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Pubbl. Ven, 16 Giu 2017

Start-up innovative: analisi dei requisiti per la costituzione - Parte I

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Manuel Mattia


Analisi dei requisiti richiesti dalla legge ai fini dell´iscrizione della Start-up innovativa nella Sezione Speciale del Registro delle Imprese.


Sommario: Premessa; 1. I requisiti ex art. 25, comma 2 d.l. n. 179/2012; 1.1. Fonte normativa; 1.2 lettera a); 1.3. lettera b); 1.4. lettera c); 1.5. lettera d); 1.6. lettera e); 1.7. lettera f); 1.8. lettera g).

 

Premessa

Con il decreto legge n. 179/2012, convertito, con modificazioni, nella legge n. 221/2012, il legislatore italiano ha introdotto la disciplina delle “start-up innovative”. Tale accezione, a mente dell’art. 25 comma 2 del citato decreto, indica quelle società di capitali costituite “anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione”, ed il cui oggetto sociale riguardi beni o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. La ratio di questa disciplina è quella di incentivare le nuove imprese, in particolare quelle create dai giovani, che contribuiscono allo sviluppo tecnologico, offrendo loro benefici sia per quanto riguarda l’applicazione della disciplina societaria, che risulterà più snella ed elastica rispetto la disciplina ordinaria dettata dal c.c. per le comuni società di capitali; sia mediante benefici ed agevolazioni dal punto di vista fiscale/tributario; sia, infine, mediante benefici in materia di assunzioni.

Al fine di poter usufruire della speciale disciplina dettata dal d.l. n. 179/2012, l’impresa dovrà essere classificata come “start-up innovativa” ed iscritta nella Sezione Speciale del competente Ufficio del Registro per le Imprese, previa dimostrazione del possesso di alcuni requisiti previsti ex lege. In questo articolo, si esamineranno nel dettaglio alcuni dei requisiti necessari alla costituzione di una Start-up innovativa, per poi rimandare ad un successivo articolo l’esame degli ulteriori requisiti richiesti dalla legge.

1) I requisiti ex art. 25, comma 2, d.l. n. 179/2012

1.1. I requisiti per la costituzione della start-up innovativa sono elencati nell’art. 25, comma 2, del d.l. n. 179/2012. Il primo requisito lo si desume già dalla definizione di start-up indicata al comma 2: l’impresa dovrà innanzitutto essere svolta sotto la forma di società di capitali, ovvero società cooperativa, e le sue azioni o quote del cs non dovranno essere “quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione”. Di conseguenza, potranno essere classificate come start-up innovative soltanto le Srl, Spa, Sapa e cooperative non quotate, ovvero Societas Europaea residente in Italia costituita in base al Regolamento CE 2157/2001.

1.2. Gli altri requisiti sono indicati alle lettere di cui al comma 2 del d.l. n. 179/2012. Prima della riforma del 2013 intervenuta con D.L. n. 76/2013, alla lettera a) del suddetto comma era richiesto che “i soci, persone fisiche, detengono al momento della costituzione e per i successivi ventiquattro mesi, la maggioranza delle quote o azioni rappresentative del capitale sociale e dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria dei soci”. La legge impediva, dunque, che il socio di maggioranza della start-up innovativa potesse essere una persona giuridica, al fine di evitare che una società potesse esercitare il controllo sull’attività sociale della start-up medesima. Con il citato d.l. n. 76/2013, è stata abrogata la lettera a) del comma 2 del d.l. n. 179/2013 e, pertanto è stato eliminato il divieto in questione.

1.3. Alla lettera b) si stabilisce che la start-up innovativa “è costituita da non più di sessanta mesi”. Con tale requisito, si fissa a cinque anni1 il limite di durata delle start-up innovative, decorso il quale la società perderà il diritto alle varie agevolazioni previste ex lege e verrà cancellata di diritto dalla Sezione Speciale del Registro delle Imprese. Tale termine è stato ritenuto dall’Agenzia dell’Entrate2congruo per la fase di avviamento e crescita di una nuova impresa innovativa”. Evidentemente, si ritiene che un periodo di agevolazioni pari a cinque anni sia sufficiente alle società di nuova costituzione per poter arrivare a svolgere attività d’impresa in maniera concorrenziale con gli altri operatori del mercato. Per quel che riguarda le nuove società, il periodo di cinque anni decorrerà dalla data della loro costituzione. Per quel che riguarda le società che sono già costituite all’entrata in vigore della disciplina ex d.l. n. 179/2012, ma che intendono essere formalmente riconosciute come start-up (cd “società start-up già esistenti”), la durata dell’applicazione della disciplina speciale (e la concessione delle relative agevolazioni) è regolata dal comma terzo dell’art. 25 del decreto legge: essa sarà di quattro anni, se la società che ha chiesto l’iscrizione alla Speciale Sezione del Registro delle Imprese è costituita entro i due anni precedenti la richiesta; di tre anni, se la società è costituita entro i tre anni precedenti; di due anni, se la società è costituita entro i quattro anni precedenti.

1.4. Alla lettera c) del d.l. n. 179/2012 si stabilisce che la società che chiede di essere riconosciuta start-up innovativa dev’essere “residente in Italia ai sensi dell' articolo 73 del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 , o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, purche' abbia una sede produttiva o una filiale in Italia”. Con riferimento al primo periodo della lett. c), si fa riferimento alla residenza fiscale “italiana” della società, che vi sarà quando i) la società abbia sede legale in Italia, oppure ii) la società abbia la sede amministrativa in Italia, oppure iii) pur avendo le sedi legale ed amministrativa all’estero, la società svolge la sua attività prevalente in Italia. Con riferimento al secondo capoverso della lettera c), invece, si fa riferimento alla residenza fiscale della società che i) risieda fiscalmente in uno dei paesi facenti parte dell’Unione Europea, purché abbia una filiale o sede produttiva in Italia, ovvero ii) risieda fiscalmente in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio Economico (SEE) firmato il 02/02/1992 tra l’Unione Europea e l’Associazione Europea di Libero Scambio (EFTA), cui fanno parte attualmente Islanda, Liechtenstein e Norvegia, purché abbia una filiale o sede produttiva in Italia. In merito a quest’ultima fattispecie, si evidenzia che la Svizzera non fa parte né dell’UE, né aderisce al SEE, ma è firmataria di vari accordi bilaterali con i predetti soggetti: pertanto, una società con sede in Svizzera ma con filiale o sede produttiva in Italia, non potrebbe usufruire della disciplina di cui al d.l. n. 179/2012. Inoltre, secondo la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 16/E del 11/06/2014, per filiale o sede produttiva della società si deve intendere quella sede/filiale che rappresenti in Italia una “stabile organizzazione”. Dunque, la società potrà essere classificata come start-up innovativa, sia che abbia la residenza fiscale “italiana”, sia che abbia la residenza fiscale in uno Stato UE o facente parte dell’EFTA, ed abbia una filiale/sede produttiva stabilmente organizzata in Italia.

1.5. Alla lettera d) si stabilisce che la società è start-up innovativa se “a partire dal secondo anno di attivita' della start-up innovativa, il totale del valore della produzione annua, cosi' come risultante dall'ultimo bilancio approvato entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio, non e' superiore a 5 milioni di euro”. Tale importo deve fare riferimento al netto del valore della produzione, e dovrà risultare nel Bilancio d’esercizio, alla sezione A del Conto Economico.

1.6. Alla lettera e) si stabilisce che la start-up, per essere considerata tale, “non distribuisce e non ha distribuito utili”. La ratio di tale divieto consisterebbe nell’incentivare l’auto rafforzamento della nuova società mediante l’accantonamento degli utili per l’eventuale bilanciamento delle perdite subìte, ovvero per il reinvestimento finalizzato allo sviluppo dell’attività innovativa. Tale divieto vale anche per le start-up già esistenti, e decorre dal giorno della loro costituzione (e non dell’iscrizione al R.I.), con la conseguenza che non possono ottenere l’iscrizione nella Sezione Speciale del Registro delle Imprese quelle società che, prima della richiesta d’iscrizione, hanno distribuito gli utili ai soci. Tale divieto, invece, non opererebbe per le start-up che hanno distribuito gli utili nell’esercizio successivo a quello in cui scadevano le agevolazioni, anche se i predetti utili siano maturati nell’esercizio precedente alla distribuzione. A tale conclusione è pervenuto il MiSe3 affermando che, in virtù dell’art. 1, comma 2, del d.l. n. 1/2012 “Le disposizioni recanti divieti, restrizioni, oneri o condizioni all'accesso ed all'esercizio delle attività economiche sono in ogni caso interpretate ed applicate in senso tassativo, restrittivo e ragionevolmente proporzionato alle perseguite finalità di interesse pubblico generale, alla stregua dei principi costituzionali per i quali l'iniziativa economica privata è libera secondo condizioni di piena concorrenza e pari opportunità tra tutti i soggetti, presenti e futuri, ed ammette solo i limiti, i programmi e i controlli necessari ad evitare possibili danni alla salute, all'ambiente, al paesaggio, al patrimonio artistico e culturale, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e possibili contrasti con l'utilità sociale, con l'ordine pubblico, con il sistema tributario e con gli obblighi comunitari ed internazionali della Repubblica”. Estendere ultrattivamente un divieto posto consciamente dal legislatore con riferimento al periodo precedente l’iscrizione in sezione speciale e durante l’iscrizione stessa, anche al periodo immediatamente successivo, parrebbe configgere con il principio interpretativo sopra richiamato. Il legislatore infatti non ha aggiunto nella lettera e) citata al tempo passato e presente anche l’indicazione del divieto futuro «e non distribuirà nell’esercizio successivo alla cancellazione”.

1.7. Alla lettera f) si stabilisce che la società deve avere “quale oggetto sociale esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico”. Questo è senza dubbio il requisito caratterizzante la start-up innovativa. L’oggetto sociale tipico della start-up dev’essere svolto in maniera prevalente. Ciò significa che la start-up può svolgere in via residuale attività diversa da quella prevalente. La ragione di tale possibilità sarebbe quella di consentire alle start-up di autofinanziarsi con attività diverse purché residuali rispetto all’attività prevalente, al fine di agevolare il perseguimento dell’oggetto sociale tipico delle start-up. Ai fini della determinazione della prevalenza, si tiene conto dei risultati economici conseguiti, nonché dei livelli produttivi e della destinazione dei finanziamenti.

Per ciò che concerne l’attività prevalente, essa consiste nel prodotto o servizio innovativo ad alto valore tecnologico. Ad oggi non esiste una definizione giuridica relativa all’oggetto sociale tipico delle start-up innovative. Stando al dettato della norma, il servizio o prodotto offerto deve essere innovativo, e dunque dovrebbe essere completamente nuovo rispetto a quelli esistenti sul mercato, ovvero dovrebbe apportare dei miglioramenti ai prodotti o servizi già esistenti ovvero ai metodi di produzione, distribuzione ed utilizzo. Tale interpretazione è confermata da Assonime4 affermando che tra i prodotti o servizi innovativi “deve ritenersi ricompresa ogni attività economica da cui possa derivare l’introduzione di nuovi prodotti e nuovi servizi nonché nuovi metodi per produrli, distribuirli e usarli. Ciò indipendentemente dal settore merceologico in cui opera la società (ad esempio settore digitale, artigianato, agricoltura, industria oppure in campo culturale): questo perché ogni campo dell’attività economica può consentire lo sviluppo di prodotti o servizi ad alto tasso di innovazione tecnologica”. In entrambi i casi, il prodotto o servizio innovativo dovrebbe possedere come qualità intrinseca l’alto valore tecnologico, e, pertanto, oltre ad essere innovativo, dovrebbe essere tecnologicamente moderno ovvero essere offerto mediante strumenti della moderna tecnologia. In senso positivo circa l’offerta di un prodotto o servizio mediante strumenti tecnologici, si è espresso il Mise che, con suo parere5, in una fattispecie concreta non ha escluso che possa classificarsi come oggetto sociale innovativo e ad alto valore tecnologico ai sensi della lettera f), anche un’attività di per sé non propriamente innovativa ma esercitata mediante l’utilizzo degli strumenti della New Economy (es. portale web).

Per quel che riguarda l’accertamento del requisito dell’innovazione ad alto valore tecnologico caratterizzante il prodotto o servizio offerto, è pacifico che tale accertamento non possa essere compiuto dall’Ufficio del Registro delle Imprese che esamina la richiesta d’iscrizione della start-up nell’apposita Sezione Speciale. Tale ufficio, dunque, dovrà limitarsi a verificare la sussistenza formale di tutti i requisiti ex lege richiesti, senza entrare in valutazioni di merito sul carattere innovativo e tecnologico dell’attività6.

Infine, va sottolineato che l’attività di sviluppo, produzione e commercializzazione del prodotto o servizio innovativo ad alto valore tecnologico dev’essere svolta interamente dalla start-up, non potendosi demandare la realizzazione di una di queste fasi ad altri soggetti7.

1.8. Alla lettera g) si stabilisce che la società è considerata start-up quando “non è stata costituita da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda”. La ratio dell’esclusione della costituzione di start-up mediante tali operazioni sarebbe quella di incentivare la creazione ex novo di società con carattere innovativo, evitando al contempo l’utilizzo elusivo della disciplina di cui al d.l. n. 179/2012 da parte delle società già costituite, che, a seguito della riorganizzazione aziendale (dunque anche mediante cessione di ramo d’azienda), potrebbero dar vita a start-up esclusivamente per l’ottenimento delle agevolazioni fiscali e tributarie. Sarebbe ammessa, al contrario, l’operazione di trasformazione della società al fine di usufruire della disciplina in tema di start-up8.

Note e riferimenti bibliografici

1) Inizialmente il d.l. n. 179/2012 lo aveva fissato a 48 mesi. Successivamente, con la riforma intervenuta con il d.l. n. 3/2015, tale periodo è stato innalzato a sessanta mesi.

2) v. circolare dell’Agenzia delle Entrate, n. 16/E dell’11/06/2014.

3) v. parere del 20/05/2016, Prot. n. 141349.

4) v. circolare Assonime n. 11/2013.

5) v. Parere MiSe del 19/01/2015 n. 6059.

6) cfr. Tribunale Torino, 10/02/2017; parere Mise del 29/09/2014 prot. n. 169135.

7) v. parere MiSe del 29/09/2014 prot. n. 169135.

8) v. circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 16/E del 11/06/2014.