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Pubbl. Lun, 17 Lug 2017

Riforma penale, condotte riparatorie: una nuova causa di estinzione del reato

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Alessandra Inchingolo


La recente Riforma orlando ha introdotto l´art 162 ter nel codice penale per disciplinare la condotta riparatoria tra le cause di estinzione del reato, intese come fatti giuridici che escludono la punibilità in astratto del reato.


Il 14 giugno 2017 la Camera dei deputati ha definitivamente approvato con voto di fiducia la proposta di legge C. 4368 (nota anche come DDL Orlando), che modifica l'ordinamento penale, da un punto di vista sostanziale e processuale, nonché dell'ordinamento penitenziario. La legge si compone di un articolo unico suddiviso in 95 commi.

La nuova riforma del codice penale, cd. Riforma Orlando, introduce all´art. 162 ter del c.p. un istituto già presente nella giurisdizione di pace, ossia la "riparazione del reato". Infatti in parte viene ripreso l'art. 35 del d.lgs 274/2000, che disciplina una causa di estinzione generale, poichè applicabile ad un numero indeterminato di reati (nello specifico tutti quelli a querela remittibile); a carattere soggettivo, in quanto applicabile al solo imputato che adempie la condotta riparatoria; la riparazione può avvenire mediante restituzioni, risarcimento e ove possibile – eliminazione delle conseguenze dannose; è previsto un termine perentorio entro cui porre in essere il comportamento riparatorio (nel caso di specie prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, salvo la proroga delineata dal comma 2 dell’art 162 ter c.p.); infine è necessaria l’audizione delle parti e della persona offesa.

Il testo dell'articolo è suddiviso in tre commi: 

Il primo dei quali stabilisce che "nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tate titolo".

Se l'imputato dimostra di non aver potuto adempiere, per fatto a lui non addebitabile, entro il termine di cui al primo comma, avrà possibilità di chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento; in tal caso il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito e comunque non oltre novanta giorni dalla predetta scadenza, imponendo specifiche prescrizioni. Durante la sospensione del processo, il corso della prescrizione resta sospeso. Si applica l’articolo 240, secondo comma. L'estinzione del reato verrà dichiarata dal giudice all'esito positivo della condotta riparatoria.

Essendo una causa estintiva, essa travolge le pene principali, le pene accessorie, gli effetti penali della condanna e le misure di sicurezza.

Per quel che concerne i rapporti con altri istituti per i quali rilevano le condotte risarcitorie o riparatorie in senso favorevole al reo (vds. art. 62 n. 6 c.p.), o altre ipotesi di cause estintive subordinate a restituzioni e risarcimento, è previsto che l'attenuante troverà ancora applicazione per tutti reati procedibili d’ufficio o non remittibili e ugualmente dicasi con riferimento alle altre ipotesi estintive, fatta salva la disciplina generale di cui all’art. 183 c.p. (che disciplina proprio il concorso di cause estintive).

Le disposizioni dell'art. 162 ter c.p. trovano applicazione anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della suddetta legge, con una precisazione: il giudice dichiara estinto il reato anche laddove sia spirato il termine previsto dall'art. 162 ter c.p. e le condotte riparatorie siano stato poste in essere oltre la dichiarazione di apertura del dibattimento.

La scelta di tale introduzione è evidentemente dettata dall’esigenza di deflazionare il numero di procedimenti penali e attuare una rapida definizione degli stessi, con conseguente risparmio in termini di spese processuali e di impiego di risorse umane e strumentali.

Tuttavia l’ambito di operatività dell’art. 162 ter cp, è evidentemente ristretto, intanto perché la disposizione del novellato articolo riprende il progetto di depenalizzazione elaborato nel 2013 dalla Commissione Fiorella e poi perché è riferibile ai soli delitti punibili a querela, il che è raggiungibile con la remissione della querela, che ordinariamente segue proprio al risarcimento del danno in favore della persona offesa. Il nuovo art. 162 ter cp rischia di diventare uno strumento con cui il giudice, seppur in taluni casi, supera la volontà punitiva del querelante.

La norma prevede, inoltre, che l’estinzione del reato segue all’integrale riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento del danno e l’eliminazione, ove possibile, delle conseguenze dannose o pericolose del reato. Sotto questo profilo va evidenziato che, rispetto alla versione originaria, l’introduzione dell’inciso «ove possibile» in qualche modo corregge il tiro. La dichiarazione di estinzione del reato consegue quasi automaticamente all’accertamento da parte del giudice dell’avvenuta riparazione del danno cagionato dal reato: la previsione che debbano essere sentite le parti e la persona offesa, non sembra tale, infatti, da attribuire al giudice un margine di discrezionalità nel disporre l’effetto estintivo, dovendo egli solo accertare l’esistenza degli elementi costitutivi della condotta riparatoria.

Il giudice, prima di dichiarare estinto il reato, deve sentire le parti e la persona offesa, evidentemente al fine di accertare che le condotte riparatorie siano effettivamente tali.

Le condotte riparatorie vanno tenute entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, termine superato il quale si vanificherebbe comunque, almeno in parte, l’obiettivo deflativo perseguito dal Legislatore.

Si osservi che qualora l’imputato dimostri di non aver potuto adempiere, per fatto a lui non addebitabile, entro il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, egli può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento; in tal caso il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito, e comunque non oltre 90 giorni dalla predetta scadenza, imponendo specifiche prescrizioni. Durante la sospensione del processo, il corso della prescrizione resta sospeso. Va anche detto che per quel che concerne la forma risarcitoria, essa può essere sostituita dall’offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall'imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo.

Questo avvalora la peculiarità di tale nuova causa di estinzione del reato: ovvero quella di offrire al giudice la possibilità, laddove vi siano condotte idonee a reintegrare l’offesa ma rigettate dalla persona offesa, di superare l’eventuale persistenza della volontà punitiva del querelante.

L’estinzione del reato è dichiarata solo all'esito delle condotte riparatorie e non fa venire meno la confisca di quei beni e di quelle cose in relazione ai quali la stessa è prevista come obbligatoria ai sensi dell’art. 240 comma 2 cp. Il Legislatore, ha altresì previsto, ai commi 2, 3 e 4 dell’art. 1 della proposta di legge C. 4368 di recente approvazione, che le disposizioni dell’articolo 162 ter del codice penale si applicheranno anche ai processi in corso alla data della sua entrata in vigore. In tali casi il giudice dichiarerà l’estinzione del reato anche quando le condotte riparatorie saranno state compiute oltre il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. L’imputato, nella prima udienza, fatta eccezione di quella del giudizio di legittimità, successiva alla data di entrata in vigore del nuovo art. 162 ter c.p., potrà chiedere la fissazione di un termine, non superiore a sessanta giorni, per provvedere alle restituzioni, al pagamento di quanto dovuto a titolo di risarcimento e all’eliminazione, ove possibile, delle conseguenze dannose o pericolose del reato a norma dell’articolo 162 ter del codice penale. Nella stessa udienza l’imputato, qualora dimostri di non poter adempiere, per fatto a lui non addebitabile, nel termine di sessanta giorni, può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento. In tali ipotesi il giudice, se accoglierà la richiesta, ordinerà la sospensione del processo e fisserà la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito. Durante la sospensione del processo, il corso della prescrizione resterà ovviamente sospeso. Infine, anche per i processi in corso è prevista l’applicazione dell’art. 240 comma 2 cp in caso di estinzione del reato per condotte riparatorie.

Vi sono però, a ben guardare, una volta delineate le linee generali dell’istituto, alcuni aspetti che appaiono critici. Infatti, la proposta in esame espressamente prevede che l’imputato ripari interamente il danno cagionato dal reato, tuttavia tale requisito apre un interrogativo: la riparazione deve essere integrale rispetto al danno criminale e al grado di colpa, ovvero al danno civile?
Innumerevoli le problematiche qualora si propenda per una riparazione integrale anche del danno civile: perchè il rischio è di far sorgere in capo al giudice penale l’onere di quantificare interamente il danno civile; e tuttavia non si prevede una preclusione per la vittima, integralmente risarcita, ad agire nell’eventuale giudizio civile; in ultimo, se la condotta riparatoria si estende a tutti i danni, compreso il lucro cessante e il mancato guadagno, il timore è quello di aver creato un istituto premiale, ma solo per l'imputato  benestante.
In conclusione, la previsione di tale “nuova” forma di estinzione del reato, nel realizzare quell’intento deflattivo dei processi all'insegna di una tanto sospirata economia processuale, in realtà va a  neutralizzare eventuali caparbietà della persona offesa affidando al giudice un potere in più.