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Pubbl. Sab, 1 Apr 2017

Rappresentanza apparente e tutela del legittimo affidamento del terzo

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Giuseppe Mainas


Rapporto tra i due istituti in merito alla loro natura giuridica, con un focus riguardo gli effetti derivanti dallo stesso nel momento in cui il contratto stesso venga stipulato dal cd. falsus procurator.


PREMESSA

La rappresentanza apparente è la situazione in cui un soggetto si comporta come rappresentante di un’altra persona, senza però averne il potere, ma il modo in cui esercita quest’attività e la colpa del falsamente rappresentato, generano nei terzi ignari della realtà il ragionevole affidamento circa l’esistenza della rappresentanza, vincolando così il rappresentato apparente all’attività compiuta in suo nome dal rappresentante apparente. Il falsamente rappresentato non è vincolato agli atti compiuti dal falso rappresentante, che quindi non possono essergli opposti, salvo che non decida di ratificarli.

La rappresentanza è caratterizzata da tre importanti aspetti:

  1. la spendita del nome del rappresentato c.d. contemplatio domini;
  2. l'esistenza di un rapporto gestorio attuato dalla volontà del rappresentate, dovendo il sostituto agire per la cura degli interessi del rappresentato;
  3. il potere del rappresentate.

Il rappresentato apparente agisce con un elemento psicologico caratterizzato dalla colpevolezza, perché di fronte all’uso del suo nome da parte del rappresentante apparente, non interviene per render chiaro che non ha conferito alcun potere di rappresentanza, tanto da ingenerare nei terzi la ragionevole convinzione che il potere rappresentativo esista per davvero.
Il più delle volte questo comportamento colposo si traduce nella tolleranza del rappresentato apparente nei confronti dell’attività del rappresentante apparente. Caso emblematico riguarda il proprietario di un bar che avendo ceduto l’attività a un suo dipendente, cedendo anche la ditta non renda noto ai terzi, che il bar è stato ceduto, mentre il rappresentante apparente, ex dipendente e nuovo titolare, continua ad agire a suo nome.
Un determinato comportamento genera nei terzi il ragionevole affidamento che titolare del bar sia sempre il vecchio titolare, mentre rappresentante sia il suo ex dipendente, in realtà nuovo titolare del bar.
Con questa figura, quindi, la finzione prevale sulla realtà e il rappresentato apparente dovrà quindi onorare gli impegni assunti dal suo rappresentante apparente.

SOGGETTI TERZI

Per quanto riguarda i soggetti terzi che confidano sull’effettiva esistenza del potere rappresentativo non basta la sola buona fede (soggettiva) del terzo, in quanto, il terzo non potrà mai essere tutelato quando sa che chi agisce in nome e per conto altrui non è il vero rappresentate, e quindi deve trovarsi in situazione di buona fede soggettiva, ma è anche vero che solo questa buona fede non basta.
Appurato che il terzo non era conoscenza della situazione reale, dunque, non sarà tutelato quando poteva accorgersi, usando l’ordinaria diligenza, dell’inesistenza della rappresentanza. Facendo un richiamando al'l’esempio precedente relativo alla cessione del bar, non si potrà invocare la rappresentanza apparente, quando il vecchio titolare del bar aveva provveduto a iscrivere il contratto di cessione di azienda nel registro delle imprese.

 L' istituto dell' apparenza non è un principio estraneo all' ordinamento giuridico italiano, infatti è oggetto di vari dettati normativi presenti nel codice civile. L' istituto diventa problematico qualora si revoca o modifica la procura, infatti, tali attività non sono portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, il rappresentato (diventato rappresentato apparente) non può opporre a tali terzi tali fatti, salvo che provi che ne erano comunque a conoscenza.
Nel caso del fallimento del socio apparente la problematica in oggetto diventa ulteriormente complicata, poichè si verifica tale situazione in due casi:

  1. quando ci si comporta come socio di una società, mentre in realtà non se ne fa parte;
  2. quando si tiene un comportamento atto ad ingenerare il convincimento incolpevole, nei terzi, della sussistenza di un vincolo sociale di una società di persone.

Anche in questo caso esiste un affidamento da tutelare e la colpa dei soci apparenti, ma dato che una società ha rapporti con differenti soggetti, accadrebbe che il socio apparente o la società apparente possano fallire solo in relazione a quei terzi che in buona fede non si erano accorti dell’apparenza, mentre non potrebbe fallire per gli altri terzi che in realtà sapevano il reale stato in cui versava la società.

TUTELA DEL TERZO CONTRAENTE

A questo punto giova analizzare le possibili tutele esperibili dal terzo, al fine di analizzare in tutte le sue sfaccettature il rapporto intercorrente tra falsus procurator e tutela legittima del terzo.

L'art. 1398 c.c. contempla la figura del falsus procurator, cioè di colui che contratta come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti, ed in tal caso il contratto è inefficace in quanto il falsus procurator partecipa al contratto in nome e per conto del falso rappresentato e il falso rappresentante sarà ritenuto responsabile del danno.

Ove, tuttavia, vi sia un comportamento colpevole del falso rappresentato che abbia ingenerato un affidamento incolpevole nel terzo contraente il contratto concluso dal falso rappresentante dispiega i suoi effetti nei confronti dei terzi .

La Suprema Corte con l’ arresto n. 408 del 2006, ha precisato che i presupposti del dispiegamento di effetti dell'apparenza sono:

  1. la buona fede del terzo  
  2. il comportamento colposo del rappresentato.

Successivamente, è stata posta la questione se la tutela dell'affidamento dei terzi a fronte di situazioni di apparenza debba limitarsi ai casi previsti dalla legge ,come ad esempio ai casi dell'erede apparente di cui all'art. 534 c.c. , ai terzi nella simulazione di cui agli artt. 1415 c.c.,1416 c.c. , al pagamento al creditore apparente di cui all'art. 1389 c.c. , o se possa enuclearsi un principio generale.

CLASSIFICAZIONI DOTTRINALI

Con riferimento alla rappresentanza apparente la dottrina ha elaborato una dicotomia tra due tipologie di apparenza: l'apparenza pura e l'apparenza colposa:

  1. la prima riguarda il caso in cui l'apparenza non deriva dal comportamento colposo del falso rappresentato; 
  2. la seconda ipotesi riguarda il caso in cui il falso rappresentato abbia tenuto un comportamento colposo, ovvero un comportamento affetto da imprudenza, negligenza, imperizia o abbia violato il dettato normativo di leggi, regolamenti, ordini o discipline ex art.43 c.p.; 

La dottrina ha tentato di inquadrare in diversi modi il fenomeno della rappresentanza apparente.

Prima tesi: la rappresentanza apparente trova la sua base nella disciplina della simulazione ma si è replicato che la simulazione tutela solo alcune categorie di terzi e non tutti i terzi e riguarda l'opponibilità del patto.

Seconda tesi: la rappresentanza apparente affonda le sue radici nella responsabilità precontrattuale ma si è replicato che la responsabilità precontrattuale limita il risarcimento del danno all'interesse negativo mentre, nella fattispecie giurisprudenziale della rappresentanza apparente, il terzo viene tutelato nell'interesse positivo a mantenere il contratto.

Terza tesi: la rappresentanza apparente troverebbe il suo fondamento nella responsabilità extracontrattuale in quanto la conseguenza sarebbe la reintegrazione in forma specifica.

Si è tuttavia osservato come, nella specie, non si reintegri un rapporto giuridico ma se ne crei uno ex novo.

A differenza di quanto affermato precedentemente, ovvero i casi in cui il terzo sia tutelato dall’ ordinamento posto il suo legittimo affidamento ,l'incolpevole affidamento del terzo non potrebbe essere allegato qualora questi non abbia usato l'ordinaria diligenza, omettendo di effettuare i necessari controlli nel caso in cui esistano strumenti legali di pubblicità che rendano palesi i poteri di rappresentanza.
Perciò non v'è luogo per una tutela dell'apparenza quando esistano strumenti legali di conoscenza della realtà giuridica, appositamente predisposti dal legislatore proprio al fine di impedire l'insorgenza di situazioni equivoche attinenti al fenomeno rappresentativo .
Va inoltre sottolineato come l'ambito del tema in esame non può riguardare le negoziazioni per le quali è richiesta la forma scritta ad substantiam (come la compravendita immobiliare o le contrattazioni ad essa preliminari).

Non soltanto il conferimento dei poteri rappresentativi deve essere in tal caso documentato in una procura che possieda analoga veste formale, ma anche la spendita del nome del dominus deve intervenire analogamente, inoltre, occorre anche aggiungere che sempre in tema di trasferimento di diritti reali su beni immobili, si impone indubbiamente ai contraenti una cautela nella contrattazione che, se non può giungere a configurare come un obbligo il controllo dei poteri rappresentativi, sicuramente qualifica un tale atteggiamento come onere e non già come mera facoltà per colui che contratta con chi afferma di essere dotato di poteri rappresentativi.
Colui che vuole stipulare senza aver chiesto al rappresentante la giustificazione dei poteri lo fa a proprio rischio, perché è pur vero che non si può costringere nessuno a farsi mostrare dalla controparte la procura in base alla quale essa agisce, ma è ragionevole rivolgere tale richiesta, la quale si pone come una delle condizioni per far valere eventualmente una situazione divergente rispetto a quella reale.
D'altronde , anche in difetto di una stipulazione valida ed efficace nei confronti del soggetto falsamente rappresentato, il terzo ha la possibilità di esercitare azione risarcitoria nei confronti del falsus procurator.
Per aversi un vincolo valido ed efficace per il soggetto falsamente rappresentato, rimasto estraneo alla contrattazione, occorre invece far riferimento ad elementi ancorati direttamente alla condotta del rappresentato stesso, il quale, altrimenti si troverebbe contrattualmente vincolato senza colpa, senza avervi dato causa in alcun modo.
Sembra anzi che la scusabilità dell'errore del terzo sia da porre proprio in relazione all' inescusabilità del contegno del soggetto falsamente rappresentato, il cui comportamento colposo viene colpito, quasi in guisa di sanzione, dalla conseguente efficacia dell'atto .
In merito a quanto affermato precedentemente, perciò, nessuno potrebbe andare esente dal timore di essere inopinatamente vincolato a contratti che non si è mai sognato di perfezionare, soltanto a cagione dell'abile condotta di un sedicente procuratore e della imprudenza di un terzo.

A tale fattispecie l' unico strumento in grado di rendere giustizia è quello risarcitorio, da esercitarsi ovviamente nei soli confronti del falsus procurator.
Proprio nell'ambito dei rapporti tra falsus procurator e terzo deve esser considerata la peculiarità di quanto afferma costantemente la giurisprudenza, quando si statuisce che il terzo contraente ha soltanto la facoltà, ma non l'obbligo, di controllare se colui che si qualifica come procuratore sia veramente tale e che, perciò, il non aver fatto uso di tale facoltà non è di per sè sufficiente per costituire in colpa il terzo stesso.
E' conforme a logica sostenere che il terzo ha la semplice facoltà di domandare al rappresentante la giustificazione dei poteri, poiché il rappresentante sa bene se è dotato o meno di procura e conosce gli eventuali limiti della stessa.

Conseguentemente non può configurarsi quale onere il potere di controllo del terzo: detto controllo è previsto a sua esclusiva tutela, non a protezione del procuratore. In questo senso si può dire che il terzo ha la facoltà di chiedere al rappresentante la giustificazione dei poteri, in quanto il non averne fatto uso non impedisce dunque la proposizione dell'azione di risarcimento dei danni conseguenti all'avere confidato nella validità ed efficacia del vincolo.

TERZO E RAPPRESENTATO

Invece del tutto differente è la dinamica della relazione tra terzo e rappresentato. In questo caso il controllo è posto non solo a tutela della posizione del terzo: si può riverberare anche su quella del rappresentato estraneo alla contrattazione. Pertanto la figura giuridica più idonea a descrivere il fenomeno pare essere quella dell'onere.

Il terzo è libero di chiedere o meno al rappresentante l'esibizione della procura, e se non lo fa può subire la conseguenza della totale inefficacia dell'atto, nel senso che non potrà pretendere che il soggetto (falsamente) rappresentato risulti vincolato al contratto.
Non è condivisibile sostenere che incombe sul rappresentato l'onere di provare le circostanze che escludono l'apparenza , perché accettare una impostazione del genere , equivarrebbe ad affermare che la fattispecie apparente si presume sussistente fino a prova contraria. E' invece il terzo che, rappresentando la situazione di apparenza, allega elementi atti a fondare il proprio diritto ed è quindi il terzo a dover fornire, secondo la regola dell'onere della prova, i supporti che la giustifichino.

CONDOMINO APPARENTE

Infine, è degna di nota l’interessante questione che è stata posta con riferimento al condomino apparente.

Si è posta la questione se un soggetto non più condomino a seguito di vendita, che abbia tuttavia ingenerato nel condominio l'affidamento della sua permanente situazione di condomino per il proseguimento del pagamento degli oneri condominiali, ingeneri una situazione d'apparenza tale da necessitare la tutela dell'affidamento del condominio in caso di successivo mancato pagamento degli oneri stessi; la Suprema Corte, con sentenza n. 5035 del 2002 ha negato, in tale particolare fattispecie, la tutela dell'affidamento del condominio.

In tema di ripartizione delle spese condominiali, rispetto all'azione giudiziaria promossa dall'amministratore per il recupero della quota di competenza di un singolo condomino, è passivamente legittimato il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche chi possa apparire tale.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto un contrasto giurisprudenziale esistente da tempo e, annullando una sentenza del Tribunale di Salerno, hanno stabilito che, in caso di azione giudiziale dell'amministratore del condominio per il recupero della quota di spese di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale, in quanto il  principio dell' apparenza non opera allorquando si tratti di riscuotere coattivamente somme condominiali dovute da un condomino, dovendo in questo caso resistere in giudizio solo l'effettivo proprietario dell'immobile.

CONCLUSIONI

In base a quanto suddetto, è possibile concludere affermando che data la sussistenza del potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui, essendo quest' ultimo elemento costitutivo della pretesa che il terzo contraente intenda far valere in giudizio, sulla base di detto negozio, non costituisce alcuna eccezione, pertanto, non rientra nelle censure previste ai sensi dagli artt. 167 e 345 c.p.c..

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