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Pubbl. Lun, 10 Apr 2017

La procedura di infrazione nel diritto comunitario

Mattia De Lillo


Molto spesso negli ultimi tempi sentiamo parlare della c.d. procedura d´infrazione dell´UE verso il nostro paese, ma cos´è tecnicamente? E qual è la sua disciplina?


Sommario: 1) Cenni preliminari; 2) Oggetto e soggetti legittimati; 3) Procedimento; 4) Sanzioni; 5) Giurisprudenza

Sommario: 1) Cenni preliminari; 2) Oggetto e soggetti legittimati; 3) Procedimento; 4) Sanzioni; 5) Giurisprudenza

1) Cenni preliminari

Il ricorso per infrazione fa parte del più generale sistema di tutela giurisdizionale presente nell’ordinamento dell’Unione. Con tale strumento, infatti, si va a sanzionare uno degli Stati membri che abbia compiuto una violazione delle norme dei Trattati.

Preliminarmente bisogna inquadrare tale ricorso in ottica legislativa: il Trattato dell’Unione a cui dovremo fare riferimento è il TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea [1], così come in ultimo modificato a Lisbona il 13 dicembre 2007). Gli articoli che delineano i tratti fondamentali della disciplina sono il 258 TFUE e il 259 TFUE. In aggiunta, è da tener in conto l’art. 260 TFUE che specifica gli obblighi di uno Stato membro nel caso di esito positivo del ricorso e le eventuali sue conseguenze.

2) Oggetto e soggetti legittimati

Una volta denotate le coordinate normative preme individuare l’oggetto di tale procedura ed i suoi soggetti attivi e passivi.
In primo luogo oggetto del ricorso è l’inosservanza di un obbligo incombente su uno Stato membro. Tale obbligo produce un vincolo per lo Stato, vincolo la cui forza impositiva discende direttamente o da uno dei Trattati dell’Unione o da un atto adottato in virtù degli stessi.
L’inadempienza della prescrizione comunitaria sarà considerata in maniera oggettiva, pertanto, non rileveranno gli elementi soggettivi della colpa e del dolo ai fini della procedura; inoltre, lo Stato membro non potrà portare alcuna giustificazione a discolpa del suo comportamento.

In secondo luogo i possibili soggetti verso cui è rivolta la procedura sono tutti gli Stati facenti parte dell’Unione Europea. Attenzione però, per “Stato” non viene unicamente identificato con l’organo di governo, bensì anche con tutte le sue articolazioni: per questo anche il legislatore o la magistratura possono risultare responsabili; e ancora: gli enti locali e territoriali possono violare una norma comunitaria e quindi far scattare la responsabilità a livello nazionale.

3) Procedimento

Passiamo ora alla dimensione procedimentale del ricorso per infrazione.
Ex art. 258 la Commissione Europea è il soggetto deputato ad iniziare la procedura mentre l’art. 259, prevede la possibilità che sia uno Stato membro ad assumere l’iniziativa; in quest’ultima ipotesi lo Stato membro dovrà, comunque, rivolgersi alla Commissione con la richiesta di agire contro un altro Stato previo un contraddittorio scritto tra i due.
In ogni caso è vietata l’ipotesi che sia un individuo a sfruttare tale strumento anche se, a parere di chi scrive, esiste la possibilità di far pressioni sulla Commissione tramite degli interventi al Parlamento Europeo o tramite una formale denuncia alla Commissione.

A prescindere dal soggetto che proceda, il ricorso è articolato in due momenti. Il primo è la c.d. fase pre-contenziosa. La fase pre-contenziosa mira ad una soluzione bonaria dell’inadempimento in capo allo Stato membro. Tale fase può essere, quindi, auto-estintiva, tuttavia, nel caso fallisca il tentativo di rimediare alla violazione compiuta, assume la veste di fase obbligatorie e propedeutica per quella successiva che comprenderà un ricorso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Nella pratica tale momento procedimentale inizia con l’invio di un documento, la lettera di messa in mora, da parte della Commissione, che sancisce un termine perentorio utile allo Stato membro per presentare delle osservazioni sulle violazioni contestate. In seguito, la Commissione, ha la facoltà di emettere un parere motivato contenente un altro termine, questa volta necessario perché lo Stato corregga le sue inadempienze.

A questo punto, se lo Stato membro non si conforma entro il termine prescritto a quanto espresso dalla Commissione, scatta la vera e propria fase giurisdizionale prevista dall’art. 258 TFUE, la quale comincia formalmente con il ricorso per inadempimento della Commissione Europea alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
La Corte di Giustizia all’esito dell’esame della controversia, emetterà una sentenza di mero accertamento volta a stabilire l’effettiva mancanza dell’applicazione di un obbligo comunitario.
Lo Stato membro, se riconosciuto colpevole dell’inadempienza, avrà il dovere di prendere provvedimenti affinché venga data attuazione alla sentenza della Corte. Se tali provvedimenti non vengono attuati o se sono attuati con un considerevole ritardo, lo Stato membro potrà essere vittima di un nuovo e secondo procedimento d’infrazione ex art. 260 TFUE.

4) Sanzioni

Le sanzioni applicabili come risultato della procedura sono sostanzialmente di natura pecuniaria.
La comunicazione SEC 2005 n. 1658 [2]ha stabilito le linee guida per il calcolo delle sanzioni applicabili a ciascuno Stato membro. Nel caso dell’Italia la sanzione minima applicabile corrisponde ad € 9.920.000,00 con l’aggiunta di una mora compresa tra € 22.000,00 ed € 700.000,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del pagamento.

5) Giurisprudenza

Sentenza paradigmatica del funzionamento del ricorso per infrazione è quella della Corte di Giustizia del  13 luglio 1972, causa 48/71, Commissione c. Italia. [3]
Oggetto della causa era: “l' inadempimento, da parte della Repubblica Italiana, degli obblighi impostile dal trattato istitutivo della comunita economica europea e, in particolare, dall' art . 171, per mancata esecuzione della sentenza 10 dicembre 1968, pronunziata dalla corte di giustizia nella causa 7-68 ( commissione delle cc.ee . contro repubblica italiana, raccolta 1968, pag . 561 e segg .)”
In questo caso, la Corte, statuisce i principi che lo Stato avrebbe dovuto seguire in seguito all’emanazione della sentenza, infatti prescrive che l’Italia avrebbe dovuto far cessare prontamente l’applicazione delle leggi che provocavano la violazione dell’obbligo e che avrebbe dovuto adottare tempestivamente tutti i provvedimenti necessari all’eliminazione in toto della situazione d’inadempienza.

Note e riferimenti
[1] http://www.isaonline.it/mag/UE-Funzionamento.html
[2] http://ec.europa.eu/atwork/applying-eu-law/docs/sec_2005_1658_it.pdf
[3] http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:61971CJ0048