dai lavoratori interessati.
La Corte sottolinea che il conflitto tra l'associazione datoriale e il sindacato escluso non può ricadere sul lavoratore né può legittimare una selezione arbitraria dei soggetti ammessi ad assisterlo. La sede conciliativa, per la sua funzione di composizione di controversie in materia di lavoro, esige un livello particolarmente elevato di neutralità dell'impresa rispetto alle scelte organizzative sindacali, come già affermato in altre recenti decisioni di legittimità sul tema delle procedure di soluzione alternativa delle controversie5.
3. Vincolo associativo e responsabilità del datore di lavoro
Il fulcro problematico affrontato dall'ordinanza n. 29809/2025 concerne la pretesa idoneità del vincolo associativo a escludere o attenuare la responsabilità del datore di lavoro per condotta antisindacale. Telecom Italia ha sostenuto che l'esclusione dei rappresentanti di Snater dalle conciliazioni fosse riconducibile alla volontà dell'associazione datoriale presso cui le procedure erano incardinate, e non a una propria autonoma scelta.
La Corte respinge in modo netto questa impostazione, chiarendo che l'adesione a un'associazione di categoria non può trasformarsi in uno schermo idoneo a rendere lecita una condotta lesiva dell'attività sindacale. Il solo vincolo associativo non è sufficiente a giustificare comportamenti che ostacolano la libertà di azione dei sindacati, né può elidere l'illegittimità oggettiva di tali condotte. L'impresa resta il soggetto che, nei confronti dei lavoratori e delle loro organizzazioni, assume e attua le decisioni operative, e per ciò solo è responsabile delle conseguenze che ne derivano6.
La Corte afferma, inoltre, che il datore di lavoro è l'unico legittimato passivo dell'azione ex art. 28 St. lav., anche quando agisce quale "mero esecutore" di direttive provenienti dalla propria associazione di categoria. Questo approccio è in linea con significativi arresti di merito che, in materia di rapporti tra linee guida associative e autonomia dell'impresa, hanno ribadito la centralità della posizione datoriale7.
4. L'oggettività della condotta antisindacale
L'ordinanza si inserisce nel consolidato orientamento secondo cui, ai fini della configurabilità della condotta antisindacale, rileva esclusivamente l'attitudine oggettiva del comportamento datoriale a ledere gli interessi sindacali protetti dall'ordinamento, indipendentemente dall'elemento soggettivo. La Corte richiama, in continuità con precedenti arresti, la nozione di "idoneità anche solo potenziale" dell'azione del datore a pregiudicare l'attività sindacale, sufficiente a integrare la fattispecie di cui all'art. 28 St. lav.8.
In questa prospettiva, anche l'eventuale erronea valutazione del datore in ordine alla portata delle direttive associative non esclude la sussistenza della condotta antisindacale, quando il comportamento concretamente tenuto si traduca in una limitazione dell'accesso del sindacato alla sede conciliativa o nell'imposizione di un diverso soggetto di assistenza. L'errore di diritto o l'adesione incolpevole a un indirizzo associativo non incidono sul disvalore oggettivo della condotta, che resta valutata alla luce degli effetti prodotti o potenzialmente producibili sui diritti sindacali9.
La Corte rileva, inoltre, che il datore di lavoro concorre nella realizzazione dell'illecito antisindacale anche quando si limiti a dare esecuzione a decisioni dell'associazione datoriale dal contenuto discriminatorio. L'adesione acritica a tali decisioni non vale a trasferire all'ente associativo l'intera responsabilità, poiché è comunque l'impresa a porre in essere, nella concreta gestione delle conciliazioni, il comportamento impeditivo dell'assistenza sindacale prescelta dai lavoratori10.
5. Assistenza sindacale nelle conciliazioni e libertà di scelta del lavoratore
Un profilo centrale dell'ordinanza riguarda la qualificazione del ruolo delle organizzazioni sindacali nelle conciliazioni di risoluzione del rapporto. La Corte chiarisce che parte del contratto di transazione e della conciliazione sono unicamente il datore di lavoro e il lavoratore, in quanto titolari del rapporto individuale. I sindacati intervengono nella procedura non come parti contrattuali né come rappresentanti sostitutivi del lavoratore, ma con la funzione di assistere le parti nella trattativa11.
Questa impostazione consente di distinguere nettamente tra validità degli accordi conclusi - che, ove rispettate le condizioni di legge, rimangono efficaci anche se il lavoratore è assistito da un sindacato diverso da quello di appartenenza - e tutela della libertà sindacale, che viene in rilievo sotto un diverso profilo. Il fatto che alcuni lavoratori abbiano sottoscritto validamente la conciliazione con l'assistenza di sigle cui non erano iscritti non elide, quindi, il pregiudizio arrecato al sindacato escluso, né elimina la lesione del diritto del lavoratore a scegliere liberamente il soggetto chiamato a prestarli assistenza.
Il diritto all'assistenza sindacale in sede di gestione del rapporto di lavoro rappresenta, infatti, una proiezione essenziale della libertà sindacale riconosciuta e tutelata dallo Statuto dei lavoratori, non solo in ambito disciplinare (art. 7), ma più in generale nella dimensione delle relazioni collettive e individuali (art. 15 e, soprattutto, art. 28). In questo quadro, la selezione datoriale dei sindacati ammessi in sede conciliativa spezza l'equilibrio tra le parti e altera la ratio di garanzia che sorregge la previsione dell'assistenza.
La giurisprudenza di merito ha più volte sottolineato come la compressione della libertà di scelta del lavoratore in ordine al sindacato di riferimento costituisca indice sintomatico di una condotta antisindacale, anche quando l'accordo concluso rimanga valido ed efficace sotto il profilo civilistico. L'ordinanza in esame conferma tale impostazione, ribadendo che la tutela ex art. 28 St. lav. è orientata alla salvaguardia del corretto svolgimento dell'attività sindacale e non coincide con il giudizio di validità degli atti negoziali individuali12.
6. Considerazioni conclusive
La sentenza n. 29809/2025 rafforza il quadro di tutela della libertà sindacale delineato dall'art. 28 St. lav., precisando che il datore di lavoro non può utilizzare il vincolo associativo come strumento per eludere le proprie responsabilità in ordine alla gestione dei rapporti con le organizzazioni sindacali. L'impresa è chiamata a verificare la compatibilità delle direttive associative con i principi e le norme che presiedono alla libertà sindacale, assumendo in proprio il rischio delle conseguenze derivanti dall'attuazione di indicazioni potenzialmente discriminatorie.
La Corte conferma, inoltre, l'orientamento che valorizza la natura oggettiva della condotta antisindacale e la funzione autonoma dell'azione ex art. 28 St. lav., destinata a garantire la piena effettività dei diritti sindacali a prescindere dalla sorte degli accordi individuali conclusi nelle sedi protette. In tal senso, la pronuncia si pone in linea di continuità con le coeve ordinanze nn. 29738, 29811 e 27739 del 2025, che concorrono a definire un quadro sistematico improntato a una rigorosa tutela della libertà sindacale nei contesti, particolarmente sensibili, delle procedure conciliative e delle relazioni tra impresa, associazioni datoriali e organizzazioni dei lavoratori13.
Sul piano applicativo, la decisione offre agli interpreti un criterio chiaro: ogni interferenza datoriale nella scelta del sindacato che assiste il lavoratore in sede di conciliazione, specie se collegata a conflitti tra associazioni collettive, è suscettibile di integrare una condotta antisindacale quando alteri l'equilibrio delle posizioni negoziali o condizioni l'accesso alla procedura. Il datore di lavoro, quale unico legittimato passivo dell'azione ex art. 28 St. lav., è tenuto a mantenere una posizione di effettiva neutralità rispetto alle dinamiche intersindacali e associative, assicurando che i diritti di libertà sindacale possano essere esercitati senza indebite interferenze.
1. Cassazione civile, sez. lavoro, ordinanza 12 novembre 2025, n. 29809.
2. Cassazione civile, sez. lavoro, ordinanza 17 ottobre 2025, n. 27739.
3. Art. 4 legge 28 giugno 2012, n. 92.
4. Tribunale lavoro Messina, sentenza 17 settembre 2025, n. 2045.
5. Cassazione civile, sez. lavoro, ordinanza 2 ottobre 2025, n. 26618.
6. Cassazione civile, sez. lavoro, ordinanza 12 novembre 2025, n. 29809.
7. Corte d’appello lavoro Napoli, sentenza 22 agosto 2025, n. 2642.
8. Cassazione civile, sez. lavoro, ordinanza 12 novembre 2025, n. 29811.
9. Cassazione civile, sez. lavoro, ordinanza 2 ottobre 2025, n. 26618.
10. Cassazione civile, sez. lavoro, ordinanza 11 novembre 2025, n. 29738.
11. Cassazione civile, sez. lavoro, ordinanza 12 novembre 2025, n. 29809.
12. Corte d’appello lavoro Bari, sentenza 26 aprile 2025, n. 480.
13. Cassazione civile, sez. lavoro, ordinanza 12 novembre 2025, n. 29811.