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Pubbl. Mar, 13 Giu 2017

I rapporti sentimentali tra militari: problemi e soluzioni

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Saverio Setti
Dirigente della P.A.Ministero della Difesa


Come richiesto da alcuni lettori, pubblichiamo una breve casistica di problematiche inerenti la compresenza di legami affettivi e rapporti istituzionali e di servizio tra appartenenti alle Forze Armate e di Polizia militarmente ordinate.


Sommario: 1. Premessa; 2. Obblighi di comunicazione?; 3. La valutazione del personale militare; 4. Quale spazio per il diritto penale militare?

 1. Premessa.

L’organizzazione militare è permeata e retta dalla disciplina gerarchica, funzionale e necessaria per gli scopi istituzionali di difesa della Patria e salvaguardia delle libere istituzioni.

L’insorgere di vicinanze di natura relazionale e sentimentale, in particolare tra militari di grado diverso è, secondo taluni, in grado di incrinare la rettitudine e l’austerità che deve innervare i rapporti gerarchici.

È, però, necessario confrontarsi con il concreto svolgersi di una vita di comunità ove possono crearsi relazioni di natura sentimentale. Interessante è notare quale possa essere l’incidenza di questi rapporti, soprattutto in situazioni assai delicate, sulla vita di servizio della societas militare.

2. Obblighi di comunicazione?

L’art. 748, c. 5 del D.P.R. 90/2010, Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, impone al militare di «dare sollecita comunicazione al proprio comando […] degli eventi in cui è rimasto coinvolto e che possono avere riflesso sul servizio».

Com’è evidente trattasi di disposizione normativa che va coordinata con il disposto del d. lgs. 196/2003.

Ebbene, la produzione regolamentare secondaria del Ministero della Difesa ha riempito, per esemplificazione, di contenuto la tipologia di eventi da comunicare. Nello specifico, con particolare riferimento alla progressione di carriera, è necessario comunicare ogni rapporto giuridico processuale di natura penalistica[1]. Obbligo di comunicazione grava su quanti, titolari di patente militare di guida, subiscono sospensione ovvero revoca della patente civile, poiché questi provvedimenti riverberano i loro effetti anche sull’abilitazione militare. Obbligo di comunicazione insiste anche per tutti i fatti costitutivi di diritti potestativi che il militare può vantare nei confronti dell’Amministrazione della Difesa: si pensi alla nascita di un figlio, che dà diritto alla licenza straordinaria parentale ovvero all’astensione oraria, o, ancora, all’iscrizione a cicli di studi universitari, che danno diritto alle centocinquanta ore di diritto allo studio[2].

Orbene, può dirsi onerato dall’obbligo di comunicazione un militare che inizi una relazione sentimentale ovvero sessuale con altro militare? Da una analisi del disposto dell’art. 748 ult. cit. pare potersi dare risposta negativa. In effetti, l’intreccio amoroso non pare, almeno astrattamente, idoneo alla produzione di “riflesso sul servizio”; anzi, fatti salvi profili patologici penalmente sanzionabili[3], una relazione sentimentale, ex se, esce dall’alveo del servizio e della disciplina, dunque non potrebbe produrre alcuna ripercussione sul servizio, sempreché gli atteggiamenti di vicinanza fisica e morale non siano posti in essere in ambiente militare ovvero indossando l’uniforme.

L’art. 733, c. 1 del D.P.R. citato dispone, infatti, che «la correttezza nel tratto costituisce preciso dovere del militare», mentre l’art. 732, c. 1 impone al militare di tenere «in ogni circostanza tenere condotta esemplare a salvaguardia del prestigio delle Forze armate». Orbene, l’immagine di due militari che si scambiano vicendevolmente effusioni in uniforme certo travalica i limiti della correttezza di tratto ed è potenzialmente lesiva dell’immagine delle Forze Armate. A simile conclusione si giunge nel caso in cui dette effusioni siano scambiate da militari che indossano abiti borghesi, ma che si trovano in un luogo militare, la cui austerità richiede (anche ai civili) un particolare controllo sulla dignità dei comportamenti[4].

Nessun rimprovero[5] potrà, tuttavia, porsi nel caso in cui entrambi i militari si scambino effusioni indossando abiti borghesi, in ambiente non militare, anche se in presenza di più militari (anche in uniforme).

Il problema è quello, largamente trattato in dottrina e giurisprudenza, della definizione di atti che «secondo il senso comune, offendono il pudore»[6]. Ebbene certamente inoffensivo del pudore è il bacio dato dallo sposo in uniforme alla moglie nel contesto matrimoniale. Parimenti inoffensivo pare lo stesso bacio dato dalla fidanzata al militare in partenza per una missione all’estero in aeroporto ovvero in porto. Ci si può chiedere se lo stesso bacio, da civile a militare, possa considerarsi lesivo dell’immagine della Forza armata nel momento in cui questa manifestazione di affetto sia estrinsecata in maniera omosessuale. Ebbene, a parere di chi scrive, il senso comune prima e l’ordinamento civile poi[7], non consentono più di definire un semplice bacio tra due uomini o due donne come  una «manifestazione di concupiscenza, di sensualità, di inverecondia sessuale, […], che offenda così intensamente il sentimento della morale sessuale ed il pudore da destare, in chi possa assistervi, disgusto e repulsione».

Diversamente si ritiene di considerare, come sopra riportato, lo stesso bacio (etero o omosessuale) scambiato in luogo pubblico o militare tra due militari.

Questo significa che la relazione (diversamente da quanto richiesto da un lettore di questa rivista) non deve essere tenuta nascosta, poiché essa non è violatrice di alcuna norma, deve solo porsi attenzione alla separazione tra attribuzioni di servizio e vita privata.

3. La valutazione del personale militare

Uno dei punti più problematici inerisce la valutazione caratteristica di cui il compilatore (ovvero il revisore) siano legati da rapporto sentimentale con il valutando. Questo sia in caso di rapporto sentimentale fisiologico, che in caso di crisi o compromissione di questo. La valutazione acquista centrale rilevanza nella progressione di carriera del militare, di cui costituisce il motore centrale.

In effetti la notazione caratteristica del militare ha «lo scopo di registrare tempestivamente il giudizio personale diretto e obiettivo dei superiori sui servizi prestati e sul rendimento fornito dal militare, rilevando le capacità e attitudini dimostrate e i risultati conseguiti», ai sensi dell’art. 688 del D.P.R. 90/2010. Dottrina e giurisprudenza convergono nel definire l’atto valutativo come un atto di natura tecnico discrezionale[8], dunque sfuggente alle censure in merito se non dinnanzi a giudizi arbitrari, illogici o basati su travisamento dei fatti[9].

Ebbene l’imparzialità di questa amplissima discrezionalità tecnica potrebbe essere incrinata da un rapporto sentimentale in essere (con conseguente sopravvalutazione) o patologicamente conclusosi (con conseguente sottovalutazione). Come accennato, anche il solo sospetto di questa situazione può incrinare la credibilità di un documento valutativo che costituisce l’elemento principale per le procedure interne di avanzamento; pertanto l’annullamento di un documento è in grado di comportare l’illegittimità di una graduatoria di promozione formata in base alla documentazione così viziata.

L’art. 690 del citato D.P.R., rubricato casi di esclusione della competenza (alla redazione di valutazioni caratteristiche) non prevede uno specifico caso di astensione dalla valutazione per legame sentimentale (o, anche matrimoniale). Anzi, de iure condendo, si sottolinea che manca ogni riferimento a situazioni di conflitto di interesse ovvero cointeressenza.

Dunque l’ordinamento pare ritenere che i criteri di oggettività disposti con fonte regolamentare[10] ed i controlli giustiziali e giudiziari siano di per sé in grado di prevenire o, comunque, correggere una situazione di conflitto di interesse di natura sentimentale, per i fini di questo scritto.

E tuttavia parte isolata della giurisprudenza non condivide questa opinione. I giudici amministrativi del Veneto, infatti, hanno sentenziato che: «la sussistenza di un nesso di possibile conflittualità fra la posizione del subordinato e del suo diretto superiore che deve formare il giudizio caratteristico, impone l’obbligo di astensione di quest’ultimo nella valutazione caratteristica. Tale obbligo, seppur non ricavabile da una norma specifica, deriva direttamente dai principi dell’ordinamento»[11].

Evidente esempio di (problematica) giurisprudenza creatrice, questa sentenza pare sostenere, in nuce, che ogniqualvolta l’imparzialità di giudizio del superiore possa anche solo apparire concretamente pregiudicata, questi deve astenersi dal giudizio, demandando, secondo le regole ordinarie, la valutazione al di lui superiore. E tuttavia, riconoscono il giudici, manca in tal senso una norma specifica.

Per cui alla domanda se possa considerarsi illegittima una valutazione caratteristica per il solo fatto dell’esistenza di una relazione sentimentale tra compilatore (o revisore) e valutando, la risposta non può che essere negativa.

E tuttavia chi scrive è convinto che, al fine di evitare situazioni di apparente imparzialità, il compilatore o il revisore debbano, al momento in cui insorge il rapporto diretto di servizio, ovvero alla nascita della relazione, notiziare in maniera privata il Comandante di corpo, che disporrà la variazione del rapporto di dipendenza. Fondamento del dovere di questa comunicazione nasce, più che dal più volte citato art. 748, dall’art. 717 del D.P.R. 90/2010, per cui patrimonio di ogni militare è il senso di responsabilità, ovvero la «convinzione della necessità di adempiere integralmente ai doveri che derivano dalla condizione di militare per la realizzazione dei fini istituzionali delle Forze armate»; essendo evidente che la costanza di rapporto sentimentale può creare un legittimo fumus di parzialità, il superiore dovrà attivarsi per eliminare ogni astratto sospetto sul suo operato. Il superiore, infatti «per primo egli deve dare l'esempio del rispetto della disciplina e della rigorosa osservanza dei regolamenti: dovere tanto più imperioso quanto più è elevato il suo grado»[12].

4. Quale spazio per il diritto penale militare?

La compromissione patologica di una relazione sentimentale può portare a condotte non sempre specchiate da parte degli ex fidanzati o coniugi, quali, per quanto di interesse di questo scritto, minacce e ingiurie, troppo spesso presenti nelle c.d. liti per causa d’amore.

Nulla quaestio nel caso queste condotte siano poste in essere vicendevolmente tra parigrado, anche in contesto militare, poiché saranno applicabili le comuni disposizioni in materia.

Da considerare con attenzione è il caso in cui questi atti si producano tra militari di grado diverso, in luogo militare o indossando l’uniforme. In questo caso, infatti, pare verificarsi un concorso di norme: quelle poste a protezione della posizione individuale della persona (le norme comuni) e quelle poste a tutela della disciplina e della gerarchia militare (le norme penali militari di pace e guerra).

La disciplina militare si pone, infatti, come «quel complesso di norme di condotta – costitutive di diritti e di doveri – che i militari devono osservare nell’espletamento del servizio e, in limitati casi, anche fuori di esso»[13]. Cardine strutturale della societas militare, la disciplina è certamente bisognevole di tutela penale in senso discendente (rivolta, disobbedienza, insubordinazione) ma anche in senso ascendente (abuso del grado). Ecco quindi che, in questa “moderna” concezione, oggetto di tutela penale non è la persona del superiore o dell’inferiore in grado, quanto piuttosto il rapporto gerarchico personale astrattamente considerato. Proprio in questa ottica di parallelismo è possibile analizzare brevemente i reati di insubordinazione con minaccia e ingiuria (art. 189 c.p.m.p.) e minaccia o ingiuria a inferiore (art. 196).

Queste norme incriminano il militare che minaccia un ingiusto danno al superiore (o inferiore) in sua presenza o che offende il prestigio, l’onore e la dignità di un superiore (o inferiore) in sua presenza. Interessante è il terzo comma che precisa come i fatti in questione possano prodursi anche «mediante comunicazione telegrafica, telefonica, radiofonica o televisiva, o con scritti o disegni co con qualsivoglia altro mezzo di comunicazione», così ponendo una figura contermine alla diffamazione (comune e militare).

Integra il reato militare di cui all’art. 189 c.p.m.p. un appuntato che, all’interno di una autovettura dei carabinieri, offende il prestigio di un maresciallo presente rea di ver violato un patto di esclusività sessuale?

La risposta emerge dall’art. 199 c.p.m.p. che impone la non applicabilità di questi reati militari se i fatti sono commessi «per cause esterne al servizio e alla disciplina militare, fuori dalla presenza di militari riuniti per servizio e da militare che non si trovi in servizio o a bordo di una nave militare o di un aeromobile militare». A queste situazioni la norma aggiungeva, prima dell’intervento demolitore della Consulta[14], anche la commissione del fatto «in luoghi militari»[15].

La dottrina è andata oltre, designando queste situazioni come elementi del fatto tipico, con la conseguenza di richiedere il loro inserimento nell’oggetto del dolo[16]. Ergo l’offesa militarmente incriminata deve inerire strutturalmente la disciplina militare.

Si noti che, per un difensore, a volte è conveniente orientare la propria linea d’azione verso il reato militare piuttosto che verso il reato comune. Si pensi al caso di un sottotenente di vascello che minacci una brigadiere dei carabinieri in presenza di più militari dell’arma appartenenti alla pattuglia da questi comandata. Ebbene l’applicazione dell’art. 195 c.p.m.p. (reclusione militare da sei mesi a tre anni) resa possibile dal parametro della presenza di  « militari riuniti per servizio», consente di evitare l’applicazione dell’art. 366 c.p. (punito con reclusione da sei mesi a cinque anni).

Dunque può concludersi questa disamina riconoscendo che i reati militari de qua possano applicarsi nei casi in cui la condotta offensiva sia diretta verso la disciplina ed il servizio, potendo escludere i fatti commessi in sola ed unica ragione del rapporto sentimentale intercorrente tra soggetto agente e persona offesa. Questo, a maggior ragione, nelle situazioni in cui manchi ogni connessione con il servizio. Si pensi alle ipotesi in cui entrambi i militari si trovino in servizio, indossino l’uniforme, ma il litigio avvenga a mezzo di messaggi sul telefono privato con connessione punto a punto; o, ancora, inapplicabile è il diritto penale militare in caso di litigio posto in essere in luogo civile indossando abiti borghesi.

È, purtuttavia, vero che resta pienamente applicabile la fattispecie penale militare tutte le volte in cui le condotte di insubordinazione o abuso del grado trovino un riflesso nel servizio, ferma restano l’irrilevanza, ai fini della qualificazione penalistica della fattispecie, del motivo a delinquere.

Note e riferimenti bibliografici:
[1] Cfr. Prot. n. M_D GMIL III 7 1/0294795 del 12 lug. 2012.
[2] 78 del D.P.R. 28 ottobre 1985, n. 782, recepito dagli articoli 18 del D.P.R. 31 luglio 1995, n. 394 e 54 del D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395 e successive modificazioni e integrazioni.
[3] Quali le violenze sessuali.
[4] Si pensi al divieto di sedersi ovvero bivaccare sulle scalinate dell’Altare della Patria.
[5] Fatto salvo quanto previsto all’art. 527 c.p.
[6] Art. 529 c.p.
[7] Legge 20 maggio 2016, n. 76 "Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze."
[8] Cons. St. sez. IV, 25.11.60, n. 987.
[9] Cons. St. sez. IV, n. 5437/2003.
[10] Istruzioni per la redazione della documentazione caratteristica del personale militare.
[11] T.A.R. Veneto, sez. I, 29.1.09, n. 712.
[12] Art. 725, c. 1.
[13] Garino, Disciplina militare, in Nov. Dig. It., Appendice, vol. III, Torino, 1984, p. 4.
[14] Sent. n. 22/1991.
[15] Da evidenziare che anche la nave e l’aeromobile militare sono, in senso stretto, “luoghi militari”, quindi non sembra che questa applicazione ratione loci possa sopravvivere ad ulteriori interventi della Corte costituzionale.
[16] Brunelli e Mazzi, Diritto penale militare, Giuffrè, Milano, 2007, p. 338.