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Pubbl. Ven, 7 Apr 2017

Il certificato successorio europeo

Sara Sammito


Il Regolamento n. 650/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo del 04.07.2012, butta le basi di una nuova disciplina che riguarda la materia delle successioni internazionali, la legge ad esse applicabile ed in particolare introduce l’utilizzo per le successioni transfrontaliere del “certificato successorio europeo”.


Il Regolamento del 4 luglio del 2012 n. 650 tratta in maniera organica e sistematica la disciplina relativa alla legge applicabile per le successioni transfrontaliere, in particolare disciplina l’aspetto relativo alla competenza, all’accettazione e al riconoscimento delle norme successorie, contribuendo a creare una sorta di cooperazione tra i vari ordinamenti giuridici nazionali e creando una normativa unica comunitaria, valida in tutto lo spazio comune dell’Unione Europea.

Il Regolamento del 4 luglio del 2012 n. 650 tratta in maniera organica e sistematica la disciplina relativa alla legge applicabile per le successioni transfrontaliere, in particolare disciplina l’aspetto relativo alla competenza, all’accettazione e al riconoscimento delle norme successorie, contribuendo a creare una sorta di cooperazione tra i vari ordinamenti giuridici nazionali e creando una normativa unica comunitaria, valida in tutto lo spazio comune dell’Unione Europea.

L’introduzione della normativa in esame ha ridotto di non poco le conseguenze negative che derivavano dalle rispettive fonti legislative degli ordinamenti giuridici nazionali degli Stati membri, normative tutte diverse tra di loro, altresì assicurando l’accettazione e l’esecutività degli atti pubblici successori in tutto lo spazio comune.

Proprio l’introduzione del certificato successorio europeo, garantisce la tutela dei diritti degli eredi e dei legatari da un lato e dall’altro si occupa di garantire la possibilità per il de cuis di organizzare la propria successione.

Orbene, il regolamento n. 650/2012 dedica l’intero Capo VI, dagli artt. 62 e ss. all’istituzione del CSE disciplinandone l’ambito di applicazione e la sua valenza giuridica e procedurale.

Infatti, per certificato successorio europeo (d’ora in poi CSE) si intende l’atto utilizzabile da tutti gli eredi, i legatari o gli esecutori testamentari, che in un altro Stato membro hanno la necessità di far valere la loro qualità di erede al fine di poterne esercitare i diritti e i doveri che ne derivano da codesta qualità.

Il CSE può essere utilizzato al fine di dimostrare: la qualità di erede e/o i diritti di ciascuno erede o legatario menzionato nel CSE e le rispettive quote; così come l’attribuzione di uno o più beni determinati facente parte dell’eredità del de cuis agli eredi o legatari summenzionati nel CSE ed infine può essere utilizzato per tutelare e garantire i poteri della persona indicata nel CSE di dare esecuzione al testamento o di amministrare l’eredità.

Più precisamente, l’art. 67del Regolamento n. 650/2012 definisce il CSE come: “quell’atto rilasciato dall’autorità competente di uno Stato membro, attestante la qualità di erede, legatario, esecutore o amministratore dell’eredità e i relativi diritti e doveri per essere utilizzato in un altro Stato membro. In osservanza al principio di sussidiarietà, il certificato non dovrebbe prendere il posto di eventuali documenti interni utilizzati per scopi analoghi”.

L’art. 69 del Regolamento stabilisce che: “l’uso del CSE non dovrebbe essere obbligatorio. Ciò significa che le persone non sono obbligate a farlo, ma sono liberi di avvalersi degli altri strumenti messi a disposizione dal presente regolamento…”. Il certificato non gode della caratteristica di obbligatorietà, bensì ha carattere facoltativo anche se il suo fine quale proprio quello di rendere più sicura la successione da uno Stato membro ad un altro.

Ciò vuol dire che tale documento non va utilizzato nelle successioni aperte all’interno dello Stato membro e soggette alla legge nazionale, ma la sua esecutività è valida per le successioni transfrontaliere, una volta emesso produrrà i suoi effetti giuridici anche all’interno dell’ordinamento nazionale del Paese che l’ha autorizzato.

Con l’introduzione del CSE si è cercato di innovare il diritto interno di ogni Stato membro, la possibilità per l’erede, il legatario e/o il de cuis di essere garantito e tutelato in ogni suo diritto, possibilità  di esprimere tali garanzie nel rispetto del principio di libera di circolazione delle persone, uno del principi base cui si fonda l’ Unione Europea, rimuovendo ogni ostacolo che potrebbe sorgere all’interno dello spazio comune e prevedendo più facilità tra uno Stato membro e un altro lo scambio di necessarie informazioni e cooperazione che risultano necessarie ai fine del rilascio del documento.

L’art. 64 stabilisce che il CSE è emesso dallo Stato membro i cui organi giurisdizionali sono competenti in materia successoria a livello nazionale, infatti spetta a ciascuno Stato membro, creare all’interno del proprio ordinamento giuridico, una legislazione volta ad indicare quale sia l’autorità interna competente a rilasciare il certificato, oppure indicare quale sia l’autorità che in base alla legislazione nazionale è competente in materia di successioni.

Il rilascio, in base all’art. 65, presuppone la richiesta di certificazione utilizzando un apposito modulo messo a disposizione dall’autorità competente e contenete tutte le informazioni necessarie al fine di attestare gli elementi di certificazione.

Successivamente in base all’art. 66, l’autorità procedente si occupa di esaminare la richiesta inoltrata, naturalmente qualora il diritto nazionale dello Stato membro lo consente, l’autorità ha anche l’ulteriore possibilità di mettere in atto una serie di indagini al fine di verificare la veridicità dei fatti in causa invitando il richiedente a fornire ulteriori prove qualora risulti necessario ai fini dell’emissione del certificato.

Una volte soddisfatte le esigenze di verifica l’autorità emetterà il CSE in originale, che verrà dalla stessa conservato, rilascia uno o più copie autentiche al richiedente, con validità di sei mesi dal rilascio delle copie e la successiva possibilità di chiederne una proroga, abbattendo qualsiasi tipo di difficoltà per lo Stato membro in materia di accesso alle informazioni e a porre in essere gli atti necessari al fine della redazione e della richiesta del documento stesso, adottando tutte le misure idonei ed indispensabili al fine di mettere a conoscenza i beneficiari dell’emissione del documento.

Tutto avviene nella massima garanzia e nel massimo rispetto del principio di trasparenza e di accesso ai pubblici registri e alle informazioni necessarie, con riserva per lo Stato membro destinatario, ove dovrebbe avere valenza il CSE di potersi rifiutare di cedere le informazioni richieste sulla basa della propria legislazione.

Gli effetti giuridici che il CSE produce in tutti gli Stati membri, sono chiaramente disciplinati al successivo art. 68, 2 comma, in base al quale: “si presume che il CSE dimostri con esattezza gli elementi accertati in base alla legge applicabile e gli elementi specifici. Si presume che la persona indicata come erede, legatario, esecutore testamentario o amministratore dell’eredità possiede la qualità indicata nel CSE e/o sia titolare dei diritti o dei poteri enunciati, senza altra condizione rispetto a quella menzionata nel certificato stesso.”

Dunque, lo scopo del CSE è quello di autenticare o meglio di certificare quanto dichiarato ai fini del suo rilascio, trattandosi di tutta una serie di accertamenti effettuati direttamente dall’autorità competente al fine di certificare la qualità di erede, legatario, esecutore testamentario valido in un altro Stato.

Una volta emesso il certificato avrà valenza giuridica e produrrà immediatamente i suoi effetti senza la necessità di ricorrere per gli Stati membri ad una procedura particolare per il riconoscimento.

L’articolo 69 ha voluto sottolineare la valenza probatoria del CSE in base al quale è il documento che costituisce la prova della qualità di erede, legatario o della persona indicata nella successione e la sua elevata valenza probatoria sottolineata dalla  funzione di certezza che l’ordinamento comunitario gli attribuisce.

Di conseguenza incorre in responsabilità l’autorità competente al rilascio del documento con il quale ha la funzione di accertare tutti gli elementi a fondamento della richiesta, dall’altra sarà possibile per la parte che contesta la qualità di erede e/o legatario del soggetto indicato nel CSE di poterlo impugnare.

La possibilità di modificare, rettificare o revocare il CSE è disciplinata dall’art. 71, possibilità concessa, come appena accennato a chiunque vi abbia interesse oppure d’ufficio in caso di errore materiale.

L’eventuale ricorso va proposto innanzi all’autorità giudiziaria competente dello Stato membro ove è avvenuta l’emissione del certificato in conformità alla legge di suddetto Stato se si accerta che il certificato non corrisponde al vero l’autorità provvede a modificare, rettificare o revocare il certificato.

Inoltre, appare opportuno sottolineare che all’interno del nostro ordinamento, il CSE costituisce titolo idoneo per richiedere la trascrizione o iscrizione dell’acquisto per causa di morte nei registri pubblici tenuti dallo Stato dove si trovano i beni; esso prova il fatto che la persona è titolare del diritto di iscrivere, ma non determina le condizioni dell’iscrizione che rimangono assoggettate alla legge locale, data l’espressa esclusione dall’ambito applicativo del regolamento dei requisiti per tali iscrizione. Infatti, l’art. 69 regolamento precisa che tala formalità si realizza secondo le modalità stabilite dalla legge dello Stato in cui essa viene eseguita e dispiega gli effetti previsti dalla medesima legge.

Fin qui è chiaro come il regolamento ha garantito, ai fini dell’emissione del CSE, la possibilità per il richiedente o per le altre persone che hanno interesse, a partecipare attivamente alla produzione del certificato ed in tal senso la suddetta partecipazione, in rispetto del principio del contraddittorio, garantisce l’attendibilità dello stesso limitando le possibili ipotesi di impugnazione.

All’interno del nostro ordinamento giuridico, la normativa comunitaria è stata recepita per tutte le successioni che presentano elementi di  internazionalità che si apriranno a partire dal 17 agosto 2015.

Il legislatore italiano è intervenuto al fine individuando con l’art. 32 della legge n. 161/2014, che l’autorità competente ad emettere il CSE, a porre in essere tutte le attività idonee ai fini del rilascio dello stesso fosse il notaio.

E’ possibile richiedere il rilascio del certificato a qualsiasi notaio senza limiti di competenza legata al luogo dell’apertura della successione o del luogo dove si trovano i beni ereditari quando:

  1. la residenza abituale o cittadinanza del defunto è in Italia al momento della morte, o nel caso in cui non siano trascorsi più di 5 anni tra il momento del cambiamento di tale residenza e la richiesta del CSE;
  2. se il defunto ha optato per la legge italiana in quanto legge della cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte;
  3. in presenza di un collegamento sufficiente del nostro Stato con la successione e in assenza di altra autorità competente.

Per quanto riguarda l’attività posta in essere dal notaio ai fini dell’accertamento degli elementi di fatto oggetto del certificato, e la verifica della informazioni, delle dichiarazioni e dei documenti prodotti dalla parte nonché lo scopo per il quale il certificato è richiesto è una attività tipica istruttoria molto simile a quella svolta d’ufficio dai giudici.

La figura del notaio quale autorità competente al rilascio del certificato deve ritenersi come idonea ad attribuire allo stesso tutti i poteri istruttori necessari, poteri che il nostro ordinamento non riconosceva prima d’ora a tale figura professionale.

In base all’art. 66 del regolamento sarà il notaio a procedere all’audizione degli interessati  e a redigere il processo verbale dell’audizione, oppure ad attestare la mancata comparizione delle medesime; potrà chiedere ulteriori verifiche ed accertamenti qualora gli elementi presente non gli sembrano sufficienti al rilascio del certificato, così come potrà rifiutarsi di rilasciare il CSE redigendo apposito ver4bale ove sarà chiara la motivazione del predetto rifiuto.

 Allo stesso modo il notaio avrà la possibilità di rendere nota la richiesta di CSE mediante pubblicazione nell'albo pretorio on-line (per quei comuni che consentono la pubblicazione on-line facoltativa) o, in alternativa, ove lo si ritenga opportuno, in Gazzetta Ufficiale. Nel caso sia necessario ottenere documentazione dall’estero, come ad esempio informazioni sui registri di stato civile o immobiliari, potrà chiederle all'autorità competente per il rilascio del CSE di un altro Stato membro, sempreché tale autorità competente sia autorizzata, in forza del diritto nazionale, a fornire tali informazioni a un'altra autorità nazionale.

Come indicato nel regolamento n. 650/2012 il richiedente dovrà fornire al notaio tutti i documenti necessari, salva la facoltà per quest’ultimo di accettare altri mezzi di prova - nel caso in cui il richiedente non sia in grado di produrre copie autentiche dei documenti -  o di chiedere che le dichiarazione siano rese sotto giuramento o nella forma di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà.

Ai sensi dell’art. 72 del regola mento gli interessati hanno la possibilità di chiedere la revoca, la modifica o la rettifica del CSE, mediante ricorso da presentare innanzi al Tribunale, in composizione collegiale, del luogo in cui sia residente il notaio che abbia rilasciato il certificato instaurando il procedimento tipico della volontaria giurisdizione. 

In Italia il rilascio del CSE sia assoggettato al contributo unificato sulle spese di giustizia, mentre non sarà soggetto a registrazione, imposta di bollo o tassa d’archivio.

Resta aperta la questione, non affrontata dal nostro legislatore, delle modalità di traduzione del CSE straniero, che però appare necessaria per procedere alle formalità nei registri pubblici, oltre che la tempistica processuale nel caso di impugnazione.