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Pubbl. Mer, 2 Ago 2017

Rubare il sapone in Autogrill o le matite Ikea. Quali conseguenze?

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Fabio Giuseppe Squillaci


La Corte di Cassazione torna sul reato di furto affrontando un caso tanto singolare quanto diffuso confermando i recenti arresti. Infatti, nella sentenza n. 33869/2017 ha condannato per tentato furto un uomo sorpreso a caricare sulla propria auto materiale trafugato dai servizi igienici di una stazione di servizio.


La Corte di Cassazione torna sul reato di furto affrontando un caso tanto singolare quanto diffuso, confermando i recenti arresti giurisprudenziali. Infatti, nella sentenza n. 33869/2017 ha condannato per tentato furto un uomo sorpreso a caricare sulla propria auto materiale trafugato dai servizi igienici di una stazione di servizio.

La Corte di Appello di Trieste confermava la sentenza con cui il Tribunale di Udine, decidendo in sede di giudizio abbreviato, aveva condannato C.F. in relazione al reato di cui agli artt. 56, 624 e 625, n. 7, C.P., per aver sottratto dispenser di sapone liquido, carta igienica e salviette asciugamani, di proprietà dell'impresa "Gruppi Servizi Associati", prelevandoli dai servizi igienici dell'area di sosta autostradale Santa Caterina. L’uomo veniva sorpreso da un dipendente di tale società, nell'atto di caricare i suddetti beni a bordo della propria autovettura.

E' stato proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi: il primo fondato sulla non sussistenza del reato, atteso che i beni sottratti si trovavano in quel luogo espressamente perché altri ne fruissero, venendo pertanto a mancare la sottrazione della cosa al proprietario (requisito essenziale del reato di furto). Con il secondo motivo è stato criticato il mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131-bis C.P., norma che esclude l’applicabilità della pena in presenza di fattispecie di lieve entità, i cui presupposti, a detta del ricorrente, sarebbero integrati nel caso di specie. La Cassazione ha rigettato il ricorso.

La pronuncia desta particolare interesse perché consente di tracciare alcuni punti fermi in relazione all’interpretazione dei presupposti materiali del delitto di furto. L’art. 624 C.P. descrive la fattispecie delittuosa, sotto il profilo schiettamente fenomenologico, quale condotta apprensiva di una cosa mobile altrui. Plasticamente, il furto impone dunque un’indagine sull’altruità della res e sull’impossessamento della stessa da parte di un soggetto diverso dal suo proprietario.
Ne discende che la sottrazione non seguita dall’interversio potestatis non consente il perfezionamento del delitto che resta in uno stato di mero tentativo. Del pari la carenza del profilo dell’altruità sradica in nuce qualsivoglia sintomo di reità, venendo meno un presupposto logico prima ancora che giuridico della fattispecie incriminatrice. Come ha avuto modo di evidenziare, in passato, anche la giurisprudenza, il requisito dell’altruità è ravvisabile ogni volta in cui si possa individuare un soggetto, diverso dal soggetto agente, il quale, al momento del fatto, sia legato alla cosa da un’effettiva relazione di interesse (Cass. Pen., sez. IV, sentenza 18 marzo 1995, n. 229, in Cass. Pen., 1996, 2947).

Il diritto penale tutela le relazioni giuridiche di interesse non in sè stesse, ma in quanto strumentali alla garanzia del potere di fatto degli uomini sui beni della vita: se così è, soggetto passivo del furto (quale soggetto che si pone rispetto alla cosa in un rapporto di non altruità) sarà, coerentemente, definibile chi possiede la cosa per un titolo che implichi l’esercizio di un potere immediato di disposizione, di godimento o di uso della cosa (FIANDACA-MUSCO). Al tempo stesso la dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere come oggetto di furto possano essere solo cose che siano valutabili economicamente, ovvero presentino un minimo valore scambio. E’ necessario che la cosa mobile presenti un valore effettivo non solo in relazione al titolare del diritto che va ad incidere sulla medesima, evitando, in tal modo, che la tutela penale venga ad essere subordinata all’arbitrio dei singoli. Ne deriva che le cose che non presentino tale peculiarità, come un chicco d’uva o uno spillo arrugginito, per rimanere nella casistica tradizionale, non possono rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 624 C.P.

Emblematico è il caso delle matite Ikea per le quali è stata esclusa l’integrazione del furto in ragione del loro valore simbolico nonostante tali oggetti siano messi a disposizione del cliente per un uso specifico e spazialmente circoscritto all’interno della struttura. E’ necessario che la cosa non sia disponibile in quantità illimitata (res communis omnium), in quanto un tale oggetto non necessita di alcuna tutela diretta a fare in modo che ne venga realizzato il pacifico godimento da parte dei singoli: di conseguenza l’aria che respiriamo non potrà essere, in linea di massima, oggetto di furto.

La riflessione scientifica sui fondamenti della penalità ha rimarcato l'esigenza che il fatto di reato esprima, oltre ad un dato naturalistico, anche un momento di valore, un evento giuridico inteso come concreta offesa all'interesse delle vita tutelato dalla norma incriminatrice. Nel segno dell'offensività, il legislatore è vincolato ad elevare a reati solo fatti che siano concretamente offensivi di entità reali. L'interprete delle norme penali ha quindi l'obbligo di adattarle alla Costituzione in via ermeneutica, rendendole applicabili solo ai fatti concretamente offensivi, offensivi in misura apprezzabile.

La tesi difensiva sviluppata nel primo motivo di impugnazione non può condividersi, in quanto i beni di cui l'imputato ha tentato di impadronirsi non erano qualificabili in termini di res derelicta, vale a dire di cosa abbandonata per volontà di chi esercita un diritto su di essa (cfr. Cass., sez. V, 15.5.2012, n. 30321, rv. 253314) ma, al contrario, erano beni sottoposti alla signoria del proprietario, destinati all'uso da parte degli utenti dei servizi igienici dell'area di servizio. Pertanto, con la sua condotta l'imputato ha tentato di sottrarre i beni in questione al loro legittimo proprietario, sostituendo la propria signoria a quella di quest'ultimo ed eliminando la destinazione indifferenziata di essi alle esigenze dei fruitori dei servizi igienici dell'area di servizio.

Sicché la Cassazione è giunta a condividere la puntuale affermazione della Corte territoriale, secondo cui “tali beni, in dotazione ai sevizi igienici presenti sulle aree di sosta autostradale, possono formare oggetto, da parte di chi usufruisce di siffatti servizi, di un consumo connesso ad esigenze strettamente personali e da effettuarsi rigorosamente sul posto e non di un accaparramento indiscriminato, destinato a consentire all'accaparratore di servirsene esclusivamente in proprio favore, in altro luogo, come avrebbe fatto l'imputato”. Del pari inconferente l’argomento quantitativo pur sostenuto dalla difesa che ha confuso il piano dell’offensività con quello dell’esistenza. L’art. 624 C.P. nulla prescrive in ordine a presupposti o soglie quantitative essendo tale requisito figlio dell’approccio realistico sul reato. Ragionare diversamente significa introdurre arbitrariamente un parametro che la fattispecie non richiede in spregio al principio di stretta legalità ed al divieto di interpretazione analogica.
Infondato appare anche il secondo motivo di ricorso, in quanto il ricorrente non specifica le ragioni per cui, in relazione alle modalità della condotta ed ai parametri fissati dall'art. 131 bis, C.P., che involgono profili più ampi della mera entità del danno arrecato dalla condotta criminosa, il fatto debba considerarsi di particolare tenuità, nozione diversa, perché più radicale, di quella di "danno di entità modesta", cui ha fatto riferimento il giudice di primo grado. Anzi, a prescindere dalle considerazioni in seno alla storia criminale dell’imputato che vantava già alcuni precedenti penali, le modalità esecutive non possono che far escludere la particolare tenuità del fatto. L’imputato è stato sorpreso dal dipendente della società nell'atto di caricare sulla propria autovettura “molteplici pacchetti di carta e altro materiale utilizzato per il servizio igienico”, rivelando la volontà di accaparrarsi quanti più prodotti possibile da utilizzare in altro luogo e per esigenze personalissime.

La pronuncia, tuttavia, sembra presentare talune criticità che meritano di essere segnalate. Innanzitutto sul contestato tentativo occorre precisare che l’impostazione argomentativa entra in crisi con riferimento ai luoghi di scambio, quali parcheggi esterni, aree di sosta. In altre parole la Cassazione ha ritenuto applicabile nella specie le medesime riflessioni avanzate rispetto agli episodi di furto in supermercato valorizzando lo iato tra sottrazione ed altrui impossessamento. Vero è che nella specie è stato un dipendente a fermare l’uomo venendo in rilievo una situazione sussumibile nel concetto della persistenza della signoria sulla cosa da parte del proprietario, ma il più delle volte non è così. Se l’altrui impossessamento consegue alla perdita di qualsiasi potere sulla cosa da parte del legittimo proprietario in aree così ampie, affollate a flusso continuo, può concludersi che l’eventuale condotta di sottrazione di materiale da parte di chi è in procinto di risalire in auto integra gli estremi del delitto di furto consumato. Infatti il controllo continuativo sulla res anche da parte della vigilanza ricorre quando questo è effettivo, realizzandosi nelle ipotesi di signoria incerta o ad intermittenza quell’interversio potestatis fondamentale ai fini del 624 C.P.