Pubbl. Mer, 10 Mag 2017
Focus diritto civile: sale and lease back, quali rapporti con il divieto di patto commissorio
Modifica paginaI principali orientamenti giurisprudenziali sul sale and lease back. Un inquadramento generale.
In un articolo che abbia l’ambizione di voler enucleare i principali rapporti tra il precetto ex art. 2744 ed il “sales and lease back”, è imprescindibile inquadrare sistematicamente l’istituto di diritto civile in oggetto per poi analizzarne i rapporti con le nuove figure create dalla prassi negoziale.
Art. 2744 del Codice Civile
Divieto del patto commissorio.
È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell'ipoteca o del pegno.
Dalla manualistica[1] più aggiornata in materia di diritto civile (ma al lettore più attento è possibile dedurlo anche semplicemente leggendo i relativi Libri del Codice civile) apprendiamo che la responsabilità patrimoniale del debitore è regolata da tre princìpi fondamentali: la responsabilità patrimoniale illimitata, salve le eccezioni previste dalla legge, ex art. 2740; la “par condicio creditorum”, o parità di trattamento, salve le cause legittime di prelazione, ex art. 2741; il divieto di patto commissorio, ex art. 2744. Quest’ultimo è costituito da un precetto che soltanto di recente ha trovato ingresso tra i principali cardini della responsabilità patrimoniale del debitore: esso è oggi considerato una sorta di presidio contro un eventuale approfittamento del creditore. Difatti la norma vieta che prima della scadenza di un’obbligazione si stipuli un patto attraverso il quale si stabilisce che in caso di inadempimento del debitore, la res ipotecata o data in pegno passi ex se in proprietà del creditore. Il patto è nullo anche se fosse stipulato dopo la costituzione del pegno o dell’ipoteca. Tale divieto è posto per tutelare il debitore che ha costituito delle garanzie reali: cioè per evitare che il ceditore, impossessandosi del bene, eluda le procedure di espropriazione forzata, che sono le uniche in grado di contemperare non solo le ragioni del creditore procedente, ma anche quelle di tutti gli altri creditori e soprattutto del debitore, il quale, ad esempio, avrebbe diritto a ottenere il ricavato della vendita dell’eventuale immobile messo all’asta dopo che sono stati soddisfatti tutti i creditori[2]. Sia chiaro: l’ordinamento non impedisce che le parti estinguano l’obbligazione contratta con una prestazione diversa da quella originariamente stabilita; ciò che si vorrebbe evitare è che il debitore preveda in anticipo che la proprietà della res passi automaticamente nelle mani del creditore. Un’applicazione del divieto di patto commissorio è presente nel Codice civile all’art. 1963, mentre costante è stato nella prassi l’elaborazione di negozi che hanno avuto in qualche modo a che fare con tale divieto, molte volte rispettandolo ma tante altre volte infrangendolo.
La Cassazione ha avuto modo, nel corso di numerose sentenze, di pronunciarsi sull’elaborazione, nella prassi, di negozi giuridici anche atipici che hanno cercato di eludere il precetto ex art. 2744. Da una recentissima sentenza, precisamente la n. 22314 del 30 settembre 2013, è stata ricavata la seguente massima: “Il divieto del patto commissorio si estende a qualsiasi negozio che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall'ordinamento, della illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento della proprietà di un suo bene quale conseguenza della mancata estinzione di un suo debito.”[3] Oppure ancora, un’altra sentenza della Cassazione ha riconosciuto che non è possibile identificare in astratto una categoria di negozi soggetti a nullità per aver violato il divieto di stipulare un patto commissorio, poiché qualsiasi negozio, in concreto, potrebbe portare ad eludere quanto stabilito dalla norma[4]. Pensiamo, in effetti, all’utilizzo elusivo che potrebbe farsi nella vendita con patto di riscatto, nel mutuo, nel contratto preliminare o nel lease back o, come viene comunemente definito, “leasing di ritorno”[5]. Tale fattispecie si verifica quando una società o un’impresa vende un proprio bene ad un’altra società finanziatrice al fine di ottenere la liquidità necessaria per portare avanti la propria attività: il soggetto utilizzatore-alienante del bene ha il vantaggio di ottenere quella somma di denaro di cui aveva bisogno; la società concedente-acquirente otterrà la proprietà del bene (che sarà riconseguita dal soggetto utilizzatore) ed il guadagno rappresentato dall’incasso delle rate del leasing. E’ evidente, quindi, che non abbiamo più tre soggetti, come nel leasing tradizionale, bensì due.
Ci si è chiesti, quindi, se il contratto di sales and lease back possa, in generale, essere idoneo ad eludere il divieto di patto commissorio ex art. 2744 c.c. L’alienazione del bene, in effetti, potrebbe essere vista come una garanzia per l’eventuale inadempimento (nello specifico, il mancato pagamento dei canoni del leasing) da parte del soggetto utilizzatore-alienante; il soggetto finanziatore, infatti, diventa proprietario del bene che non andrà a restituire se non avrà visto soddisfatto il proprio credito. Quindi il relativo patto (cioè il contratto) potrebbe essere soggetto alla scure della nullità per violazione del divieto del patto commissorio. Se alcune sentenze della Cassazione hanno riconosciuto come legittima l’impostazione teorica del sale and lease back[6], altre hanno cercato di individuare i criteri che rendono, nel concreto, nullo tale contratto per violazione del divieto di patto commissorio. In effetti, i giudici della S.C. hanno evidenziato come sia necessario vedere il concreto atteggiarsi degli elementi del contratto per verificare la violazione dell’art. 2744 c.c.[7] A tal proposito, una non molto recente sentenza della Cassazione ha cercato di individuare gli elementi fondamentali (in numero di tre precisamente) che possano far presumere che il contratto di sales and lease back sia stato posto in frode alla legge. Essi vengono individuati in: a) uno stato di debolezza economica dell’impresa utilizzatrice-alienante; b) un debito, preesistente o contestuale, alla stipulazione della vendita in garanzia, con la società concedente-acquirente; c) la sproporzione tra quanto versato dall’utilizzatrice rispetto al valore del bene, tale da far presumere che effettivamente la prima versasse in uno stato di forte debolezza economica[8].
In definitiva, l’interprete qualificato dovrà verificare, caso per caso, se il contratto di sales and lease back sottintende un’operazione di corretto finanziamento a favore di un’impresa, oppure se tale negozio giuridico ha visto la luce per favorire illecitamente un soggetto a danno di terzi.
Note e riferimenti bibliografici
[1] Cfr. BOCCHINI F. - QUADRI E., Diritto Privato, VI Ed., Giappichelli, Torino, 2016, pagg. 707 e ss.
[2] Cfr. BOCCHINI F. - QUADRI E., op. cit., pagg. 710-711.
[3] Vd. il sito www.iusexplorer.it, sezione “giurisprudenza”.
[4] Cfr. Cass. Sentenza n. 4262 del 20 febbraio 2013.
[5] Il sales and lease back, in effetti, rientra nel più ampio genus del leasing il quale, come apprendiamo da BOCCHINI F. - QUADRI E., op. cit., pagg. 1187 e ss., ha trovato sempre più spazio nel mercato attuale, tanto da permettere di parlarne in senso di una sua “tipicità sociale”, anche se il termine leasing può essere ascritto ad una pluralità di operazioni negoziali, piuttosto che ad un unico negozio giuridico. Con il termine leasing, generalmente, si intende un’operazione mediante la quale un soggetto (concedente) acquista un bene da un terzo (fornitore) al fine di concederne il godimento ad un altro soggetto (utilizzatore). Il guadagno del soggetto concedente è rappresentato dai canoni pagati per il godimento del bene medesimo, mentre il soggetto utilizzatore potrà eventualmente riscattare il bene pagando una determinata cifra, detta riscatto. Oltre al sales and lease back, conosciamo anche la figura del leasing finanziario e del leasing operativo.
[6] Vd Cass. Sentenza n. 4095 del 15 aprile 1998.
[7] Vd. Cass. Sentenza n. 13580 del 21 luglio 2004.
[8] Vd. Cass. Sentenza n. 5438 del 14 marzo 2006.